giovedì 12 novembre 2015

Kurdistan - Diyarbakir sembra una città in guerra

2015-11-07 09.12.41di 

Colpi d’arma da fuoco della polizia turca si mischiano alla voce dell’imam diffusa dal minareto della moschea di Diyarbakir, sud-est della Turchia, distretto ad alta densità di curdi, roccaforte dell’Hdp, il partito filocurdo che domenica ha conquistato per la seconda volta nella storia l’altissima soglia del 10%.
E’ uno scenario di guerra: il fumo nero degli scoppi si alza da dietro le case, sopra la testa da giorni passano aerei militari, a terra proiettili da fucile d’assalto (calibro 7,62×51, estremamente diffuso, ma resta un calibro da operazione militare). Nella mattina si diffonde la voce che la polizia turca entrerà nel quartiere di Sur, pieno centro storico. E qui – dove i curdi hanno proclamato l’auto-organizzazione (una sorta di “federalismo democratico” spiega l’Hdp, inaccettabile per il governo) – le persone iniziano a costruire le barricate: prima mettono i teloni anticecchini per proteggere i civili (scenari visti in Siria, non certo in Turchia), poi con pietre e sacchi di sabbia bloccano le strade in modo da impedire l’avanzata dei blindati. In cielo droni ed elicotteri. Chi vive nel quartiere decide di farci passare oltre le barricate per mostrarci come si vive a Diyarbakir, una delle città più importanti dell’Anatolia, antica capitale del Kurdistan, simbolo dell’identità e della tenacia del popolo curdo. Le case sono crivellate dai colpi di mitragliatrice, alcune quasi squarciate, altre rase al suolo, scenari che riportano agli scontri durissimi tra polizia e curdi durante i quali, in questi sei mesi, sono morte decine di persone.

martedì 3 novembre 2015

Turchia - The Day After

Le elezioni, come grande "sondaggio" del clima in un paese, ci consegnano un immagine della Turchia reale. 

Si può dire che quello a cui abbiamo assistito in questi mesi è da "manuale della strategia della tensione", per alimentare la conferma di un governo forte. 

Si può dire che la conferma di Erdogan ripropone con forza il nazionalismo profondo legato alla stessa nascita dello stato turco, alimentato dalla caotica situazione per la ricerca della predominanza in tutta l’area. 

Si può dire che la grande affluenza alle urne ha premiato le forze reazionarie radicate attorno al Bosforo. 

Si possono dire e rileggere tante cose dette prima ed ora, come le analisi legate alla frenata della crescita economica passata dal boom degli anni passati a trend più bassi. 

In ogni caso la forza di Erdogan ci schiaffa in faccia la pericolosità perversa dell’Islam politico, nella versione cosiddetta "moderata" e radicale. Ci dimostra che nel grande caos della ridefinizione globale e dell’area che corre dall'Africa all'Asia, squassata da integralismi ed autoritarismi, da alleanze in continua modificazione, Erdogan ha giocato le sue carte, ha forzato il banco per vincere. Lo ha fatto, mettendo alleati e nemici davanti al fatto che ora può "agire in nome della maggioranza del paese". E questo vale per l’Europa, sotto ricatto del Sultano per i migranti in fuga come per l’America alle prese con il fatto di far digerire ad Istanbul l’apertura verso l’Iran. Possono dirsi soddisfatti, anche se di certo non credono nella dimensione del voto, gli altri "soci" di Istanbul, dall’Isis agli ambienti islamici vari. 

Siamo nel Day After. 

Per Erdogan si aprono scelte da intraprendere che vengono sintetizzate in un articolo di Daniele Santoro in Limes: "guerra totale ai nemici interni ed esteri o compromesso per ottenere la riforma presidenziale e riportare Ankara al centro dei giochi nel Mediterraneo orientale."

Kurdistan - Case crivellate dai proiettili,edifici squarciati dalle bombe. Il Kurdistan post elezioni

IMG_6480Immagini dal Kurdistan turco il giorno dopo le elezioni. 

di Stefania Battistini e Ivan Grozny


A Nusaybin un edificio squarciato da una bomba che ha ucciso un bambino di 13 anni e ferito 20 persone. 
A Cizre, dietro le barricate, le case sono crivellate di proiettili, raccontano ancora delle 26 persone rimaste uccise durante gli scontri con l’esercito turco. 
Qui gli abitanti hanno subito nove giorni consecutivi di coprifuoco, senza poter mai uscire di casa. 

Ed è quello che ha denunciato il copresidente dell’Hdp Onan appena dopo il risultato elettorale. “Molte persone hanno dovuto abbandonare città come Sur e Lice, sotto assedio da mesi a seguito dei diversi scontri tra PKK ed esercito turco”, ha detto. 

“Durante le votazioni c’era un clima intimidatorio, con carri armati fuori dalle scuole e militari con mitragliatrici in mano dentro i seggi”.
E sono queste le immagini che abbiamo raccolto lungo le antiche strade dell’Anatolia: villaggi militarizzati e armi nei seggi. Senza contare che il blocco della strada di collegamento tra i villaggi e la città di Lice, fatta saltare con le mine, ha impedito a oltre tremila persone di votare.

Nonostante questo clima, il partito filocurdo dell’Hdp ieri è riuscito a superare, per la seconda volta nella storia, l’altissima soglia di sbarramento del 10%, pensata proprio per tenerli fuori dal Parlamento. Ha perso un milione di voti rispetto alle elezioni del giugno scorso, quando fece perdere la maggioranza assoluta a Erdoğan, ma ha raggiunto comunque, dal punto di vista curdo, un buon risultato. Per questo ieri a Diyarbakir (la città che ha subito il primo dei tre attentati di questi mesi) ci sono stati solo tafferugli estemporanei, ma nessuna manifestazione di piazza, né rivolta. 

