venerdì 28 settembre 2018

Italia - Nuove maree, per cambiare tutto - App. a Bologna 6/7 ottobre

Le azioni e le manifestazioni di Ni una menos in Argentina e l’8 marzo globale sono la punta di un iceberg che non smette di crescere e muoversi. In questi tempi bui, il movimento internazionale delle donne sembra l’unico nel mondo in grado di non adeguarsi all’agenda della politica istituzionale, di reinventare pensiero e azioni di chi lotta nella vita di ogni giorno, di rifiutare il dominio della violenza. Un movimento grande e complesso che in tanti modi mette in discussione le forme consolidate e tradizionali dell’agire politico ma anche i nessi che legano precarizzazione del lavoro, razzismo e violenza. Gli spazi autogestiti dalle donne, in particolare, sono sempre di più linfa vitale per tutte le lotte sociali. Scrive Carla Maria Ruffini «Esperienze come quelle dei centri antiviolenza e degli spazi femministi autogestiti, delle battaglie per la riappropriazione democratica dei beni comuni e delle istituzioni del welfare, delle pratiche di mutualismo solidale, autorganizzazione e autogestione collettiva di forme e pratiche del “comune”, se messe in relazione tra loro attraverso connessioni virtuose e sistemiche, possono essere linfa vitale per processi di rottura dei dispositivi di “confinamento” e separazione che rendono i conflitti incapaci di incidere, e per la creazione di spazi di interconnessione con tutte le soggettività che il capitale tenta di segmentare e dividere. A partire dalle lotte delle donne…»
8 marzo 2018, Non una di meno Bologna. Foto di Michele Lapini (che ringraziamo)
di Carla Maria Ruffini*

Una nuova stagione di maree femministe. Per cambiare tutto

Il messaggio fondamentale gridato dalle donne argentine in Plaza de los Dos Congresos il 4 giugno – nel pieno della combattiva campagna per l’aborto libero, sicuro e gratuito – è che le donne non sono disposte ad accontentarsi di singoli provvedimenti, ma vogliono “cambiare tutto”. Nel documento, potente e “denso” di tutte le rivendicazioni di Ni Una Menos e dello spirito di lotta che anima l’attuale movimento femminista internazionale, si sostiene che è necessario affrontare a tutto campo gli innumerevoli e pervasivi dispositivi politici, economici, giuridici e sociali che, con ancor maggiore accanimento in questo momento storico, originano la violenza etero-patriarcale sulle donne sia nella dimensione pubblica che in quella privata, mettendoli in discussione in modo radicale e sistemico.
Se guardiamo al nostro vessato Paese, siamo sempre più consapevoli che, per andare in questa direzione, è fondamentale rivendicare la centralità e l’efficacia della lotta globale e intersezionale delle donne, sollecitando una riflessione e un’attivazione non più rinviabile dopo i recenti eventi e provvedimenti – annunciati o già presentati dal Governo – che hanno caratterizzato il debutto del nuovo esecutivo a forte connotazione patriarcale e razzista.

Lo sciopero globale delle donne, messo in scena nel contesto mondiale per il secondo anno consecutivo l’8 marzo 2017, merita un’attenzione particolare nelle analisi del panorama dei movimenti di lotta attuali, dopo esser stato ignorato dai media – come è accaduto in modo clamoroso in Italia – o tutt’al più trattato sommariamente e con sufficienza e subito archiviato quale episodio contingente e scarsamente influente e significativo.
Foto tratte dalla pag. fb di Ni una menos
Negli scenari svuotati di quel potenziale di lotta e di liberazione che aveva animato passate stagioni, lo sciopero globale femminista, lo sciopero sociale, e tutte quelle pratiche e forme di lotta che “tengono insieme” le due dimensioni della produzione e della riproduzione, si confermano come la via maestra per aggredire, da una parte, gli snodi cruciali in cui la violenza determinata dalla precarietà e dalla vulnerabilità socio-esistenziale si origina e per ricomporre, dall’altra, ciò che è stato diviso, frammentato dal lucido disegno dell’odierno capitalismo di frode, sanando la dicotomia tra produzione di valore e socialità, solidarismo, organizzazione di lotte.

