lunedì 2 settembre 2019

Messico - La sconfitta della contrainsurgencia sociale

La sconfitta della contrainsurgencia sociale

di Raúl Zibechi

Nella misura in cui le politiche o i programmi sociali suonano come il volto buono degli stati della nostra regione, indipendentemente da chi li amministrino, è necessario ricordare le loro origini ed obiettivi dichiarati. Non basta dire che si propongono di ridurre la povertà o che vogliono indebolire i movimenti antisistemici. La storia risale alla guerra del Vietnam e ad un personaggio chiamato Robert McNamara, uno dei quadri più astuti che abbia mai avuto il capitalismo.

Nel 1960 McNamara fu il primo presidente della Ford a non appartenere alla famiglia, carica che abbandonò quando fu nominato segretario alla Difesa tra il 1961 e 1968, durante la guerra del Vietnam. Passò quindi alla presidenza della Banca Mondiale fino al 1981. Durante la Seconda Guerra Mondiale era entrato nell’Aeronautica Militare dove applicò l’arte della gestione aziendale appresa ad Harvard all’efficienza dei bombardieri statunitensi, cosa che gli valse la Legione al Merito come tenente colonnello.

Durante il conflitto in Vietnam comprese che le armi, per quanto siano sofisticate, non vincono le guerre. Diresse la Banca Mondiale con l’obiettivo di ribaltare la sconfitta militare e preparare il terreno affinché questa situazione non si ripresentasse. Comprese che l’ingiustizia sociale e la povertà potevano mettere in pericolo la stabilità del sistema capitalista e, per rimediare, concepì la politica della lotta alla povertà.

Si capisce che per McNamara la povertà è un problema del momento, e solo momentaneamente può destabilizzare il dominio. È una questione strumentale, non etica. Sotto la sua gestione la Banca Mondiale si è trasformata nel centro di pensiero (think tank) più citato dalle accademie andando a definire le politiche dei paesi in via di sviluppo. Come ha sottolineato uno dei suoi collaboratori, Hollis Chenery, si tratta di distribuire un pezzo della crescita della ricchezza e non la ricchezza(*).

La lotta alla povertà ebbe altri due effetti. Riuscì a rimuovere la ricchezza dalla centralità dello scenario politico, come era stato fino al decennio degli anni ’70. Benché oggi sembri incredibile per chi non ha vissuto la rivoluzione mondiale del 1968, la sinistra credeva che il vero problema sociale fosse la ricchezza, per questo tutti i programmi di governo andavano rivolti alla riappropriazione dei mezzi di produzione e di cambiamento, come la riforma agraria, tra molti altri.

La seconda è che si propose, riuscendovi, di influenzare i movimenti antisistemici in una forma molto sottile; attraverso una politica che definirono rafforzamento organizzativo (si ricordi il Pronasol), si scelsero movimenti di lotta per trasformarli – con l’appoggio della Banca Mondiale – in organizzazioni burocratizzate che, d’ora in poi, si specializzeranno nel fare da tramite con le agenzie di sviluppo. La banca smise di gestire i prestiti e si limitò ad accompagnare, formare, fornire consulenza e controllo finanziario.

Per tutto quanto sopra, è importante che le basi di appoggio dell’EZLN siano riuscite a sconfiggere questa contrainsurgencia sociale. Non è usuale. Nel mio paese, l’Uruguay, il progressismo è riuscito ad ammortizzare il conflitto sociale con una serie di politiche sociali che vanno dalla promozione di cooperative dirette dall’alto, fino alla creazione di organizzazioni sociali che hanno l’apparenza di movimenti legittimi. Altri progressismi sono stati più sottili, clonando interi movimenti.

Il comunicato dal titolo Ed abbiamo rotto l’accerchiamento, firmato dal subcomandante Moisés, ci mostra tre aspetti della sconfitta dei programmi sociali.

Il primo è che le basi di appoggio sono uscite dalle proprie comunità per incontrarsi con altri abajos, con chi ci si intende come solo ci si capisce tra chi condivide non solo il dolore, ma anche la storia, l’indignazione, la rabbia.

La seconda è il ruolo importante giocato dai giovani e dalle donne nel compito di rompere l’accerchiamento. La terza è che le donne zapatiste non solo hanno marcato la guida, ma sono state anche ai bordi affinché non deviassimo, e dietro affinché non ritardassimo.

È stato un incontro tra abajos, tra uguali, ben oltre le opzioni politiche congiunturali di ognuno. È stato un incontro di dignità: quella zapatista e quella delle comunità filo-partitiche che si sono ribellate contro il disprezzo, il razzismo e la voracità dell’attuale governo che dà loro elemosine per dividerle.

