lunedì 12 febbraio 2018

Messico - Fiori nel deserto

Viviamo anni difficili, segnati dalla complessità e dal caos. Oggi nessuno è probabilmente in grado di dire con certezza se in questo pianeta sia ancora possibile coltivare l’idea e la speranza di una natura del potere davvero differente. Le storie di dieci donne contenute nel microsito che viene presentato con questo splendido ritratto disegnato da Gloria Muñoz Ramírez potrebbero tuttavia forse raccontare quel che più si avvicina a quella speranza. Sono le donne del Consiglio Indigeno di Governo, l’espressione di una sfida piuttosto assurda: il recupero di un’idea dell’azione e della cultura politica che consideri il voto solo uno (e non certo il più importante) dei mezzi per cambiare le cose. La sfida viene lanciata in Messico proprio sul terreno più ostile a un progetto tanto ambizioso, quello della partecipazione alle elezioni presidenziali, insomma l’esatto contrario di quella centralità ossessiva della competizione elettorale che vediamo ogni giorno dilagare da questa parte del mondo
Myrna

di Gloria Muñoz Ramírez


Sono come chiunque di noi. E no. Hanno vissuto il razzismo nella sua scala più infame. Hanno negato loro la storia, la lingua e gli abiti tradizionali, mentre strappavano loro i territori, i centri sacri, le cerimonie e le risorse naturali. Le imprese e i governi vogliono le loro acque, le loro montagne e i loro venti. E loro, figlie e nipoti di donne guerriere, osano pronosticare un altro domani per il loro popolo e per l’intero paese, perché non c’è giorno in cui non mettano anima e corpo per difendere ciò che è di tutti.
Marichuy

Non sono vittime. Né dei poteri né delle usanze. Però sì, si sentono offese. Sfidano i destini imposti e hanno rotto con le tradizioni locali e globali al fine di costruire la loro stessa storia. Sono ciò che sono e ciò che di loro ha fatto la vita, dice Lupita, cui i paramilitari hanno assassinato nove familiari. Rocío, Magda, Sara e Bettina: il governo le ha arrestate e incarcerate per il delitto di lottare e di non mollare, mentre Gabriela affronta la delinquenza marina [Marina Armada de México]; Myrna e Osbelia fanno fronte ai macchinari che divorano i loro territori e Lucero, a cui strappano le piante medicinali. Marichuy, guaritrice e defensora, è la loro portavoce e, assieme a loro e ad altre ancora, mette in gioco la vita per costruire un mondo migliore, un mondo dove, come dicono gli zapatisti, entrino molti mondi e dove chi comanda, comanda obbedendo.

Bettina

Il loro cuore è comca’ac, yoreme, coca, binnizá, nahua, tsotsil, mazahua, maya e kumiai, sebbene non tutte conservino la loro lingua. I genitori e i nonni hanno dovuto imparare a non insegnare, per evitare che fossero maltrattate nelle scuole o nelle città, dice Myrna. A Magda, la sollevazione zapatista ha fatto recuperare le trecce, l’enagua [gonna tradizionale] e le parole. A Rocío ha consentito di riconoscersi come indigena, in un villaggio che il governo dice che non lo sia.

Osvelia

Fanno parte tutte del Consiglio Indigeno di Governo (CIG), una struttura creata dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI) per rendere visibili le loro lotte e chiamare i popoli, indigeni e no, a organizzarsi, in un’iniziativa sostenuta dall’EZLN, che si inserisce nel processo elettorale del 2018, ma non compete in questo schema. La presa del potere non è per loro. Loro puntano oltre. Puntano a tutto. È il loro tempo.

Lupita

Il Consiglio Indigeno di Governo è composto da più di 200 indigeni di tutto il Messico, metà sono uomini e metà donne. Sono il risultato della decisione collettiva del V Congresso Nazionale Indigeno, annunciata nel dicembre del 2016. Fermare la distruzione e rafforzare le resistenze e le ribellioni è il loro orizzonte, l’autonomia è il loro contributo.
Questo lavoro (1) presenta solo dieci storie in diverse forme. Sono loro, i loro popoli e le loro lotte in rappresentanza di molte altre, comprese quelle non indigene.