Lo spazio “largo” ma oppressivo e ingabbiante rappresentato dall’inestricabile intreccio di lavoro produttivo e riproduttivo, “res extensa” del processo di valorizzazione che mette al lavoro l’intera società ed erode progressivamente fette fondamentali di welfare, diviene luogo d’elezione per nuovi sfruttamenti e rinnovate servitù. Le servitù che il patriarcato – quello mai domato e quello di ritorno – riserva alle donne, nell’alleanza di ferro stretta con il neoliberismo, sono come sempre le più aggressive e violente; e già si colgono in modo evidente, nelle sconsiderate azioni e dichiarazioni che hanno contraddistinto la prima fase dell’attuale governo, segnali inquietanti di recrudescenza di un patriarcato disposto a “uscire allo scoperto” per annullare le conquiste fondamentali di libertà volute dalle donne e creare condizioni favorevoli per il consolidarsi delle nuove strategie di sfruttamento e violenza scientemente progettate.

La pedagogia della crudeltà

venerdì 21 settembre 2018

Messico - La democrazia delle illusioni

È assai probabile che il nuovo governo di Andrés Manuel López Obrador decida di sottoporre la prosecuzione dei lavori di costruzione del mega-aeroporto di Città del Messico, che avrebbe un impatto devastante sul suolo, l’acqua e l’aria della capitale, a una consultazione nazionale vincolante. Siamo talmente abituati all’arbitrio assoluto di poteri politici ed economici dispotici che la prima reazione di chi legge una notizia del genere non può che essere positiva. Gustavo Esteva ci spiega invece, in modo oltremodo convincente, perché non è così. La democrazia plebiscitaria può provocare disastri se tutti non hanno accesso alle informazioni indispensabili. Si crea l’illusione che la gente prenda nelle proprie mani importanti decisioni di governo, mentre non fa altro che ballare al ritmo di una musica suonata da altri. Avrebbe senso che tutte e tutti i messicani partecipassero a questa consultazione se il quesito venisse posto in termini corrispondenti ai loro interessi e all'informazione di cui dispongono. Si dovrebbe decidere, per esempio, se dedicare considerevoli risorse pubbliche all'aeroporto più fantasioso, più grande e capriccioso del mondo, oppure alle molte altre opere necessarie, come scuole e ospedali
Il faranoico progetto del nuovo aeroporto della capitale messicana. Immagine tratta da https://www.reportelobby.com

di Gustavo Esteva

La settimana comincia male se al lunedì ti impiccano. Oppure ti danno la possibilità di scegliere se essere impiccato lunedì o venerdì.

La consultazione vincolante relativa alla costruzione del Nuovo Aeroporto di Città del Messico potrebbe essere la prima delle grandi decisioni del nuovo governo, che ha cominciato a governare il primo di luglio, con l’intensificarsi dell’abbandono delle funzioni di governo dell’attuale amministrazione, iniziato molto prima. Ma questa sarebbe una delle sue prime decisioni importanti. Così come è impostata, è un pessimo modo per iniziare la gestione.

Raúl Zibechi ha inquadrato correttamente consultazioni e plebisciti (“Plebiscitos y movimientos antisistémicos”, La Jornada, 31/8/18). Sono diventati di moda e possono essere utili strumenti di lotta, nel contesto molto limitato della democrazia rappresentativa, ma sono anche molto rischiosi. Creano l’illusione che la gente prenda nelle proprie mani importanti decisioni di governo, mentre non fa altro che ballare al ritmo di una musica suonata da altri. Tutto dipende da ciò che è sottoposto a consultazione e dal modo in cui la consultazione viene fatta, il che dipende dal governo.

La California e la Svizzera sono i paesi che più utilizzano la procedura. L’esperienza è ambigua. Sembra utile la consultazione che ha permesso agli svizzeri di limitare i salari dei dirigenti delle grandi imprese, ma ormai solo il 40% della popolazione risponde alla chiamata. Anche i votanti della California sono stufi. Nel mese di novembre del 2016 hanno dovuto rispondere a più di 30 domande su questioni locali, regionali e statali. Quelli che l’hanno fatto in maniera responsabile da casa loro, votando per posta, hanno dovuto dedicarvi diverse ore. In molti casi non sapevano che cosa pensare; dovevano decidere su cose che non conoscevano, e quindi reagivano emotivamente, non sulla base di argomentazioni ben fondate. Hanno ormai la sensazione che le consultazioni chiedano loro di assumersi i compiti tecnici per i quali hanno eletto un funzionario.

Dobbiamo discutere seriamente sul valore della consultazione vincolante. I popoli originari devono essere consultati in tutto ciò che li riguarda, specialmente quando sono in gioco i loro territori. In questo caso è importante prestare attenzione alle condizioni in cui si compie la consultazione. Anche in altri casi la consultazione può essere utile. Ma lo strumento deve essere utilizzato con cura. Può essere non solo inutile, ma anche controproducente.