Mi interessa sottolineare non solo il fatto che hanno rotto l’accerchiamento, ma soprattutto come l’hanno fatto. È una lezione politica ed etica di cui abbiamo bisogno in questa parte del mondo, dove i programmi sociali ispirati dalla Banca Mondiale e realizzati dai progressismi, hanno distrutto l’indipendenza del settore popolare ed incuneato la dominazione, con il beneplacito delle grandi multinazionali.

Potere popolare e programmi sociali sono due forze che si respingono. Quando una vince, l’altra perde.

(*)Citato da Eric Toussaint, Banco Mundial. El golpe de Estado permanente, Abya Yala, Quito, 2007, p. 155.

Traduzione “Maribel” – Bergamo


Testo originale: https://www.jornada.com.mx/2019/08/30/opinion/019a2pol

mercoledì 28 agosto 2019

Messico - SupGaleano: Sonata per violino in sol minore: DENARO.

“… l’astuzia più perfetta del diavolo è persuaderci che egli non esiste!”
Charles Baudelaire in "Le joueur généreux".



I.- L’OTTAVO PASSEGGERO.

Da nessuna parte, e dappertutto. Un treno assonnato è cullato dal suo stesso rumore come le fuse di un gatto. Non viene né va da nessuna parte. O non importa. A bordo, una popolazione di grigi, viva di tante morti, si addormenta. Nell'ultimo vagone, 7 passeggeri solitari, dalle vite e dai vestiti miserabili, si annoiano e si disperano seduti ai loro posti.

Uno dice: "Darei qualsiasi cosa per cambiare la mia sorte". La frase è una specie di linguaggio universale e gli altri 6 annuiscono in silenzio. Il lungo treno malandato entra quindi in un tunnel, che uccide i grigi ed espande le ombre. La porta si apre ed entra un ottavo passeggero, con i vestiti che gridano "non sono di qui", e si siede senza dire una parola. Il tunnel estende l’oscurità.

Qualcosa simile a un tuono, un ramo secco rotto senza che una tempesta lo abbatta. Degli occhi fiammeggianti appaiono nel buio. Lo sguardo del fuoco parla: “Non penso di aver bisogno di presentarmi. Ognuno di voi mi ha invocato con o senza parole e alla vostra chiamata rispondo. La vostra anima in cambio di un desiderio. Fate voi il prezzo.
"

Uno sceglie la salute, sceglie di non ammalarsi mai. Satana risponde: "concesso
", raccoglie l’anima del sano e la mette in tasca.

Un altro opta per la saggezza, per sapere tutto. Il diavolo sussurra: "concesso", prende l’anima del saggio e la mette in tasca.

Il terzo sceglie la bellezza, sceglie di essere ammirato. Il re dell’inferno dice: "garantito". E l’anima del bello è ospitata nella bisaccia.

Il quarto preferisce il Potere, sceglie di comandare e di essere obbedito. 

Lucifero sospira: "concesso". E l’anima del capo si unisce alle altre nella sua giacca.

Il quinto segnala: "i piaceri", suscitare passione con la sola volontà. Il demonio sorride compiaciuto: "concesso". E l’anima dell’edonista si unisce alle altre nel cappotto scuro.

Il sesto si erge e sceglie la fama, essere riconosciuto e acclamato da tutti. Satana non fa alcun gesto quando dichiara: "concesso". E l’anima del famoso è un’altra tra le altre prigioniere.

Il settimo canta quasi quando dice «l’amore». Il Malevolo fa una risata mentre scrive "c-o-n-c-e-s-s-o" e l’anima dell’amante finisce in fondo al sacco.

L’angelo caduto guarda impazientemente l’ottavo passeggero che non dice nulla e scarabocchia su un quaderno.

Lucifero addolcisce la voce quando chiede: “E qual è il tuo desiderio? Qualunque esso sia ti sarà concesso solo in cambio della tua anima passeggera."

L’ottavo passeggero si alza ed emette un mormorio: "Io sono il Denaro, compro le 7 anime degli infelici che ti hanno creduto e compro anche te per servirmi ed obbedirmi
".

"il grande drago, l’antico serpente chiamato diavolo e Satana, che inganna il mondo intero" (Ap 12, 9), sorride furtivo e sancisce, prima di mettersi lui stesso nella borsa delle anime vendute:

“Così sia, signor Denaro. Ma la tua rovina è nella tua stessa essenza e la tua fortuna oggi, sarà la tua disgrazia domani”.

Il denaro prese la borsa, uscì dall'ultimo vagone e il treno dal tunnel.

