giovedì 2 aprile 2009

We can’t pay, we won’t pay and we are taking to the streets!

di Nicola Montagna*

È probabilmente presto per capire se la giornata del 1 Aprile il G20 segna un nuovo inizio o sarà un episodio estemporaneo che non avrà alcun seguito. Indubbiamente, è stata di una giornata di mobilitazione importante che ha saputo coniugare temi diversi, la crisi finanziaria, il reddito, l’ambiente, la guerra, ed individuare nelle istituzioni finanziarie uno dei principali se non il principale centro di potere di questa nuova fase del capitale globale. Il primo appuntamento per il Fools day, così è chiamato il primo giorno del mese d’aprile in Inghilterra, ribattezzato Financial Fools Day, era fissato per le 11.00am. La partenza dei quattro cavalieri dell’apocalisse era prevista da quattro punti diversi a ridosso della City, il cuore finanziario di Londra. Il cavallo rosso della guerra si sarebbe dovuto muovere da Moorgate; il cavallo verde del caos climatico ed ambientale si sarebbe dovuto muovere da Liverpool Street Station, quello d’argento del caos e dei crimini finanziari da London Bridge, ed infine, il cavallo nero contro la privatizzazione dei beni comuni e la chiusura dei confini da Cannon Street. Un altro corteo si è mosso dall’ambasciata americana per raggiungere la centrale Trafalgar Square. La polizia ha atteso che i quattro cortei, partecipati da diverse migliaia di persone, raggiungessero il punto d’arrivo, la piazza antistante la Banca d’Inghilterra, per chiudere le vie d’accesso ed impedire ai manifestanti di uscire ed a chi era rimasto fuori di entrare. In pochi minuti è stata costruita un’enorme prigione a cielo aperto dove diverse migliaia di persone sono state incarcerate senza capo d’accusa per alcune ore e private della loro libertà di movimento.
È così cominciato un lungo fronteggiamento, in diversi punti della piazza, tra dimostranti e poliziotti presenti in diverse migliaia (secondo fonti del ministero dell’interno c’erano più di 10.000 poliziotti incaricati di gestire l’ordine pubblico). Un punto di svolta si avuto quando i ‘quattro cavalieri dell’apocalisse’ si sono diretti verso una via laterale per cercare un varco e raggiungere il "climate change camp", distante poche centinaia di metri, ed i manifestanti hanno cominciato a premere contro i cordoni della polizia, guadagnando alcuni preziosi metri di territorio ed arrivando davanti alla sede della Royal Bank of Scotland, nei confronti della quale si è scagliata la rabbia dei manifestanti.
Dopo alcune ore, la polizia ha allentato la morsa permettendo ad alcune migliaia di persone di lasciare la piazza, raggiungere altri luoghi della protesta e disperdersi per le vie della City, che nel frattempo aveva assunto un aspetto irreale. Molti negozi, ristoranti, bar ed istituzioni finanziarie, generalmente frequentati dagli impiegati della City erano chiusi mentre le strade erano occupate da una variegata e colorata moltitudine che rivendicava la City, spingendosi nel ventre della bestia: "la banca d’Inghilterra". Nonostante molta gente se ne fosse andata la protesta è continuata per tutto il pomeriggio e la sera. Verso sera il ‘climate change camp’, circondato da due cordoni della polizia, si era trasformato in una festa mentre la piazza della Bank of England era stata nuovamente chiusa e si ripetevano le cariche della polizia e gli arresti di dimostranti. Alle 11 di sera la tensione intorno alla City si manteneva elevata. La strada del "climate camp" era ancora occupata e la polizia impediva a chiunque di avvicinarsi ed entrare eseguendo anche diversi arresti (circa 90, la maggioranza dei quali avvenuti in serata nottata). Nel frattempo sui media ufficiali è stata diffusa la notizia del ritrovamento di una persona in fin di vita nelle vicinanze della Banca d’Inghilterra, successivamente deceduta all’arrivo in ospedale.
* Lecturer in criminology alla Mddlesex University, Londra.

