lunedì 20 luglio 2009

Afghanistan, l'artiglio della pantera

I talebani in fuga dall'offensiva Usa nel sud della provincia di Helmand si sono spostati a Lashkargah e nei distretti più a nord: a farne le spese sono i soldati britannici ma soprattutto i civili afgani

di Enrico Piovesana

Sotto un sole che arroventa l'aria, una colonna militare britannica di 'Mastiff' - i giganteschi blindati 6x6 protetti da grate su tutti i lati - attraversa lentamente il bazar di Lashkargah. Dalle torrette di questi bestioni color sabbia, i soldati di Sua Maestà puntano i mitragliatori su passanti, auto, motorette, trattori e sui carretti trainati dai muli. Tutti si immobilizzano e se possono si fanno da parte, rimanendo più lontani possibile dal convoglio che sfila, nella speranza di mettersi così al riparo da eventuali esplosioni di ordigni telecomandati talebani.

"I talebani in fuga dai marines americani - spiega Nabi, un meccanico - sono arrivati in città, quindi ci si può aspettare di tutto. Nei giorni scorsi hanno sparato razzi dalla periferia verso il centro della città: giovedì mattina contro un comizio elettorale pro-Karzai che era in corso davanti al palazzo del governatore, e venerdì pomeriggio contro il Prt. Li abbiamo sentiti fischiare sopra le nostre teste e poi esplodere. Hanno mancato tutti il bersaglio, cadendo in cortili e aree non abitate, senza provocare vittime. Ma il pericolo è proprio questo: non si sa dove possono cadere. Li chiamano 'razzi ciechi', proprio perché colpiscono a caso. Ma i talebani - continua Nabi - sono penetrati anche dentro la città. Sabato mattina, sarà stata l'una, si sono messi a sparare con i lanciagranate contro una pattuglia di soldati governativi, i quali hanno risposto al fuoco ferendo diverse persone che dormivano all'aperto per il caldo".

L'operazione militare statunitense 'Khanjar' - che in pashto significa 'pugnale', non 'colpo di spada' - ha spinto centinaia di talebani, che prima controllavano i distretti meridionali di Khanishin, Garmsir e Nawa, verso Lashkargah e ancora più a ovest e a nord, a Nadali, Grishk e Sanghin: per la gioia delle truppe britanniche che qui sono impegnate nell'operazione 'Panchai Palang', Artiglio di Pantera, lanciata in contemporanea con l'offensiva Usa a sud. "I talebani cacciati dagli americani sono affluiti tutti in queste zone, già roccaforti talebane, dove operano i britannici - spiega Safatullah, un giornalista locale - che quindi ora si trovano in guai seri, come dimostrano le pesanti perdite che stanno subendo in questi giorni".

A fare le spese di questa situazione però sono soprattutto i civili afgani che abitano nei distretti dove talebani e britannici si danno battaglia. "Stavo lavorando nel campo assieme ad altri contadini - racconta Abdul, steso in un letto dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, con entrambe le gambe ingessate - quando un razzo, o una bomba, non so, è caduta vicino a noi. L'esplosione ha ferito me e due miei amici. Poco prima avevamo visto in lontananza dei blindati britannici, ma non saprei dire chi abbia sparato. Nel mio distretto, Nadali, c'è sempre stata la guerra, ma da una settimana è diventato un inferno: non c'è giorno che non combattano. E non serve a niente: i talebani sono sempre lì".

Erano di Nadali anche Habibullah e Abdullah, entrambi di 12 anni, Ziah, 14 anni, Mohamammad, 25 e Bora, una donna di 55 anni, arrivati morti la settimana scorsa nel centro chirurgico dell'Ong italiana: tutti vittime di bombardamenti aerei. Come almeno altri dieci civili, sempre di Nadali, ricoverati nei giorni con gravi ferite da schegge di bomba.
"Nella notte tra mercoledì e giovedì - racconta Safataullah - settanta persone sono state ferite a Babaji, nel distretto di Nadali, mentre cercavano di scappare dai combattimenti attraversando a piedi il fiume Helmand: i britannici hanno pensato che fossero talebani e li hanno bombardati".