Dietro di loro l’oscurità si espandeva per conquistare il giorno…



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II.- LA CRISI E LE RESPONSABILITÀ.

"Quando c’è una crisi, compra a buon mercato e aspetta che passi per rivendere a caro prezzo. Se non c’è crisi, provocala con una guerra. Per uscire dalla crisi, fai un’altra guerra. La guerra, come non ha detto Clausewitz, è l’autostrada per entrare e uscire dalle crisi con altri mezzi, compresi quelli nucleari."
Don Durito de La Lacandona. Scarafaggio e Dottore in Economia Selvatica.

lunedì 19 agosto 2019

Messico - E abbiamo rotto l'accerchiamento - Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'EZLN

COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO -COMANDO GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

17 AGOSTO 2019

AL POPOLO DEL MESSICO:AI POPOLI DEL MONDO:
AL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO-CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO:
ALLE RETI D’APPOGGIO E RESISTENZA E RIBELLIONE:

FRATELLI, SORELLE E FRATELLEI:


COMPAGNE, COMPAGNI E COMPANEROAS:

Siamo a portarvi la nostra parola che è la stessa di prima, di oggi e di domani, perché è di resistenza e ribellione.

Nell’ottobre 2016, quasi tre anni fa, nel loro ventesimo anniversario i popoli fratelli organizzati nel Congresso Nazionale Indigeno, insieme all’EZLN, si sono impegnati a passare all’offensiva in difesa del territorio e della madre terra. Perseguiti dalle forze del malgoverno, da cacicchi, imprese straniere, criminali e leggi; contando morti, offese e prese in giro, noi popoli originari, noi guardiani della terra ci siamo accordati per passare all’offensiva ed estendere la parola e l’azione di resistenza e ribellione.

Con la formazione del Consiglio Indigeno di Governo e la designazione della sua portavoce, Marichuy, il Congreso Nazionale Indigeno si è dato il compito di portare a fratelli e sorelle della campagna e della città la parola di allerta e di organizzazione. Anche l’EZLN è passato all’offensiva nella sua lotta di parola, idea e organizzazione.

Ora è arrivato il momento di rendere conto al CNI-CIG e alla sua portavoce. I suoi popoli diranno se abbiamo mantenuto la parola. Ma non solo con loro, dobbiamo rendere conto alle organizzazioni, gruppi, collettivi e persone a livello individuale (specialmente della Sexta e delle Reti, ma non solo), che, in Messico e nel mondo, si preoccupano dei popoli zapatisti e, a loro tempo, geografia e modo, senza che conti la loro distanza in chilometri, senza che importino muri e frontiere, né i recinti che ci pongono, continuano con il cuore che palpita insieme al nostro. L’arrivo di un nuovo governo non ci ha ingannato. Sappiamo che il Potere non ha altra patria che il denaro, e comanda nel mondo e nella maggior parte delle tenute che chiamano «paesi».

Sappiamo anche che la ribellione è proibita, come sono proibite la dignità e la rabbia. Ma in tutto il mondo, nei suoi angoli più dimenticati e disprezzati, ci sono esseri umani che oppongono resistenza all’essere divorati dal sistema e non si arrendono, non si vendono e non zoppicano. Hanno molti colori, molte sono le loro bandiere, molte le lingue che li vestono, e gigantesche sono la sua resistenza e la sua ribellione.

Il Potere e i suoi capoccia hanno costruito muri, frontiere e recinti per cercare di contenere ciò che chiamano il cattivo esempio. Ma non ci riescono, perché la dignità, il coraggio, la rabbia, la ribellione non si possono fermare né rinchiudere. Sebbene si nascondano dietro ai loro muri, alle loro frontiere, ai loro recinti, ai loro eserciti e polizie, alle loro leggi e decreti, questa ribellione prima o poi chiederà loro il conto. E non ci sarà né perdono né oblio.

Sapevamo e sappiamo che la nostra libertà sarà soltanto opera di noi stessi, popoli originari. Col nuovo capoccia in Messico sono continuate anche la persecuzione e la morte: in appena pochi mesi, una decina di compagni militanti del Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo sono stati assassinati. Tra essi, un fratello molto rispettato dai popoli zapatisti: Samir Flores Soberanes, freddato dopo essere stato segnalato dal capoccia che, peraltro, procede con i megaprogetti neoliberali che fanno scomparire popoli interi, distruggono la natura, e convertono il sangue dei popoli originari in guadagno per i grandi capitali.

Perciò, in onore delle sorelle e fratelli che sono morti, sono perseguitati, e sono scomparsi o in carcere, abbiamo deciso di nominare «SAMIR FLORES VIVE» la campagna zapatista che oggi culmina e rendiamo pubblica.

