giovedì 1 settembre 2016

Kurdistan - I curdi non staranno a guardare in silenzio

I curdi non staranno a guardare in silenzio
Sulla guerra della Turchia contro le forze progressiste in Siria e la necessità di solidarietà internazionale.
Un colloquio con Feleknas Uca. Feleknas Uca è deputata del Halklarin Demokratik Partisi (Partito Democratico dei Popoli, HDP). Il suo distretto elettorale è la città di Amed (Diyarbakir). Contro di lei e altri deputati attualmente è In corso un procedimento di revoca dell’immunità per presunta propaganda per il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) vietato.
Appena una settimana fa i militari turchi e le truppe di combattimento islamiste sue alleate sono entrate in Siria. L’operazione »Scudo dell’Eufrate« avrebbe come obiettivo di cacciare “gruppi terroristici« e di fermare »una nuova ondata di profughi” hanno dichiarato i media statali. Come valuta il modo di procedere dello Stato turco negli ultimi giorni?
Il governo turco dice che nella Siria del nord combatterà IS. Ma perché ha aspettato tre anni a farlo? I curdi in questo periodo hanno combattuto contro IS con le armi più semplici. Hanno liberato migliaia di civili e molte e molti combattenti nel farlo hanno perso la vita. Solo quando dopo settimane di combattimenti a Kobane erano rimasti da liberare solo uno o due tratti di strada, l’attuale coalizione ha iniziato a procedere contro IS. Poi i combattenti delle FDS, della coalizione di forze curde e arabe, per 72 giorni hanno combattuto per Manbij e alla fine hanno liberato la città. Ora la Turchia entra a Jarablus e poche ore dopo ha in mano la città – senza avere combattuto affatto contro IS. Nella immagini e nei video nei Social Media si possono vedere le truppe che stanno dalla parte turca: alcuni portano T-Shirt nere con la scritta di IS, altri mostrano l’indice destro, il saluto jihadista. Questo insospettisce.
Perché la Turchia entra proprio adesso?
Chiaro è: IS non è l’obiettivo dell’ingresso. Manbij è stata liberata e le FDS si accingono a liberare il resto della regione da IS. Ora si procede contro questo. Con il suo ingresso la Turchia vuole impedire un’unione dei cantoni liberi di Afrin e Kobane. Quindi in primo luogo è la rivoluzione del Rojava che qui è sotto attacco. Perché i curdi nel frattempo sono considerati portatori di speranza del Medio Oriente la Turchia combatte il sistema confederale e democratico dei curdi in Siria. Con l’ingresso però si vuole distrarre anche da altri sviluppi politici. Tre ore prima dell’attentato contro un matrimonio curdo a Gaziantep il 20 agosto il PKK ha pubblicato in Turchia una dichiarazione sulla soluzione della questione curda. Una dichiarazione storica che doveva portare avanti il processo di pace. Anche in occasione dell’attentato di Ankara in ottobre prima c’era stata una dichiarazione della KCK (Unione delle Comunità del Kurdistan), nella quale veniva prospettata una tregua. Se il governo turco volesse, potrebbe indurre una soluzione pacifica in Turchia. Ma di questo non si parla. Invece occupa un altro Paese. La Turchia quindi non vuole una soluzione, ma un inasprimento del conflitto. Purtroppo con questo ha successo: Non passa giorno in cui non perdono la vita delle persone.
Intorno al governo turco sembra crearsi una nuova intesa anticurda che va dal governo di Assad in Siria, passando per l’Iran fino alla Russia, ma comprende appunto anche gli USA e il governo tedesco. Che ruolo svolgono?
L’attacco lede la sovranità dello Stato siriano, ma gli Stati europei, la Russia, gli USA e la NATO tacciono in proposito. Oggi la Turchia può permettersi quasi tutto senza che le venga chiesto conto. Nel Parlamento turco il golpe militare non era all'ordine del giorno, come HDP non siamo stati messi a conoscenza. L’ingresso in Siria ha anche l’obiettivo di continuare a modificare la composizione demografica delle regioni curde e di disperdere la popolazione. Il governo turco ha imposto coprifuoco e assediato in modo mirato le città al confine con il Rojava – Silopi, Cizre, Nusaybin e altre – e costretto le persone del luogo alla fuga per distruggere i legami tra curdi sui due lati del confine. Questo modo di procedere, di disperdere i curdi nella regione, non è nuovo. Nel 1923 l’accordo di Losanna ha diviso il Kurdistan in quattro parti. I Paesi occidentali ne erano partecipi. Questi 100 anni dopo gli Stati occidentali e la Russia vogliono tracciare nuovo confini nel Vicino Oriente e dividere tra loro il territorio. Questo naturalmente ha anche motivi economici, Il Kurdistan è molto ricco di riserve di petrolio. Ma ci sono ancora altri nuovi indirizzi strategici che si vanno abbozzando. Secondo me ora la Turchia – al di fuori della NATO e dell’UE – svilupperà una nuova direzione politica con Assad e la Russia. Contemporaneamente vengono intensificati i contatti con il Qatar e l’Arabia Saudita, stati che hanno sostenuto IS, anche economicamente.
