Lo sciopero generale contro la Confindustria e il  governo del prossimo 6 maggio ha bisogno di una spinta sociale  straordinaria. Troppi fattori gli giocano contro, facendo precipitare il  nostro paese in quella «terra di nessuno» caratterizzata dalla crisi  senza conflitto per il cambiamento. La politica dei partiti di  «opposizione» è tornata ad essere riversa nei suoi giochi, troppo  appassionata al futuro degli eletti piuttosto che a quello degli  elettori. Il governo d'altro canto, sempre più espressione di  autoritarismo e arroganza, può vivere in relativa tranquillità grazie al  fatto che la partita, il campo di gioco, la durata del match sono  saldamente nelle sue mani, al riparo da quell'idea di alternativa  all'esistente che dovrebbe dare sostanza, concretezza, alla lotta per la  democrazia contro le oligarchie che detengono il potere. 
Lo  sciopero dunque, per aumentare la sua efficacia dev'essere capace di  rompere questo schema. Noi crediamo che solo il suo divenire sociale,  cioè un fatto di grande partecipazione popolare, di grande intensità e  forza, un evento concreto che segni un ulteriore tappa nel protagonismo  di lavoratori e lavoratrici, di studenti e ricercatori, di chi non ha  lavoro e reddito, possa rimettere al centro del dibattito pubblico i  nodi su cui è necessario battersi e vincere, per poter parlare di  cambiamento. Il caso Fiat sta riesplodendo, e con esso il solito ricatto  del metodo Marchionne - lavoro in cambio di diritti e democrazia - ed  esso ci mostra ancora una volta come il terreno del lavoro, qualsiasi  esso sia, oggi coincide con quello della precarietà, che non è «affare  dei giovani». Il famigerato «collegato lavoro», che proprio dalle  scorribande di Marchionne prende ispirazione, si sta applicando  sistematicamente, come nuovo strumento di ridefinizione delle relazioni  industriali piramidali, e la volontà dell'impresa non è minimamente  negoziabile.
Il ddl Gelmini, con il suo corollario di attacchi al  concetto stesso di scuola e università laiche e pubbliche, sta  innanzitutto falcidiando migliaia e migliaia di posti di lavoro,  azzerando la ricerca e la ricetta Tremonti per i prossimi tre anni andrà  a peggiorare ulteriormente la situazione con un taglio di 4,5 miliardi  ogni anno.
I licenziamenti sono ormai l'eplilogo annunciato per  centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione,  e il lavoro sottopagato, intermittente, a contrattazione individuale  l'orizzonte che si prefigura per tutti. In questo quadro rilanciare la  battaglia per sostenere la Fiom contro Marchionne, per l'aumento dei  salari e l'introduzione di forme di reddito di cittadinanza contro la  precarizzazione, attraverso la tassazione della rendita e delle  transazioni finanziarie, significa proporre un'altra idea di società  contro la crisi. Come sostenere la lotta degli studenti e degli  insegnanti, vuol dire pensare alla formazione come diritto e bene  comune. Salario e reddito, occupati e temporaneamente occupati, lavoro  certificato o in nero, subordinato o parasubordinato «mascherato» con  una partita iva, rappresentano le mille facce di un problema comune:  ridare centralità a chi produce, ai suoi diritti, contro la centralità  delle banche e dei rentier, contro quel 10% che trattiene per sé oltre  il 50% della ricchezza prodotta da tutti e tutte.
Il percorso di  Uniti per lo sciopero non è espressione né di alleanze tattiche o tra  organizzazioni. Nasce dall'idea che insieme, in uno spazio comune e  condiviso, dobbiamo e possiamo oggi rimettere al centro il conflitto  sociale per la democrazia solo se lo sostanziamo, se lo descriviamo  declinandolo in cose concrete che riguardano la vita reale di milioni di  persone. Dopo l'assemblea nazionale di Roma, Uniti per lo sciopero è  diventato il modo di riunirci, a livello provinciale e regionale, per  costruire materialmente la giornata del 6 maggio. Tre le indicazioni che  stanno emergendo dalle varie situazioni e che riteniamo possano essere  assunte da tutti per lo sciopero:
1) Caratterizzare il Primo maggio nella preparazione dello sciopero con iniziative in tutte le manifestazioni.
2)  Costruzione con le RSU e i delegati sindacali di picchetti sociali,  presidi e assemblee volanti davanti a fabbriche e luoghi di lavoro.
3)  Partecipazione ai cortei sindacali con lo spazio comune di Uniti per lo  Sciopero come luogo unitario costruito con movimenti, associazioni,  cittadini.
4) Dopo la conclusione dei comizi, individuazione di forme  pacifiche e di massa di iniziativa nelle città, che rendano visibile e  prolungato l'impatto dello sciopero e quindi dia forza alle sue ragioni.
Facciamo  appello a tutti perché lo spirito con il quale costruiamo lo sciopero  sia questo. Chiediamo alle Camere del Lavoro, ai delegati e alle Rsu,  alle reti di movimento, alle persone, di costruire insieme questa  importante giornata di democrazia e per la democrazia.
 