Dopo anni di lavoro silenzioso, nonostante l’accerchiamento, nonostante le campagne di menzogne, nonostante le diffamazioni, nonostante i pattugliamenti militari, nonostante la Guardia Nazionale, nonostante le campagne contrinsurrezionali travestite da programmi sociali, nonostante l’oblio e il disprezzo, siamo cresciuti e ci siamo fatti più forti.

E abbiamo rotto l’accerchiamento.

venerdì 16 agosto 2019

Messico - SupGaleano: Adagio-Molto Allegro in mi minore.

Adagio-Molto Allegro in mi minore: Una possibile realtà.
(dal Quaderno di Appunti del Gatto-Cane)

La pazzia è come la gravità, sai? basta una piccola spinta
El Guasón nel ruolo di Heath Ledger (o era il contrario?).

Nessuno sa scientificamente come tutto è iniziato. Compresi i Tercios Compas che si erano assunti il compito di ricostruire i fatti non sono stati in grado di determinare il momento e l’evento esatti in cui è cominciato ciò che ora vi racconterò.

Secondo una versione, fu il SupGaleano ha provocare tutto. Secondo altre, il SupGaleano lo ha solo iniziato ed è stato il Subcomandante Insurgente Moisés a proseguire e poi completare il tutto.

Il fatto è che il SupGaleano, in uno dei suoi testi, aveva fatto riferimento al fatto che nel febbraio del 2011 la giornalista Carmen Aristegui, in una puntata del suo programma, aveva chiesto se l’allora capo dell’esecutivo, Felipe Calderón Hinojosa, soffrisse di alcolismo, aggiungendo che la Nazione avrebbe dovuto essere informata sullo stato di salute del presidente. Per rappresaglia, la giornalista fu licenziata. Fino a qui, nessun problema. Così è stato e questo fatto è verificabile sulla stampa.

La disapprovazione è sorta dal fatto che il SupGaleano aggiunse qualcosa come: “La pazzia, come disse un incompreso conoscitore dell’animo umano, è come la gravità: hai bisogno solo di una spinta. Esercitare il Potere è quell’irresistibile spinta a cui là sopra tutti anelano e comincia con 3 semplici parole “qui comando io”. Se ti aspetti che qualcuno dei mezzi di comunicazione metta in discussione se l’attuale capo del governo federale sia in possesso delle sue facoltà mentali (come può accadere a chiunque, non ha detto “è pazzo”), siediti comodo; perché nessuno oserà farlo”.

Il giorno dopo, in quel fascio di luce quasi divina che sono le conferenze mattutine del probabile demente, una persona della stampa osò domandargli che cosa pensasse di questo. L’interpellato rimase in silenzio, l’espressione facciale mostrava la sua collera e interruppe la conferenza stampa senza aver finito di spiegare perché obbedire ai mandati di Donald Trump avesse portato grandi benefici al paese. Non chiarì mai a quale paese si riferisse.

Secondo l’addetto alla Comunicazione Sociale della Presidenza, il capo (così disse) era indisposto a causa di una probabile congestione addominale dovuta a del cibo in cattivo stato.

Il mattino seguente, già rimessosi, il capo supremo (così lo annunciò l’addetto alla Comunicazione Sociale), disse che, per lui, coloro che si presentavano come di sinistra radicale non erano altro che radicali di destra che si nascondevano dietro un passamontagna e che mantenevano il loro movimento solo in 4 municipi dello stato messicano sudorientale del Chiapas, e questo grazie al sostegno economico che ricevevano dagli Illuminati; e che “il Marcos” (così disse) in realtà se ne stava in Francia. A Parigi, per l’esattezza, secondo le informazioni in suo possesso.

Il SupGaleano rispose con uno scritto dove descriveva Place Pigalle con una minuziosità che nemmeno la guida Michelin, segnalando il paradosso che il peccato originale stesse così vicino al Sacré-Coeur che incorona Montmartre, e si scusava di non fornire più dettagli poiché si stava dedicando al “mestiere più antico del mondo” (così disse) e doveva soddisfare la clientela. Alcuni dicono che il Sup allegava una foto in cui risaltavano le sue belle e ben tornite gambe. Nelle reti sociali della 4T si diceva che fossero fotoshoppate e che non fosse nemmeno così bello “il faccia di calzino” (così dissero) – benché più di una, unoa, scaricò l’immagine nella cartella “non aprire in caso di mia morte” -.

Il mattino seguente, il leader massimo fece una leggera autocritica. Chiarì che non si trovava a Parigi (il Sup si capisce), bensì in Grecia, secondo i suoi dati. Sull’Isola di Lesbo per essere più precisi. Il SupGaleano rispose con un altro testo che descriveva le condizioni in cui i migranti illegali cercavano di entrare in Europa… fuggendo dalle guerre scatenate dai governi europei.

