domenica 11 gennaio 2009

Mustafa Barghouti: “Care Hamas e Fatah è necessaria l’unità di tutti i palestinesi”


di Francesca Marretta - Liberazione
Anche ieri è sceso in piazza a manifestare per la fine della guerra a Gaza Mustafa Barghouti, medico e segretario del movimento progressista Al-Mubadara. Nel giorno in cui scade il mandato del Presidente Abbas, Barghouti, denuncia i «crimini» commessi a Gaza, ma anche le azioni «vergognose» commesse in West Bank dalle forze di sicurezza dell’Anp.
«A Gaza sono commessi crimini di guerra e contro l’umanità. Vengono uccisi soprattutto civili. Israele non potrebbe farlo senza la complicitá della comunitá internazionale. Questo deve finire, come deve finire questa guerra. La risuluzione votata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su Gaza, potrá non essere la migliore in cui si potesse sperare, ma va implementata immediatamente. E gli Israeliani si rifiutano d’implementarla. Servono sanzioni contro Israele. L’Unione Europea deve dire a Israele che se non si attiene alla risoluzione saranno sospese le trattative per il razzorzamento delle relazioni bilaterali».
Anche Hamas rifiuta di implementare la risoluzione Onu.«L’hanno rifiutata? Stamattina (ieri, ndr.) io ho sentito una dichiarazione del Jihad Islami su un accordo con Hamas per accettarla. Hanno detto che non fanno particolare affidamento sulla risoluzione, ma non mi risulta che non la acettino.
Chi incolpa per la situzione a Gaza?Israele e gli Stati Uniti in primis. E il silenzio e la compilcitá della comunitá internazionale che permette a Israele di fare quello che fa.
Hamas e l’Anp non hanno responsabilità?La situazione che si è creata tra Hamas e Fatah ha certamente contribuito a creare un grande problema. Ora scoprono che si sono fatti la guerra per la conquista di un Autorità che non esiste. Un’autorità che esiste solo nelle loro teste. Di fatto noi siamo tutti sotto occupazione. Ma la situazione nella West Bank è grave. Oggi le forze di sicurezza dell’Anp hanno compiuto azioni vergognose a Ramallah. Hanno attaccato una manifestazione civile, hanno picchiato, hanno usato gas lacrimogeni. E’ una vergogna che la sicurezza dell’Anp attacchi palestinesi che manifestano in solidarietá con Gaza.
Perchè vi hanno attaccato?Non lo so. So solo che sbagliano. Credo che l’Anp subisca pressioni da parte di diversi paesi terzi che cercano di mettere l’Anp contro la propria gente. Questo fa comodo a Israele. Gli isrealiani vogliono l’indebolimento del fronte palestinese. Non vogliono che i palestinesi abbiano una leadership forte. Ma noi palestinesi dobbiamo essere uniti. La sinistra palestinese sta lavorando alla riunificazione.
Crede ancora possibile la ricucitura tra Hamas e Fatah?Quello che sta accadendo a Gaza ci fa sentire sotto la stessa aggressione. Esiste una spinte pubblica all’unità. E noi vogliamo che questa pressione, questo sentire, si trasformi in azione. Vogliamo fermare cose orribili come queste viste in piazza a Ramallah (cariche della polizia sui manifestanti, ndr.) per tornare uniti il prima possibile.
Che impegno mostra in questo senso l’Anp? Io so che sono tanti in Fatah a voler tornare all’unità. E’ vero anche che c’è una parte che rema contro. La questione è ora capire chi prevarrà. Io spero prevalga un fronte patriottico.
Il mandato del Presidente Abbas è finito. Che succede da oggi?Succede che resta in carica almeno un altro anno, ma che è molto più debole. Questo è un altro segnale che indica quanto sia difficile per i palestinesi avere un’autoritá forte. Non abbiamo bisogno di gente che ci governi mentre siamo sotto occupazione, ma di una leadership palestinese forte. Una leadership unitaria. E’ informato dell’atteggiamento che intende assumere Hamas rispetto alla permanenza di Abbas in carica?Hamas ha detto che questo non è il momento di discutere della questione della Presidenza. E secondo me è una posizione ragionevole. Poi dovranno esserci elezioni, ma potranno svogersi solo quando ci sará un accordo e ci sará consensus.
Rispetto al ritorno all’unità, cosa dice della notizia che in questi giorni, a Gaza vi sarebbero state esecuzioni da parte di Hamas, di esponenti di Fatah considerati collaborazionisti?A Gaza sono tutti uniti contro gli Israeliani. Se si riferisce all’articolo di Amira Hass su Ha’aretz, posso dire che me lo ha inviato, che tali voci sono infondate e che il suo giornale ha sbagliato il titolo. Lei ha scritto che sono stati uccisi collaborazionisti, non gente di Fatah.
Che ruolo sta svolgendo la sinistra palestinese nella mediazione Hamas Fatah per il ritorno all’unità nazionale?La sinistra, come ha fatto in passato intende svolgere un ruolo catalizzatore per l’unitá per esporre i crimini che si stanno compiendo a Gaza. Lo facciamo a livello diplomatico e mediatico. I palestinesi non sono solo Hamas e Fatah, ecco perchè possiamo avere un ruolo importante.
Ci avete provato in passato senza successo, perchè dovreste riuscirci adesso?Non è vero siamo riusciti ad arrivare al governo di unità nazionale, ma nè gli Stati Uniti, nè l’Europa lo hanno appoggiato. Se quel governo avesse funzionato non credo avremmo assistito alle cose terribili venute dopo e a quelle che vediamo adesso. Quindi il nostro scopo era stato raggiuto. Sono state le influenze e le posizioni esterne che hanno portato al disastro. Ora ci riproviamo.
Che interesse ha Hamas a entrare in un governo che nessuno riconoscerebbe proprio per la presenza del movimento islamico?Questo è il punto. Dobbiamo trovare la condizione per lavorare tutti insieme. Se diciamo a Israele nessuno di noi vi parlerá a meno che non accettiate di parlare con noi tutti in uno stesso governo, sono sicuro che riusciremo a rompere l’isolamento. Ora tutta la comunitá internazionale ha capito che non è possibile battere Hamas sul piano militare. Quindi bisogna parlarci.
L’amministrazione Obama secondo lei in questo senso fará differenza?Spero di sì. Da quello che dice pare diverso rispetto alle precedenti amministrazioni. A questo proposito io credo che questo attacco a Gaza sia legato alla fine del mandato Bush per scardinare sul terreno la possibilitá che Obama faccia quello che avrebbe intenzione di fare. Che non va bene per Israele. Questa guerra a Gaza non impatta solo sui palestinesi, ma sull’intero Medio Oriente. Crea tesioni con Siria e Iran. E Obama ha annunciato di ritiro dall’Iraq.