Non è sensato sottoporre a una consultazione nazionale la decisione sull’ubicazione dell’aeroporto; sarebbe impossibile che tutta la gente possa avere accesso alle informazioni che permetterebbero di mettere a confronto in maniera adeguata il progetto in corso con l’ubicazione a Santa Lucía (ndt – Base militare a ovest di Città del Messico). Avrebbe senso che tutte e tutti i messicani partecipassero a questa consultazione se il quesito venisse posto in termini corrispondenti ai loro interessi e all’informazione di cui dispongono, come quelli recentemente proposti dal nuovo titolare del Ministero delle Comunicazioni e dei Trasporti. Si dovrebbe decidere se dedicare considerevoli risorse pubbliche all’aeroporto più fantasioso, più grande e più capriccioso del mondo, oppure ad opere necessarie, come scuole e ospedali (La Jornada, 7/9/18).

Perché la gente si pronunci in base a un’informazione adeguata, dovrebbe risultare chiaramente dal quesito che il nuovo aeroporto avrebbe un impatto devastante sul suolo, l’acqua e l’aria di Città del Messico, sia per la costruzione stessa che per il continuo aumento del traffico aereo, altamente inquinante. Dovrebbe inoltre essere chiaro che si danneggerebbero gravemente i territori e le condizioni di vita di molte comunità della zona. Che ci sarebbe un impatto negativo sulla vita di tutti gli abitanti dell’area metropolitana. Per tutti questi motivi, la consultazione deve offrire la possibilità di dire di no.

La cosa più importante sarebbe presentare con chiarezza le opzioni. Tutti possono capire che invece di continuare a concentrare il traffico aereo in Città del Messico bisogna allontanarlo da lì. È possibile fornire informazioni su come sarebbe facile e a buon mercato far questo, se gli interessi della gente contassero più di quelli delle grandi imprese. Non ha senso che quelli che volano da una città all’altra del paese debbano passare per la capitale, ad esempio che debbano passare di qui quelli che vanno da Oaxaca a Tuxtla. È irrazionale che si mantenga sottoutilizzato il sistema aeroportuale metropolitano, che collega gli aeroporti di Cuernavaca, Puebla, Querétaro e Toluca con la capitale, il cui utilizzo potrebbe ridurre almeno di un quinto i voli attuali per Città del Messico. Per decidere, la gente dovrebbe sapere che a fronte degli ingegneri e delle grandi imprese che si pronunciano a favore del progetto in corso, molti altri esperti lo criticano per fondati motivi. Dovrebbe anche sapere che meno del 2 per cento degli abitanti di Città del Messico usa il trasporto aereo.

Il nuovo governo deve ripensare la sua proposta. Partire con un esercizio ingannevole e ciecamente autoritario è un pessimo modo di iniziare un’avventura che vuole essere democratica. Se ha già deciso di sottoporre la decisione a una consultazione, deve ripensare la sua formulazione.

gustavoesteva@gmail.com

fonte La jornada. Traduzione a cura di Camminar domandando
Titolo originale ¿Democracia?

venerdì 7 settembre 2018

Messico - Convocazione alla seconda assemblea nazionale del Consiglio Indigeno di Governo ed ai popoli che formano il Congresso Nazionale Indigeno

CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

CONVOCAZIONE
Considerando che:

PRIMO – L’iniziativa di formare il Consiglio Indigeno di Governo (CIG) e di proporre la sua portavoce, Marichuy, come candidata alla Presidenza della Repubblica, lanciata dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI) ha concluso un’altra tappa. La prima tappa è stata la decisione assunta dal Quinto Congresso Nazionale Indigeno, nel suo XX° Anniversario, nel mese di ottobre 2016, di portare a consultazione di tutte le sue comunità e villaggi l’iniziativa descritta. È seguita la seconda tappa con la consultazione all’interno del CNI dell’iniziativa per formare il CIG e nominare la sua portavoce tra i mesi di ottobre e dicembre 2016. La terza tappa è culminata nell’Assemblea Costitutiva del CIG e la nomina, per consenso di detta Assemblea, della sua portavoce María de Jesús Patricio Martínez, nel mese di maggio 2017. La quarta tappa è stata la raccolta delle firme a favore della nostra portavoce Marichuy, processo che abbiamo concluso questo anno, senza per questo aver interrotto il nostro processo di resistenza, ribellione ed organizzazione.