Il precedente alleato USA si è schierato dalla parte del governo turco e ha esortato le Unità di Difesa del Popolo curde a ritirarsi e con questo di lasciare nuovamente il territorio appena liberato. Come vede la situazione attuale per le forze nel Rojava?
Fino a una settimana fa i curdi erano eroi: sono gli unici che hanno combattuto in modo continuativo contro IS. Ora sono stati spinti all’angolo e devono ritirarsi oltre l’Eufrate. Questo non è accettabile. I curdi devono confrontarsi con questo rapidamente e trovare una nuova strategia.
La Turchia attacca il progetto Rojava e cresce anche il pericolo di nuovi interventi militari nell'entroterra turco. Come agisce lo Stato turco nel Kurdistan del nord, per esempio qui ad Amed, come si chiama in curdo la città di Diyarbakir?
A Sur, nel centro di Amed, sono finite le violenze militari, ma controlli di polizia, carri armati e ranger della polizia sono onnipresenti nelle strade. I coprifuoco attualmente non vengono proclamati ufficialmente, ma ancora non viene nessuno nelle parti distrutte della città. Quasi tutti gli accessi sono sbarrati da muri di cemento.
Anche altri ambiti della vita sociale sono limitati. Sospettati attualmente per via dello stato di emergenza possono essere fermati senza accusa fino a 30 giorni. Il 16 agosto Özgür Gündem, un quotidiano curdo, è stato vietato – per la 51° volta nella sua storia. Anche l’unico quotidiano in lingua curda Azadiya Welat ora viene colpito dalla repressione: Una perquisizione negli uffici di Diyarbakir si è conclusa con il fatto che la polizia ha messo in carcerazione preventiva 27 persone. Alcuni giorni fa ad Amed abbiamo fatto una conferenza stampa pubblica sulla situazione sanitaria dei profughi. A loro negli ospedali turchi vengono in parte rifiutati trattamenti salvavita perché preferiscono le tendopoli amministrate dai curdi ai campi profughi statali. Per via dello stato di emergenza la conferenza stampa ha potuto svolgersi solo in un luogo chiuso. Davanti all’edificio nel quale si svolgeva l’appuntamento, non erano posizionate solo centinaia di poliziotti, ma anche idranti. Le repressioni ad Amed sono in linea con le violenze contro l’HDP e i suoi iscritti, la revoca dell’immunità dei parlamentari, gli arresti di giornalisti e accademici che si pronunciano per la pace e così via. L’attuale repressione ora deve distruggere il resto di opinione pubblica, mettere paura alla gente e impedire che si sollevi. Ma è anche segno del fatto che le strutture democratiche nel Rojava mettono la Turchia sotto pressione. Finora ogni volta che i curdi mettono a segno un colpo contro IS la repressione da parte turca aumenta.
Cosa può fare la sinistra europea?
La domanda che devono porsi le forze di sinistra è semplice: da che parte sto, cosa sostengo? Gli Stati europei fino ad ora hanno piantato in asso la gente del Rojava, in particolare nella battaglia per Kobane. Sono stata a Kobane solo poco fa e ho visto con i miei occhi come la Turchia cerca di impedire la ricostruzione. È stata distrutta un’intera città e ora non si lasciano entrare gli aiuti: niente materiali per costruzioni, niente generi di aiuto. Alla gente di Kobane la Turchia nega gli aiuti medici, mentre negli ospedali statali – a Reyhanli, Sanliurfa o Gaziantep – vengono curati miliziani feriti di IS. Ma se si sparerà sugli insediamenti nel Rojava, allora i curdi si difenderanno. L’attacco alla rivoluzione del Rojava è contro tutti i curdi in tutto il mondo, anche contro quelli in Germania. Nessuno di loro starà a guardare in silenzio. La sinistra europea deve prefiggersi il compito di posizionarsi con più forza contro il regime di Erdogan e di sostenere i curdi nella difesa delle loro strutture democratiche.
Intervista: Johanna Bröse e Hannah Schultes, Diyarbakir