sabato 10 gennaio 2009

Settimana di provocazioni agli zapatisti da parte di appartenenti all’organizzazione Orcao

articoli di Hermann Bellinghausen - La Jornada del 7-8 e 9 gennaio 2009

DENUNCIATE NUOVE AGGRESSIONI DELLA ORCAO
Bosque Bonito, Chis. 7 gennaio - La giunta di buon governo (JBG) Corazón del arco iris de la esperanza ha denunciato l’aggressione di elementi dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) contro basi di appoggio zapatiste della comunità Moisés Gandhi, nella regione zapatista Tzotz’choj, vicino alla crocevia di Cuxuljá.
L’aggressione, avvenuta lunedì, ha lasciato sul terreno tre zapatisti feriti. Quel giorno ed i seguenti, elementi della Orcao ed il governo dello stato sostenevano il contrario davanti alla stampa, e senza fare chiarezza sull’episodio, riferivano di cinque "feriti lievi" della Orcao, che sarebbero stati gli aggrediti. Quello stesso giorno si diffuse per radio, a Città del Messico, la versione di "14 morti", che ovviamente non ci sono stati.
In quei momenti si concludeva a San Cristobal de las Casas il Festival della Degna Rabbia, convocato dall’EZLN. I fatti sono avvenuti a Bosque Bonito, un terreno recuperato dopo la sollevazione armata del 1994.
Il pomeriggio di oggi sono tornati a circondare la proprietà circa 30 membri della Orcao, alcuni armati. A meno di un chilometro, verso Abasolo, si sono appostati diversi veicoli della Polizia Statale Preventiva e Stradale. Al tramonto, entrambi i gruppi si sono ritirati.
I problemi sono cominciati il 2 gennaio. Basi zapatiste che coltivano il podere hanno trovato tagliato il recinto del pascolo ed una mucca era sparita. La JBG riferisce: "Sono andati a cercarla ed a controllare il recinto ed hanno scoperto che quelli della Orcao avevano tagliato nove tratti del recinto". Lo stesso giorno "quelli della Orcao di Cuxuljá hanno tagliato 35 alberi di caffè di proprietà del nostro compagno Pedro López Sántiz". Gli zapatisti assicurano che "spesso vengono a fare danno nel nostro raccolto".
Domenica 4 i contadini hanno trovato la mucca "ferita da machete nella zampa destra" e verso le cinque del pomeriggio sono arrivate circa 30 persone della Orcao, "con parole volgari e minacciando di toglierci la terra con le buone o con le cattive, perché noi zapatisti non contiamo più niente e non esistiamo più, e che il nostro compagno subcomandante insurgente Marcos si è venduto ai neoliberisti".
Secondo la JBG, i loro compagni non hanno risposto alla provocazione. Mentre si ritiravano, "il gruppo della Orcao è rimasto sul posto minacciando col machete e colpendo il palo della luce che si trova sul terreno. Più tardi i nostri compagni sono tornati sul posto ed hanno scoperto il recinto di filo di ferro che circonda il pascolo, tagliato in 16 punti".
Il giorno 5 gli zapatisti si sono organizzati per aggiustare quello che avevano tagliato quelli della Orcao". Sono arrivati alle 7:30 "con l’intenzione di lavorare, senza nessuna intenzione di farsi risarcire il danno".
La testimonianza raccolta dalla JBG spiega: "Stavamo lavorando tranquillamente pulendo il prato, quando 60 elementi della Orcao si sono avvicinati attraversando un ruscello e con la totale intenzione di colpirci con machete, bastoni, lanciasassi e pietre, ma per lo più hanno usato dei bastoni appuntiti lanciandoli contro di noi.
"Mentre quelli della Orcao avanzavano, i nostri compagni sono retrocessi di 100 metri, ma loro continuavano a venire avanti". Trovandosi a 15 metri dagli aggressori, Diego Sántiz Gómez, base zapatista, è stato raggiunto da un bastone trasformato in lancia che gli ha provocato una profonda ferita alla bocca. "Nicolás Sánchez López si è avvicinato al nostro ferito e, mentre lo soccorreva, è stato raggiunto da un bastone che lo ha ferito in fronte. Anche Jacinto López Sántiz, di 60 anni, è stato picchiato brutalmente ed ha ferite in testa e nella schiena".
Un gruppo di circa 60 basi zapatiste presenti all’aggressione "si sono di nuovo ritirati di altri 100 metri ed un’altra volta quelli della Orcao sono avanzati continuando a minacciare ed i nostri compagni, vedendosi raggiunti, hanno risposto con gli stessi bastoni scagliati da quelli della Orcao, e questi si sono messi a piangere".
La JBG “afferma" che "sono stati quelli della Orcao a provocare questo scontro perché i nostri compagni non hanno risposto agli insulti ed alle minacce". Hanno identificato alcune delle persone armate: "Marcos López Gómez aveva una pistola di calibro sconosciuto; Joaquín López Gómez aveva una pistola di calibro sconosciuto; Antonio López Sántiz aveva una carabina 22 a 16 colpi". Un altro, non identificato, aveva un’altra carabina 22.
Gli aggressori, perredisti conosciuti come "lopezobradoristas", sono abitanti di Cuxuljá, Campo Virgen e Abasolo (municipio ufficiale Ocosingo). In precedenza avevano già occupato il podere Gracias a Dios "e Marcos López Gómez lo vendette". Quelli della Orcao ci hanno sottratto altri lotti". Sono le stesse persone che nel 2000 hanno tentato di bruciare il negozio collettivo di zona a Cuxuljá, all’incrocio Altamirano-San Cristobal-Ocosingo. "Adesso vogliono toglierci la nostra terra", aggiunge la JBG.