Un giorno ed una correzione in più nella conferenza stampa mattutina: “il subcommediante” (così disse il leader) in realtà stava, secondo i suoi dati, in Australia. A Sidney, sulla spiaggia Lady Bay Beach, per essere precisi.

Il Sup rispose con un poema ridicolo, presumibilmente di sua paternità, che in una parte recitava: l’ombra che si scioglie in mare / come se nella luce morisse / lontani e umidi i risvegli / presente la speranza asciutta… e con una foto che la decenza e le buone maniere mi impediscono di descrivere. Posso solo dire che il Sup indossava il passamontagna, il suo berretto e la pipa (non so se mi capite).

Il supremo, quella stessa sera, esplose e tuittò che la pazienza era colma (del Supremo, si capisce) e che aveva tutto il necessario per mettere ordine in “Chapas” (così scrisse) e farla finita con “le fandonie della faccia di gomitolo” (così disse). Su NOTIMEX corressero “in Chiapas”, e nelle reti sociali qualcuno tuittò timidamente: “Ma, non stava in Francia-Grecia-Australia?”.

In mattinata, l’illuminato se ne andò via: disse che lui, l’autentico, aveva la sacra missione di preservare il passo incontenibile della 4T e che “nel mio necessaire ho tutte le opzioni per riuscirci”. Su NOTIMEX corressero e nella trascrizione misero “sulla mia scrivania”.

Qui è dove dicono che intervenne il Subcomandante Insurgente Moisés che scrisse un breve comunicato che diceva solo: “Voi siete solo un mattone in più nel muro. Noi uno di moltissimi”.

Il capo supremo, leader massimo, che noi altri attendavamo (così disse il presentatore della conferenza stampa, anche se su NOTIMEX aggiunsero “e noi altre”), dichiarò che a lui non tremava il polso per mettere ordine nella sua repubblica (NOTIMEX corresse “nella nostra repubblica”).

Il Subcomandante Insurgente Moisés rispose con “Voi non siete che uno sputo nel mare della storia. Noi siamo il mare dei nostri sogni. Voi siete solo polvere nel vento. Ik O´tik (noi siamo vento)”.

martedì 13 agosto 2019

Messico - Ouverture: La realtà come nemica

“Se la nostra epoca pensa così'», sembra dirsi a volte il mondo, «chi mai può spingerci in direzione contraria? Chi sono i politici, che ci devono obbedire? Chi i giudici, i cui errori sono obbligati a corrisponderci e compiacerci? Chi i giornalisti ed articolisti, le cui opinioni devono modellarsi sulle nostre? Chi i pensatori (…) che non ci servono? Chi i legislatori, che devono stabilire le leggi secondo i nostri dettami?»

Javier Marías. “Quando la società è il tiranno”. In “El País Semanal”, 13 maggio 2018 (*)


(*) Non so se citare Javier Marías (i cui romanzi «Cuore così bianco» e «Domani nella battaglia pensa a me» diedero sollievo, a loro modo, all’insonnia della buonanima del SupMarcos nelle notti posteriori al tradimento del febbraio 1995), mi ponga dalla parte della «mafia del potere», dei conservatori e neoliberali. Dico questo, perché Javier Marías ha collaborato col giornale spagnolo “El País” e con la rivista messicana “Letras Libres”, perché è solito porre questioni con acutezza sulle evidenze che altri digeriscono senza neppure un gesto, e perché è intelligente e non può (né credo voglia) nasconderlo. Inoltre, ovvio, è monarchico perché è re, Xavier I, del Regno di Redonda, e membro della Reale Accademia Spagnola. Tutte queste sono ragioni sufficienti per etichettarlo come conservatore-neoliberale-nemico-del-popolo-e-della-sua-avanguardia-che-marcia-imperturbabile-alla-consumazione-della-storia, da parte dei nuovi commissari del pensiero di cui si soffre da queste parti.

Voi già sapete che a me frega tanto del «cosa diranno» e ho una reputazione da mantenere, così che l’ho pensato, profondamente e intensamente, durante una frazione di secondo. Con velocità vertiginosa, di fronte ai miei begli occhi sono passati hashtag, trending topic, like e dislike, dita medie, whatsappate, instagrammi, feisbuccacce, conferenze della mattina, colonne di giornale, articoli d’opinione, fritti e rifritti di etichette e condanne.