Fiori contro il male in una terra che non si pensa fertile. Se la loro voce è la nostra voce, nostro è anche il loro destino.

(1) Questo testo è la presentazione del microsito Floreseneldesierto che contiene 10 storie di donne indigene ed è ospitato da Desinformemonos  il sito diretto da Gloria Munoz fonte e ispirazione di tante pagine di Comune-info fin dalla sua creazione.
Traduzione per Comune di Daniela Cavallo e Marco Calabria

venerdì 26 gennaio 2018

Messico - Informazioni sul Primo Incontro Intercontinentale delle Donne che Lottano.

INFORMAZIONI SUL PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE, POLITICO, ARTISTICO, SPORTIVO E CULTURALE DELLE DONNE CHE LOTTANO. 

(ATTENZIONE: termine ultimo per l’iscrizione delle attività è il 9 febbraio 2018. Il termine per l’iscrizione ad assistere è l’8 marzo 2018).

Compagne, vogliamo condividere come procede la registrazione per l’Incontro che si svolgerà nei giorni 8, 9 e 10 marzo nel Caracol di Morelia, zona Tzotz Choj, Chiapas, Messico.

Abbiamo ricevuto via email 651 iscrizioni di persone di età che vanno dai 5 mesi ai 75 anni. 38 compagne verranno con le/i figl@.

I luoghi del mondo dai quali provengono sono Germania, Andorra, Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Danimarca, Ecuador, El Salvador, Spagna, Stati Uniti, Francia, Grecia, Guatemala, Honduras, Inghilterra, Italia, Nazione Mapuche, Nazione Cree e Ojibwa, Nazione Navajo, Svezia, Nicaragua, Paesi Baschi, Paraguay, Perù, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Svizzera, Uruguay, Venezuela, e 27 stati del Messico.

Nell’ambito delle partecipazioni politiche, artistiche e sportive ci sono 202 proposte che abbracciano le discipline di musica, danza, teatro, circo, clown, poesia, racconti, presentazione di libri, disegno, fotografia, cinema, calcio e pallavolo. Ci sono anche laboratori e discussioni con le seguenti tematiche:
Laboratori - Violenza di genere, yoga per bambin@, stencil, argilla, manifesti femministi, giochi di gruppo, valorizzazione ed utilizzo del sangue mestruale, genere, teatro, danza e pittura come mezzo di guarigione, sensibilizzazione, agricoltura sostenibile, violenze correttive come metodo per “curare” le donne lesbiche, tessuti, produzione di articoli per l’igiene personale, sciogliere il corpo, laboratorio sul corpo e resistenze creative, laboratorio di muralismo, femminismo delle donne di colore, decostruire i generi, cyber-femminismo, lavoro con il corpo, laboratorio di automassaggio, reiky, arte astratto-figurativa, scrittura libera, incisione, pittura, creazione di libri a partire dalle esperienze personali, aborto, biocostruzione, danza-terapia, cucina macrobiotica, incisione, umore e genere, aromaterapia, riflessologia.

Dibattiti – Discendenza femminile, il corpo della donna, forme di resistenza, difesa dei diritti umani e promozione della cultura, educazione antimaschilista, esperienze di sopravvissute alla violenza, lotta delle donne in Francia ed Italia, aborto, mestruazione e decostruzione dell’uso dei ruoli, femminicidi, esperienza di lotta del popolo Mapuche, maschilismo nei mezzi di comunicazione, la vista lesbica ai tempi del patriarcato, femminismo a Cuba, l’amore romantico e l’erotizzazione della violenza di genere, la violenza sessuale nel conflitto armato colombiano, la violenza verso la donna, razzismo, lotta contro le miniere, ecofeminismo, femminismi indigeni e neri, economia femminista e sostenibilità, sicurezza umana femminista.

Ci sono ancora molti messaggi email da leggere e vi ringraziamo per la pazienza, vi risponderemo presto.