L’aggressione a Bosque Bonito è avvenuta per interferire con il Festival de la Digna Rabia
Zapatisti: I malgoverni sono complici degli abusi della Orcao

Ejido Morelia, Chis., 8 gennaio - "I compagni non hanno usato violenza né armi. Gli unici aggressori sono quelli della ORCAO", dice il comandante Zebedeo, accompagnato dai contadini zapatisti aggrediti lo scorso lunedì a Bosque Bonito dai elementi dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao); tra loro ci sono tre feriti con le bende e le medicazioni in testa e in faccia. Diego Sántiz López ha una vistosa fasciatura che gli copre la guancia.
Con ironia Zebedeo si riferisce alla "doppia maschera" sul viso di Diego: "quella della ferita e quella che lo identifica zapatista", ed è il motivo - ha detto - "della nostra indignazione" davanti al tentativo di quelli della Orcao di "interferire" nel Festival della Degna Rabbia che finiva a San Cristobal de las Casas lo stesso giorno dei fatti di Bosque Bonito.
"Questo dà ragione a quello che stiamo dicendo a proposito della rabbia. Quello che i compagni vogliono è una vita dignitosa, il buon esercizio, libero e autonomo, dei popoli indigeni".
Cede la parola ai suoi compagni, circa 15 contadini tzeltales. Raccontano praticamente il comunicato diffuso ieri dalla giunta di buon governo (JBG) dal caracol Torbellino de nuestras palabras, in cui denunciava, inoltre, che "i cosiddetti governi non fanno niente contro questa gente della Orcao, e la Segreteria della Riforma Agraria si rende complice perché queste persone che occupano la terra, poi la cominciano a vendere e la trasformano in commercio. Quando non ne hanno più nemmeno un pezzettino da lavorare per vivere, tornano ad occupare un altro terreno".
Bisogna ricordare che dopo la rottura - sette anni fa - dell’accordo collettivo con le basi zapatiste nella comunità Moisés Gandhi, quelli della Orcao costruirono un caseggiato ai bordi della strada e lo chiamarono "Jetjá". In tutti questi anni, il caseggiato, su terre "concesse" dal governo di Pablo Salazar Mendiguchía, è rimasto semideserto.
Le autorità autonome hanno dichiarato ieri: "Non ci sarà nemmeno un millimetro di terra per loro e sappiano che questo lo pagheranno molto caro, perché il sangue non si compra né si vende. Nella proprietà dove lavoriamo collettivamente, quelli della ORCAO sono venuti a disboscare ed il governatore Juan Sabines non fa niente".
La Orcao, "organizzazione che si definisce indipendente" che la JBG identifica come "lopezobradorista", ha causato "caos" sulla strada San Cristobal-Ocosingo facendo dei posti di blocco. "Ad ogni utente chiedono da 50 a 200 pesos; fanno questi blocchi per fare pressione sul suo papà governo perchè gli assegni altri progetti, e siccome la risposta dei malgoverni è negativa, chiudendo le porte anche alle briciole, i leccapiedi si offendono e estorcono soldi agli utenti che sono anche loro poveri, ma a loro non importa perché il leader della Orcao, José Pérez ed i suoi complici, hanno imparato bene dalle corruzioni del presidente municipale (di Ocosingo, Leonel Solórzano), dei governi statale e federale".
Citano come prova che il lunedì scorso "il problema si stava placando ed hanno subito fatto un blocco nello stesso posto chiedendo 50 pesos per automobile senza che Juan Sabines facesse qualcosa" perché "presto avrà bisogno dei loro voti".
I giornalisti che nella notte sono arrivati all’incrocio di Cuxuljá hanno trovato ubriachi ed aggressivi i tizi che facevano il blocco, ed è stato meglio evitarli.
Secondo la JBG, nelle azioni di questa organizzazione si vedono chiaramente i piani dei grandi impresari per tenerli sono controllo, istruiti a dovere, trasformati in fannulloni ed addomesticati con i soldi facili; insegnando agli indigeni a trasformare in un affare le risorse naturali, e con i pesos, li stanno allontanando dal lottare per esercitare i loro diritti come indigeni, e non parliamo di cercare una vita migliore.
"Ci spezza il cuore vedere indigeni farsi complici dei malgoverni nel vendere la sovranità del nostro paese ad impresari stranieri. Nei nostri territori zapatisti della zona Tzot’z choj ci sono diverse miniere che sono disposti a vendere ad impresari stranieri, ed i venditori e distruttori della natura e della nostra madre terra sono questa coppia di asini di Felipe Calderón e Juan Sabines. Loro non pensano mai di consultare gli indigeni, anche se questi sono dentro il PRI, il PAN ed il PRD; non li prendono nemmeno in considerazione, e tanto meno noi".
La JBG ritiene che quelli della ORCAO sono dentro questo gioco senza rendersene conto". E sottolinea: "La grossa minaccia alla nostra salute, tranquillità, cultura e risorse naturali in questa zona è l’apertura dell’autostrada San Cristobal-Palenque, non perché porta benessere e sviluppo agli indigeni, al contrario, ci porterà la morte, il disprezzo ed il totale saccheggio dei nostri beni.
"La trappola - aggiunge - è che stanno ottenendo l’apertura dell’autostrada negoziando persona per persona, mano a mano che avanzano i lavori, per passare su terreni ejidali senza tenere in considerazione la decisione delle assemblee, e forse parleranno con i commisari dell’ejido ma che condividendo l’osso che gli sta allungando Calderón e Sabines".
La situazione "da brivido" di esproprio di terre nella zona "e maggiormente il programma del malgoverno di privatizzare le nostre ricchezze naturali, sono la ragione della nostra resistenza, e soprattutto la virtù della degna rabbia che è nazionale, la ragione per unirci ed unire le nostre voci perché è necessario per evitare i saccheggi ed i furti che perpetrano ricchi".
La JBG avverte: "Sappiamo bene che quando noi denunciamo le trappole dei malgoverni a loro non piace e cercano di reprimerci".

