giovedì 8 dicembre 2016

Egitto - Arrestata attivista per i diritti delle donne

Egitto: arrestata nota attivista per i diritti delle donne
Azza Soliman
Azza Soliman, fondatrice del Centro di assistenza legale alle donne egiziane, è stata arrestata questa mattina al Cairo in quello che per Amnesty International è il segnale di una ancora più marcata repressione nei confronti degli attivisti per i diritti umani.
“L’arresto di Azza Soliman è l’ultimo raggelante esempio della sistematica persecuzione in atto ai danni dei difensori dei diritti umani. Riteniamo che sia stata arrestata a causa delle sue del tutto legittime attività in favore dei diritti umani e che debba essere rilasciata immediatamente e senza alcuna condizione. Le intimidazioni e le persecuzioni contro gli attivisti per i diritti umani devono cessare” – ha dichiarato Najia Bounaim, vicedirettrice per le campagne presso l’Ufficio regionale di Amnesty International di Tunisi.
Tre settimane fa, le autorità avevano congelato i conti bancari di Azza Soliman e della sua organizzazione, senza alcuna decisione giudiziaria, e il 19 novembre le avevano impedito di recarsi in Giordania per prendere parte a un seminario di formazione sui diritti delle donne nell’Islam.
Il mandato d’arresto di Azza Soliman è stato firmato da uno dei giudici incaricati delle indagini sulle organizzazioni non governative (Ong) egiziane, conosciuto come il caso 173/2011. Il giudice deciderà se ordinare il suo arresto o il rilascio su cauzione.
“Azza Soliman, insieme ad altri difensori dei diritti umani, è già sottoposta a un divieto di espatrio e al blocco dei conti bancari. Il suo arresto segna un’escalation nell’uso di tutta una serie di tattiche repressive che hanno lo scopo di intimidire e ridurre al silenzio lei e altre voci critiche” – ha commentato Bounaim.
“Il rischio è che al suo arresto seguano analoghi provvedimenti nei confronti di altri difensori dei diritti umani coinvolti in quell’inchiesta” – ha aggiunto Bounaim.
Nel giugno 2014, 43 operatori stranieri ed egiziani di Ong erano stati condannati a pene da uno a cinque anni. Erano state chiuse anche alcune Ong, tra cui Freedom House e il Centro internazionale per i giornalisti.
Lo scorso anno, la magistratura egiziana ha intensificato le pressioni sui gruppi per i diritti umani, attraverso divieti di espatrio e il congelamento dei patrimoni bancari, per reprimere la libertà di espressione, di associazione e di manifestazione, con l’obiettivo finale di smantellare il movimento per i diritti umani in Egitto e stroncare anche il più timido segno di dissenso.
Il presidente al-Sisi potrebbe presto firmare una nuova, durissima legge sulle associazioni che conferirebbe al governo e alle forze di sicurezza poteri straordinari sulle Ong.
Azza Soliman ha fatto parte di un gruppo di 17 persone arrestate per aver testimoniato sull’omicidio di Shaimaa al-Sabbagh, un’attivista uccisa al Cairo nel gennaio 2015 durante una manifestazione pacifica. Accusata di manifestazione non autorizzata e disturbo all’ordine pubblico, Azza Soliman era stata assolta a maggio e, dopo il ricorso della pubblica accusa, nuovamente a ottobre.

mercoledì 7 dicembre 2016

Argentina - I “nessuno” come soggetti

sgc_8341A Córdoba, seconda città dell’Argentina, lo Stato è un apparato poliziesco e serve soprattutto a difendere le grandi coltivazioni di soia e la speculazione immobiliare urbana. Quelli che non consumano sono di troppo, i media e il potere li considerano dei “nessuno”. Il problema è che il loro vagabondare, ma anche solo la loro presenza, generano insicurezza. Li riconosci dall’aspetto, sono giovani, poveri, portano quasi sempre la gorra, il berretto con la visiera, e spesso hanno la pelle scura. La polizia ne ferma 200 al giorno, basandosi soprattutto sull’aspetto. Li arresta in modo sistematico sui ponti, alle uscite dai quartieri, mentre tornano a casa. Grazie al Código de Convivencia, che equipara le infrazioni ai reati, perseguitarli non è un reato, così molto spesso vengono anche assassinati o fatti sparire. Il 19 novembre, però, 20 mila persone hanno percorso a Córdoba la decima Marcha de la Gorra contro gli abusi della polizia. Bisognava vederli e soprattutto sentirli, quei ragazzi, mentre danzavano, cantavano, gridavano in testa al corteo. Quando quelli che stanno più in basso, i “nessuno” di sempre, riprendono in mano le redini della loro vita, e per di più lo fanno in forme collettive, è perché qualcosa di molto profondo sta cambiando. Riusciamo ancora a immaginare i più poveri come soggetti? Noi che pensiamo di avere una coscienza politica e ci diciamo “attivisti” o “militanti”, accettiamo di farci da parte, di togliere di mezzo ogni logica accademica o tutela coloniale e limitarci ad accompagnare la lotta per cambiare il mondo dei soggetti che stanno sotto?