mercoledì 31 agosto 2016

Kurdistan - Nessuna notizia su Ocalan

Nessuna notizia sul Leader di un popolo Ocalan
Non ci sono notizie sul prigioniero politico e leader del popolo curdo Abdullah Ocalan. Lo Stato Turco ha proibito tutti i contatti con Ocalan. 
Il popolo curdo e gli amici del popolo curdo sono seriamente preoccupati per le sue condizioni di vita e di salute.
Ocalan è in detenzione in una cella singola nella prigione dell’Isola di Imrali e dal 5 Aprile 2015 è stato tenuto in isolamento intensivo. Lo stato turco ha rinnovato i suoi sforzi bellici contro i curdi quando ha imprigionato Ocalan tenendolo in isolamento totale. Da 17 mesi a Ocalan non è stato permesso di ricevere né cure né visite dagli avvocati, dalla famiglia o da chiunque altro. Il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) che non ha necessità del permesso per incontrare Ocalan non ha adempito alla sua responsabilità di controllo sull'isolamento totale a tempo indeterminato di Ocalan e non ha garantito l’accesso alle visite dei suoi avvocati e familiari.
Per anni i curdi hanno organizzato veglie fuori dal CPT e nei passati quattro anni è stata condotta una veglia permanente. Centinaia di migliaia di persone si sono unite nella mobilitazione e dieci milioni di persone hanno firmato una petizione presentata alle istituzioni internazionali. Nonostante tutti questi sforzi non è stata mostrata la sensibilità richiesta e le politiche dello stato turco nei confronti di Ocalan sono rimaste invariate. Per via della gravità della situazione, curdi ezidi stanno attualmente portando avanti uno sciopero della fame a tempo indeterminato per richiamere il CPT ad una risposta urgente. Invitiamo tutte le organizzazioni internazionali e il CPT a comprendere la preoccupazione del popolo curdo e degli amici del popolo curdo perchè al più presto siano permesse visite a Ocalan sull’Isola di Imrali.
Il popolo curdo e il suo movimento di liberazione è sempre stato seriamente impegnato nella condanna dell’isolamento aggravato di Ocalan. Ma con il tentativo di colpo di stato del 15 Luglio 2016 le preoccupazioni per la vita di Ocalan e le sue condizioni di salute sono nettamente e gravemente aumentate.
Chi può dire se i golpisti che hanno ucciso centinaia di persone con elicotteri e carri armati non possano prendere o non abbiano già preso di mira l’Isola di Imrali? Tutti sanno che i golpisti hanno da lungo tempo mostrato ostilità verso Ocalan e il PKK in Turchia.
Dopo il fallimento del golpe, la famiglia e gli avvocati hanno richiesto di visitarlo per stemperare le loro preoccupazioni per la sua vita e le sue condizioni di salute, ma è stato loro negato il permesso.
La vita di Ocalan e la sua sicurezza è prima di tutto una questione politica. Se la questione più importante della Turchia è la questione curda, allora la situazione di Ocalan è una seria questione politica.
L’Unione Europea e il fallimento del CPT nel mostrare un interesse attivo  relativo agli incontri con Ocalan mina le basi delle idee di libertà civile, il ruolo della legge, i diritti umani e le libertà politiche che gli europei stimano come i valori fondanti della loro società.

