domenica 16 novembre 2014

Messico - Boicottato il “El Buen Fin”

Marcia nella capitale di migliaia di maestri della Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación (CNTE) dal Monumento a la Revolución al Hemiciclo per chiedere la "aparición con vida" dei 43 studenti spariti dal 26 settembre scorso. 

Alla manifestazione hanno partecipato anche delegazioni di maestri della sección 22 de Oaxaca e della sección 14 del Guerrero.
Alla conclusione della marcia i professori hanno dato vita ad un "processo politico" pubblico contro il governo guidato dal presidente Enrique Peña Nieto, facendo appello all’articolo 39 della costituzione messicana che dice: " ... il popolo ha sempre il diritto inalienabile a cambiare o modificare la forma del governo".
Nel fine settimana, con il boicottaggio del “El Buen Fin” (giornate dei saldi), si sono svolte iniziative in tutto il paese per continuare a tenere alta la tensione sul massacro dei 43 studenti.
Le mobilitazioni di queste settimane infatti hanno già raggiunto un obiettivo: 9 messicani su 10 sa quel che è successo a Iguala come è affermato in un inchiesta fatta da Parametria. Sempre dallo stesso sondaggio emerge che il 66% pensa che le autorità non risolveranno il caso e il 54% incolpa lo stato centrale messicano di quel che è successo.
Studenti delle scuole Normali hanno dato vita a performances, blocchi stradali, espropri per il sesto giorno delle mobilitazioni contro il massacro di Ayotzinapa.
In Guerrero, oltre agli studenti, sono nuovamente scesi in piazza i familiari dei ragazzi scomparsi che continuano a non fidarsi delle versioni ufficiali sulla morte dei loro figli. Oltre alle iniziative nei centri commerciali ancora una volta è stata bloccata l’autostrada tra Cuernavaca e Acapulco.

lunedì 10 novembre 2014

Messico - "Dopo la caduta" di Gustavo Esteva

DF
Giulio Cesare si trovò improvvisamente di fronte al suo assassino. La sua vita finiva. Non sappiamo se nella sua mente passarono le immagini di suo figlio di soli tre mesi; della sua compagna Marisa; della sua famiglia. Quello che sappiamo è che dal suo cuore sgorgò un impulso incontenibile di coraggio e degna rabbia: gli sputò in faccia. Poco dopo, gli strapparono la pelle dal volto.

Di questa pasta sono fatti quei giovani. Di questa dimensione è il nostro dolore.

La degradazione umana che si rivela in quel furore criminale e quanto fatto ai nostri 43 è atroce. È tanto profonda e grave come la degradazione istituzionale in ogni ordine e grado e che si è mostrata apertamente ad Ayotzinapa. È stato lo Stato, ha detto lo Zócalo.

L’indignazione che è cresciuta tra noi ha creato un momento peculiare, forse senza precedenti. Spuntano come funghi, dappertutto, spazi di riflessione. Stiamo pensando l’impensabile, quello che non riuscivamo o non volevamo pensare.

Ci prendiamo innanzitutto le nostre responsabilità. Ci domandiamo com'è che siamo arrivati a tali estremi di degradazione personale e collettiva. Non è accaduto all'improvviso. È stato un lungo processo di decadenza. Perché l’abbiamo permesso?

Molti hanno alzato le spalle; non hanno sentito che il problema era loro o non sapevano che cosa fare. Ma molti altri ci siamo mobilitati. Ora stiamo riflettendo su quello che forse abbiamo fatto male.

È quasi vergognoso ammettere di aver bussato alle porte sbagliate. Gli olmi non producono pere. Ce lo dissero anni fa quelli di Occupy Wall Street: si presentano richieste al governo solo quando si crede che possa soddisfarle. È inutile farlo con chi rappresenta solo l’uno percento e sono del tipo di quelli che stanno manifestando. Si fa nostro il grido argentino del 2001: ¡Que se vayan todos! [Che se ne vadano via tutti!].