Hanno cercato di entrare con la forza ed hanno chiesto di vedere dei rappresentanti.
Tensione nel caracol per l’arrivo di 220 elementi della Orcao

Ejido Morelia, Chis. 9 gennaio - Provenienti da Sibacá (Ocosingo), alle 8 circa sono arrivate 50 persone dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) a bordo di tre camion fino ai cancelli del caracol zapatista e, colpendoli, hanno cercato di entrare con la forza. Non sono riusciti a rompere la catena ed hanno desistito. Nelle ore successive sono arrivati altri veicoli. Alle 11 erano ormai 220 persone e 19 tra camion e furgoni. Tra grida e minacce, guidati dal dirigente José Pérez Gómez, chiedevano di entrare per parlare con la giunta di buon governo (JBG).
In realtà, la JBG aveva accettato di discutere con la Orcao la proprietà del podere Chijtal, terre recuperate dalle basi zapatiste nel 1994 nella regione autonoma Che Guevara del municipio Lucio Cabañas, e che reclama l’organizzazione di coltivatori di caffè, di filiazione perredista.
"Loro si sono spaccati e le terre sono rimaste nelle mani dell’EZLN. Le terre recuperate sono già state misurate ma c’è stato un accordo per aprire una discussione con i fratelli della Orcao", ha detto la JBG a La Jornada.
La JBG aveva acconsentito a ricevere 15 rappresentanti della Orcao, ma questi insistevano per 30, adducendo che era il numero di comunità presenti, anche se quelle dichiarate sono solo 12, come risulta dal documento, completo di timbri e firme, lasciato in terra fuori del caracol. Il clima era teso. Minacciavano di irrompere nella sede autonoma. Presto sono iniziati ad arrivare veicoli con basi di appoggio zapatiste delle comunità della regione Tzot’z choj che sono entrati direttamente nel caracol, senza scontrarsi con i contadini tzeltales, che si sono dichiarati perredisti o priisti.
Col gruppo del Orcao c’erano anche Nicolás López Gómez, Leticia Sántiz López e María Cleopatra Carrillo Cabrera, rappresentanti di Unorca e della denominata Commissione delle Donne. Hanno accusato la JBG di "non avere buona volontà non ricevendo la commissione proposta". Più tardi, la stessa JBG dichiarava che "la commissione proposta" era una provocazione, ma non si sono mai rifiutati di ricevere quelli della Orcao. "Li stavamo aspettando per una riunione". In realtà, Orcao aveva mancato ad un appuntamento precedente.
Un altro problema era nell’aria, benché non in relazione con quanto si doveva discutere. Data lo scorso 26 novembre, quando Juan Urbina, dipendente di una ditta costruttrice di Macuspana (Tabasco), con un contratto del costruttore López Flores, di Yajalón (Chiapas), distrusse col suo macchinario la tubatura che porta l’acqua nella comunità Patria Nueva, vicino a Sibacá e sede della regione Primero de Enero del municipio autonomo Lucio Cabañas, dove abitano zapatisti e "orcaisti".
Il dipendente e l’impresa si erano impegnati a riparare il danno sia sulla tubatura che sulle strade del villaggio. Patria Nueva è da un mese e mezzo senza acqua. Non l’hanno fatto. Neanche "il problema non è nemmeno con la Orcao, ma con la compagnia", ha spiegato più tardi un membro della JBG circondato dai suoi compagni.
Dopo settimane di proteste, la mattina di ieri gli zapatisti hanno fatto venire Urbina al caracol. Non avendo risolto il problema, è stato trattenuto dalla JBG fino alla mattina di oggi, quando ha rinnovato il suo impegno di ripristinare la tubatura distrutta e se n’è poi andato a bordo della sua auto.
Da parte sua, e "approfittando del viaggio", quelli della Orcao volevano oggi discutere con la JBG la questione di Chijtal ed altre faccende sulle quali non ci sono impegni: i diverbi per la strada Patria Nueva-San Marcos ed il tratto Corazón de María-Ojo de Agua. Inoltre, in quest’ultima località la Orcao ha bloccato il passaggio ed impedisce alle basi zapatiste di trasportare legno per costruire nuove strutture nella scuola autonoma di Primero de Enero.
Il concentramento di "orcaisti" è durato fino alle 13:30. Prima di ritirarsi hanno insultato e minacciato gli osservatori internazionali che si trovavano nel caracol, provenienti da cinque paesi.
Quelli della Orcao "gridavano insulti, come è loro abitudine", ha raccontato la JBG. Se ne sono andati gridando "morte all’EZLN" e "che muoiano di sete", riferendosi alla tubatura rotta a Patria Nueva.
"La provocazione è stata della Orcao", ha dichiarato la JBG. Nel pomeriggio nel caracol c’erano diverse centinaia di indigeni zapatisti. "I compagni sono venuti a proteggere, non a scontrarsi".
Questi fatti avvengono nel contesto di molti conflitti nella regione avvenuti nei giorni scorsi sui quali ci sono state informazioni confuse, false o contraddittorie, ma che prefigurano una situazione potenzialmente esplosiva. Dall’attacco di Orcao agli zapatisti a Bosque Bonito, il giorno 5, a seguito del quale si era detto falsamente che c’erano 14 morti, fino alle divergenze tra priisti e zapatisti nello stabilimento balneare Agua Clara, dove si era parlato di tre desaparecidos, risultato falso.
Oggi è stato comunicato, con molta imprecisione, un altro scontro tra contadini filo-governativi e presunte basi zapatiste nell’ejido Agua Azul, nella vallata di Taniperlas (niente a che vedere con le cascate di Agua Azul a Tumbalá). Deve essere confermato. Una settimana prima, un altro scontro a Palenque era stato falsamente attribuito agli zapatisti.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

mercoledì 7 gennaio 2009

La trama di Corazon del Tiempo

In un villaggio del Chiapas, nel più profondo della Selva Lacandona, Sonia mette tutti di fronte alle intime rivoluzioni del suo cuore nel tempo della lotta e della resistenza.
“Promessa” nella maniera tradizionale di sposarsi con Miguel, valoroso dirigente giovanile della comunità, che conosce dall'infanzia, Sonia si innamora, ricambiata del tenente insurgente Julio.
Intorno a Sonia si muove, in un mondo quasi magico, la sorella minore Alicia, insieme alla nonna Zoraida, che con l'esperienza della vita vissuta, riporta sulla terra gli occhi avidi e sognatori della nipote.
La decisione di Sonia mette alla prova le volontà e le convinzioni.
Come in un onda espansiva la commozione si allarga alla famiglia, alla comunità ed anche alla stessa organizzazione armata che si nasconde nelle montagne.
Intanto il mondo si muove. L'Esercito del Governo occupa le terre ribelli e cerca di stringere l'assedio. Sotto il rumore degli elicotteri di guerra, le donne indigene fermano i soldati facendo muro con i loro corpi.
L'elettricità che il Governo non ha mai voluto dare sta per arrivare alla comunità: Miguel riceve l'incarico di far passare la turbina attraverso l'assedio militare.
Fedeli al fatto di essere se stessi e di cambiare costantemente, i moderni Maya della Selva Lacandona hanno intrapreso una trasformazione profonda per il Messico e forse per il mondo.
Con questa intensità trascorrono i giorni del tempo indigeno.
Mezzo secolo prima l'amore aveva permesso a Zoraida di lasciare la schiavitù dei suoi antenati nel latifondo per andarsene a “fondare” la selva insieme al suo uomo. Ora alla fine del secolo, l'amore fa sì che Sonia sfidi la tradizione ed anche le nuove “abitudini” rivoluzionarie.
Mateo è il tormentato padre di Sonia, Alice ed anche dell'ironico Valente.
Susanna, la madre, vive le contrarietà che la mettono di fronte alle insoddisfazioni del suo passato.
Mateo, Susanna così come gli altrio padri e madri della comunità appartengono alla generazione che ha rotto i ponti e ha detto "Ya Basta!" il Primo Gennaio del 1994. Loro sono quelli che videro e vissero la necessità di ribellarsi contro il “mal governo” .
Anche la natura partecipa alla storia. La milpa, i fiumi, le montagne e gli animali sono personaggi che influiscono nel destino dei Tojol Winik , gli uomini “verdaderos”,
La famiglia, l'assemblea comunitaria e l'esercito insurgente, immersi nell'occhio dell'uragano della storia, dovranno vivere la commozione di Sonia innamorata.
In un mondo in cui tutto cambia, in una terra straordinaria di indigeni liberi, che hanno deciso di non arrendersi, la passione di una donna si gioca il senso della sua libertà nel cuore del tempo.