Vogliamo inoltre comunicarvi che la data ultima per partecipare alle attività è domenica 9 febbraio compreso. Questo per poter organizzare la programmazione delle vostre attività.

Il limite per registrarsi per solo per assistere è l’8 marzo compreso. Dal 7 marzo inizierà la registrazione nel Caracol di Morelia.

L’indirizzo email per registrarsi è: encuentromujeresqueluchan@ezln.org.mx

Squadra di supporto al Primo Incontro Internazionale, Politico, Artistico, Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano.

25 gennaio 2018


Traduzione “Maribel” – Bergamo

domenica 21 gennaio 2018

Kurdistan - Fermare la guerra della Turchia contro i curdi



Attacchi aerei della Turchia colpiscono Afrin, una città curda nel nord della Siria, uccidendo e ferendo molti civili.
Non solo curdi, anche cristiani, arabi e tutte le altre entità in Afrin sono sotto un pesante attacco della Turchia.
L’aggressione turca contro i popoli di Afrin è un crimine contro l’umanità; non diverso dai crimini commessi dall’ISIS.
Iniziare un attacco militare in una regione che non ha ha attaccato è un crimine di guerra.

L'assemblea nazionale della Rete Kurdistan riunita a Roma il 20 e 21 gennaio per sviluppare i rapporti e le iniziative con il movimento curdo, condanna in modo inequivocabile i criminali bombardamenti delle forze armate turche che stanno colpendo il popolo curdo nel cantone di Afrin, già provocando centinaia di morti, feriti e dispersi.

Il tutto avviene con la complicità della Russia e degli USA e nel silenzio assordante dell'Europa, interessati esclusivamente alla spartizione del Medio Oriente e a sconfiggere la rivoluzione curda che si impronta alla convivenza pacifica dei popoli attraverso il confederalismo democratico.

La Rete Kurdistan, già mobilitata per la manifestazione nazionale del 17 febbraio a Roma in ”sostegno della liberazione di Öcalan e delle prigioniere e dei prigionieri politici, per la libertà e la giustizia per il popolo curdo”, chiama alla risposta immediata in tutte le sedi politiche e istituzionali, richiede l'esclusione dalla Turchia dal Consiglio d'Europa, fa appello a Papa Francesco dell'urgente necessità di rifiutare l'incontro con il boia Erdogan previsto per il 5 febbraio prossimo.

L'assemblea rilancia inoltre l'appello dell'Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia e le sue richieste alla comunità internazionale:
  • Afrin è stata una delle regioni più stabili e sicure della Siria negli ultimi cinque anni. In tale contesto, la città ha accolto un numero di sfollati interni pari alla propria popolazione originale. Le Nazioni Unite e la Coalizione Internazionale devono assicurare il permanere della stabilità e della sicurezza di Afrin. Afrin deve essere protetta da attacchi esterni.
  • Afrin non è una minaccia per la Turchia e non ha attaccato nessuno. Lo stato turco sta attaccando Afrin perché esso è contrario ai Curdi e ai progressi che hanno ottenuto. Questa realtà non deve essere trascurata e gli attacchi dello stato turco devono essere impediti.
  • La Russia, che è responsabile dello spazio aereo di Afrin, non deve essere una spettatrice di fronte agli attacchi della Turchia e deve impedire qualunque simile dimostrazione di aggressività.
  • Gli attacchi dello stato turco contro Afrin, il Rojava e l’intera Siria del Nord sono un vantaggio per l’ISIS e altri gruppi Salafiti. La Coalizione Internazionale contro l’ISIS deve prendere delle precauzioni in merito e deve impedire gli attacchi dell’esercito turco.
  • Lo stato turco in Siria è una forza d’occupazione. La comunità internazionale non deve essere una spettatrice di fronte a questa situazione e bisogna fare in modo che l’esercito turco abbandoni il territorio siriano.

