martedì 21 luglio 2015

Kurdistan - Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç?

Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç ?
I giovani che sono morti o feriti a Suruç avevano un unico scopo: andare a Kobanê e unirsi alla ricostruzione della città. 

La Federazione della gioventù socialista (SGDF) aveva scritto un comunicato stampa prima di andare a Suruç. 

Da un mese i giovani si stavano preparando per partire con un’azione pubblica.

I residenti di Suruç e i rappresentanti delle organizzazioni non governative hanno accolto i giovani a Suruç. 
Si sono incontrati con il governatore distrettuale e gli hanno detto che volevano andare a Kobanê. 
Il Governatore Distrettuale però li ha fatti aspettare dicendo che solo pochi di loro potevano attraversare il confine, ponendosi in contrasto con tutto il gruppo.

Il sanguinoso attacco di Suruç è avvenuto dopo la conferenza stampa nel centro culturale Amara, in risposta alla risposta negativa del governatore distrettuale.

Bisogna fare le seguenti domande per quanto riguarda l’attacco:

1-
La polizia ha fermato tutti i giovani che si stavano dirigendo ad Amara. 

Il posto di blocco della polizia era a 200 metri di distanza da Amara, la polizia avrebbe potuto fare il posto di controllo più vicino al centro culturale. 

La polizia ha fatto il posto di blocco a 200 metri di distanza da Amara, in modo da non essere coinvolta dall’esplosione?

2- Come ha fatto la kamikaze dell'ISIS ad entrare nel centro culturale dove la polizia ha perquisito ogni notebook, macchina fotografica e anche le matite dei giovani massacrati?

3- Come è potuto succedere che i sevizi di intelligence turchi, che sorvegliano Suruç compreso il valico di confine di Mürşitpınar, non sono riusciti a "vedere" la cellula dell’ ISIS?

4- Come è possibile che la polizia non ha identificato la cellula dell’ISIS nonostante il fatto che Amara è vicino ad una stazione di polizia?

5- Perché la polizia ha attaccato i civili che portavano i feriti in ospedale? È perché volevano lasciare i feriti a morire così?

6- Ci sono molte cellule ISIS intorno a Suruç? Lo stato a conosce queste cellule?

7- Perché i corpi sono stati esaminati all’obitorio di Antep invece che a Urfa? Cosa stanno cercando di nascondere?

8- Non ci sono dichiarazioni di testimoni ma si sostiene che ci sono stati due attentatori, un uomo che ha fatto esplodere la bomba e una donna, la donna è ferita e sotto custodia della polizia attualmente. Chi è l’attentatrice nata nel 1995 a Sivas, che è tenuta sotto custodia dalla polizia? Perché i funzionari non vogliono fare dichiarazioni su questo?

Lo stato turco non risponde a queste domande.

Molte persone avevano previsto questo attacco, dopo la liberazione del YPG di Gire Spi (Tel Abyad). 

Come i filmati delle telecamere hanno confermato, l’ISIS è fuggito da Gire Spi ed è passato ad Akçakale liberamente e felicemente. 

Poco dopo, Dicle News Agency e altri media indipendenti hanno documentato la sede ISIS ad Akçakale. Diha ha anche riferito che si è formata una cellula ISIS a Ceylanpınar due giorni fa.

Gire Spi è stata una sconfitta pesante per l’AKP e ISIS perché la loro logistica era organizzata attraverso questo confine.

I funzionari dell’AKP hanno dimostrato il loro malcontento per la liberazione di Gire spi pubblicamente e Erdogan ha dichiarato che "non sarebbero stati a guardare". 

Ora stanno cercando di vendicare la liberazione di Gire Spi nel Nord Kurdistan. 

Quando ISIS è stato sconfitto in Rojava, hanno portato la guerra da questa parte del confine. Stanno ripetendo l’attacco di Kobanê del 25 giugno a Suruç, Urfa e Diyarbakir. 

Il brutale massacro di Suruç prende di mira il modello di vita democratica e libera sviluppato in Rojava e i solidali con il movimento di liberazione curda.