Ho pensato di aggiungere, a mia difesa, che ai libri di Javier Marías che la buonanima del SupMarcos portava in quei giorni fatidici facevano compagnia quelli di Manuel Vázquez Montalbán, e il “Perito en Lunas” di Miguel Hernández. Che Javier Marías tiene per (o teneva – il tifo per una squadra di calcio è come l’amore: è eterno… finché dura-) per il Real Madrid, Manuel Vázquez Montalbán al Barcellona, Benedetti al Nacional di Montevideo, Almudena Grandes al Atletico Madrid, Juan Villoro al Necaxa e io, con quello sciovinismo provinciale tanto di moda, tengo per Los Jaguares de Chiapas.

Già vedete: al posto di usare come riferimento il beisbol, ora sport ufficiale e ufficialista, opto per il calcio. Quindi aggiungete peccati alla mia condanna.

Immagino che, al caricarsi nello zaino tali «armi» – si rumoreggia che includeva un’edizione bilingue dei Sonetti di Shakespeare, i due volumi de L’ingegnoso Idalgo Don Chisciotte della Mancia» e un assurdo dizionario francese-spagnolo-francese-, il defunto deve aver invidiato Guy Montag per aver trovato una libreria con testi foderati coi cervelli dei proscritti di Fahrenheit 451(Ray Bradbury, 1953). Dev’essere stato un sogno umido: al posto della truppa, comandare una biblioteca umana («Attenzione! Questo è l’ordine di battaglia: Eraclito, Joyce e Beckett seminano lo sconcerto nelle file nemiche; Saramago, Neruda e Gelman fiancheggiano dal lato sinistro, Vargas Llosa, Paz e Solženicyn dal destro, García Lorca, Wilde, Suor Juana e Woolf cambiano di posizione. Gli altri, a fare numero. Già sapete: se sono tanti, corriamo; se sono pochi, ci nascondiamo; e se non c’è davanti nessuno, avanti, che siamo nati per morire! Dubbi, domande, angustie, disaccordi, insulti o altro? No, Dylan, tu al tamburino.»)

Qualche volta chiesi alla buonanima se realmente leggeva tutto ciò che si caricava. Mi rispose di no, che era perché, se lo avessero ammazzato, i suoi carnefici avrebbero avuto qualcosa con cui intrattenersi mentre agonizzava. Sì, lo so, quello humor nero del defunto non era ben visto… be’, non solo quel humor.

Alla fine, vi dicevo che ero in dubbio se citare o no Javier Marías, al posto di Lenin, i Marx (Karl e Groucho), Malatesta, Trotsky, Mao, o, perso per perso, il Manuale di Materialismo Storico (il Poliestere*) (N.d.T. Cfr.: comunicato del 24 maggio 1995, in cui si dice che Don Durito ha studiato materialismo dialettico sul manuale di poliestere). E soppesavo i pro e i contro del farlo. Siccome non ho incontrato alcun pro, ma molti contro, mi sono deciso per citarlo, per ripagare così la mia popolarità tra gli intellettuali della IV T (Quarta Trasformazione). Devo chiarire che Javier Marías è innocente per questo attentato al politicamente corretto, perché non l’ho consultato. Spero che lui, se lo viene a sapere, saprà trovare la bontà per, come dicono da quelle parti, «non curarsi di me» con lo stesso gesto col quale si allontana un insetto inopportuno - che avrebbe ben potuto essere uno scarafaggio -.

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Se la modernità consiste nel fatto che, invece di prendere a pietrate quel che non si capisce (e, pertanto, è «differente»), ora si usano i tweet e i dislike: il mondo avanza. Dalla lapidazione al rogo, dal rogo alla forca, poi al muro, seguito dall’esilio e dai pogrom, poi i campi di concentramento, i villaggi strategici (N.d.T. come i villaggi fortificati antiguerriglia in Vietnam). Più recentemente i muri, la polizia migratoria, votre papiers, s´il vous plait.

Le reti sociali non bastano a «depurare» la nuova razza ariana assisa sul trono: l’ignoranza. Il sistema continua ad aver bisogno della violenza delle istituzioni statali per «completare» le razzie. Non so se l’avversione per il diverso fosse già nel DNA del Big Bang fondativo dell’universo, ma l’ignoranza ha sempre perseguitato e attaccato la conoscenza e la sua possibilità: l’intelligenza.

Se prima l’oscurantismo si trascinava alla velocità di carretti e galeoni, oggi naviga a yottabytes (un yottabyte = un 1 seguito da 24 zeri di bytes), e alla velocità della luce.