Colombia - Intervista con il comandante del Blocco Orientale delle FARC

In una intervista con Semana.com il comandante del Blocco Orientale delle FARC (Mauricio Jaramillo) parla delle difficoltà avute una volta arrivati nei punti di pre-raggruppamento e del momento in cui cominceranno a fare politica nel paese.

Il suo nome è diventato pubblico nel 2012 quando è stato nominato alla guida della commissione che ha condotto la fase esploratoria del processo di pace. Non ha studiato a Cuba né in Unione Sovietica, come si legge in alcune notizie che circolano in rete. Tuttavia, come altri membri delle FARC, è riuscito a frequentare alcuni corsi alla Facoltà di Medicina dell’Università Nazionale.

S.com: L’implementazione dell’accordo di pace è ormai all’angolo. Come vedono le FARC il momento politico che sta vivendo il paese?
MJ: Ci piacerebbe che tutti fossero coinvolti in questo processo. Fino all’ultimo momento abbiamo cercato di coinvolgere il presidente Uribe, invitandolo a parlare con noi. Solo adesso ha lasciato intendere che vuole parlare. Abbiamo detto che non era possible continuare a lasciare che altri facessero politica a nostre spese, è molto complicato. Lo abbiamo invitato quattro volte all’Avana a parlare con noi. Era necessario che Uribe venisse per raggiungere davvero una pace sicura e per questo vogliamo che tutti i settori siano coinvolti, ma loro non hanno voluto.

S.com: Non temete avviare l’implementazione in questa situazione di polarizzazione politica?

MJ: Lo temiamo nel senso che già si vedono conseguenze nelle strade. Sono stati uccisi molti dirigenti. Alla fine, noi siamo soltanto un settore che vuole che le cose avanzino per far prosperare economicamente il paese, in mezzo a tutta questa gente. Vogliamo stare in tutte le attività, politiche, economiche e culturali.

S.com: Però… vi sembra facile?

MJ: Sarà complicato, la gente ha molta paura. Questo paese è stato segnato dal terrore.

S.com: Questa nuova ondata di omicidi, vi ricorda un altro sterminio politico?

MJ:
La gente si è cominciata a svegliare in Colombia. Ci sono state molte manifestazioni e molte pressioni sullo Stato. E’ lo Stato che deve fermare questa violenza e far sì che la Colombia effettui un cambio di direzione preciso. Bisogna fermare la violenza, la morte, il terrore.

S.com: Ha partecipato alla fase esploratoria del processo di pace. E’ stato uno di quelli che ha aiutato a organizzare l’agenda che si è negoziata. Pensava che le cose sarebbero andate così?

MJ:
Nell'immaginario del compagno Alfonso - che è stato quello che ha cominciato tutto questo processo - sì, era così che doveva andare. Noi abbiamo sempre aspirato alla pace, anche nelle tre volte anteriori in cui ci siamo seduti al tavolo delle trattative.

S.com: In cosa si è vinto e in cosa si è perso?

sabato 3 dicembre 2016

Messico - Nonostante gli attacchi la Consulta va

COMUNICATO CONGIUNTO DEL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO E DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
2 dicembre 2016

AL POPOLO DEL MESSICO:

AI POPOLI DEL MONDO:

AI MEZZI DI COMUNICAZIONE LIBERI:

Sono grandi i passi dei nostri popoli, sono saggi quando sono collettivi, e il Congresso Nazionale Indigeno ricorre con il suo attento udito per ascoltarci nel pensiero di ciò che siamo, la parola e gli accordi del V CNI, mentre proseguiamo in assemblea permanente, percorrendo in questi momenti tutti gli angoli del nostro paese, il Messico.

La nostra assemblea permanente sorge e avviene nei popoli, nazioni e tribù di tutte le lingue che parla il Congresso Nazionale Indigeno, in grandi e piccole assemblee, in riunioni di consigli comunali, in riflessioni profonde di famiglie disperse, in forum regionali e in luoghi di cerimonie sacre. Con le parole collettive concludiamo una volta di più che è l’ora dei popoli e che tremi nei suoi centri la terra.

Ed è tanta la paura dei potenti, delle imprese estrattive, dei militari, dei narcoparamilitari, che la nostra consultazione sta venendo aggredita e minacciata dove i nostri popoli si stanno riunendo per discutere e decidere i passi da fare come CNI, ragione per cui denunciamo:

Che nella comunità indigena nahua di Santa María Ostula, Michoacán, c’è una recrudescenza delle aggressioni narcoparamilitari da parte del cartello dei cavalieri templari, che attraverso una carta firmata in data 19 novembre 2016, la stessa data in cui un’assemblea regionale discuteva nella costa michoacana le risoluzioni della prima tappa del V CNI, minacciano di fare “un repulisti” di chi partecipi a mobilitazioni insieme ai comandanti della polizia comunitaria.

Che i compagni che per accordo dell’assemblea del V CNI nel mese di ottobre 2016 si sono sparpagliati in diverse geografie del paese in cui i popoli originari hanno voluto dialogare con delegate e delegati di altri popoli rispetto alla nostra proposta politica, sono stati vittime di aggressioni e minacce da parte di bande di delinquenti o di sconosciuti, come l’incendio di abitazioni nei loro luoghi di origine, o aggressioni di altri veicoli per cercare di farli uscire dalle strade che devono percorrere.