E poi c'è il problema delle mine. Le corsie dell'ospedale di Emergency a Lashkargah si stanno riempiendo di feriti da mina a un ritmo assolutamente straordinario. "Negli ultimi due giorni - spiega un medico - ci sono arrivati una decina di feriti da mina, da Nadali ma anche da Garmsir, dove è in corso l'operazione dei marines. Molti di loro sono bambini, alcuni in condizioni gravissime. Normalmente, dieci ne arrivano in un mese! Pare si tratti di ordigni piazzati dai talebani per colpire i mezzi militari stranieri".

L'operazione militare britannica 'Artiglio di Pantera' sta provocando anche una grave emergenza umanitaria. Negli ultimi giorni almeno 20mila sfollati sono arrivati qui a Lashkargah, in fuga dai distretti dove si combatte: in particolare dalla zona di Babaji, nel distretto di Nadali. I più fortunati vengono ospitati da parenti e amici, ma la maggior parte di loro, circa 15mila finora, finisce nel campo profughi di Mokhtar: una desolata distesa di tende, baracche e casette di argilla alla periferia nord della città dove, dal 2002, vivono già almeno 20mila sfollati in condizioni drammatiche, privi di qualsiasi assistenza da parte del governo afgano. Ora, quindi, il campo ospita almeno 35mila persone. E ne continuano ad arrivare.

Mentre scriviamo, due boati scuotono la terra. Altri due 'razzi ciechi' sono caduti in città, a poche centinaia di metri dall'ospedale di Emergency: uno davanti al nuovo ufficio dell'Ariana Airlines e un altro vicino alla succursale dell'Afghan Bank. Per fortuna, c'è solo un ferito lieve e qualche danno alle aiuole.
Il sole tramonta su Lashkargah, ma il caldo rimane soffocante. Il muezzin intona il richiamo alla preghiera serale, ma il suo canto viene sovrastato dal rumore degli elicotteri Apache che volano lenti nel cielo rosa, sopra decine di piccoli aquiloni manovrati dai bambini che si godono le ultime ore di gioco prima del coprifuoco.

Tratto da: Peace Reporter

Libertà per Guler Zere

Guler ZERE é in carcere da 14 anni e lotta contro il cancro. Alla fine dell’anno 2008 é stata portata dal carcere di Elbistan, dove si trova ora, all’ospedale dell’Universita’ di Cukurova, ad Adana. La diagnosi é stata di cancro in bocca. All’inizio del 2009, é stata portata al carcere di Karataş, ad Adana. E’ stata curata all’ospedale Balcali, ad Adana. Il suo palato é stato operato e tolto. E poi apparso un altro tumore, vicino al suo orecchio. E stata operata di nuovo. Ora c’é un altro tumore alla gola. Ogni giorno, la sua situazone si aggrava. Per una cura efficiente della sua malatia, Guler ZERE deve essere libera subito.


http://www.youtube.com/watch?v=8iDqU5i6C88&videos=9d1J8SmjG3M

http://www.gulerzere.net/es

venerdì 17 luglio 2009

Il Condor vola sull'Honduras

Strani personaggi avvistati nel Paese



Bertha Oliva, Coordinatrice dei Familiari di detenuti desaparecidos in Honduras (COFADEH) denuncia presenze inquietanti in posizioni di controllo

di Gennaro Carotenuto

Mentre la Resistenza popolare al colpo di Stato in Honduras sta scrivendo la storia del paese e di una regione, il Centroamerica, più indietro rispetto al Sud della Patria Grande, e il presidente legittimo Mel Zelaya, anche per non restare indietro a destra del movimento che sostiene la democrazia chiama all’insurrezione popolare, un’internazionale nera di terroristi, torturatori, assassini, neonazisti, spie, reduci del Plan Condor e della guerra sporca corre in soccorso della dittatura di Roberto Micheletti. Le linee del complotto in appoggio al golpe sono molteplici, politico-diplomatiche, mediatiche, economiche. In questo articolo evidenziamo alcune presenze che fanno capire come fermare il golpe in Honduras è ancora più indispensabile per impedire che l’epoca più nera della storia dell’America latina possa tornare.