Vedi il trailer
Il film è sottotitolato in italiano

Equipe
Regia Alberto Cortes
Sceneggiatore Hermann Bellinghausen
Direttore della fotografiaMarc Bellver
Direttrice Artistica Ana Solares
Addetto al suono Emilio Sebastian Cortes Guerra

martedì 6 gennaio 2009

Manifestazione Antirazzista

Appello per la Manifestazione Antirazzista a carattere nazionale– 18 Aprile 2009 - Castelvolturno

Stanchi del Razzismo ! per un patto sociale di solidarietà

Diritti, dignità e permesso di soggiorno per tutti !!!
La strage di camorra che il 18 settembre sterminò 7 innocenti, un italiano e 6 africani a Castel Volturno, ha portato all’attenzione nazionale un territorio abbandonato da anni. Ma dopo la caccia ai camorristi si è aperta la “caccia” agli immigrati senza permesso di soggiorno: lavoratori, spesso vittime di un intollerabile sfruttamento, in un clima di omertoso silenzio! Ciò avviene perché l’attuale legislazione impedisce la regolarizzazione degli immigrati “imprigionando” uomini e donne nella clandestinità.
I lavoratori immigrati che vi invitano a questa mobilitazione sono gli stessi lavoratori stagionali che raccolgono le arance, le patate, i pomodori ma anche chi viene licenziato dalle fabbriche ed insieme al lavoro perde anche il diritto ad avere il permesso di soggiorno. E’ la logica spietata di chi vuole braccia ma non persone e che usa la discriminazione degli immigrati per peggiorare le condizioni e i livelli di garanzia di tutti i lavoratori. La crisi colpisce duro, italiani e immigrati, eppure per rispondere alla crisi il governo produce differenze. E’ la strategia del “dividi e comanda” con un razzismo istituzionale sempre più strutturato, che sfiora i confini dell’apartheid. A fare da sfondo c’è il pericoloso clima di criminalizzazione degli immigrati, che alimenta la guerra tra poveri con l’inquietante corollario di ronde e linciaggi. Eppure abbiamo tanti problemi in comune: tutti abbiamo mutui e affitti da pagare, mentre i tagli alla scuola e al welfare ricacciano in casa tantissime donne. Ai migranti però è riservata una doppia precarietà, sempre sospesi sull’orlo dell’espellibilità e perciò ricattati. Così oltre un milione di donne straniere sono inchiodate al ruolo di badante, ma con orari interminabili e salari da fame. Gli immigrati oggi sostengono in maniera determinante le casse dell’Inps, eppure rischiano di non vedere mai la pensione:..
Il razzismo istituzionale serve a fare degli immigrati dei capri espiatori, per far si che a pagare il prezzo della crisi non siano i veri responsabili, finanzieri, banche e speculatori che si sono arricchiti a dismisura e intendono continuare a farlo! A questo scopo alimentano e strumentalizzano la paura sociale…

PER QUESTO IN TANTI SAREMO IL 18 APRILE A CASTELVOLTURNO:PER RIBADIRE CHE NON C’E’ SICUREZZA SENZA DIRITTI!

Il Governo non si ferma e vuole approvare il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza”. Una serie di provvedimenti discriminatori verso gli immigrati (e non solo..): l’ingresso ed il soggiorno irregolare diventeranno reato! Chi è senza permesso di soggiorno rischierà la denuncia del medico curante, non potrà riconoscere un figlio, contrarre matrimonio, inviare i soldi ai familiari nei paesi di origine. Sarà ostacolato il rinnovo del permesso di soggiorno, sarà più difficile ottenere la residenza, verrà limitato il ricongiungimento familiare. Tutto ciò cosa c’entra con la sicurezza? Ciò favorirà soltanto la criminalizzazione degli immigrati nell’immaginario collettivo, richiederà ingenti fondi economici a soli scopi repressivi, provocherà l’esclusione sociale dei migranti, non sarà utile al contrasto delle mafie o al sentimento diffuso di insicurezza.
Ma una speranza diversa viene dal nuovo protagonismo degli immigrati stessi e dalla crescente indignazione di tanti, come quei medici che vogliono curare e non denunciare, e tutti quelli che non ci stanno ad accettare la cultura dell’odio, del razzismo, delle leggi speciali.

NON RESTARE INDIFFERENTE!! NON AVER PAURA!!