*Le condizioni di Ocalan sono vitali per il popolo curdo
*I curdi e i loro amici richiedono un urgente incontro con Ocalan e richiedono la sua liberazione
*Le condizioni di Ocalan sono vitali per la credibilità dei valori europei dei diritti umani
*L’Unione Europea, La Commissione Europea e il Comitato di Prevenzione per la Tortura sono responsabili delle condizioni di salute di Ocalan
Comitato per la liberazione di Ocalan e dei prigioneri politici

lunedì 29 agosto 2016

Kurdistan - Comunicato Stampa Rete Kurdistan Italia

Denunciamo l'aggressione della Turchia contro la rivoluzione democratica del Rojava e delle Forze Democratiche Siriane

Comunicato Stampa

Dopo l'invasione in territorio siriano e l'occupazione della città di Jarablus - avvenuta peraltro senza alcun combattimento, evidentemente concordata con le bande di ISIS - lo Stato turco e i suoi complici hanno avviato un'intensa aggressione contro le Forze Democratiche della Siria, contro il Consiglio Militare di Manbij, contro i curdi e gli altri popoli che vivono nella regione.

Tale aggressione giunge dopo i successi militari delle forze democratiche della Siria nella lotta a Daesh, in particolare la liberazione della città di Manbij, salutata solo pochi giorni fa con entusiasmo sui media internazionali.

L'esercito turco oltre ad essere penetrato all'interno del cantone di Kobanê scavando trincee, ha preso di mira con bombardamenti dell'esercito e dell'aviazione i quartieri residenziali a nord del fiume Savur a Manbij, e ha commesso una strage nel villaggio di Ba‘er Kosa a Jarablus per mezzo di bombardamenti che hanno provocato la morte di decine di civili. Medici locali affermano che sarebbero state usate perfino armi chimiche. Ad Afrin sono state prese di mira alcune postazioni delle YPG/YPJ.

Con il pretesto della lotta al terrorismo la Turchia – accecata dalla possibilità che la rivoluzione democratica del Rojava possa fungere da volano per le richieste di autonomia dei curdi nel proprio territorio e da modello di convivenza fra popoli per la Siria - continua inoltre ad ammassare rinforzi militari lungo il confine con Jarablus, per poi andare a sostenere i mercenari lì presenti. Tutto questo avviene con l'avvallo delle potenze internazionali: gli Stati Uniti, che hanno intimato alle Forze Democratiche della Siria di ritirarsi al di là dell'Eufrate, la Russia, tatticamente riavvicinatasi alla Turchia, l'Iran che ha intensificato la sua guerra contro i curdi, e con il silenzio complice delle istituzioni internazionali e dell'Europa. Perfino la presa di posizione del regime siriano sembra un atto dovuto non preso troppo sul serio nemmeno da Assad, che spera nei nuovi equilibri fra le potenze per ridimensionare l'autonomia dei curdi e rimanere ancora al potere.

Con questa invasione, che interrompe la disfatta di Daesh e ne favorisce la circolazione lungo i confini, anche l'Europa, il mondo intero e tutta l'umanità sono sottoposti a una nuova minaccia. La presenza turca in territorio siriano e questa nuova aggressione militare non porteranno altro che caos e un aggravamento del conflitto in Siria.