Le e i partecipanti all'assemblea
Roma, 20 gennaio 2018

mercoledì 17 gennaio 2018

Messico - EZLN, 24 anni di dignità e coerenza etica


EZLN: 24 anni di dignità e coerenza etica 
Gilberto López y Rivas 

Il primo gennaio scorso si è celebrato un altro anniversario della sollevazione dei maya zapatisti a seguito della quale fu pubblica l’esistenza di un gruppo insorto formato in maggioranza da indigeni che in base all’articolo 39 della Costituzione dichiarò guerra al malgoverno dell’usurpatore Carlos Salinas de Gortari. A 24 anni da quell’avvenimento dai molteplici significati storici che scosse il Messico e il mondo, è attuale più che mai la Prima Dichiarazione della Selva Lacandona, nella quale l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) si rivolge così al POPOLO DEL MESSICO (con le maiuscole): Noi, uomini e donne integri e liberi, siamo coscienti che la guerra che dichiariamo è una misura estrema ma giusta. Da molti anni i dittatori praticano una guerra genocida non dichiarata contro i nostri popoli, e per questo chiediamo la tua decisa partecipazione per appoggiare questo progetto del popolo messicano che lotta per lavoro, terra, casa, alimentazione, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace.

Questa guerra genocida che gli zapatisti denunciavano nel 1994 non solo non è cessata, ma si è intensificata fino a fare del Messico il secondo paese più letale, dopo la Siria, secondo l’Istituto Internazionale di Studi Strategici di Londra, che segnala un conflitto armato non riconosciuto, una catastrofe umanitaria dove il protrarsi della violenza omicida dura ormai da più di un decennio con intensità costante. Nello stesso tempo, le riforme strutturali promosse dai governi di tradimento nazionale che si sono succeduti in questi anni di regime di partiti di Stato che legalizzano la depredazione ri-colonizzatrice e la denazionalizzazione di territori e risorse strategiche, così come la Legge di Sicurezza Interna che legalizza la militarizzazione del paese e la mano dura delle forze armate contro il popolo, fanno sì che le domande per le quali gli zapatisti sono andati in guerra siano sempre più attuali e legittime. Il Messico inizia questo 2018 nel peggiore delle situazioni che si ricordano dal conflitto armato del 1910-1917, che costò la vita ad un milione di persone, quando la popolazione totale era di 16 milioni di abitanti.

In questi 24 anni, l’EZLN ha persistito nel suo progetto di emancipazione e sempre e in diversi modi e con molte iniziative invitano tutti e tutte messicani e messicane, ad unirci al loro progetto di trasformare radicalmente la tragica realtà nazionale. Ricordiamo l’apertura alla società civile dei Dialoghi di San Andrés, la Convenzione Nazionale Democratica, la Marcia del Colore della Terra, gli Incontri Intergalattici, la Escuelita, i seminari per stimolare il pensiero critico tra gli intellettuali, gli artisti e gli scienziati, ed i molti modi di solidarizzare con le lotte di quelli che stanno in basso e a sinistra. La Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona è la sintesi della ricerca permanente dell’EZLN di articolare le lotte libertarie nell’ambito nazionale: “Continueremo a lottare per i popoli indio del Messico, ma non solo per loro né solo con loro, ma per tutti gli sfruttati e diseredati del Messico, con tutti loro e in tutto il paese (…) Ascolteremo e parleremo direttamente senza intermediari né mediazioni con la gente semplice ed umile del popolo messicano e, secondo quello che sentiremo ed apprenderemo, costruiremo insieme a questa gente che è come noi, umile e semplice, un programma nazionale di lotta, ma un programma che sia chiaramente di sinistra, cioè anticapitalista, cioè antineoliberista, cioè per la giustizia, la democrazia e la libertà del popolo messicano”.

Durante tutti questi anni, l’EZLN è stato la coscienza critica incorruttibile di fronte allo Stato e alla società. È stato lo specchio nel quale la sinistra istituzionale e gli intellettuali di sistema hanno visto la loro perdita di principi morali e convinzioni anticapitaliste, il loro autismo di fronte alla guerra di pulizia sociale contro il popolo, il loro spostamento verso una comoda alternanza che non pone minimamente a rischio il sistema di sfruttamento della forza di lavoro più a buon mercato del pianeta, né la dominazione imperialista esercitata dagli Stati Uniti su un paese in rovina. Da qui l’odio viscerale dei pubblici ministeri d’ufficio antizapatisti di un’intellighenzia che da molto tempo ha rinunciato al pensiero critico; che personifica e proietta le sue frustrazioni e risentimenti nella figura del subcomandante Marcos-Galeano.

