mercoledì 24 novembre 2010

Corea - La battaglia di Yeonpyeong

di Gabriele Battaglia

Millesettecento abitanti e mille soldati di guarnigione, nel Mar Giallo, a soli dodici chilometri dalla costa nordcoreana. Sono le due isole Yeonpyeong, dove stamane almeno due soldati di Seul sono morti nel cannoneggiamento messo in atto dalla Corea del Nord. Si parla di sessanta-settanta colpi di artiglieria. Gli ultimi aggiornamenti riportano anche un totale di quindici militari e tre civili feriti, parecchi edifici sono in fiamme.
La Corea del Sud ha risposto con un'ottantina di cannonate sparate oltre il 38° parallelo e con una squadriglia di F-16 inviata nella zona.
Il generale Lee Hong-ki, dello stato maggiore di Seul, ha dichiarato che  i nordcoreani hanno subito "un danno significativo" nel contrattacco lanciato dalle forze militari sudcoreane.
Tuttavia Seul non vuole alzare la tensione nell'area, dove il gioco delle parti si è fatto più complicato negli ultimi giorni, dopo la scoperta di un nuovo impianto di arricchimento dell'uranio nordcoreano, capace di circa duemila turbine (in realtà una vera e propria rivelazione da parte di Pyongyang, che ha scelto di mostrare la centrale a uno scienziato USA).

La Corea del Nord attacca perchè colta in flagrante

 di Fabrizio Maronta

Colto nel vivo del suo programma nucleare, l'erratico regime nordcoreano ha risposto con l'unico strumento di cui veramente disponga per salvaguardare la propria statura geostrategica, ovvero la sua stessa esistenza.
Questo strumento, ovviamente, è la minaccia bellica nei confronti dell'altra metà della penisola.
Per capire come questa minaccia sia concreta, non occorre contemplare il triste scenario delle rovine fumanti sull'isola sudcoreana di Yeonpyeong, i cui abitanti (civili) hanno la sventura di sedere sul disputato confine marittimo che da quasi sessant'anni separa le due Coree.
Basta misurare la distanza irrisoria che separa la vibrante e ipermoderna Seoul dalla selvaggia zona demilitarizzata che fa da cornice ad una delle frontiere più sorvegliate e desolate della terra.
Un viaggio di 40 kilometri che porta indietro di 40 anni, al periodo più buio e teso della cortina di ferro.