L’abbiamo ripetuto, ciononostante, dobbiamo rimangiarci le parole. Che cosa accadrebbe se all'improvviso se ne andassero via tutti quanti, per qualche cataclisma istituzionale? C’è chi ha la risposta facile: Mettiamoci i nostri. Se ci fossero, miracolosamente, le dimissioni del Presidente, porterebbero nel 2015 l’illusione del 2018. Ma questa fantasia che fino a poco tempo fa attraeva milioni di persone, trova sempre meno eco. Non è dimostrato che gli altri siano più competenti o meno corrotti. Inoltre, anche attribuendo le più alte qualità immaginabili al leader che guiderebbe questa sostituzione, il ricambio sarebbe pericoloso: creerebbe l’illusione che la questione è risolta, che lui metterebbe le cose a posto.

A questo punto la riflessione arriva dove doveva arrivare, ciò che era impensabile fino a poco tempo fa. Non si tratta solo delle persone, di quelle canaglie. Quello che abbiamo permesso che accadesse è che le istituzioni stesse si degradassero. Per prima cosa hanno smesso di svolgere la loro funzione. Poi hanno cominciato a fare il contrario di quello che devono fare. Ora servono solo a dominare, controllare, rubare, distruggere…

Non basta sostituire dirigenti o realizzare riforme. Licenziare poliziotti, come si fa quotidianamente, moltiplica solo delinquenti. L’alternanza, con cui abbiamo già avuto governanti ed amministrazioni di tutti i partiti, ha dimostrato chiaramente che può essere peggio della continuità.

Messico - La resistenza della Comunidad Indígena Ñatho de San Francisco Xochicuautla


Il Messico vive in questi giorni una forte mobilitazione per il massacro degli studenti di Ayotzinapa. Il narco-stato, la forma oggi del potere nel paese non è solo terrore cieco e anche una militarizzazione della società che si accompagna al saccheggio del territorio. A scendere in piazza oggi sono migliaia di studenti che sfidano la repressione insieme alle tante lotte di cui in molti casi sono protagoniste le popolazioni indigene. 
Una di queste lotte si svolge San Francisco Xochicuautla, che sarà la sede di inaugurazione del Primo Festival Mondiale delle ribellioni e resistenze al capitalismo.
Comunità Indigena Ñatho di San Francisco Xochicuautla
Stanno combattendo una lotta per la difesa del territorio. Al centro dell’opposizione è la costruzione della nuova autostrada Toluca-Lerma voluta dallo stato del Messico. 
Sono la Comunità Indigena Ñatho di San Francisco Xochicuautla, appartenente al Congresso Nazionale Indigeno, che insieme agli abitanti della zona fronteggiano un progetto di devastazione ambientale fatto in nomi degli interessi immobiliari ed industriali della zona.
Dalla loro parte c’è anche una sentenza 647/2011 del Tribunal Colegiado de Toluca che ha ordinato al magistrato del Tribunal Unitario Agrario con Distrito Nueve di annullare la vendita ed espropriazione di alcuni terreni. 
Ma anche di fronte ad un atto giudiziario gli interessi che stanno dietro al progetto non vogliono fermarsi. 
Lo scorso 3 novembre per la terza volta quest’anno circa 600 uomini armati della Secretaría de Seguridad Ciudadana del Estado de México sono entrati nel bosco Otomí Mexica per proteggere militarmente i lavoratori dell’Impresa Autovan, SA.
Di fronte a questa ennesima provocazione gli indigeni e gli abitanti della zona hanno raggiunto la zona ed armati della sentenza del tribunale hanno cercato un dialogo. Di fronte al fatto che i macchinari invece che fermarsi continuavano ad avanzare hanno iniziato un blocco facendo una catena umana ed alcuni di loro sono stati arrestati per essere poi scarcerati dopo alcuni giorni.
Cosa c’è in gioco?
Dietro l’illegale ed arrogante avanzata dei lavori c’è un progetto immobiliare fatto di costruzioni residenziali, accompagnate da un campo da golf ed insediamenti industriali. La nuova autostrada dovrebbe essere la strada d’accesso alla nuova speculazione. 

sabato 8 novembre 2014

Kurdistan - Sto andando a Kobanê per combattere per l’umanità

Kader Ortakaya, uccisa ieri al confine dai soldati, prima di entrare a Kobanê aveva scritto una lettera da far avere alla sua famiglia. Ortakaya ha perso la vita prima che la lettera raggiungesse i suoi genitori. Nella lettera ha scritto che andava a Kobane per combattere per l’umanità e chiedendo alla sua famiglia di sostenere la sua lotta. Ortakaya faceva parte del Partito dell’Iniziativa per la Libertà Sociale (TÖPG) e studiava all'Università Marmara.