Siamo in una situazione pericolosa per come Erdogan e il suo Akp stanno alimentando l’odio sia dopo la sconfitta in Rojava che dopo le elezioni.

Non possiamo fare appello ai tiranni perchè lo Stato non protegge i civili e le istituzioni da ISIS. Lo Stato protegge e tollera ISIS. 

Tale situazione rende l’autodifesa più fondamentale che mai.

Come possiamo organizzare la nostra auto-difesa?


1- La legittima difesa è un problema serio e importante. Dovremo organizzarla sistematicamente e senza panico e senza fare affidamento sullo stato.

2- Non dobbiamo lasciare la sicurezza nelle mani degli agenti di polizia con azioni collettive nelle città di confine, nonché centri urbani come Amed. È più probabile che ISIS attacchi le aree in cui vi è una presenza di polizia più alta.
I civili a centinaia possono formare comitati di sicurezza per l’auto-difesa.

3- Ci sarà pericolo sino a quando esisteranno cellule ISIS. Pertanto, i giovani dovrebbero prendere l’iniziativa ed eliminare le cellule ISIS che operano sotto false spoglie di organizzazioni umanitarie o riviste.


4- Le organizzazioni non governative, i politici democratici, i parlamentari e la stampa dovrebbero prendere posizione per quanto riguarda la sede ISIS nella casa colonica Tigem in Akçakale. 

Parlamentari e ONG dovrebbero chiarire perché Tigem è chiusa ai civili.


di Amed Dicle

lunedì 20 luglio 2015

Kurdistan - Decine di morti e feriti a Suruç e Kobane

Il co-presidente del DBP (Partito democratico) delle regioni di Urfa İsmail Kaplan ha dichiarato che un attacco suicida ha causato un’esplosione a Suruç, distretto di Urfa, che ha preso di mira circa 300 membri della Federazione delle associazioni della gioventù socialista prima del loro trasferimento a Kobanê. 
Kaplan ha dichiarato che, secondo un rapporto iniziale, oltre 50 persone hanno perso la vita e decine sono rimaste ferite.
L’esplosione si è verificata nel giardino del Centro culturale Amara dove i giovani si trovavano dal loro arrivo ieri nel distretto.
I giovani si erano radunati nel giardino per rilasciare un comunicato alla stampa prima di recarsi a Kobanê.
Il giardino del centro culturale si è trasformato in un bagno di sangue dopo l’esplosione a causa di corpi dei giovani sparsi a pezzi. 
Le ambulanze sono accorse sul posto per trasportare i feriti negli ospedali. I corpi delle vittime rimangono in giardino.
Dopo 45 minuti dell’attacco di Suruc un’altra esplosione a Kobane davanti all' Asayis di Kobane. Un giornalista ha detto che 3 membri di Asayis hanno perso la vita e che ci sono feriti.
Gli attacchi sono avvenuti dopo la dichiarazione di Erdogan e Bulent Arinc che ha detto "non li aspettano giorni migliori".

sabato 18 luglio 2015

Kurdistan - YPG: “Lottiamo per una Siria libera e democratica, completata con successo l’operazione.

YPG: “Lottiamo per una Siria libera e democratica, completata con successo l’operazione
Il comandante generale dello YPG (Unità di protezione del popolo) ha annunciato che l’operazione denominata Comandante Rubar Qamishlo, lanciata il 6 maggio contro l’Isis, è terminata con successo.

Questa operazione ha permesso di unire i due cantoni Kobane e Cizire e di liberare le città di Tal Abyad e Eyn Isa. 

In meno di tre mesi sono inoltre stati uccisi 1472 jihadisti del Califfato.

La notizia è stata data in un comunicato stampa a Qamishlo da Sozdar Derik, comandante generale dello YPG.

Questa operazione ha inoltre permesso di liberare centinaia di villaggi e decine di città, cacciando gli uomini dell’Isis da un’area di circa 11mila chilometri quadrati.