lunedì 22 novembre 2010

Verso Cancun - Cambiare o' sistema di Alex Zanotelli

Mancano poche settimane al vertice mondiale sul clima che si riunirà a Cancun, in Messico. Dal 29 novembre al 10 dicembre, i governi di circa 200 paesi dovranno affrontare la più grande emergenza della storia : i cambiamenti climatici.
Questo vertice avviene ad un anno dall’altro, quello di Copenhagen, che si è concluso senza alcun accordo vincolante, ma solo con una ‘dichiarazione’ di intenti. Dopo il fallimento di Copenhagen, la strada è ora tutta in salita.
L’umanità non può fallire di nuovo a Cancun: è in ballo il futuro del pianeta. Il surriscaldamento del pianeta è la conseguenza di un Sistema economico-finanziario che ha come unico obiettivo la crescita illimitata. “E se la Grande Recessione ora in atto- scrive Tom Friedman sul New York Times- ci venisse a dire che il modello di crescita illimitata degli ultimi 50 anni non sia più sostenibile sia economicamente che ecologicamente? E’ il 2008 l’anno in cui abbiamo sbattuto contro il Muro per cui Madre Natura e il Mercato ci hanno detto: Basta!”
Questo non è solo un problema politico-economico o ecologico, ma una sfida enorme anche a tutte le religioni, a tutte le Chiese. In ballo è il futuro del pianeta, della vita in tutte le sue forme. E’ quindi un problema teologico proprio perché Dio è il Dio della vita, appassionato di vita. Dio ci ha impiegato quattro miliardi e seicento milioni di anni per regalarci questo splendido pianeta. Un credente che adora il Dio della vita non può che essere un appassionato difensore della vita, del pianeta. Infatti l’attuale crisi ecologica sottintende una crisi spirituale ancora più profonda. “Crediamo che lo stretto legame esistente tra crisi economica e crisi ecologica sia l’espressione di una più ampia crisi etica, morale e spirituale- affermano le Chiese riformate dell’Asia nel loro documento Sorella Terra, Fratello Canguro. E’ infatti con la fede assoluta nel ‘libero mercato’, con il culto della ricchezza e dei beni materiali, con il ‘vangelo’ del consumismo e della crescita illimitata, che gli esseri umani hanno sfruttato i loro fratelli e sorelle e hanno saccheggiato la loro unica casa.” E con grande saggezza asiatica, quelle chiese ci suggeriscono:
“ Per superare questa crisi si richiede nient’altro che un radicale rinnovamento spirituale. A partire dalla nostra fede cristiana, riaffermiamo che tale trasformazione deve essere fondata sull’imperativo biblico dell’opzione preferenziale di Dio per gli emarginati (giustizia) e per la sacralità della vita (sostenibilità).”
E’ quanto afferma anche il direttore della rivista ecumenica SOJOURNES, Jim Wallis in un suo recente editoriale: “A livello teologico noi assistiamo ad una devastante spoliazione della Terra di Dio. Noi dovremmo essere i custodi del Golfo del Messico, delle foreste tropicali, delle spiagge… ed invece assistiamo inerti alla distruzione di queste meraviglie. Certamente per le bugie, l’irresponsabilità pubblica e privata, ma fondamentalmente per la nostra convinzione che riteniamo “etica” una crescita economica illimitata, alimentata dall’energia fossile, una crescita che è insostenibile.” Ecco perché ci dobbiamo essere come credenti in questa sfida enorme alla vita, al pianeta.
Esserci insieme a tutti i fratelli e sorelle non credenti. E’ in ballo la vita.
E’ per noi una questione etica, morale oltre che teologica: il Dio appassionato di vita che ci ha inviato Gesù perché abbiamo vita e vita in abbondanza (Giov. 10,10). Non si tratta solo di cambiamenti climatici, ma di un Sistema economico-finanziario planetario che ammazza per fame (un miliardo di affamati secondo la FAO), ammazza per guerra (milioni di morti!) e ammazza il Pianeta. Non dobbiamo solo cambiare il clima, ma cambiare un Sistema di morte.
Per questo chiedo a tutte le associazioni, parrocchie, movimenti ecclesiali di approfondire questi temi in vista di Cancun e impegnarsi a cambiare O’ Sistema . Ma soprattutto dobbiamo unire tutte queste energie con quelle di coloro che non credono, ma si impegnano. Dobbiamo unire le forze per salvare il Pianeta, per salvare la vita. Dobbiamo insieme fare pressione sui nostri parlamentari e ministri che non vogliono affrontare questi temi. E’ ora di finirla di parlare di PIL e di crescita, ed invece iniziare a pensare a economie alternative che permettano a tutti, compreso il pianeta, di vivere. Dobbiamo essere presenti a Cancun con la Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale (RIGAS), con tutti i movimenti di base e indigeni dell’America Latina, con tutti i movimenti ecologici dell’Africa e dell’Asia per dire a tutti che il tempo della giustizia ambientale è ora. Dobbiamo ricongiungerci con i movimenti del Sud del mondo (il grido dei poveri) per rispondere insieme al grido della terra. Per questo facciamo nostre le seguenti richieste avanzate dalla Conferenza Mondiale dei Popoli della Madre Terra tenutasi a Cochabamba (Bolivia) dal 20 al 22 aprile 2010:
- difendere il Protocollo di Kyoto che fissa un obiettivo unico per tutti: ridurre le emissioni di gas serra ed esigere che gli USA lo ratifichino;
– limitare l’aumento della temperatura a 1° centigrado;
- ridurre del 50% le emissioni di gas serra rispetto al 1990, questo per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto(2013-2017);
- opporci ai mercati dell’anidride carbonica (vietare che i paesi ricchi comprino dai paesi impoveriti la loro quota di aria pulita);
- richiedere che i paesi ricchi paghino il debito climatico verso i paesi impoveriti (sono questi che pagheranno di più i cambiamenti climatici);
- insistere perché i paesi ricchi investano per i cambiamenti climatici quello che ora spendono in armi (Nel 2009 hanno investito in armi 1.540 miliardi di dollari!);
- trovare, da parte dei paesi ricchi, 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere le politiche di adattamento e mitigazioni;
- spingere per una tassa minima (0,05%) sulle transazioni finanziarie. Questo permetterebbe un gettito di centinaia di miliardi l’anno su scala internazionale;
- fare pressione perché si dia inizio a una radicale trasformazione dell’agribusiness.
Sono queste anche le nostre richieste fondamentali che facciamo ai nostri amministratori, politici, parlamentari, governi, all’Unione Europea che è chiamata a giocare un ruolo più incisivo a Cancun nelle trattative tra i paesi ricchi e i paesi impoveriti. Nella speranza, anche, di arrivare presto a una Dichiarazione universale dei Diritti della Madre Terra. E’ uno sforzo comune questo fra credenti e laici, fra associazioni religiose e movimenti di base per salvare Madre Terra. “La più significativa divisione oggi tra gli umani non è basata sulla nazionalità, né sull’etnia, né sulla classe sociale o appartenenza religiosa - ha scritto il teologo ecologista americano p.Thomas Berry - ma la divisione è piuttosto tra coloro che massacrano la Terra e coloro che sono invece impegnati a preservare la Terra in tutto il suo splendore.”

