lunedì 22 febbraio 2021

Messico - ¡Felicidades, comandante Pablo ­Contreras!

 ¡Felicidades, comandante Pablo ­Contreras!

L'impegno sociale e la congruenza etica di Pablo González Casanova

L’11 di febbraio Pablo González Casanova, l'intellettuale più rinomato e riconosciuto del Messico contemporaneo, ha celebrato 99 anni di una vita piena di contributi al pensiero critico di una scienza sociale impegnata a favore degli oppressi e sfruttati, dei popolazioni indigene e del socialismo.

In pochi tratti autobiografici González Casanova rievoca le radici formative che hanno segnato le linee guida della sua azione e del suo pensiero: un padre che eredita dal figlio il suo spirito di ribellione, idee socialiste, pluralismo ideologico, il rispetto delle credenze religiose altrui e le scelte intellettuali; una madre che insegnava l'ordine e la disciplina, la puntualità e le faccende domestiche come compito anche degli uomini, l'arte di vivere e risolvere problemi concreti, il piacere per le lingue e il rafforzamento della volontà.

I docenti e i corsi che hanno lasciato una buona eredità di studi giuridici con una laurea potenziata da importanti studi sulla storia nazionale. L'influenza decisiva degli insegnanti de El Colegio de México, la cui maggioranza proveniva dalla Spagna repubblicana, e che insegnavano a lavorare per pensare, ad indagare su ciò che non sapevano e scrivere di ciò che eravano sicuri, pronti a scoprire gli errori, dopo aver fatto gli sforzi per eliminarli.

 L'influenza del migliore amico di quegli anni, il comunista-martiano (n.d.t. - da José Martí) Julio Le Riverend, dal quale imparò a essere tollerante con chi non la pensava come lui, conservatori e borghesi compresi. Gli insegnamenti di vita di studente laureato in Francia con Fernand Braudel, i teatri, musei, l'arte della conversazione condita con umorismo, arguzia e riferimenti alle letture del giorno. Fu a Parigi che studiò filosofia, sociologia e marxismo. Nel marxismo si interessò a Gramsci, la cui opera completa gli fu regalata da Vicente Lombardo Toledano. “Credo”, scrive don Pablo, “che il modo di pensare libero ed onesto che mio padre mi ha lasciato sia stato rafforzato dalla magnifica filosofia di Gramsci, dal senso patriottico che le mie insegnanti delle elementari e l'intero sistema scolastico messicano hanno combinato con l'incontro del comunismo - che ho conosciuto tramite Le Riverend e un amico di tram di nome Suárez - e con il nazionalismo marxista leninista nello stile ufficiale messicano, di cui Lombardo era insegnante”.

 In una dimensione più vicina alla lotta politica - sottolinea Casanova - “con La democracia en México ho iniziato un'analisi della libertà, della partecipazione nel governo e nello Stato, del problema della sovranità nazionale e statale, e della necessaria confluenza nel progetto di chi pensa o pensava con impostazione filosofiche empiriste o marxiste ”.

 Dall'amicizia fraterna con Luis Cardoza y Aragón, che si consolidò con la difesa del Guatemala dopo il colpo di stato, González Casanova riconosce che gli deve un curioso metodo di criticare le rivoluzioni senza diventare controrivoluzionari e di sostenere le rivoluzioni senza diventare adulatore.

 In “Los caracoles zapatistas: redes de resistencia y autonomía (ensayo de interpretación)”, Pablo González Casanova afferma che il movimento zapatista ha dato un ricco contributo alla costruzione di un'alternativa. L'idea di creare organizzazioni che siano strumenti per obiettivi e valori da raggiungere e che l'autonomia e il comandare obbedendo non restino nel mondo dei concetti astratti o delle parole incoerenti. Questo progetto di potere non è costruito secondo la logica del potere statale che ha imprigionato precedenti posizioni rivoluzionarie o riformiste, lasciando il protagonista principale a digiuno di autonomia, sia esso la classe operaia, la nazione o i cittadini. Né è costruita con la logica di creare una società anarchica, quella logica che prevaleva nelle posizioni anarchiche e libertarie (e che sussiste in espressioni infelici come l'anti-potere, che nemmeno i suoi autori sanno cosa significhi), ma che è rinnovato con concetti di autogoverno della società civile dotata di una democrazia partecipativa, che sa rappresentare e sa controllare i suoi rappresentanti in tutto ciò che è necessario per il rispetto degli accordi.

 Il progetto dei caracoles è un progetto di popoli-governo che si articolano tra di loro e che cercano di imporre vie di pace, per quanto possibile, senza disarmare moralmente o materialmente i popoli-governi, se non in tempi e regioni dove gli organi repressivi dello Stato e le oligarchie locali, con i loro vari sistemi di cooptazione e repressione, stanno seguendo modelli di neoliberalismo di guerra sempre più aggressivi, crudeli e sciocchi che includono la fame, la nocività e l'ignoranza forzata della stragrande maggioranza dei popoli, sia per indebolirli, per decimarli o addirittura porvi fine se necessario, quando i sistemi di intimidazione, cooptazione e corruzione dei leader e delle masse falliscono.

Auguri, comandante Pablo Contreras!


di Gilberto López y Rivas

originale https://www.jornada.com.mx/2021/02/19/opinion/020a1pol

giovedì 11 febbraio 2021

Messico - Accordi di San Andrés, autonomia vs. neo-indigenismo

 

di Luis Hernández Navarro

Questo 16 febbraio segna il 25° anniversario della firma degli accordi di San Andrés su diritti e cultura indigeni. Molte cose sono cambiate da allora, anche se una rimane: l’indigenismo come politica di Stato.