Londra - " Queste strade sono le nostre strade! Queste banche sono le nostre banche"

Assedio alla City: sanzionata la Royal Bank of Scotland

Sono cominciate questa mattina le mobilitazioni contro il vertice del G20 a Londra. I quattro Cavalieri dell’Apocalisse, rappresentati dai cortei partiti da punti diversi per convergere nella City di Londra, hanno bloccato il centro cittadino. Vetrine infrante alla Royal Bank of Scotland. Secondo quanto riportato dai media mainstream, il corpo di un uomo sarebbe stato ritrovato nella zona della Bank of England. Dopo il tasporto in ospedale, la polizia avrebbe reso nota la causa del decesso: collasso cardiaco.
“Lost your home? Lost your job? Lost your savings or your pension? This party is for you!”. Oltre 10 mila persone hanno risposto a questo invito. Nella tarda mattina i 4 cortei hanno raggiunto, come annunciato, la City e la Banca d’Inghilterra. "Of the four horsemen of the apocalypse, we are the black horse, and we are supporting people who are landless and homeless", recitavano gli striscioni con i quattro cavalieri dell’Apocalisse a capo dei cortei che hanno fatto la loro entrata nella cittadella finanziaria. Ad attenderli oltre 9 mila poliziotti. Dopo le prime ore, alcuni gruppi hanno tentato di forzare i cordoni di polizia che circondavano i manifestanti. Il bilancio è stato di 11 arresti e alcuni feriti.
Da Londra Nicola Montagna. [ audio 01 ]
Ogni via d’accesso è stata chiusa per e dalla City. In Threadneedle Street i manifestanti, imbottigliati e stretti tra diversi cordoni di polizia, hanno infranto le vetrate della Royal Bank of Scotland, una delle banche crollate in questi ultimi mesi a seguito della crisi, reagendo così alle provocazioni di decine di manager affacciatasi alle finestre che lanciavano come segno di disprezzo biglietti da 10 sterline. [ audio 02 ]
La polizia continua a circondare l’area della City ed ha pesantemente caricato specie nella zona di Cannon Street. Salgono a 23 gli arresti. Il controvertice che doveva tenersi all’interno dei campus universitari della London University è stato sospeso dalle autorità accademiche. L’area universitaria è inagibile, a causa di un ingente presidio di forze dell’ordine. Non è scontato che una volta terminate le mobilitazioni all’interno della cittadella finanziaria, i manifestanti si radunino al di fuori del campo universitario, per dare vita al controvertice. Nel tardo pomeriggio la polizia ha rallentato la stretta intorno alla City permettendo ad un certo numero di manifestanti di defluire. Nelle vicinanze di Liverpool Street è stato improvvisato un campeggio simbolico. In altre zone proseguono gli scontri e le cariche. In particolare nell’area della Bank of England, che continua a rimane assediata da diverse migliaia di manifestanti, la polizia ha rinforzato i posti di blocco. La zona rimane isolata, come nelle prime ore della giornata. Il contro summit che si doveva tenere all’università è al momento sospeso. La zona universitaria rimane presieduta dalla polizia. Il cuore economico di Londra, la macchina produttiva, i simboli del capitalismo, i responsabili di questa crisi, prime fra tutte le banche oggi sono stati bloccati, questo è il sentimento comune che si respira in queste ore tra gli oltre 10 mila manifestanti, studenti, precari, pensionati, ambientalisti, che oggi sono scesi in piazza. La notizia arriva intorno alla mezzanotte, secondo quanto riportato dai media mainstream, il corpo di un uomo sarebbe stato ritrovato nella zona della Bank of England, teatro nella giornata di ripetuti scontri tra manifestanti e polizia. Dopo il tasporto in ospedale, la polizia avrebbe reso nota la causa del decesso: collasso cardiaco.
Video01 - Vetrine infrante alla Royal Bank of Scotland. Fonte skyTV
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Ancora un giornalista scomodo ucciso, vicino a Mosca