E’ un urlo questo che viene da una terra martirizzata, la Campania che è diventata la punta dell’iceberg di ciò che accadrà alla nostra Madre Terra se non faremo inversione di marcia. Uniamoci in un unico grande movimento per salvare la Madre Terra.
Dobbiamo farcela : è in ballo il Pianeta, è in ballo la vita.

Alex Zanotelli

venerdì 19 novembre 2010

COP16 - Il ministro Choquehuanca detta le condizioni della Bolivia per la COP16

Diffondiamo il discorso tenuto dal ministro degli esteri boliviano David Choquehuanca durante la conferenza preliminare sul clima di Tianjin, nel gruppo di lavoro su finanziamento e trasferimenti tecnologici.


1) Riteniamo che la scelta migliore sia quella di costituire un nuovo Fondo di Finanziamento nella COP16 (Sedicesima Conferenza delle Parti sul Cambiamento Climatico) e formare un Comitato Costitutivo che si occupi del progetto dello stesso fino alla COP17. Tale comitato dovrà rappresentare tutte le regioni e visioni esistenti. È fondamentale, per lo sviluppo di questo nuovo fondo, che ad amministrarlo non sia la Banca Mondiale.
2) Il Comitato Costitutivo dovrà presentare anche una proposta per il coordinamento di tutti i meccanismi di finanziamento esistenti, che dovranno trovarsi sotto il controllo del nuovo fondo; questo costituirà l’ente principale e articolerà i finanziamenti per il cambiamento climatico.

Haiti: uragani, colera ed elezioni

Bugie e verità su Haiti a 10 mesi dal terremoto: la Minustah uccide ancora

Aiuti stranieri o dipendenza? Onu forza di pace?

di Fabrizio Lorusso 

Da qualche settimana a questa parte, l’attenzione dei mass media internazionali è tornata un po' a intermittenza a concentrarsi su Haiti, a causa dello scoppio di un’epidemia di colera nelle regioni centro settentrionali (nei pressi di Saint Marc) e dell'altissima probabilità che la piaga s'estenda massicciamente fino al cuore della capitale. A Porto Principe, infatti, 1354 campi d’accoglienza, allestiti d’urgenza con tende e teloni di plastica, ospitano in condizioni estremamente precarie e miserevoli oltre un milione e trecentomila di persone che hanno perso le loro case a causa del terremoto del 12 gennaio 2010. Fanno scalpore nei TG italiani anche le notizie delle due vittime rimaste sul campo nella città settentrionale di Cap-Haitien in seguito alle manifestazioni popolari (provocate dall'esasperazione della gente, dalle tensioni preelettorali e dalla convinzione generale che il colera sia stato reintrodotto nel paese dai caschi blu nepalesi) che sono state represse a colpi di mitra dalla Minustah, la forza "di pace" dell'ONU che svolge funzioni di polizia e militari ad Haiti. Si parla nuovamente di morti, più di 1100 in meno d'un mese per l'epidemia, dei primi contagi nella vicina Repubblica Dominicana e le ultime notizie ci riportano in quest'angolo dimenticato dei Caraibi per immortalare l’ennesima crisi umanitaria. Paradossalmente, per l’accresciuta attenzione mediatica dedicata al dramma del colera, è stata interrotta per un po’ la spirale di silenzio e indifferenza che s’era creata sulla situazione del paese caraibico, il più povero dell’emisfero occidentale che solo alcuni mesi fa è stato colpito dalla peggiore catastrofe naturale della storia moderna: un terremoto del grado 7,3 della scala Richter ha devastato la capitale, una metropoli da due milioni d’abitanti, e altri centri urbani limitrofi come Leogane e Carrefour facendo oltre 250.000 vittime e obbligando centinaia di migliaia di sfollati e senzatetto a vivere per la strada o in tendopoli “provvisorie”.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!