Come ai tempi della battaglia per liberare Kobane, il momento è molto grave per il popolo curdo: è oggi che bisogna mettere in campo tutta la solidarietà e il sostegno di cui siamo capaci, prima che sia troppo tardi.

Chiediamo a tutta l’opinione pubblica e alle forze democratiche e della società civile, nonché ai Comuni che hanno sperimentato iniziative di gemellaggio con i cantoni del Rojava di assumere una posizione di condanna e di mobilitarsi contro l'invasione dello Stato turco in Siria.

Chiediamo al Parlamento, al Governo italiano e alle istituzioni europee di prendere finalmente una dura posizione contro la Turchia condannando l'invasione in territorio siriano, che rappresenta una minaccia per tutto il Medio Oriente.

Chiediamo inoltre ai giornalisti di informare correttamente su quanto di così grave sta accadendo e di avere notizie di Abdullah Öcalan, leader del popolo curdo, ancora detenuto in un inaccettabile isolamento sull’isola di Imrali, da cui ripartire per elaborare una soluzione alla questione curda.


La rivoluzione del Rojava non si occupa! Via l’esercito turco dalla Siria!

Rete Kurdistan Italia

domenica 28 agosto 2016

Messico - "Lo stato messicano prepara le condizioni per reprimere il movimento magistrale"

"Lo stato messicano prepara le condizioni per reprimere apertamente il movimento magistrale, il governo sta creando un clima di linciaggio per generare nell'opinione pubblica un'appoggio alla brutalità della polizia", ​​hanno avvertito in un comunicato i maestr@s aderenti alla Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación (CNTE) in sciopero per l'abrogazione della sedicente "riforma dell'istruzione" dallo scorso 15 maggio.

"La spiegazione di questo nuovo linciaggio mediatico che ogni giorno leggiamo e sentiamo è che il regime di Peña Nieto conosce il malcontento della popolazione a causa della sua politica e sa che un'organizzazione delle dimensioni del CNTE lottando può contribuire al risveglio politico della classe operaia per respingere le riforme strutturali di tipo privatistico" dichiarano le/gli insegnanti, in seguito agli attacchi mediatici ricevuti da quando hanno deciso di continuare lo sciopero e di bloccare l'inizio dell'anno scolastico il 22 di agosto.

"Il linciaggio contro i lavoratori dell'educazione viene effettuato quotidianamente per conto del governo peñista o grazie all'azione servile dei governi statali" viene evidenziato dagli educatori in lotta. 

"Lo Stato messicano ha scatenato un linciaggio mediatico contro la CNTE, facendo uso di tutta la corporazione dei mezzi di comunicazione, allineati agli interessi della oligarchia nazionale e internazionale".

"Al popolo del Chiapas e del Paese diciamo che non cederemo nella nostra difesa dell'istruzione pubblica", dicono gli educatori appartenenti alle sezioni sindacali 7 e 40 e richiedono al governo federale di ripristinare immediatamente il tavolo delle trattative con la CNTE perché "è il dialogo lo spazio per raggiungere accordi, e non la risposta violenta che Peña Nieto vuole dare a coloro che dimostrano pacificamente".

"Ci dichiariamo in allerta permanente e in lotta contro la cosiddetta "riforma dell'istruzione" e contro questo regime autoritario, manifestiamo per la costruzione di una vera riforma educativa insieme con la società" informano i membri della CNTE.

Tuttavia, nonostante la campagna mediatica contro gli insegnanti, il numero delle madri e dei genitori che sono contro lo sciopero è minimo, come si è visto nelle assemblee tenute in tutto lo stato ed in cui si continua a fornire sostegno sociale al movimento degli insegnanti.

