martedì 21 luglio 2009

Apo Ocalan prepara la pace

Eppur si muove. Nonostante il governo turco faccia di tutto per dare del paese un’immagine di stabilità, il paese di Ataturk è in fermento. Migliaia di persone scendono in piazza quasi quotidianamente per chiedere al governo di accettare la proposta di pace del Pkk. La società civile si ribella contro l’ingerenza dell’esercito negli affari politici del paese. I sindacati rivendicano il loro ruolo sfidando una legislazione che li penalizza escludendoli da molti luoghi di lavoro. Le donne prendono la parola per dire basta a una violenza domestica e più in generale di genere sempre più pesante. Gli omosessuali occupano le strade per chiedere rispetto.

Ieri si è aperto il secondo processo Ergenekon.
La Gladio turca è alla sbarra e il pm chiede l’ergastolo per i generali Sener Euygur e Hursit Tolon, accusati di essere ai vertici dell’organizzazione che negli anni ha ordinato omicidi, pianificato golpe e fatto «sparire» centinaia di attivisti politici e sindacali. Insieme ai generali altre 54 persone sono imputate. Tra loro giornalisti, il presidente della camera di commercio, la moglie di un giudice della corte costituzionale. Altri 86 imputati sono sotto processo dallo scorso ottobre. L’udienza di ieri è stata aggiornata al 6 agosto. Ergenekon è venuta alla luce dopo la scoperta di 27 bombe a mano, il 12 giugno 2007, in una casa di Umraniye, a Istanbul. La casa era di proprietà di un generale dell’esercito in pensione. L’analisi delle bombe ha confermato che erano le stesse utilizzate in un attentato contro la redazione del quotidiano Cumhuriyet, nel 2006.

Ma gli occhi dei commentatori turchi sono da qualche giorno puntati su Imrali, l’isola-carcere in cui da dieci anni è detenuto Abdullah Ocalan. Il leader del Pkk ha fatto sapere tramite i suoi avvocati che tra metà agosto e il 1 settembre renderà pubblica la sua road map. Una proposta di pace che starà al governo turco decidere se cogliere o meno. Il Pkk dal canto suo ha prolungato il suo cessate il fuoco unilaterale fino al primo settembre proprio per consentire al presidente Ocalan di terminare la stesura della «yol haritasi», la road map appunto.

Un documento che conterrà le proposte e le considerazioni che in questi mesi sono state discusse e approvate in Kurdistan, Turchia e Europa. Dagli intellettuali alle organizzazioni kurde della società civile, dai rappresentanti politici kurdi ai guerriglieri, tutti hanno avuto occasione di dire la loro sulla formulazione di una proposta per una soluzione negoziata del conflitto kurdo-turco.

Nelle settimane scorse Murat Karayilan, membro del comitato centrale del Pkk, ha rilasciato un’intervista al giornalista di Milliyet Hasan Cemal. «Nessuno - dice Karayilan - può sconfiggere il Pkk militarmente e questo è ampiamente dimostrato dal conflitto in atto ormai da 25 anni». «Quando entrambe le parti coinvolte nel conflitto avranno cessato le azioni militari - prosegue -, il passo successivo è negoziare con Abdullah Ocalan. Se la Turchia non vorrà negoziare con Ocalan, l’alternativa è negoziare con la leadership del Pkk. Se anche questo non sarà accettato, l’alternativa è negoziare attraverso il Dtp o un "comitato di saggi", composto da persone rispettate, che potrà avviare un dialogo con lo stato».

Quanto alla deposizione delle armi, come precondizione, Karayilan è chiaro. «Deporre le armi è una fase successiva. Prima le armi devono essere mute. Nessuno deve usarle. Nella prima fase le armi saranno mute, quindi comincerà il dialogo». La richiesta del Pkk è di «un Kurdistan democratico e autonomo. Quello che intendiamo per autonomia non significa federazione. Non si tratta di ritracciare confini. Quella che proponiamo è una soluzione che preserva l’unità dello stato».

Orsola Casagrande

lunedì 20 luglio 2009

Occupazione della fabbrica della Ssangyong, Corea del Sud.