Da Castel Volturno, per abbattere i ghetti, per i diritti di cittadinanza, per emergere dalla clandestinità. Contro il lavoro nero, la speculazione, lo sfruttamento e l’usura che assediano questo territorio. I diritti in comune, a partire dalla qualità del lavoro per tutti, sono la base per una vera rinascita!
Chiediamo che in Campania e nelle altre regioni nascano finalmente vere strutture di accoglienza per i migranti, per risolvere le situazioni di maggiore disagio abitativo e sociale
Per il ritiro del “PACCHETTO SICUREZZA”, l’abrogazione della Bossi-Fini e delle altre norme discriminatorie.
Contro tutti i razzismi, le camorre, la repressione e la militarizzazione del Territorio.
Contro l’istituzione di Centri di Detenzione dei migranti in Campania e altrove. Utilizziamo i fondi stanziati per essi in iniziative di sostegno ai lavoratori colpiti dalla crisi.
Perché i cittadini italiani e stranieri possano liberarsi della camorra e costruire vera sicurezza sociale tramite il diritto al reddito, alla casa, al lavoro, alla salute, allo studio.
Contro la clandestinità, per l’emersione dei migranti da anni in Italia ma ancora irregolari;
Chiediamo che i permessi di soggiorno siano congelati in caso di licenziamento, cassa integrazione, mobilità, sospensione dal lavoro; che i migranti, così come tutti quei lavoratori che non usufruiscono di ammortizzatori, partecipino alla pari di ogni altro lavoratore alle misure di sostegno e vedano salvaguardati i contributi che hanno versato;Chiediamo che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutui in caso di perdita del lavoro; il blocco degli sfratti per tutti i lavoratori e le lavoratrici nella stessa condizione, perché sappiamo che un migrante senza contratto di locazione diventa un lavoratore clandestino;
Per garantire il diritto di asilo e di accoglienza. Per il diritto di voto, il diritto alla cittadinanza.
Manifestazione nazionale a Castelvolturno
Sabato 18 Aprile
Concentramento ore 10,00 American Palace

