sabato 30 dicembre 2017

Messico - Dipende. Intervento della Commissione Sexta

 Intervento della Commissione Sexta del 27 dicembre 2017 al CoScienze per l’Umanità. 

SupGaleano

DIPENDE…
27 dicembre 2017

Buon giorno, sera, notte, mattina.

Vogliamo ringraziare tutti i partecipanti, sia qui al CIDECI che a distanza per geografia e calendario, a questo secondo Incontro di CoScienze per l’Umanità il cui tema centrale si suppone è “le scienze di fronte al muro”.

Siamo lieti che abbiate deciso di partecipare come relatori o come ascoltatori o osservatori.

Il mio nome è SupGaleano e adesso non vi parlerò di scienza, né di arte, né di politica, e neppure vi racconterò una storia.

Invece, voglio parlarvi di un crimine e delle sue possibili analisi o spiegazioni.

E non è un crimine qualsiasi, ma un crimine che rompe i calendari e ridefinisce il tempo; che amalgama il criminale e la vittima con la scena del crimine.

Un crimine, dico. Ma…un crimine in corso? Uno già perpetrato? Uno ancora da compiersi? 

E chi è la vittima? Chi è il criminale? Quale è la scena del crimine?

Forse qualcuna, qualcuno, algunoa, sarà d’accordo con me che i crimini sono già parta della realtà che si vive in Messico ed in qualunque parte del mondo.

Crimini di genere o femminicidi, di omofobia, razzisti, sul lavoro, ideologici, religiosi, per l’età, per l’apparenza, per affari, per omissione, per il colore, e così via.

Insomma: un territorio inondato di sangue. Tanto che le vittime non hanno più nomi, sono solo numeri, indici statistici, notizie interne o trafiletti sui mezzi di comunicazione. Incluso quando il sangue appartiene a chi, come loro, lavora nella comunicazione.

Migliaia di crimini con le minuscole, che si alimentano di un crimine maggiore.

L’aberrazione è talmente grande che i parenti delle vittime devono lottare non più per la vita dei loro cari ormai assenti, ma perché non muoiano due volte: una di morte mortale e l’altra di morte di memoria.

Per non andare troppo lontano, in Messico si può già dire che qualcuno “è morto per cause naturali” quando è vittima di violenza.

Ogni attività, ogni passo, ogni instante di una vita una volta normale, ora trascorre nell’incertezza…

Domani, arriverò viva al lavoro, a casa, a scuola? Troveranno il mio corpo? Sarà intatto? 

Diranno che me la sono cercata e mi faranno responsabile della mia assenza? I miei cari dovranno lottare per trovarmi, per ricordarmi? La mia famiglia, i miei amici, la gente che mi conosce, chi non mi conosce, dedicheranno un pensiero alla mia morte, un tuit, un commento sotto voce, una lacrima? E poi? Continueranno ad andare avanti? Resteranno in silenzio? Come reagiranno quando non si dirà che hanno assassinato una donna, ma che una donna è morta? Quale sarà la loro reazione quando la notizia di cronaca descriverà i miei vestiti, l’ora, il luogo? La mia morte raggiungerà il minimo necessario affinché i governanti decretino un’allerta di genere? Il mio assassino, sì, al maschile, sarà punito? Chi spiegherà che il crimine che mi ha colpito è per il fatto di essere donna? Sì, giovane, bambina, adulta, matura, anziana, bella, brutta, debole, grassa, alta, bassa, ma sempre donna.

Perché non mi hanno avvertito che nascere e crescere donna in questo calendario, in qualunque geografia, riduceva la mia speranza di vita e che ogni maledetto minuto avrei dovuto lottare non solo per essere stimata e rispettata per i miei meriti, grandi o piccoli, per avere una retribuzione giusta per il mio lavoro, per avere opportunità di studio, di lavoro, di relazione, per essere felice o infelice, anche fosse strisciando o camminando o correndo per i calendari, per tirare avanti, o come ad ognuno vada di vivere; no, risulta che devo anche lottare perché non mi ammazzino, non una, due, tre, cento, migliaia di volte?

venerdì 29 dicembre 2017

Messico - Il crimine al servizio dello Stato o lo Stato al servizio del crimine? Gli sfollati di Chalchihuitán-Chenalhó.

Il crimine al servizio dello Stato o lo Stato al servizio del crimine? Gli sfollati di Chalchihuitán-Chenalhó

Che cosa prova un bambino che sta morendo di freddo?
Dipende. Se si tratta di uno statunitense (bianco), un europeo o un membro delle élite privilegiate della nostra nazione, la sola domanda suscita indicibile orrore. Non è così se si tratta da un bambino (o un vecchio) indigeno, povero tra i più poveri, che agonizza sotto gli alberi in montagna di notte a temperature sotto lo zero, protetto dalle intemperie da un telo di plastica e, forse, l’unica coperta che il governo ha “generosamente” donato ad ogni famiglia sfollata.
Da più di un mese, 6 mila persone sono sfollate dalle loro case. Hanno perso le loro terre, le case, i loro beni, i raccolti, gli animali… tutto. Sono fuggiti con i soli abiti che indossavano di fronte alle minacce di un gruppo armato di Chenalhó, coordinato dalla sindaca di quel municipio, Rosa Pérez Pérez, del Partito Verde Ecologista del Messico (PVEM), con la presunta complicità del governatore Manuel Velasco Coello.

(Vedere Chalchihuitán y Chenalhó: ¿Una masacre anunciada? Per la spiegazione delle origini del conflitto e Crisis humanitaria y complicidad del Estado – Chalchihuitán y Chenalhó per il resoconto della situazione degli sfollati.)