In questi anni, i popoli maya raggruppati nell’EZLN hanno dato un esempio di resistenza propositiva costruendo le loro autonomie, rafforzando i loro governi nei quali si comanda obbedendo e nei quali migliaia di donne e uomini si sono preparati per essere le autorità di una democrazia diretta e partecipata. Le bambine e i bambini, giovani di entrambi i sessi sono stati educati e formati in base ai sette principi etici zapatisti: servire e non servirsi, rappresentare e non soppiantare, costruire e non distruggere, obbedire e non comandare, proporre e non imporre, convincere e non vincere, scendere e non salire; una concezione del mondo e della politica, di quel per tutti tutto, per noi, niente, che si situa al polo equidistante del narcisismo individualista della generazione del selfie.

L’ultima delle iniziative sorte in seno ai maya zapatisti è la proposta assunta dal Congresso Nazionale Indigeno di formare un Consiglio Indigeno di Governo la cui portavoce, María de Jesús Patricio Martínez, Marichuy, sia inserita nella scelta elettorale delle elezioni presidenziali di questo anno. Di nuovo, ci invitano ad organizzarci per affrontare l’idra capitalista, il malgoverno e la partitocrazia che lo sostiene. La società civile messicana, i lavoratori, gli intellettuali, la gioventù, principalmente, saranno preparati a questa sfida che gli zapatisti ed il CNI ci lanciano? Lasceremo passare l’opportunità di unirci per lottare contro il malgoverno, per la giustizia, la democrazia e la libertà dei popoli della patria-matria messicana?

Auguri fraterni agli insurgentes e insurgentas, miliziani e miliziane ed alle basi di appoggio dell’EZLN, a 24 anni della guerra contro l’oblio. 

http://www.jornada.unam.mx/2018/01/12/opinion/017a2pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo

venerdì 12 gennaio 2018

Cosa potremmo imparare dalle donne?

Un grande e straordinario movimento di donne si è imposto negli ultimi anni a scala planetaria e sta cambiando il mondo. Pone degli interrogativi anche al mondo dei maschi che guardano alla critica del potere espressa dal femminismo e rifiutano il patriarcato? Non si tratta, naturalmente, di adottare comportamenti politicamente corretti ma di mettersi in relazione, in modo semplice, concreto e con umiltà, affinché si possa contribuire al processo di emancipazione collettiva dei popoli. Raúl Zibechi propone tre punti di vista complementari: arginare la proliferazione dei grandi e piccoli cosiddetti “maschi alfa” e delle loro relazioni di dominio. Assumere finalmente in pieno la prospettiva della riproduzione, cioè della cura della vita, un punto cieco delle rivoluzioni del passato, impegnandosi in un forte esercizio di limitazione dell’ego, specialmente se si tratta di un ego rivoluzionario. Imparare dai movimenti femministi e delle donne come sia possibile sollevarsi senza necessariamente occupare il governo dello Stato – organizzandosi tra uguali – senza apparati gerarchici, avanguardie, comitati centrali. E, soprattutto, senza riprodurre gli stessi ruoli che si combattono
Manifestazione contro la violenza sulle donne a Quito, Ecuador. Foto tratta da https://video-images.vice.com

di Raúl Zibechi

Prendersi cura dell’ambiente o della Madre Terra, è cosa di donne, secondo un recente studio della rivista Scientific American pubblicato a fine dicembre, dove si sottolinea che “le donne hanno superato gli uomini nel campo dell’azione ambientale; in tutte le fasce di età e in tutti i paesi”.