di Astrit Dakli
Ancora una vittima nell’impari lotta tra informazione libera e poteri in Russia. A cadere colpito da ignoti assalitori è stato Sergej Protazanov, del giornale Accordo civile di Khimki, una città-satellite di Mosca; poco chiare le circostanze in cui, lunedì, il giornalista ha perso la vita. Amici e colleghi hanno parlato di “aggressione” collegandola senza mezzi termini alla posizione politica del giornale, schierato contro l’amministrazione cittadina e in difesa di alcune aree boschive che il sindaco Viktor Strelchenko vorrebbe far attraversare da una nuova autostrada. Recentemente il giornale aveva denunciato i presunti brogli con cui Strelchenko è stato riconfermato in carica nelle ultime elezioni. La polizia, per propria parte, ha diffuso invece un comunicato in cui si afferma che Protazanov sarebbe morto per intossicazione da sostanze sconosciute. Certo è che intorno ad Accordo civile si è sviluppata una campagna di intimidazioni molto pesanti: il direttore, Anatolij Yurov, è stato aggredito due volte negli ultimi mesi. E un altro giornalista di Khimki, Mikhail Beketov, è sfuggito per miracolo alla morte dopo esser stato per settimane in coma in seguito all’aggressione e alla bastonatura subìte in gennaio: il suo giornale, Khimkinskaja Pravda, più importante di Accordo civile, aveva a propria volta denunciato i traffici illeciti del sindaco Strelchenko, facendo campagna contro la sua rielezione. Inutile dire che nessuno ha provato a indagare sul serio su quell’aggressione, così come difficilmente ci saranno serie indagini sulla morte di Protazanov: in una città il potere del sindaco è fortissimo, e polizia e magistrati locali difficilmente si spingono a inquisirlo, anche in casi gravi come questi. Certo, le cose potrebbero essere molto diverse se dal centro - dal Cremlino - arrivasse qualche indicazione sul fatto che simili episodi non saranno più tollerati: ma finora il presidente Dmitrij Medvedev si è limitato a qualche discorso positivo, apparentemente senza dargli seguiti concreti.A peggiorare ulteriormente il quadro della giornata è arrivata la notizia, questa mattina, dell’aggressione subita da uno dei più noti esponenti del movimento per la tutela dei diritti umani, Lev Ponomariov, preso a parte e picchiato brutalmente da tre giovani sotto casa sua.Ponomariov è stato ricoverato e poi dimesso, le sue condizioni non sono preoccupanti ma preoccupante è invece - anche simbolicamente - che un personaggio come lui sia diventato oggetto di violenza: si tratta di un uomo che non ha mai nascosto le proprie critiche al Cremlino ma sempre in modo civile e corretto - tra l’altro aveva lavorato insieme all’avvocato Stanislav Markelov, ucciso nel gennaio scorso in pieno centro a Mosca. “Sono sicuro che si è trattato di un attacco su commissione, legato alla mia attività politica”, ha dichiarato dopo essere uscito dall’ospedale. Prevedibilmente molto agitate le reazioni delle organizzazioni legate ai diritti umani, russe e internazionali, che hanno chiesto al presidente americano Barack Obama di affrontare con Medvedev il tema dei diritti umani e del clima di violenza e intimidazione che circonda in Russia chiunque manifesti opposizione ai poteri dominanti.
Tratto dal blog EST EST EST, notizie dall’ex impero del male a cura di Astrit Dakli