Si potrebbe dire che le reti hanno i governi che si meritano. Però perfino lì c’è resistenza e ribellione. Non manca chi non segue il pifferaio del trending topic e sceglie la riflessione, l’analisi, il dubbio, la messa in questione. Una minoranza messa all’angolo e oscurata da influencers e altr@ cretin@ che scoprono che anche la stupidità fa guadagnare fama e riconoscimento sociale. Ma il potenziale delle reti sociali è anche il loro limite: la fugacità toglie dalla visuale i punti focali d’attenzione e non è possibile fermarsi, se si vuole restare al passo. Il peggior nemico dello scandalo è lo scandalo che lo segue quasi immediatamente.

I mezzi di comunicazione tradizionale sono trascinati dall’ubriacatura virtuale. Quasi la totalità della stampa scritta non fa che riciclare ciò che è moda nelle reti, ma per quanto si sforzi continua a starle in scia. Continua a mancare una stampa che indaghi, provochi la riflessione, alimenti l’intelligenza e dia animo alla conoscenza.

A modo suo, e con potente tecnologia, il sistema combatte la realtà nel miglior modo: creandone una alternativa e attraendo verso di lei l’attenzione e l’energia della ggente. Si guardano e giudicano positivamente o negativamente i governi per la loro popolarità virtuale, non per le loro decisioni, né per le loro azioni, né per il modo col quale affrontano gli imprevisti. Così, i malgoverni trionfano nelle «benedette reti», sebbene la realtà vera si ostini a marciare verso l’abisso. La realtà virtuale copre con pudore il re nudo, e il tiranno si presenta come democratico, il reazionario come trasformatore, l’imbecille come intelligente e l’ignorante come saggio.

Ma non solo. Il sistema ha riscoperto che la persecuzione dei diversi ha seguaci. E motti e sentenze di personaggi come Trump, Bolsonaro, Macri, Moreno, López Obrador, Ortega, Piñera, Putin, Macron, Merkel, Tsipras, Johnson e ____ (mettere un nome di vostra scelta) provocano ululati d’approvazione nelle reti sociali. Così si dettano sentenze e condanne che scandalizzerebbero chiunque con un minimo di decenza, e che non rimangono allo stadio di dichiarazioni. La polizia migratoria, i minutemen (N.d.T. miliziani delle prime Colonienordamericani e la guardia nazionale messicana compiono la condanna dettata contro i migranti, e «i radicali di sinistra che, per me, non sono altro che conservatori» (amlo dixit), sono avvertiti dai sicari che spararono a Samir Flores Soberanes. E poi verrà la lavata di mani: Trump condannerà il massacro di El Paso, Texas, e López Obrador dirà, mentre discorre con gli imprenditori, che si indagherà sull’assassinio di Samir.


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No, non vi offenderemo dicendovi che ve l’avevamo detto (ma… ve l’avevamo detto).

Il serpente, libero dalla sua vecchia pelle, si stiracchia e si rallegra, si celebra e applaude sé stesso. E, poco a tanto, inizia l’abbraccio costrittore del pensiero unico. Che nessuno si opponga al potente. Che nessuno sfidi la sua onnipotenza sui media, le reti, l’accademia, il suo disprezzo per le arti e le scienze, il suo abile maneggio dei soldi, le sue benedizioni e maledizioni dal pulpito innalzato con la malta della menzogna, la simulazione, le minacce mantenute, gli attacchi virtuali e reali delle camicie-marroni-che-sparano-a-ossido. Che nessuno osi riconoscere la realtà come referente, – e non i seccati e seccanti sermoni e diatribe di chi si trova solo e soltanto sul palco-.


Oh, lo sappiamo. Confusione. Là sopra dichiarano che tutto va bene, e qua sotto che tutto va male, e che andrà anche peggio. Anche se ora qualsiasi pensiero critico, qualsiasi analisi scientifica, qualsiasi arte che rivela e ribella, ha dinanzi non la realtà, bensì l’etichetta di «destra», «conservatore», «reazionario», «fifì», o la possibilità che arrivi alle labbra dell’inquisitore o capoccia che, nella tenuta in cui soffriamo, distribuisce colpe e condanne.

E avete ragione: le comiche scenate di un Calderón, un Fox, di un PAN rancido, di un PRI che corrompe il medico forense perché posticipi l’atto di morte, un PRD che in qualche modo deve dimostrare d’esistere, e i pensatori che li accompagnano, sembrano ordite più che altro dal partito ufficiale, perché ottengono due cose.

Una è che danno materiale di facile confutazione a qualcuno che nemmeno sa dove stia al mondo. L’altra è che questo annulla qualsiasi critica, rilievo, osservazione che abbia a sostegno un’analisi rigorosa o documentata. Oltre al fatto, chiaramente, che ogni critica che venga non diciamo da sinistra, ma da settori progressisti e democratico-liberali, suoni come una nota in più nella falsa sinfonia del complotto e del «golpe blando» (il racconto di moda per fregare i fessi) dietro il quale si rifugia il supremo.