Da più parti – dai grandi giornali ai siti di informazione alternativa – si è letto di “rabbia curda in piazza”, ma per chi ieri ha passato la notte a Diyarbakir è chiaro che venti tizi che tirano due sassi non sono certo una rivolta, sopratutto in un luogo come questo in cui “scontri” significano almeno quattro giorni di barricate. 
Ieri sera a mezzanotte c’era un silenzio quasi irreale attorno alle sede dell’Hdp, dentro cui si tiravano le somme, in modo positivo. Perché questo risultato consente all’Hdp, da una posizione istituzionale, di continuare a fare da ponte tra PKK e governo turco.

“Non cambieremo politica – dice ancora Onen – Siamo determinati a portare avanti il processo di pace”.

lunedì 2 novembre 2015

Messico - Carovana 2015-2016


De arriba, nunca, jamás llegarán la verdad y la justicia. Tendremos que construirlas desde abajo
(Subcomandante Insurgente Moisés y Subcomandante Insurgente Galeano México, agosto del 2015)
Per sostenere, appoggiare, raccontare il Messico dal basso insieme a chi sfida il silenzio e la paura per costruire un futuro diverso.
In Messico quella che viene chiamata “lotta alla delinquenza organizzata” appare sempre più chiaramente come una guerra contro l’intera società, in cui si sospendono i diritti fondamentali e si allargano gli “stati di eccezione”. Le esecuzioni extra-giudiziarie, la tortura e la privazione illegale della libertà sono strumenti di uso comune tra la polizia e le forze armate.
Ayotzinapa, gli assassini dei giornalisti, le sparizioni forzate di attivisti politici, la militarizzazione del territorio sono i volti del narcostato.
La violenza generalizzata disegna forma di potere, in un’ interazione di sistema tra piano legale ed illegale nella gestione del potere, dei flussi finanziari, del saccheggio delle risorse, dello sfruttamento sociale ed ambientale. L’impunità di apparati dello stato, la collusione con i narcos, l’uso della repressione generalizzata nei confronti dei movimenti sociali nelle realtà urbane, rurali ed indigene, non può avere testimoni.
Ad oltre un anno dalla sparizione dei 43 studenti di Ayotzinapa, il Messico continua ad essere un paese in cui chi si oppone rischia di morire o di sparire o, nel migliore dei casi finire in carcere.
Basta guardare quel che succede in particolare nelle regioni in cui si accentrano progetti di sfruttamento delle risorse o in quelle in cui passano le rotte del traffico di droga e di esseri umani.
Ma c’è un altro Messico: quello della dignità!
Lo vogliamo incontrare per stringere e rafforzare relazioni dal basso.
Lo vogliamo raccontare per rompere il silenzio.
Per sostenere chi resiste e si ribella al narcostato.
Per appoggiare chi non si arrende alla repressione.
Per dare voce a chi denuncia e fa vivere un’informazione libera.
Per essere al fianco di chi si ribella costruendo alternative sociali basate sull’autonomia, la giustizia reale e i diritti.
Tappe previste:
Città del Messico: incontro con le realtà urbane
Morelos, Guerrero e Oaxaca: incontro con le realtà indigene e rurali che resistono alla violenza di stato e alla devastazione dei territori
Chiapas: incontro con l’esperienza di autogoverno zapatista
Durata della Carovana:
dal 26 dicembre 2015 al 8 gennaio 2016 (è possibile anticipare l’arrivo in Messico e posticipare la partenza)
Per informazione e contatti:

CarovanaMexicoQuerido1516@gmail.com
Promossa da:
Associazione Ya Basta - Caminantes Padova
Associazione Ya Basta - Bologna
Cooperazione Rebelde - Napoli

domenica 1 novembre 2015

Turchia - Primo report zona di Hani-Diyarbakir

Primo report zona di Hani (regione di Diyarbakir) 9:00/13:00-Regione di Hani e municipalità attorno: 32.000 abitanti-Distanza da Diyarbakir: 130 Km-Stima elettori: 16.400 intera regione-Partito maggioritario: HDP
Un pezzo della delegazione internazionale accompagnata da attivisti, membri dell’HDP e avvocati ha visitato questa mattina i seggi elettorali della cittadina curda di Hani e di alre 5 comunità rurali nei pressi. La delegazione si muove in diretto contatto telefonico con le altre sparse sul territorio. Il ruolo di questa delegazione è stato quello di visitare i seggi, visionare le modalità di svolgimento del voto e registrare ipotetiche irregolarità, monitorare la presenza e l’atteggiamento dell’esercito e della polizia turca.
Nel seggio di Sergen abbiamo avuto testimonianze di provocazioni e minacce da parte di membri dell’AKP nei confronti degli scrutatori. Provocatori che sono arrivati scattando fotografie delle e degli scrutatori minacciandoli di rappresaglie e arresti in caso di “problemi”. E’ stato necessario anche l’intervento di un parlamentare dell’HDP.
Non appena avremo ulteriori informazioni procederemo a pubblicarle.
Al momento possiamo registrare una situazione di diffusa tensione e la necessità di mantenere un’attenta vigilanza.
Nel pomeriggio proseguiremo il nostro lavoro con l’osservazione dello spoglio nei seggi che hanno riportato situazioni di maggiore tensione.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!