GERUSALEMME, SI FA PRESTO A DIRE TRAM

di Michele Giorgio
I BINARI DELLA DISCORDIA

I lavori per la tramvia leggera stanno gettando nel caos la Città santa. Per i palestinesi il progetto è illegale, perché collegherà le colonie. Gli ebrei ortodossi non la vogliono: non sono state previste carrozze «kosher». Anche il sindaco ecologista è contrario alla railway. Ma c'è chi vi vede la realizzazione di un sogno di Theodor Herzl. Quando il mese scorso la società CityPass ha comunicato alle autorità - comune e governo - «di non ritenere realistica» la scadenza di settembre 2010 per la conclusione dei lavori di costruzione della rete tranviaria, gli abitanti di Gerusalemme sono stati sul punto di scendere in strada a protestare con rabbia. Il progetto che alla fine degli anni Novanta convinse Ehud Olmert, a quel tempo sindaco di Gerusalemme, non ha mai rispettato le scadenze. I ritardi si sono moltiplicati, i costi sono lievitati e i lavori che si svolgono in pieno centro, a ridosso della città vecchia e anche nella zona Est (araba) sotto occupazione dal 1967, scontentano un po' tutti. Ebrei e palestinesi, con motivazioni molto diverse, puntano l'indice contro il tram. «Non ne possiamo più - si lamenta Ilan Tirosh, proprietario di un negozio che s'affaccia su via Giaffa, il cuore della Gerusalemme ebraica -: da quando è in costruzione la rete del tram, subiamo disagi enormi e accumuliamo perdite economiche di cui nessuno sembra preoccuparsi. La strada è per gran parte chiusa al traffico automobilistico e vendiamo molto meno rispetto agli anni passati perché l'area è nel caos completo e tanta gente preferisce evitarla». Di ben altra natura sono le contestazioni palestinesi. «Certo anche per noi i disagi si stanno facendo insopportabili, ma il vero problema sta nella finalità politica di questo tram che attraversa la città - spiega il geografo Khalil Tufakji, esperto di colonizzazione israeliana -. Dicono di voler soltanto garantire trasporti pubblici moderni ed ecologici a una città prigioniera del traffico automobilistico, ma ignorano le risoluzioni internazionali. Intanto i binari attraversano anche la zona araba, collegando gli insediamenti colonici (chiamati dagli israeliani "quartieri", ndr) e nessuno si è sognato d'interpellare i palestinesi». Il costo totale della «Jerusalem light railway» è di 3,3 miliardi di shekel (circa 600 milioni di euro): 2/3 messi dalla CityPass (un consorzio di imprese israeliane e francesi) e 1/3 da comune e governo. La rete tramviaria con ogni probabilità verrà ultimata solo nel 2011, se non interverranno nuovi imprevisti, quindi con due anni di ritardo rispetto alla scadenza annunciata. La società di costruzione sostiene di non avere responsabilità e lancia accuse all'amministrazione comunale e indirettamente allo stesso sindaco Nir Barkat, contrario al progetto e che del blocco dei lavori aveva fatto un suo cavallo di battaglia durante la campagna elettorale per le comunali dello scorso novembre. Barkat, che preferirebbe convertire subito i binari in corsie per autobus «ecologici», secondo alcuni rallenterebbe la concessione di autorizzazioni necessarie per il proseguimento dei lavori. Ma anche il governo uscente, a quanto pare, non ha trasferito alla CityPass 150 milioni di shekel (circa 30 milioni di euro) di risarcimenti. I nemici del progetto sono davvero tanti, non ultimi i rabbini. I lavori, dicono, si svolgono a ridosso di quartieri densamente popolati da ebrei osservanti. E, soprattutto, non prevedono l'impiego di carrozze kosher, ovvero con posti rigidamente separati per uomini e donne. Per le gerarchie religiose ebraiche vanno benissimo le linee di autobus esistenti, che tengono conto dell'esigenza dei timorati di non entrare troppo in contatto con i laici e che sono il risultato di un accordo che hanno raggiunto con la cooperativa di trasporti Egged. Lo scorso anno sette importanti rabbini di Gerusalemme avevano inviato un appello alla municipalità per chiedere la sospensione immediata dei lavori della «rete tramviaria del male», perché le linee previste costringono gli ebrei ultraortodossi a dover passare in quartieri laici dove di solito non mettono mai piede. Senza dimenticare il problema della «promiscuità» alle fermate del tram nei rioni popolati da religiosi. Molti sarebbero felici di vedere finalmente sparire le barriere di cemento che, in mezzo a tante strade, delimitano da troppo tempo