Il comandante generale Derik ha sottolineato come la liberazione di Tal Abyad sia stata la maggior vittoria dello YPG contro l’Isis. In toltale sono stati uccisi 1472 jihadisti e ne sono stati catturati 647. Nelle operazioni hanno perso la vita anche 139 combattenti dello YPG.


“Ai nostri compagni che sono caduti nelle operazioni abbiamo promesso che saremmo andati avanti con determinazione e coraggio – ha detto Derik – fino a quando non arriveremo a costruire una Siria libera, democratica e pluralistica”. 

giovedì 16 luglio 2015

Iran - I diritti negati ai curdi in Iran

I diritti negati ai curdi in Iran
“Ci sono dodici milioni di curdi in Iran che sono costretti a vivere in condizioni molto difficili, sia per quanto riguarda l’aspetto economico che quello dei diritti umani. Sono impegnati solo in mestieri umili, quelli che riescono a trovare un impiego. Molti lavorano la terra e sono impiegati nelle campagne ma pensare di fare carriera o occupare posti di rilievo è impensabile. 

Il PJAK (Free Life Party of Kurdistan) è l’unica forza politica che è impegnata nel difendere i diritti dei curdi, ma naturalmente è un partito illegale. La Repubblica Islamica giudica tutti coloro che portano avanti le vertenze dei curdi come dei traditori e questo implica che molti attivisti politici siano stati rinchiusi nelle carcere e sottoposti a torture. Chi viene giudicato un traditore viene giustiziato senza un giusto processo. Ci sono circa 1260 detenuti politici curdi in Iran. 

Lo stesso rischio lo corrono anche tutti coloro che osano parlare di quest’argomento e mettere in discussione l’autorità. Ci sono anche molti giornalisti rinchiusi nelle galere iraniane anche solo perché hanno osato parlare di diritti umani negati. E non sono tutti necessariamente di origine curda. Chiunque anche solo osi mettere al centro certe questioni rischia non solo la reclusione ma addirittura la vita”. 

A pronunciare queste parole è Shirzad Kamangar, tra gli uomini di spicco del partito curdo iraniano. Costretto all’esilio, vive la maggior parte del suo tempo a Bruxelles dove lo abbiamo incontrato.

Ma com’è la situazione di chi sceglie di lottare per i diritti in Iran?
“Chi ha scelto di fare politica è costretto a uscire dal Paese e questo implica l’impossibilità di rientrare perché messo piede sul suolo iraniano la conseguenza immediata sarebbe l’arresto. Il problema poi si presenta per i familiari che rimangono perché il governo impossibilitato ad arrestare chi vive all’estero e quindi se la prende con loro. Io sono stato in prigione diverse volte e dopo l’ultima volta ho scelto di abbandonare la mia terra e le persone a me care. Non potere rientrare è ovvio che è un dolore. Ma la cosa più difficile da accettare sono le ritorsione che subiscono i cari dei fuoriusciti. Mio fratello ad esempio era un insegnante di scuola elementare ed è stato arrestato e giustiziato dopo un processo sommario solo perché era mio fratello. Non era certo un attivista politico, eppure ha pagato con la vita il solo fatto di essere mio fratello”.


Che ruolo ha a tuo parere l’Iran con Is?
“Il ruolo dell’Iran nella questione Is è quello di supporto al Califfato. Chiaro che non lo dichiara apertamente ma è un fatto. Un po’ come fa la Turchia. Nessuno lo dice chiaramente ma la questione è per noi molto chiara. E non si tratta solo di una questione ideologica, ma anche pratica che però nessuno ha voglia di affrontare. Mi riferisco alla comunità internazionale. Il problema è anche che è molto complicato fare uscire notizie dall’Iran, impossibile poi anche solo fare un lavoro di inchiesta o di denuncia sulla questione. Credete sia possibile anche per un giornalista straniero, occidentale, entrare in Iran e raccogliere testimonianze sulla condizione dei curdi o sui rapporti di questa grande potenza e Daesh? 