SECONDO – Il nostro percorso continua. E la differenza fondamentale rispetto alle tappe precedenti è che ora siamo molti più popoli originari che procediamo insieme e, LA COSA PIÙ IMPORTANTE, adesso siamo molte più persone, gruppi, collettivi ed organizzazioni a cercare tra noi stess@ le soluzioni che, lo sappiamo, non verranno mai dall’alto.

TERZO – Ogni giorno che passa cresce sempre di più la guerra capitalista contro la madre terra, i nostri popoli e tutt@ quell@ che stanno in basso, mentre dall’alto, dai capitalisti e dai loro capoccia che malgovernano il Messico ed il mondo, non riceviamo altro che bugie, sfruttamento, depredazione, disprezzo e repressione.

QUARTO – La TERZA SESSIONE INTERNA DI LAVORO del CIG, che si è tenuta il 26 agosto del presente anno, ha concordato di realizzare una seconda Assemblea tra il CIG ed i popoli del CNI per ottobre di questo anno.

CONVOCHIAMO LE DELEGATE E I DELEGATI E CONSIGLIERE E CONSIGLIERI DEI POPOLI ORIGINARI CHE PARTECIPANO AL CNI ALLA:

SECONDA ASSEMBLEA NAZIONALE DEL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO ED I POPOLI CHE FORMANO IL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

Da tenersi dall’11 al 14 ottobre 2018 presso il CIDECI-UniTierra di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, con il seguente programma:

11 ottobre
Tutto il giorno. Arrivo e registrazione de@ delegat@ dei popoli membri del CNI e de@ consiglier@ del CIG.

12 ottobre
08:00-09:00 Colazione.
09:30-10:00 Inaugurazione.
Dalle 10:00 alle 14:00. Tavoli di lavoro. Bilancio e valutazione di questa ultima tappa di lotta, dell’attuale situazione in Messico e nel mondo e della consultazione che, insieme all’Associazione Civile “Llegó la Hora del Florecimiento de los Pueblos” si è svolta tra le Reti di Appoggio al CIG, la Sexta Nazionale ed Internazionale e tut@ coloro che hanno deciso di appoggiare la proposta del CIG.
14:00-15:00 Pranzo.
15:00-20:00 Plenaria divisa in due punti: 1: Bilancio e Valutazione. 2. I passi che seguono nella nostra lotta come CNI e CIG ed insieme alle Reti di Appoggio al CIG, alla Sexta Nazionale ed Internazionale e tutt@ coloro che hanno deciso di appoggiare la proposta del CIG.
20:00-21:00 Cena.

13 ottobre
08:00-09:00 Colazione.
09:00-11:00 Relazione delle commissioni operative e dei gruppi di lavoro al plenum dell’assemblea.
11:00-14:00 Tavoli di lavoro sui nuovi temi di lavoro del CIG e sul rafforzamento del CNI.
14:00-15:00 Pranzo.
15:00-16:00 Conclusioni dei tavoli di lavoro.
16:00-20:00 Plenaria sulle Nove Aree di Lavoro del CIG e Rafforzamento del CNI.
20:00-21:00 Cena.

14 ottobre
08:00-09:00 Colazione.
10:00-11:00 Sessione Finale dell’Assemblea. Decisioni e Accordi.
11:00-13:30 Chiusura.
13:30-14:30 Pranzo.

Si chiede alle delegazioni di confermare immediatamente la loro partecipazione all’indirizzo di posta elettronica concejoindigenadegobierno@gmail.com

Le sessioni dei giorni 12 e 13 di ottobre saranno riservate esclusivamente a@ delegat@ del CNI e consiglier@ del CIG, e vi potrà assistere come osservatori solo se espressamente invitat@ dalla Commissione di Coordinamento e Seguimento del CIG/CNI.

Nella sessione plenaria del giorno 14 ottobre potranno partecipare come osservatori le/gli invitat@ dalla Commissione di Coordinamento e Seguimento del CIG/CNI, le/gli ex membri dell’Associazione Civile “Llegó la Hora del Florecimiento de los Pueblos” e le/i componenti@ delle distinte Reti di Appoggio al CIG ed alla Sexta Nazionale ed Internazionale.