le aree in cui sono in corso i lavori di costruzione. La CityPass considera questa possibilità una follia se si tiene conto anche dell'avvenuta (costosa) deviazione parziale della rete fognaria e che, tra ritardi e disagi, la «creatura» sta finalmente cominciando a vedere la luce. Sono, peraltro, già state acquistate in Francia 42 vetture (ognuna è costata tre milioni di dollari) blindate ed equipaggiate con vetri speciali in grado di resistere al lancio di sassi e bottiglie incendiarie. Alex Kroskin, ingegnere capo della CityPass, si dice «sconcertato» da tanta ostilità. «Vogliamo solo dotare la città di un sistema di trasporti moderno e al passo con i tempi - afferma - anche in altre città del mondo le costruzioni delle linee tramviarie sono state contestate all'inizio ma poi gli abitanti si sono resi conto delle loro grande utilità». Gerusalemme però non è una città come tante altre. Il suo status è sempre vincolato alla risoluzione 181 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che non legittima la sovranità israeliana e viene rispettata ancora con rarissime eccezioni e qualche ambiguità da tutti i paesi, inclusi gli Stati Uniti. Le autorità israeliane invece continuano a decidere da sole quando si tratta di Gerusalemme, incuranti delle leggi internazionali e, soprattutto, delle aspirazioni palestinesi sotto occupazione. Indifferenti verso la delicata situazione di Gerusalemme si sono mostrate anche le imprese francesi Alstom e Connex (filiale di Veolia) che compongono il consorzio Citypass insieme alle israeliane Ashtrom e Polar Investment e alle banche Hapaolim e Leumi. Il presidente dell'Anp protestò con la Francia nel 2005 e poco dopo l'associazione Francia-Palestina, cominciò la sua campagna contro contro il tram, alla quale l'ex ministro degli esteri Philippe Douste-Blazy rispose imbarazzato che la partecipazione di imprese private francesi al progetto «non deve in alcun modo essere interpretato come segno di un cambiamento della linea della Francia su Gerusalemme» che come il resto dell'Unione europea «ha una posizione chiara e costante sul carattere illegale delle attività di colonizzazione nei Territori occupati da Israele nel 1967». Una precisazione che non convinse Nasser Al-Kidwa, a quel tempo ministro degli esteri dell'Anp, che l'anno successivo scrisse una lettera al direttore-generale della francese Alstom Patrick Kron per ricordargli che la sua società non è solo una impresa commerciale e deve tenere conto dei piani di Israele per rendere irreversibile l'occupazione della zona Est della città. D'altronde non ci vuole molto a capire che tenendo presente il costo del biglietto del tram, che si prevede intorno ad un euro e mezzo - proibitivo per gran parte dei palestinesi che usano la loro rete di minibus a basso costo - a salire sul tram nella Gerusalemme araba saranno soprattutto i coloni israeliani e che le linee sono destinate a servire principalmente gli insediamenti ebraici. Non è da escludere inoltre che, di fronte al lancio di sassi contro il tram da parte dei palestinesi, le fermate dei quartieri arabi di Shufat e Beit Hanin vengano eliminate. Non è un caso che ad appoggiare il completamento delle linee siano gli israeliani più nazionalisti, desiderosi di «riunificare» in modo definitivo le due zone di Gerusalemme e che scorgono nel progetto del tram la realizzazione del sogno del padre del Sionismo Theodor Herzl, che in un suo libro del 1902 aveva parlato di una Gerusalemme «con quartieri moderni serviti da treni elettrici».

Striscia di Gaza, continua la guerra di Israele contro i pescatori palestinesi.

Gaza - Infopal. Anche questa mattina, la Marina da guerra israeliana ha aperto il fuoco contro numerosi pescherecci palestinesi che si trovavano al largo di Gaza City.
Testimoni oculari hanno raccontato che diversi pescatori sono stati costretti ad abbandonare le imbarcazioni a causa del bombardamento.
Israele impedisce ai pescatori di spingersi oltre le tre miglia (6,5 km), quando gli accordi siglati con l'ANP prevedono invece le 20 miglia (37 km). Una distanza ancora maggiore è concessa dal diritto marittimo internazionale. Lo stato sionista, oltre a non rispettare gli accordi, viola anche le leggi internazionali.
Va ricordato che la pesca è l'attività primaria di molte famiglie palestinesi nella Striscia di Gaza assediata da oltre due anni.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!