Che mentre le imprese straniere pretendono di impadronirsi di 12 pozzi petroliferi nel territorio Zoque del nord del Chiapas, il passato 23 novembre 2016 un gruppo di uomini armati, che si sono fatti passare per professori del governo e con il benestare del Sottosegretario dell’Educazione Federalizzata del Chiapas, Eduardo Campos Martínez, e del capo, Delfino Alegría García, ha sequestrato un gruppo di professori indigeni del Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione (CNTE) della zona nord del Chiapas, oltre ad avere attaccato con armi ad alto potenziale gli spazi esterni dell’ufficio della Segreteria di Educazione nel municipio di Ixtacomitán, Chiapas. Il vile attacco ha tolto la vita al professore zoque Roberto Díaz Aguilar, originario di Chapultenango, Chiapas, e altre tre persone sono rimaste ferite.

Che il professor Irineo Salmerón Dircio, Coordinatore della Casa di Giustizia di San Luis Acatlán e membro del Coordinamento Regionale delle Autorità Comunitarie (CRAC-PC) è stato sequestrato-fatto sparire da un gruppo armato nel municipio di Tixtla, Guerrero; e due giorni dopo il suo corpo è stato ritrovato senza vita nel municipio di Chilapa, Guerrero, alcuni giorni dopo che in quello stesso municipio almeno 15 comunità del Consiglio Indigeno e Popolare del Guerrero – Emiliano Zapata avevano celebrato un’assemblea come parte della consultazione che stiamo portando avanti.

Dal cuore collettivo dei popoli originari del Congresso Nazionale Indigeno, ci pronunciamo per il rispetto assoluto del territorio del popolo Sioux, a Standing Rock, Nord Dakota, dove più di 200 tribù si sono organizzate per bloccare il saccheggio che pretendono di fare i capitalisti attraverso l’imposizione di Oleodotti che distruggono le fonti d’acqua e i luoghi sacri. Ripudiamo la brutale repressione di cui sono stati oggetto lo scorso 20 novembre e quella che pretendono di realizzare annunciando un ultimatum per sgomberare le loro terre. 

Perù - Una "strada della morte" promossa da un prete italiano

L'organizzazione Survival International ha denunciato "una nuova strada della morte" che dividerà in due le terre di diverse tribù indigene incontattate nel cuore della Frontera Amazzonica, sotto l'egida e la promozione di un "controverso" prete italiano. 

"Si prevede che il Congresso peruviano approvi rapidamente la strada, che attraverserà 270 km di una delle regioni più ricche di biodiversità e fragile dell'Amazzonia", ha denunciato l'organizzazione.

Il sacerdote cattolico è Michele "Miguel" Piovesan, che da anni sostiene il progetto in considerazione del fatto che le popolazioni indigene della regione sono "preistoriche".

Nel 2012 il Congresso peruviano ha respinto la strada, ma la costruzione ha continuato illegalmente e ora il progetto è riproposto dal deputato Carlos Tubino, del partito Fuerza Popular dice Survival International.

Emilio Montes, presidente dell'organizzazione indigena FECONAPU, con sede a Puerto Esperanza, ha detto: "Sulla strada non accettiamo questo tipo di progetti, la rifiutiamo nettamente. Non avremo nessun beneficio ma piuttosto ci saranno benefici per i trafficanti di legname, le imprese minerarie e del petrolio e anche per il traffico di droga illegale. Si mette in pericolo la vita dei nostri fratelli isolati, come il Mashco-Piro. [si prevede il ] saccheggio delle nostre risorse naturali e della flora e della fauna. Piuttosto noi rispettiamo il nostro territorio ancestrale (...) per il nostro futuro dei nostri figli. Abbiamo bisogno di un altro tipo di sviluppo, con una gestione sostenibile delle nostre risorse, al fine di vivere la vita in pieno, anche per il nostro futuro."

I popoli indigeni che saranno colpiti dalla costruzione della strada sarebbe in aggiunta al Mascho-Piro, i Chitonahuas, i Mastanahuas e i Sapanawas, che continuano con una vita di tipo nomade isolata.

Padre Piovesan ha ripetutamente negato l'esistenza di tribù indigene incontattate. Il suo bollettino parrocchiale ha dichiarato: "Noi non accettiamo l'idea di ISOLAMENTO come un desiderio naturale per loro. Non è verificato. Sono fantasie di coloro che conoscono gli indigeni solo quando sono in visita o per fare ricerca ma solo sulla base di ipotesi che non è mai controllata sul campo. "

Secondo Survival International, la strada collegherà Puerto Esperanza con l'autostrada interoceanica che attraversa Perù e Brasile. "Gli indigeni incontattati hanno chiaramente espresso il loro desiderio di rimanere isolati. Il progetto non può essere effettuato senza il loro consenso e viola il loro diritto di decidere del proprio futuro ", ha concluso.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!