Ecco la lettera scritta da Ortakaya alla sua famiglia prima di andare a 
Kobanê per unirsi alla storica resistenza:


“Cara famiglia,
Sono a Kobanê. Questa guerra non è solo una guerra del popolo di Kobanê, ma una guerra per tutti noi. Mi unisco a questa lotta per la mia amata famiglia e per l’umanità. Se oggi manchiamo nel vedere questa guerra come una guerra per noi, resteremo soli quando domani le bombe colpiranno le nostre case. Vincere questa guerra significa che vinceranno i poveri e gli sfruttati. Io credo di poter essere più utile unendomi a questa guerra che andando a lavorare in un ufficio. Probabilmente vi arrabbierete con me perché vi rendo tristi, ma prima o poi capirete che ho ragione.
Auguro a tutte e tutti di vivere liberamente e da uguali. Non voglio che nessuno venga sfruttato per tutta la vita per avere un pezzo di pane o un riparo. Perché questi desideri si avverino, bisogna lottare e combattere.
Ritornerò quando la guerra sarà finita e Kobanê sarà riconquistata. Quando tornerò per piacere accogliete anche i miei amici. Per piacere non cercate di trovarmi. È impossibile farlo. Una delle ragioni importanti per la quale sto scrivendo questa lettera è che non voglio che facciate sforzi per trovarmi e che ne soffriate. Se mi succede qualcosa ne sarete informati.
Se non volete che venga incarcerate e torturata in carcere, per piacere non rivolgetevi alla polizia o ad altre istituzioni dello stato. Se lo farete, io, voi e i miei amici, tutti ne soffriremo. Non dite nemmeno ai nostri parenti che sono andata a Kobanê in modo che non sarò incarcerata quando tornerò. Strappate questa lettera dopo averla letta.

venerdì 7 novembre 2014

Messico - Di nuovo in piazza. Ayotzinapa: con V di Vendetta

Si è svolta il 5 novembre una nuova giornata di mobilitazione per il massacro degli studenti di Ayotzinapa.
Intanto per la cronaca è stato arrestato l’ex sindaco di Iguala José Luis Abarca Velázquez e sua moglie, ricercati come "autori inte
llettuali" della sparizione dei 43 studenti, della morte dei tre studenti, della donna che viaggiava in un taxi e dei due membri della squadra di calcio Avispones de Chilpancingo, che sono stati aggrediti dalla polizia dei municipi di Iguala e Cocula per ordine del sindaco.
Proponiamo in attesa della cronaca della giornata una riflessione apparsa su La Jornada, quotidiano messicano, firmata da Luis Hernandez Navarro che spiega quel che sta succedendo.


In ogni marcia per esigere la presentazione in vita dei 43 normalisti di Ayotzinapa desaparecidos, centinaia di giovani partecipano coprendosi il volto con la maschera bianca stilizzata con sorriso, “bigote” e la barba a punta. La maschera riproduce quella utilizzata dal rivoluzionario inglese del secolo XVII Guido Fawkes. Gli hackers di Anonymous l’hanno resa celebre in molti paesi.

Un chiaro esempio di come la realtà imita l’arte, l’uso di questa maschera ha origine dal fil V di Vendetta (o V di Venganza in ispanoamericano), elaborata a partire da un fumetto dello stesso nome e con l’ispirazione di un altro film memorabile la Battaglia d’Algeri. Nella storia un audace attivista solitario – che nel comics si inspira al rivoluzionario britannico Guido Fawkes (1570-1606) – si propone di combattere contro il governo fascista della Gran Bretagna.

Adottata da molti movimenti contro il sistema, la maschera è diventata una icona della cultura degli indignados, in un simbolo che rappresenta la ribellione di fronte ad un potere dispotico e all’avarizia corporativa. Chi la usa occulta la sua identità dietro di essa e nello stesso tempo afferma la sua appartenenza ad un collettivo.

Nel momento centrale del film V annuncia al popolo londinese: Se vedete lo stesso che vedo io, se sentite lo stesso e se volete trovare lo stesso che voglio io, vi chiedo di apparire insieme a me nello stesso anno fuori dal Parlamento ed insieme gli daremo un 5 novembre che nessuno dimenticherà mai. Il film finisce con una scena in cui la moltitudine disarmata con la maschera, marcia con l’intenzione di distruggere il Parlamento.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!