Inoltre è diventato evidente nelle reti sociali che coloro che sono contro la chiusura delle scuole sono vicini al governo, come è accaduto, nel caso altamente pubblicizzato, della Scuola Secondaria di Stato che si trova nella capitale del Chiapas. 

tratto da Collettivo Pozol

sabato 27 agosto 2016

Messico - “Le scuole Normali Rurali, scomode per il potere perché formano menti critiche”

A 23 mesi dalla sparizione forzata dei 43 studenti di Ayotzinapa, nello stato di Guerrero, gli studenti delle diverse scuole normali dello stato, maestr@s, organizzazioni sociali hanno marciato nella capitale del Chiapas chiedendo la riapparizione in vita dei normalistas mancanti e affermando la mancanza di serietà nelle risposte date dallo stato.

"Riaffermiamo il nostro impegno nella lotta per l'apparizione in vita dei nostri 43 compagni. 43 famiglie ancora non trovano pace e conforto per il modo di agire vergognoso di questo governo corrotto e oppressivo" hanno dichiarato gli studenti della scuola rurale normale di Mactumactzá durante la manifestazione svoltasi nella piazza centrale della città. 


"Non ci fermeremo fino a quando non trovano i nostri 43 compagni", hanno sottolineato.

Durante la manifestazione i portavoce del movimento degli insegnanti hanno spiegato il ruolo delle scuole normali rurali in Messico. "Le scuole rurali normale esistono per dare la possibilità di studiare ai più poveri tra i poveri, ci studiano figli di contadini poveri e bambini indigeni. Le rurali sono scomode per il potere perché lì si formano studenti con menti critiche, pensiero analitico e riflessivo".

"La formazione prevista nelle normali rurali, come la Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa, è fatta nelle aule e con attività produttive. "Il lavoro manuale e il lavoro intellettuale si combinano. I Normalisti rurali vanno nei posti più inospitali di questo paese. Ecco perché ci odiano, ci questo ci perseguono e per questo dobbiamo sparire".
Questo hanno sottolineato gli insegnanti in sciopero, molti dei quali formatisi nelle scuole normali rurali.

"E' del tutto evidente che la scomparsa dei nostri 43 fratelli normalistas è un colpo insidioso per l'istruzione pubblica, con la scomparsa e la morte di alcuni compagni hanno voluto inviare il messaggio che gli affaristi sono determinati a privatizzare l'educazione", ha detto il portavoce chiapaneco del movimento magistrale che ha accompagnato la marcia che è partita dalla Scuola rurale normale di Mactumactzá, a ovest della capitale del Chiapas.

D'altra parte, il movimento degli insegnanti ha denunciato la forte campagna mediatica dello Stato in quest'inizio dell'anno scolastico, dicendo che il governo "minaccia i genitori di sospendere il supporto sociale offerto loro se non si danno da fare per far riaprire le scuole. Tuttavia, è minimo il numero di genitori che, manipolati, hanno tenuto conto strategia del governo".

A questo proposito hanno ribadito che hanno il sostegno delle madri e dei genitori, così come delle organizzazioni sociali "perché hanno capito chiaramente che oggi più importante di iniziare l'anno scolastico è difendere il diritto all'istruzione minacciato dalla riforma dell'istruzione".

Infine, il movimento degli insegnanti ha mandato un messaggio al governo per la chiusura e la mancanza di serietà nelle risposte alle esigenze rappresentate dal movimento degli insegnanti, e cioè l'abrogazione della "riforma scolastica". "[ Il governo ] ha già provato con le aggressioni, con il carcere, la repressione e la morte e non ha indebolito nemmeno di una virgola di questo vasto movimento dove camminano insieme insegnanti, studenti, genitori e organizzazioni sociali. Oggi noi siamo convinti e abbiamo dimostrato più volte che non cesseremo in questa nobile lotta, nonostante la scelta violenta che potrebbe fare lo Stato", hanno concluso i manifestanti.

tratto da INSURGENCIA MAGISTERIAL CHIAPAS

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!