domenica 4 gennaio 2009

Palestina somos todos


Quarto Vento: Una degna rabbia organizzata
Intervento del Subcomandante Marcos nella sessione mattutina del 4 gennaio 2009.
Buon pomeriggio.
È con noi Don Luis Villoro. Se mi permette, il compagno Luis Villoro.
La sua vicinanza ai popoli indio di questo paese non è successiva al 1994, ma lo precede in vari calendari.
Nel nostro caso, le zapatiste, gli zapatisti, il suo appoggio è stato vitale. Lo dirò chiaramente: più di uno, di una, nelle comunità indigene, è viva, vivo, e lotta grazie all’appoggio di questo uomo. E mai, mai, si insinuò che si aspettasse qualcosa in cambio del suo appoggio, cosa che invece hanno fatto altri, altre.
In lui abbiamo trovato un generoso ascolto e, da quando siamo balzati alla luce pubblica, ha tentato di capirci, ed i suoi pensieri non poche volte sono stati il combustibile del nostro passo. E non sapete quanto sia stato difficile trovare, in questi 15 anni, qualcuno che cerchi di capirci e non di giudicarci.
Con lui, come con altri, abbiamo avuto ed abbiamo divergenze e le nostre discussioni molte volte sono state aspre, come per quanto si riferisce al movimento studentesco che 10 anni fa e dalla UNAM, ci meravigliò e insegnò a noi zapatisti
Con tutte queste differenze, nel nostro cuore non c’è mai stato il minimo dubbio delle sue convinzioni e impegno da questa parte, in basso e a sinistra.
Catalogare "di destra" chi non la pensa come noi, come un orribile e vile striscione dichiarava ieri, è la manifestazione di un atteggiamento di chi vuole imporre fatta, paradossalmente, da chi dice di rivendicare un atteggiamento libertario. Forse non ne so molto, ma per quanto ci arrivo, l’anarchismo libertario non esime dal conoscere. E bisogna conoscere prima di giudicare e condannare.
È un onore, Don Luis, averla oggi dalla nostra parte, come è da 15 anni.
Il mondo che sogniamo non è un mondo con unanimità di pensiero, canche se il nostro, il pensiero zapatista, né con l’egemonia imposta che questa implica.
Salute Don Luis, volevamo solo dirle che lei ha, da lunghi calendari, un posto nel cuore scuro che ci anima.
Si suppone che dopo l’intervento di Moy, del Tenente Colonello Insurgente Moisés, io dovrei leggervi un racconto. Lo farò dopo, ora dobbiamo dire qualcosa d’altro.
Di semine e raccolti.
Forse quello che dirò non c’entra col tema centrale di questo tavolo, o forse sì.
Due giorni fa, lo stesso giorno in cui la nostra parola faceva riferimento alla violenza, Condoleeza Rice, funzionaria del governo nordamericano, dichiarava che quello che sta succedendo a Gaza è colpa dei palestinesi, per la loro natura violenta.
I fiumi sotterranei che percorrono il mondo possono cambiare geografia, ma intonano lo stesso canto.
E quello che ora sentiamo è di guerra e di dolore.
Non molto lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in Palestina, in Medio Oriente, qui vicino, un esercito fortemente armato ed addestrato, quello del governo di Israele, continua la sua avanzata di morte e distruzione.
I passi seguiti fino ad ora sono quelli di una guerra militare classica di conquista: prima un bombardamento intenso e massiccio per distruggere postazioni militari “nevralgiche” (così le chiamano i manuali militari) e per “neutralizzare” le fortificazioni di resistenza; poi il ferreo controllo dell’informazione: tutto ciò che si sente e si vede “nel mondo esterno”, cioè, esterno al teatro delle operazioni, deve essere selezionato con criteri militari; ora fuoco intenso di artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l’avanzata delle truppe verso nuove posizioni; poi i sarà l’accerchiamento e l’assedio per indebolire la guarnizione nemica; quindi l’assalto che conquisti la posizione annichilendo il nemico, poi la "pulizia" di possibili "sacche di resistenza".
Il manuale militare della guerra moderna, con alcune variazioni e appendici, viene seguito passo passo dalle forze militari d’invasione.
Noi non sappiamo molto di questo e, sicuramente, ci sono specialisti del cosiddetto "conflitto in Medio Oriente", ma da questo angolo di mondo dobbiamo dire qualcosa:
Secondo le foto delle agenzie d’informazione, i punti "nevralgici" distrutti dall’aviazione del governo di Israele sono abitazioni, capanne, edifici civili. Non abbiamo visto nessun bunker, né quartiere o aeroporto militare, o batteria di cannoni, tra quanto distrutto. Allora noi, scusate la nostra ignoranza, pensiamo che o gli artiglieri degli aerei hanno pessima mira o a Gaza non esistono tali punti militari "nevralgici".