Chiunque anche solo volesse provarci, sarebbe immediatamente tacciato di attività spionistica. La conseguenza immediata sarebbe la carcerazione.”

Che prospettive ci sono secondo te per il futuro? “Quello che pensiamo come comunità curda intesa nella sua quasi totalità è che è sui diritti che dobbiamo concentrare la nostra battaglia. Per questo siamo uniti alla lotta in Rojava ma anche sostegno al partito turco curdo HDP che è una bella spina nel fianco di Erdogan. Diversa è la questione nel Kurdistan iracheno ma quelle sono problematiche interne alla nostra comunità e di più facile soluzione. Oggi dobbiamo essere tutti compatti per fare si che i curdi sparsi nei vari territori ottengano finalmente il rispetto non solo dei diritti umani ma anche sul piano della libertà di espressione. Senza il raggiungimento di questi elementi, il popolo curdo non sarà mai libero, che si trovi a vivere in Iran, in Turchia, in quel che rimane della Siria o in Iraq”.


di Ivan Compasso, Articolo21

sabato 4 luglio 2015

Kurdistan - Appello per la pace delle donne di Turchia

Appello per la pace delle donne di Turchia

Le organizzazioni delle donne in Turchia hanno rilasciato un comunicato congiunto dal titolo ”Noi insistiamo per la pace” dichiarando che le donne manterranno la loro determinazione nel lottare per la pace e hanno avvertito i politici e i media di non presentare la guerra come un’alternativa alla risoluzione pacifica.

Le donne hanno ricordato il selvaggio attacco a Kobanê del 25 giugno costato la vita a 230 civili, e hanno affermato che il massacro ha creato un profondo dolore e rabbia; tuttavia hanno rafforzato la volontà di lottare per la pace invece che scomporsi.

Il comunicato delle donne ha attirato l’attenzione sul fatto che l’attacco a Kobanê dimostra la preparazione di un nuovo periodo di guerra e hanno dichiarato: ”Mentre vi è una guerra al di fuori dei confini, diventa tutto più difficile sviluppare la pace all’interno dei confini. Negli ultimi tre mesi il processo di pace è giunto a una battuta d’arresto. Quando abbiamo pensato che è stato raggiunto un consenso per la democratizzazione della Turchia e della pace sociale, l’odio, ostilità e la rabbia sono diventati di nuovo parte della vita quotidiana “.

Le donne hanno aggiunto che queste politiche di guerra sono state sviluppate nonostante la maggioranza della società nelle ultime elezioni politiche aveva chiesto la pace.

Chiamando in causa  i politici le donne hanno detto:”Mentre vi è un nuovo parlamento dove le differenze del paese sono bene rappresentate,non portate la guerra e i bollettini di guerra come soluzione di ogni problema” e hanno ricordato che un nuovo governo non si è ancora costituito e dunque un governo temporaneo non può assumere la decisione di guerra nel nome di milioni di persone.

Le donne hanno sottolineato che la maggioranza della società alle elezioni ha votato per la pace,e perciò il nuovo parlamento deve agire per sostenere la pace e hanno aggiunto che prima che inizino i lavori ufficiali del nuovo parlamento,un vecchio disegno di legge non può essere fatto sul terreno della guerra.

Le donne hanno anche chiesto agli organi dei media di essere la voce della pace e per far prevalere il giornalismo di pace e il linguaggio della pace.Le donne hanno anche invitato tutte le donne ad insistere sulla pace e hanno dichiarato: “Sappiamo tutti molto bene che cosa significa la guerra. Questo è il motivo per cui dobbiamo insistere sulla pace. Diffondiamo la pace a tutto il paese e gridiamo tutte ‘Siamo determinate per la pace”.

Il comunicato congiunto è stato rilasciato su richiesta dell’Iniziativa delle donne per la pace e sottoscritta dalle organizzazioni femministe, dai comitati delle organizzazioni sindacali, gruppi di studentesse e altre organizzazioni indipendenti delle donne.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!