DISTINTAMENTE

6 settembre 2018

Per la Ricostruzione Integrale dei Nostri Popoli

Mai Più Un Messico Senza di Noi

Commissione di Coordinamento e Seguimento del CIG/CNI


Traduzione “Maribel” – Bergamo

mercoledì 29 agosto 2018

Messico - L’ultima mantecada sulle montagne del sudest messicano

(Racconto letto al termine del CompARTE PER LA VITA E LA LIBERTÀ 2018 nel Caracol di Morelia, Torbellino de nuestras palabras, montagne del sudest messicano.)

L’ULTIMA MANTECADA
SULLE MONTAGNE DEL SUDEST MESSICANO.

Forse è stato per una serie di eventi aleatori, senza legame apparente tra loro che la tragedia si è sviluppata.

O forse si è trattato di una semplice coincidenza, un caso sfortunato. Come se il destino avesse alimentato le voci sulla sua esistenza lanciando i pezzi di un puzzle sulle teste rotte di umani e macchine.

O per caso la Tormenta (che lo zapatismo insiste nel segnalare e che, come per tutto quello che dice, nessuno più nota) si era imbattuta in uno “spoiler“, un piccolo anticipo di quello che si avvicinava. Come se, nel software incoerente con cui sembra funzionare la realtà, fosse apparso un avviso urgente, un “warning” inavvertito, un segno che avrebbe potuto essere rilevato ed interpretato solo dalle più avvezze vedette che, negli angoli del mondo, sono impegnate a scrutare orizzonti che, tanto lontani, neanche appaiono come variabile nelle frenetiche statistiche del sistema mondiale. Dopo tutto, le statistiche servono per segnalare tendenze che cancellano drammi quotidiani. Che cosa è, dopo tutto, l’omicidio di una donna? Un numero. Una più è una meno. Le statistiche diranno che ci vogliono altri più numeri di questi omicidi “di genere” per incidere su una tendenza: quella della cavalcata fuori controllo del sistema verso l’abisso scivolando su sangue, fango, macerie, merda, distruzione. All’orizzonte? La guerra. Sul sentiero percorso? La guerra. Perché nel sistema capitalista la guerra è l’origine, la strada e il destino.

Infine, forse il delirio. Questo è solo un racconto e bisogna fare attenzione che in esso non si infilino riflessioni tendenziose, cattive idee, pensieri malsani, oziosi cavilli, provocazioni.

Chi qualche volta ha avuto la sfortuna di guardare un film col defunto SupMarcos, racconta che era insopportabile. Beh, non era solo insopportabile in quel frangente, ma ora sto parlando di guardare un film. Bastava che nel film saltasse fuori un’arma da fuoco perché il defunto mettesse in “pausa” e partisse in una lunga ed oziosa dissertazione su precisione, energia, portata, potere di fuoco e le brevi o lunghe parabole che un proiettile tracciava nella sua rotta verso “l’obiettivo”. Poco importava che in quel momento di pausa la trama si svolgesse, o che chi stava guardando il film si angustiasse senza sapere se l’eroe (o l’eroina, non dimenticare l’equità di genere) si salvava o no. No, lì si manifestava l’inutile spreco di erudizione: “quella è una carabina M-16, calibro 5,56 mm NATO, chiamato così per distinguere le munizioni fabbricate dai paesi dell’Alleanza Atlantica del Nord da quelle del Patto di Varsavia, ed eccetera, eccetera”. Certo, la compagnia cinefila non sapeva che cosa fare: se dimostrava interesse, il defunto poteva dilungarsi; se, invece, mostrava indifferenza, il defunto poteva interpretare la cosa come una sua non chiarezza di spiegazione e si sarebbe dilungato ancora di più, arrivando, chiaramente, alla guerra fredda. Ed allora il SupMarcos si sentiva obbligato a spiegare che il termine “guerra fredda” era un ossimoro, un’arguzia del sistema per ovviare alla morte e distruzione che avevano segnato quell’epoca. Proseguiva quindi con la “quarta guerra mondiale” e così via fino a che i popcorn si raffreddavano od erano diventati un impasto di mais in salsa “Valentina”.

Beh, sto già diventando uguale a lui. La questione era che se il SupMarcos assisteva alla proiezione, bisognava poi vedere il film o le serie due volte: una per subire le interruzioni, l’altra per capire la trama. Per questo dico che un racconto è un racconto e non una discussione politica. Anche se Difesa Zapatista usi la “discussione politica” per occultare le prove della “violenza di genere” che, sotto forma di ceffoni, applica allo stoico Pedrito, il bambino che, senza saperlo né volerlo, assume il ruolo di nemesi della bambina e del suo indefinibile gatto-cane.