E voi vi aspettereste un po’ di serenità, più analisi e meno slogan da una parte e dall’altra. Ma non c’è e non ci sarà. Le destre che sono in lizza oggi, e che hanno lasciato spettatori la sinistra e il progressismo, sono in guerra. Gli uni per mantenersi al potere, gli altri per tornare al luogo privilegiato, al pulpito da cui si regna.

A chi credere?

Avete ragione: a nessuno.


Nemmeno alla realtà?


Guardate, ascoltate sentite, odorate, doletevi della vostra realtà.


Perché sì, lo sappiamo, piove dappertutto e sopra tutti. Almeno qua sotto. Forse qualcuno, qualcuna, qualcunoa, appena inizia a sentire le gocce fredde che gli pungono il corpo; ma per altrei, e non solo per i popoli originari, piove sul bagnato: saccheggi, ruberie, minacce, persecuzioni, carcere, sparizioni, stupri, colpi, morte… e, sì, a volte elemosine.

Una lista? E’ difficile, ma così su due piedi potrebbe essere:

.- Familiari di prigionierei, assassinatei, desaparecid@s, in cerca di verità e giustizia. E la domanda che sempre resterà senza risposta è perché? La grande assurdità del caos che distribuisce assenze, perché sì, per statistica, per tombola. Se la morte può essere terribile, il non sapere che è successo e perché, è fuori da ogni logica umana. E’ di una crudeltà che potrebbe essere macchinata solo da una mente umana.

.- Otroas, alla fine in stato di uguaglianza con donne di tutte le età, bambini, anziani, uomini, assassinat@ e desaparecid@s – la morte e il limbo crudele della sparizione, uguagliando alla fine generi, razze, colori-.

.- Donne, sempre donne, colpite, violentate, scomparse, assassinate.

.- Popoli invasi con megaprogetti uno più stupido dell’altro, umiliati dalle elemosine che sono le stesse di prima, anche se sotto altro nome, e con identiche richieste: abbassa la testa, obbedisci, inginocchiati, umiliati, arrenditi, scompari. E l’arma del sicario «progressista» che uccide Samir Flores, pensando che così avrebbe ammazzato lui e la sua causa.

.- Giornalisti censurati con la minaccia, la corruzione, la gogna virtuale e reale, la scomparsa, il carcere, l’omicidio.

.- Lavoratori e lavoratrici della campagna e della città, impiegat@ che fino a ieri avevano un lavoro e oggi, o un altro giorno, sono senza impiego e coi debiti.

.- Medici e infermieri che chiedono al malat@ di portarsi da casa il gas, la siringa, la benda, la medicina, «perché non c’è e io posso solo dirle che morirà, cosa che in questi tempi è un vantaggio, vedrà. Ma guardi, le do una copia delle promesse governative. Sì, io le raccomanderei di ammalarsi l’anno che viene, magari».

.- Organizzazioni, gruppi, collettivi politici e sociali di sinistra dinanzi all’opzione: resa o persecuzione.

.- Gente qualsiasi, assaltata, vittima di estorsioni e sequestri, scomparsa, assassinata, spoliata di quel che ha guadagnato col suo lavoro, della sua libertà, della sua vita.

.- Scienziati senza fondi; Artisti e creativi/e senza luogo; Intellettuali che commettono il peccato di pensare -non esagerare caro, non è peccato pensare, bensì esprimerlo-. Tutto è neoliberista e fifì fino a che la loro affiliazione al Potere non venga accreditata nel modo dovuto. Il matinée (N.d.T. AMLO ha convocato decine di conferenze stampa alla mattina) ammazza colonne, analisi, reportage, inchieste, conoscenze, intelligenza.

.- Migranti che cercano sogni americani e trovano incubi messicani che, con il sigillo della «Guardia Nazionale» cerca la turpe legittimazione del fatto che anche la crudeltà contro il diverso ha cittadinanza, col marchio dell’aquila che divora un serpente.

Se non appartenete a nessuna categoria di questa lista, né avete parenti, amicizie, conoscenze che rientrassero nelle suddette, allora non capisco che ci stia a fare a leggere questo… Ah! Ci è arrivato attraverso Google? Oh, Google e Youtube! «quanto insondabili sono i suoi giudizi e imperscrutabili le sue vie!» (Romani, capitolo 11, versetto 33, – sì, l’ho cercato su google… scusate, non ho potuto evitare la tentazione e, inoltre, oggi è di moda citare la Bibbia a piacere-).

(…)

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!