La crisi economica ha colpito i lavoratori sud Coreani molto duramente quest’anno con licenziamenti, aumento della flessibilità al lavoro, tagli alle paghe e aumento di contratti a tempo determinato.
Le lotte e scioperi dei lavoratori sono all’ordine del giorno, ma la lotta che si è sviluppata alla fabbrica automobilistica Ssangyong, sta diventando un test per la tutta la classe lavoratrice.
Dal 28 di maggio, circa 1,700 lavoratori, membri del sindacato metalmeccanico, stanno occupando la fabbrica della compagnia automobilistica Ssangyong per salvaguardare i loro posti di lavoro.
I lavoratori sono riusciti a respingere i primi assalti e i tentativi di sgombero della polizia e guardie giurate, ma ora si ritrovano completamente assediati dentro lo stabilimento industriale.
Il governo del Presidente Lee Myung-bak ha gia’ affermato che un’altro assalto della polizia è imminente. Inoltre, la Ssangyong, con l’aiuto di altre compagnie, ha organizzato milizie di destra per attaccare i lavoratori e rompere lo sciopero.

Per vedere immagini/video dello sciopero ed informazioni piu’ aggiornate:
http://video.naver.com/2009071509244786185
http://tvpot.daum.net/clip/ClipView.do?cateid=20&clipid=16860952&type=chal&q=
http://blog.jinbo.net/CINA/?pid=1872
http://wsws.org/articles/2009/jul2009/ocin-j16.shtml
http://www.globalproject.info/it/community/Occupazione-della-fabbrica-della-Ssangyong-Corea-del-Sud/www.aawl.org.au
http://metal.nodong.org/
http://imfmetal.org/index.cfm?n=718&l=2

di Piergiorgio Moro

Koma Civaken Kurdistan: prorogato il cessate il fuoco

La leadership politica kurda del Koma Civaken Kurdistan (KCK) ha annunciato che il cessate il fuoco è stato prorogato per dare la possibilità di risolvere la questione curda in Turchia con mezzi pacifici e politici. Il cessate il fuoco già dichiarato dal 1 giugno 2009 è stato esteso al 1° settembre 2009.

Invasione in Bil'in

La mattina del 19 luglio alle 5,30 jeep dell'esercito israeliano sono penetrate nel villaggio di Bil'in per operare arresti.

Continuano le proteste contro il golpe

Movimenti popolari paralizzano il paese

Enormi manifestazioni in tutto il paese. In Nicaragua bloccano la frontiera con l'Honduras

di Giorgio Trucchi

Per quanto tempo potrà ancora resistere il governo spurio di fronte all'impressionante capacità di mobilitazione dei movimenti popolari e all'isolamento internazionale?
Dopo 19 giorni di resistenza, i figli e le figlie coraggiose dell'Honduras hanno nuovamente dimostrato la loro forza, paralizzando il paese con blocchi delle principali vie di comunicazione in tutto il territorio nazionale.

A poche ore dalla ripresa del processo di negoziazione in Costa Rica, processo già ampiamente criticato dalle organizzazioni popolari che si oppongono al colpo di stato, il presidente Zelaya sembra in procinto di fare ritorno in Honduras per installare una sede alternativa di governo.

"Oggi abbiamo praticamente paralizzato l'Honduras", ha dichiarato alla Lista Informativa "Nicaragua y más" il coordinatore del Bloque Popular, Juan Barahona.
Abbiamo bloccato due delle più importanti vie di comunicazione della capitale: quelle che vanno verso Nord e Sud del paese. Siamo rimasti dalle 9 della mattina fino alle 4 del pomeriggio, paralizzando tutto il traffico commerciale.

A San Pedro Sula la gente ha bloccato la strada che va verso Puerto Cortés, il più grande porto marittimo dell'Honduras ed uno dei più importanti a livello centroamericano. Altre azioni importanti sono state fatte nella zona di Olancho -Est dell'Honduras- ed a Santa Rosa di Copán, dove transita il traffico commerciale che va verso il Guatemala ed il Salvador.

A Tegucigalpa - ha continuato Barahona - la partecipazione è stata immensa. Hanno aderito le tre principali centrali sindacali, i maestri, le donne organizzate, gli studenti di secondaria e quelli universitari che hanno occupato l'Università Autonoma e la Pedagogica. Il personale del settore sanitario hanno dichiarato lo stato di agitazione, ma la cosa più importante è che sta arrivando la gente comune, quella non organizzata, e chiede di unirsi alla lotta contro i golpisti.

Ormai si è trasformata in una lotta della popolazione in generale, con la coordinazione del Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato", ha affermato il dirigente sindacale e coordinatore del Bloque Popular con la voce spezzata dall'emozione.