Avevamo già denunciato che uno dei più stretti collaboratori del dittatore di Bergamo alta è Billy Joya Améndola, attivo con il nome di dottor Arrazola come sicario, torturatore e sequestratore di desaparecidos in Honduras, ma anche in Argentina, Cile e elemento di raccordo tra repressori honduregni, argentini e statunitensi nella guerra sporca in Centroamerica negli anni ’80. Non solo Joya Améndola non è il solo assassino sul quale si appoggia direttamente il dittatore Micheletti ma negli ultimi giorni Joya Améndola avrebbe ripreso vecchi contatti soprattutto in Cile negli ambienti dei Carabineros che collaborarono alla repressione e dai quali fu addestrato in tecniche di tortura. Sarebbe collegata a tali contatti l’uscita pubblica di Lucia Pinochet, figlia di Augusto, defunto dittatore cileno, incarcerata in patria come tutta la famiglia per innumerevoli furti e malversazioni di fondi pubblici, in aperto appoggio al golpe honduregno.

Bertha Oliva, Coordinatrice dei Familiari di detenuti desaparecidos in Honduras (COFADEH), denuncia alcuni dei più sinistri curriculum intorno a Micheletti: Mario Hung Pacheco, sottosegretario alla sicurezza, Nelson Willy Mejía, direttore dell’ufficio immigrazione e stranieri, lo stesso direttore della polizia e molti uomini che controllano telefonia, radio, televisione, e perfino la Commissione per i diritti umani, sarebbero agenti locali della CIA tutti addestrati nella Scuola delle Americhe negli Stati Uniti negli anni ’70 e ’80. Bertha Oliva conferma anche che sono attive nel paese sia organizzazioni legate ai Carabineros cileni che organizzazioni legate ai repressori argentini.
Inoltre molti osservatori denunciano un ruolo attivo nel golpe sia da parte dell’Ambasciatore statunitense Hugo Llorens, sia del sinistro John Negroponte, che è stato sicuramente a Tegucigalpa varie volte tra fine 2008 e inizio 2009 e secondo l’avvocato statunitense-venezuelano Eva Golinger avrebbe coordinato apertamente riunioni con i golpisti.

Tra i personaggi sinistri avvistati in Honduras vi è anche il neonazista e antisemita venezuelano Alejandro Peña Esclusa, colui che pensa che tutti i partiti di destra latinoamericani siano in realtà marxisti camuffati e che solo delle dittature militari generalizzate possono salvare l’America dal comunismo, attivissimo nelle ultime settimane (è stato anche in Perù nella zona del massacro di Bagua) e vecchia conoscenza italiana. Nel marzo 2007 infatti riuscì ad incontrare, facendosi spacciare da Aldo Forbice a Zapping su Radio1Rai, come “capo dell’opposizione moderata venezuelana”, il Cardinale Renato Raffaele Martino e il segretario dell’UDC Lorenzo Cesa. Con lui in Honduras vi sarebbero l’ex organizzatore di squadroni della morte argentino Jorge Monez Ruiz, e poi carapintada (il tentativo di sedizione militare contro il governo di Raúl Alfonsin) ansioso di riprendere i vecchi panni di torturatore. Con loro a completare la delegazione viaggerebbe Hugo Achá Melgar, sedicente direttore della ONG Human Rights Foundation, in realtà copertura per i gruppi terroristi attivi a Santa Cruz in Bolivia per staccare le regioni più ricche del paese.

Il fatto curioso è che tutti questi personaggi che spesso si fanno scudo di finte organizzazioni in difesa dei diritti umani e fanno largo uso della parola “democrazia”, nel paese della United Fruits, si lamentano di presunte ingerenze straniere da parte del governo bolivariano di Caracas.

Comunicato n° 12 del Fronte Nazionale contro il colpo di stato


Il Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato in Honduras, composto da differenti espressioni organizzate nel paese comunica al resto della popolazione:

1. Ringraziamo per l'appoggio e la solidarietà dei paesi del mondo, in particolarmente la l'Alleanza Sociale Continentale (ASC), spazio di incontro dei movimenti sociali americani che sta in Honduras per conoscere e divulgare internazionalmente la situazione provocata dal colpo di Stato.

2. Denunciamo l'uso dei mezzi di comunicazione di massa in mano all'oligarchia che cercano di mostrare un paese in normalità e pace, mentre si assassina e perseguono i leader popolari.

3. Comunichiamo la partecipazione di una delegazione del Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato, negli Stati Uniti che informerà i Senatori e le altre autorità del Governo statunitense sulla violazione dei diritti umani e la negazione della democrazia e lo stato di diritto.

4. Denunciamo la via dittatoriale fascista che profila l'attuale regime di facto che si avvale della forza delle armi ed ignora spazi di partecipazione e comunicazione elementari.