Dove eravamo? Ah, sì, nel perché di quello che vi racconterò più avanti.

Il fatto è che, quell’alba, confermò ciò che temevo: erano finite le mantecadas [briosche-merendine N.d.T.]. Tutte. Perfino la riserva strategica (destinata a far fronte alla prevedibile apocalisse zombi, ad un’invasione extraterrestre o alla caduta di un meteorite) era a zero.

Che cosa era successo? Perché, come nelle tragedie greche e nei corrido messicani, non succede niente fino a che succede.

Doña Juanita, trincerata nelle cucine del CIDECI, a San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico, era in sciopero: niente tamales, niente cuche (maiale, in Chiapas), niente tacos e salse, niente intrugli ricchi di carboidrati, grassi e colesterolo. E, oh disgrazia, niente mantecadas. Adesso solo cibo sano, cioè verdure, verdure e ancora verdure. Niente di niente. 

sabato 25 agosto 2018

Messico - 300. Terza e ultima parte - UNA SFIDA, UNA AUTONOMIA REALE, UNA RISPOSTA, DIVERSE PROPOSTE, E QUALCHE ANEDDOTO SUL NUMERO “300”


 Terza ed ultima parte: UNA SFIDA, UNA AUTONOMIA REALE, UNA RISPOSTA, DIVERSE PROPOSTE, E QUALCHE ANEDDOTO SUL NUMERO “300”. Subcomandante Insurgente Moisés, SupGaleano

E poi cosa viene?

Remare controcorrente. Niente di nuovo per noi, nosotroas, zapatiste, zapatisti.

Noi lo vogliamo ribadire – ci siamo consultati con le nostre comunità -: qualunque caposquadra deve essere contrastato, chiunque; e non solo chi propone una buona amministrazione ed una corretta repressione – cioè, questa lotta alla corruzione ed il piano di sicurezza basato sull’impunità -; anche chi dietro sogni avanguardisti vuole imporre la sua egemonia ed omogeneizzarci.

Non cambieremo la nostra storia, il nostro dolore, la nostra rabbia, la nostra lotta, per il conformismo progressista ed il suo correre dietro al leader.

Forse qualcuno lo dimentica, ma noi non dimentichiamo che siamo zapatisti.

E riguardo alla nostra autonomia – con la faccenda che sì la si riconosce, o no non la si riconosce -, noi abbiamo fatto questo ragionamento: l’autonomia ufficiale e l’autonomia reale. Quella ufficiale è quella riconosciuta dalle leggi. La logica sarebbe questa: hai un’autonomia, ora la riconosco in una legge e quindi la tua autonomia dipende da questa legge e comincia a non mantenere più le sue forme, poi, quando ci sarà un cambio di governo, allora devi appoggiare il governo “buono” e votare per lui, promuovere il voto per lui, perché se arriva un altro governo abolirà la legge che ti protegge. Quindi diventiamo i peones dei partiti politici, come è successo con i movimenti sociali in tutto il mondo. Non importa più quello che si sta facendo nella realtà, quello che si sta difendendo, ma quello che la legge riconosce. La lotta per la libertà si trasforma così nella lotta per il riconoscimento legale della lotta stessa.

-*-

Abbiamo parlato con i nostri capi e capi. O piuttosto con le comunità che ci danno il passo, la direzione e la destinazione. Con il loro sguardo guardiamo a ciò che sta arrivando.

Ci siamo consultati ed abbiamo detto: bene, se noi diciamo questo, che cosa succede?

Rimarremo da soli, ci diranno che siamo marginali, che stiamo rimanendo fuori dalla grande rivoluzione… dalla quarta trasformazione o dalla nuova religione (o come vogliano chiamarla) e dovremo remare un’altra volta controcorrente.

Ma non c’è niente nuovo, per noi, nel rimanere soli.

Allora ci siamo chiesti, bene, abbiamo paura di restare soli? Abbiamo paura di restare nelle nostre convinzioni, di continuare a lottare per esse? Abbiamo paura che chi era a favore, ci si metta contro? Abbiamo paura di non arrenderci, di non venderci, di non cedere? Ed alla fine abbiamo concluso: insomma, ci stiamo domandando se abbiamo paura di essere zapatisti.

Non abbiamo paura di essere zapatisti e continueremo ad esserlo.

È così che ci siamo fatti una domanda e ci siamo risposti.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!