Da San Pedro Sula, il coordinatore del Bloque Popular di questa zona e dirigente del Sindacato dei Lavoratori dell'Industria delle Bevande e Simili, Stibys, Erasto Reyes, ha comunicato che "più di 8 mila manifestanti contro il colpo di stato hanno occupato la strada che conduce a Puerto Cortés, interrompendo in modo indefinito il transito dei furgoni, camion ed ogni tipo di trasporto.

Dalla zona occidentale la gente si è mobilitata fin dalle prime ore della mattina per partecipare a questa protesta che durerà di 48 ore. Il coprifuoco, nuovamente imposto dai golpisti a partire da ieri 15 luglio, per intimorire la popolazione, non è servito a nulla e la gente ha sfidato questo divieto", ha raccontato Reyes nella sua nota.

Repressione a Olancho

A dispetto della campagna mediatica dei principali mezzi di informazione del paese, secondo i quali le proteste sarebbero state soffocate nel sangue dalle forze di polizia e dell'esercito, l'unico episiodio di violenza si è registrato nel dipartimento di Olancho, dove due persone sono state travolte e gravemente ferite da un convoglio militare. "Ciò che ci preoccupa è la situazione a San Pedro Sula, dove i movimenti popolari hanno deciso di sfidare il coprifuoco, estendendo la protesta per 48 ore - ha detto Juan Barahona-.

Per il dirigente sindacale, la dimostrazione di forza della popolazione per ristabilire l'ordine istituzionale nel paese è diventato l'elemento più importante affinché si mantenga viva la speranza di abbattere il regime golpista.
"La risposta della popolazione è stata impressionante ed i golpisti hanno i giorni contati. Domani (venerdí 17) continueremo con le occupazioni delle principali vie di comunicazione e con la mobilitazione in tutto il paese. Per la prossima settimana le centrali sindacali decreteranno uno sciopero nazionale ad oltranza. Questa è la nostra risposta al processo di mediazione che inizierà domani, sabato 18, in Costa Rica. Un processo che consideriamo uno strumento per consolidare i golpisti al potere e per debilitare la nostra resistenza. Per noi - ha concluso Barahona - è importante il sostegno delle popolazioni e dei governi del mondo, in quanto rafforza il morale del nostro movimento che ormai sta lottando da 19 giorni.

Movimenti sociali del Nicaragua si uniscono alla lotta

Con un'azione coordinata con i movimenti dell'Honduras, circa 120 persone appartenenti al Movimento Sociale Nicaraguense "Otro Mundo es Posible", capitolo Nicaragua della Alleanza Sociale Continentale, ASC, hanno bloccato per più di quattro ore la frontiera di Las Manos tra il Nicaragua e l'Honduras, in segnale di protesta contro il colpo di stato e in solidarietà con le organizzazioni popolari del vicino paese. Secondo Dolores Jarquín, della ASC, "Abbiamo formato una catena umana ostacolando il transito e molta gente che si trovava lì ha espresso la sua solidarietà con il nostro gesto. Dal lato honduregno della frontiera la polizia ha schierato un forte contingente di guardie armate, ma per fortuna non c'è stato nessun tipo di contatto o scontro. La polizia nicaraguense ha invece dimostrato la sua professionalità, proteggendoci".
Numerosa la presenza dei mezzi d'informazione nazionali ed internazionali Nei prossimi giorni - ha concluso Jarquín - realizzeremo altre manifestazioni di protesta a Managua contro il colpo di stato in Honduras e crediamo che queste azioni siano molto importanti per i movimenti popolari honduregni, che continuano a lottare affinché si ristabilisca l'ordine istituzionale nel loro paese".
L'Allenza Sociale Continentale ha deciso di inviare commissioni di osservazione e solidarietà in territorio honduregno, in modo da creare una presenza costante.

Ritorna Zelaya?

Mentre in Costa Rica il presidente di questo paese, Oscar Arias, che ha assunto il ruolo di mediatore nel processo di mediazione tra il governo costituzionale ed il regime de facto, sembra essere intenzionato, con l'avallo del governo statunitense, a lanciare una proposta di "governo di transizione", la ministra degli Esteri in esilio, Patricia Rodas, ha dichiarato alla stampa che il presidente Manuel Zelaya sarebbe già partito per far rientro nelle prossime ore in Honduras, con l'obiettivo di creare una sede alternativa di governo.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!