5. Esprimiamo il nostro riconoscimento alla popolazione honduregna in resistenza affinché si ristabilisca l'ordine istituzionale, esigendo il ritorno del Presidente eletto José Manuel Zelaya Rosales, e l'avvio di una Assemblea Nazionale Costituente che promuova una società con democrazia partecipativa.

6. Continuiamo facendo una chiamata al resto della popolazione che si unisca alle azioni per riuscire nel rovesciamento degli usurpatori dello Stato.

Tegucigalpa, M.D.C. 15 Luglio di 2009

Spirit of Humanity

da"La stagione delle farse: Libertà & Democrazia a metà 2009", di Noam Chomsky.



Ancora una volta Israele, contando sull'impunità di cui gode come cliente USA, ha concluso il mese di giugno 2009 rinforzando l'assedio con uno sfrontato atto di dirottamento. IL 30 giugno, la marina Israeliana ha dirottato la barca del Free Gaza Movement "Spirit of Humanity" - in acque internazionali, a detta delle persone a bordo - conducendoli forzatamente al porto Israeliano di Ashdod. La barca era partita da Cipro, dove il cargo era stato ispezionato: consisteva in medicine, materiale da ricostruzione e giocattoli. Tra gli attivisti per i diritti umani a bordo, c'erano il Premio Nobel per la Pace Mairead Maguire e l'ex membro del Congresso Cynthia McKinney, spedita nella prigione di Ramleh, in Israele - apparentemente senza una parola da parte dell'amministrazione Obama. Il crimine ha a malapena sortito uno sbadiglio - con un certo tipo di giustizia, uno avrebbe da ridire, dal momento che Israle ha dirottato barche in viaggio tra Cipro e il Libano per decadi, sequestrando e a volte uccidendo i passeggeri o spedendoli nelle prigioni Israeliane senza accuse, a far numero con migliaia di altri, in alcuni casi trattenuti come ostaggi per anni. Quindi, perchè persino preoccuparsi di riportare questo ultimo oltraggio da parte di uno stato farabutto e del suo benefattore, per il quale la legge è solo un tema per discorsi da 4 luglio e un'arma contro i nemici?Il dirottamento di Israele è un crimine molto più grave di quello perpetrato dai Somali costretti ad atti di pirateria dalla povertà e disperazione, e dalla distruzione delle proprie zone di pesca da furti e scarichi di residui tossici - per non parlare della distruzione della loro economia da parte delle operazioni anti-terrore di Bush, riconosciute come fraudolente, e un'invasione da parte dell'Etiopia spalleggiata dagli USA. Il dirottamento di Israele viola anche le Convenzioni Internazionali del marzo 1988 sulla sicurezza della navigazione marittima, di cui gli USA fanno parte, e come tale dovrebbero quindi garantirne il rispetto, come richiede la Convenzione stessa. Comunque, Israele non ne fa parte - ma questo naturalmente non mitiga il crimine o l'obbligo di far rispettare la Convenzione contro chi la viola. La mancata adesione da parte di Israele è particolarmente interessante, dal momento che la convenzione fu ispirata in parte dal dirottamento dell' Achille Lauro nel 1985. Quel crimine è considerato da Israele e dall'Ovest, come una delle più grandi atrocità fatte dai terroristi - a differenza del bombardamento della Tunisia, da parte di Israele, appoggiato dagli USA, di una settimana prima, che ha ucciso 75 persone, come al solito senza un pretesto credibile, ma tollerato sempre grazie alla garanzia di impunità per gli USA e i suoi clienti. Forse Israele scelse di non far parte della Convenzione data la sua regolare pratica di allora, di dirottamento di barche in acque internazionali. Sarebbe il caso di investigare, in relazione al dirottamento di giugno 2009, anche perchè dal 2000, dopo la scoperta, da parte di British Gas, di apparenti riserve considerevoli di gas naturale nelle acque territoriali di Gaza, Israele ha continuamente forzato i pescherecci di Gaza verso riva, spesso violentemente, distruggendo un'industria vitale per la sopravvivenza di Gaza. Nello stesso tempo, Israle ha iniziato le negoziazioni con BG per ottenere gas da quelle fonti, rubare in questo modo le scarse risorse di una popolazione, equivale a schiacciarla senza pietà.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!