Malgrado molti mezzi di comunicazione nazionali abbiano dato copertura alla tragedia, c’è un silenzio inspiegabile dei media internazionali e un’inazione da parte dei governi statale e federale che dimostra un profondo disprezzo per la vita dei popoli originari.

Lo scorso 13 dicembre il Tribunale Unitario Agrario (TUA), dopo anni di inazione, ha finalmente “risolto” il conflitto territoriale che la ora estinta Segreteria della Riforma Agraria aveva scatenato più di 40 anni fa, ignorando gli accordi comunitari tra Chenalhó e Chalchihuitán e concedendo a quest’ultima le terre che in precedenza aveva assegnato a Chenalhó. Ora la sentenza del TUA non riconosce l’assegnazione delle terre a Chalchihuitán nel 1975, e le dà a Chenalhó.

(Vedere il comunicato congiunto di diverse organizzazioni della società civile relativo alla sentenza del TUA: Impunidad y violencia en los Altos de Chiapas.)

Alcuni media hanno superficialmente festeggiato la presunta “pace” di cui ora avrebbero goduto le comunità tzotzil della regione. Tuttavia, le autorità di Chalchihuitán hanno annunciato che gli sfollati non ritorneranno nelle loro case per la mancanza delle condizioni di sicurezza e che impugneranno la decisione del TUA.

Indipendentemente da come si risolverà il conflitto agrario, sorprende che i governi statale e federale ritengano concluso il conflitto con questa sentenza. Migliaia di persone continuano ad essere sfollate in condizioni disumane senza ricevere gli aiuti appropriati, e l’indennizzo offerto dal governo per la perdita di terre, case, beni, raccolti ed animali, è irrisorio. Quindici milioni di pesos per 5 mila sfollati di Chalchihuitán sono 3 mila pesos a persona (130,00 Euro – N.d.T.) per aver perso tutto quello che avevano, per stare soffrendo e per il trauma permanente dei bambini che lottano per sopravvivere alla paura, alla fame ed al freddo. 

Tremila pesos a persona, mentre la retribuzione media mensile di un governatore è di 93 mila pesos [più di 4.000,00 Euro – N.d.T.] (senza contare i profitti milionari lucrati con la corruzione istituzionalizzata). E non bisogna essere dei matematici per capire che 300 case per 5 mila persone significa che in ogni casa ci dovrebbero vivere 17 persone.

Ma sorprende ancor di più che in nessun momento i governi statale e federale abbiano ritenuto un problema che un gruppo terroristico criminale, armato, sostenuto ed apertamente al servizio di una funzionaria pubblica, distrugga strade, uccida impunemente, terrorizzi la popolazione, cacci 6 mila persone, rubi e distrugga le loro proprietà e provochi la morte di quattro bambini sotto i 4 anni e cinque anziani, utilizzando in tutto questo armi di uso esclusivo dell’esercito. E se usiamo il termine “terroristico” non lo facciamo per sensazionalismo. La definizione di “terrorismo” nel Dizionario della Reale Accademia è: “Azione criminale di bande organizzate che, reiteratamente ed in generale in maniera indiscriminata, vuole creare allarme sociale a fini politici”. Niente di più esatto per descrivere l’azione del gruppo armato di Chenalhó.

Questo dimostra quello che giù sappiamo: In Messico, il crimine è al servizio dello Stato, e lo Stato al servizio del crimine.

Nel frattempo, i legislatori approvano la nuova Ley de Seguridad Interior, che assegna pieni poteri all’esercito per reprimere la popolazione messicana, e le modifiche al paragrafo I dell’articolo 1916 del Codice Civile Federale, che recita (non è uno scherzo): “nel risarcimento del danno morale si consideri il fatto illecito di chi comunichi, attraverso qualsiasi media tradizionale o elettronico, un fatto vero o falso, determinato o indeterminato, che possa causare disonore, discredito, danno o esporre al disprezzo di qualcuno”.

La conclusione è chiara: Depredazione istituzionalizzata; operazione coordinata tra lo Stato ed il crimine organizzato per assicurare detta depredazione; repressione e criminalizzazione delle proteste e delle resistenze.

Nel mentre, migliaia di persone soffrono nella generale indifferenza. Riportiamo alcune testimonianze delle donne sfollate:
  1. http://radiozapatista.org/wp-content/uploads/2017/12/TESTIMONIO_BOLOMJOCHON_MUSICALIZADO.mp3
  2. http://radiozapatista.org/wp-content/uploads/2017/12/TESTIMONIO1_MUSICALIZADO.mp3
  3. http://radiozapatista.org/wp-content/uploads/2017/12/Testimonio-de-mujer-desplazada-de-Chalchihuitán.mp3
E noi continuiamo a chiedere: Che cosa prova un bambino, o un anziano, che sta morendo di freddo?
Questo è l’elenco dei morti ai quali rendiamo un umile omaggio:
  • Maura Pérez Luna – 1 anno
  • Adriana de Jesús Pérez Pérez – 2 anni
  • Bambina di nome ed età non comunicati
  • Bambino di e giorni (nome non comunicato)
  • Domingo Girón Luna – 70 anni
  • Martín Girón Rodríguez – 80 anni
  • María Domínguez Gómez – 57 anni
  • Marcelino Gómez (età non comunicata)
  • Anziano (nome ed età non comunicati)
  • Samuel Luna – assassinato il 18 ottobre mentre lavorava nel suo terreno.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!