Indigenismo è il nome dato alla politica istituzionale volta ad assistere la popolazione autoctona. È, contemporaneamente, una teoria antropologica, un’ideologia di stato e una pratica di governo. Il suo obiettivo principale è "proteggere" le comunità indigene integrandole al resto della società nazionale, diluendo il loro carattere di popolo come soggetto storico. È una politica dei non indios nei confronti delle popolazioni indigene, sebbene i suoi artefici possano appartenere a un gruppo etnico.

Uno dei suoi principali promotori, Alfonso Caso, prevedeva che in 50 anni non ci sarebbero più stati gli indios: sarebbero stati tutti messicani. Era in buona compagnia. Molti pensatori, prima e dopo di lui, hanno visto nell'integrazione nella società nazionale meticcia il destino inesorabile dei popoli nativi.

Sebbene la nazione messicana abbia avuto una composizione multietnica e multiculturale sin dalla sua fondazione, le sue costituzioni non hanno rispecchiato questa realtà. Cancellare l’indio dalla geografia della patria, renderlo messicano costringendolo ad abbandonare la sua identità e cultura, rendendolo folcloristico, è stata un’ossessione delle classi dominanti sin dalla Costituzione del 1824. L’intenzione di costruire uno Stato-nazione, di sbarazzarsi dell’eredità coloniale, di resistere ai pericoli degli interventi stranieri, di combattere i poteri ecclesiastici e militari e di modernizzarsi, ha portato a privilegiare una visione di unità nazionale che escludesse la realtà plurinazionale.

Gli accordi di San Andrés avevano lo scopo di celebrare i funerali dell’indigenismo e risolvere questo debito storico. Il loro punto centrale consisteva nel riconoscimento dei popoli indios come soggetti sociali e storici e nel diritto di esercitare la loro autonomia.

L’autonomia è uno dei modi per esercitare l’autodeterminazione. La sua pratica implica il trasferimento reale di poteri, funzioni e competenze, che oggi sono di responsabilità di diverse istanze di governo, alle popolazioni indigene.

Ai dialoghi di San Andrés gli zapatisti invitarono come consigliere lo scrittore Fernando Benítez, che aveva dedicato 20 anni della sua vita alla difesa e allo studio dei popoli originari ed è autore di cinque libri monumentali su di loro. Il giornalista accettò volentieri l’invito.

Le sue motivazioni erano genuine. Cosa mi hanno insegnato gli indios? Si chiese Benítez alla fine della sua vita. E si rispose: mi hanno insegnato a non credermi importante, a cercare di avere una condotta impeccabile, a considerare sacri animali, piante, mari e cieli, a sapere in cosa consiste la democrazia e il rispetto dovuto alla dignità umana. Anche a passare dal quotidiano al sacro (La Jornada, 5/7/95).

Sebbene molti dei problemi che affrontavano fossero gli stessi, la prospettiva di lotta delle popolazioni indigene che partecipavano ai dialoghi era completamente diversa da quelle che Benítez descriveva dal 1960. L’autore di Los indios de México li considerava "le persone più miserabili", "i contadini più poveri", "quelli che vivono nelle terre peggiori in un paese con terre pessime", quelli che "sono stati invasi". Anticipava l’inevitabile destino a scomparire delle loro culture e la loro sostituzione con i "disastri dell’industrialismo". E proponeva di "salvare ciò che restava delle culture indigene prima che questo processo si concludesse". (https://bit.ly/3p50tRf).

Ma non sono scomparsi. Al contrario. Sono più presenti che mai. Certamente, le popolazioni indigene convocate dall’EZLN, prima ai dialoghi e poi alla formazione del Congresso Nazionale Indigeno (CNI), subivano gli effetti del colonialismo interno e, quindi, provenivano da comunità e regioni vessate da espropri, oppressione, sfruttamento e discriminazione simili a quelle descritte da Benítez. Tuttavia, lungi dal rappresentare culture sull’orlo della scomparsa, quei leader erano l’espressione vivente della formidabile capacità di resistenza e reinvenzione delle tradizioni dei loro popoli.

Ai colloqui di San Andrés partecipavano i leader dei popoli originari sorti negli anni ’70 ed emersi alla luce pubblica a seguito dell’insurrezione zapatista, insieme alle autorità comunitarie tradizionali. Partecipavano anche importanti intellettuali indigeni che avevano preparato una ricchissima riflessione su come ricostituire i loro popoli.

A 25 anni dalla firma degli accordi e dalla fondazione del CNI, alcune delle popolazioni indigene che vi hanno partecipato sono scomparse. Altre sono entrate nei ranghi dei governi di turno, dal PAN alla 4T. Tuttavia, il movimento nato da questo processo orientato alla costruzione dell’autonomia e alla lotta al capitalismo è più vigoroso e solido rispetto a 25 ani fa. Una nuova generazione di centinaia di leader e decine di intellettuali (tra cui molte donne) ha raccolto il testimone.

Due decenni e mezzo dopo da che sono stati concordati, lo Stato messicano continua a violare gli accordi di San Andrés. In aggiunta, il movimento indigeno autonomista subisce l’assassinio dei suoi leader e l’impulso, da parte del governo federale, di un neo-indigenismo assistenziale che va di pari passo con la promozione di megaprogetti sui loro territori (https://bit.ly/3oXetMs).

Twitter: @lhan55

Testo originale: https://www.jornada.com.mx/2021/02/09/opinion/017a1pol?s=09

Traduzione “Maribel” – Bergamo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!