Non abbiamo l’onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo che in quelle case, capanne ed edifici abitava gente, uomini, donne, bambini ed anziani, e non soldati.
Non abbiamo visto nemmeno fortificazioni di resistenza, solo macerie.
Fino ad ora abbiamo visto il vano sforzo di assedio informativo ed i diversi governi del mondo dubitare tra scaricare le responsabilità o applaudire all’invasione, ed una ONU, già inutile da tempo, tirare fuori tiepidi comunicati stampa.
Ma aspettate. Ci è vento in mente adesso che forse per il governo di Israele quegli uomini, donne, bambini ed anziani sono soldati nemici e, come tali, le capanne, case ed edifici dove abitano sono quartieri che bisogna distruggere.
Quindi sicuramente i fuochi di artiglieria che questa mattina cadevano su Gaza erano per proteggere da quegli uomini, donne, bambini ed anziani l’avanzata della fanteria dell’esercito di Israele.
E la guarnigione nemica che vogliono indebolire con l’assedio intorno a Gaza non è altro cosa che la popolazione palestinese che vive lì. E che l’assalto cercherà di annichilire questa popolazione. E che qualsiasi uomo, donna, bambino o anziano che riesca a scappare, nascondendosi, dall’assalto prevedibilmente sanguinoso, sarà poi "cacciato" affinché la pulizia sia completa ed il comandante militare al comando dell’operazione possa riferire ai suoi superiori "missione compiuta".
Scusate di nuovo la nostra ignoranza, forse quello che stiamo dicendo non faccia al caso. E che invece di ripudiare e condannare il crimine in corso, come indigeni e guerrieri quali siamo, dovremmo discutere come e prendendo posizione nella discussione su "sionismo" o "antisemitismo", o che al principio erano le bombe di Hamas.
Forse il nostro pensiero è molto semplice, e ci mancano le sfumature e postille sempre necessarie nelle analisi ma, per noi, zapatiste e zapatisti, a Gaza c’è un esercito professionista che sta assassinando una popolazione indifesa.
Chi in basso e a sinistra può restare in silenzio?
Serve dire qualcosa? Le nostre grida fermano le bombe? La nostra parola, salva la vita di qualche bambino palestinese?
Noi pensiamo che sì, serve, che forse non fermeremo una bomba né la nostra parola si trasformerà in uno scudo blindato che impedisca che quella pallottola calibro 5.56 mm o 9 mm, con la sigla "IMI", "Industria Militare Israeliana" stampata alla base della cartuccia, arrivi nel petto di una bambina o un bambino, perché forse la nostra parola riesca ad unirsi ad altre in Messico e nel mondo e forse prima si trasformi in mormorio, poi a voce alta, e quindi in un grido che si senta a Gaza.
Non sappiamo voi, ma noi zapatiste e zapatisti dell’EZLN sappiamo quanto sia importante che, in mezzo alla distruzione e alla morte, sentire parole di incoraggiamento.
Non so come spiegarlo, ma sembra che le parole da lontano forse non riescono a fermare una bomba, ma sono come se si aprisse una crepa nella nera stanza della morte e si accendesse una piccola luce.
Per il resto, succederà quello che succederà. Il governo di Israele dichiarerà di aver inferto un duro colpo al terrorismo, occulterà al suo popolo la dimensione del massacro, i grandi produttori di armi avranno ottenuto un respiro economico per affrontare la crisi e "l’opinione pubblico mondiale", quell’ente malleabile e sempre a modo, si volterà a guardare da un’altra parte.
Ma non solo. Succederà anche che il popolo Palestinese resisterà e sopravvivrà e continuerà a lottare e continuerà ad avere la simpatia del basso per la sua causa.
E, forse, un bambino o una bambina di Gaza sopravvivranno. Forse cresceranno e, con loro, il coraggio, l’indignazione, la rabbia. Forse diventeranno soldati o miliziani di qualcuno dei gruppi che lottano in Palestina. Forse combatteranno contro Israele. Forse lo faranno sparando un un fucile. Forse immolandosi con una cintura di cartucce di dinamite legata in vita.
Ed allora, in alto, scriveranno sulla natura violenta dei palestinesi e faranno dichiarazioni di condanna di quella violenza e si tornerà a discutere su sionismo o antisemitismo.
E nessuno domanderà chi ha seminato ciò che sta raccogliendo.
Per gli uomini, donne, bambini ed anziani dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Subcomandante Insurgente Marcos Messico, 4 gennaio 2009

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!