L’articolo intitolato “Gli uomini resistono al comportamento verde in quanto poco maschile”, giunge a questa conclusione dopo aver realizzato un’ampia indagine tra duemila uomini e donne statunitensi e cinesi. Lo studio afferma che, per i maschi, comportamenti tanto elementari come quello di utilizzare borse di tela per fare la spesa invece che quelle di plastica, è considerato “poco maschile”.

Il lavoro è incentrato sul marketing, con l’obiettivo di conseguire un risultato per il quale i maschi si sentano virili anche comprando articoli “verdi”, e arriva a conclusioni penose come quella secondo cui “gli uomini che si sentono sicuri nella loro virilità si sentono più a loro agio comprando verde”.

Tuttavia, riesce a tracciare alcuni comportamenti che consentono di andare un po’ oltre, nel senso di comprendere come il patriarcato sia una delle principali cause del degrado ambientale del pianeta. Donald Trump non è un’eccezione, nel negare il cambiamento climatico e incoraggiare comportamenti distruttivi, dalle guerre al consumismo.

foto: http://www.sophiaonline.com.ar

Propongo tre punti di vista che possono essere complementari e che riguardano il mondo dei maschi, non affinché adottiamo comportamenti politicamente corretti (con la loro dose di cinismo e di ambiguità), bensì per contribuire al processo di emancipazione collettiva dei popoli.

Il primo è correlato al capitalismo di guerra o accumulazione per spoliazione/quarta guerra mondiale che attualmente subiamo. Questa virata del sistema, che nell’ultima decade ha avuto un’accelerazione, non solo provoca più guerre e violenze ma un profondo cambiamento culturale: la proliferazione dei “maschi alfa”, dai pezzi grossi dei grandi e potenti Stati, fino ai boriosi machos dei quartieri che pretendono di marcare il loro territorio e, ovviamente, i “loro” dominati e, soprattutto, le dominate.

Mostrare forza muscolare geopolitica consente di avere una posizione in questo periodo di decadenza dell’impero egemonico, che viene integrata dalla comparsa di un’infinità di piccoli maschi alfa nei territori dei settori popolari, dove i narcos e i paramilitari vogliono sostituire il prete, il commissario e il “padre di famiglia” nel controllo della vita quotidiana degli abajo (quelli che stanno sotto, ndt).

Il secondo punto di vista viene insinuato dallo studio citato, quando conclude che “le donne tendono a vivere uno stile di vita più ecologico” poiché “sprecano di meno, riciclano di più e lasciano un’impronta di carbonio più piccola”.

Questo è direttamente correlato con la riproduzione, che è il punto cieco delle rivoluzioni, impegnate in un produttivismo a oltranza per, presumibilmente, superare i paesi capitalisti. La produzione manifatturiera e l’operaio industriale sono stati elementi centrali nella costruzione del mondo nuovo, da Marx in poi. In parallelo, la riproduzione e il ruolo delle donne non sono mai stati considerati.

Non possiamo combattere il capitalismo né il patriarcato, né prenderci cura dell’ambiente o dei nostri figli e figlie, senza assumere la prospettiva della riproduzione che è, precisamente, la cura della vita. Capisco che la riproduzione possa essere anche una questione degli uomini, ma questo richiede una politica esplicita in questa direzione, come sottolineano le comandantas che convocano l’incontro delle donne nel caracol Morelia.

Come dice il comunicato di convocazione del Primo Incontro Internazionale, Politico, Artistico, Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano, gli uomini zapatisti “si occuperanno della cucina e di pulire e di tutto il necessario”.

Foto: radiozapatista.org

Forse queste mansioni sono meno rivoluzionarie che stare in piedi su un palco “dando istruzioni sulla linea” (come diciamo nel sud)? Ci danno meno visibilità, ma sono i compiti oscuri che rendono possibili le grandi azioni. Per coinvolgerci nella riproduzione, noi maschi abbiamo bisogno di un forte esercizio per limitare il nostro ego, specialmente se si tratta di un ego rivoluzionario.

Il terzo è forse il più importante: cosa possiamo imparare noi, maschi eterosessuali e di sinistra, dai movimenti femministi e dalle donne?

La prima cosa sarebbe riconoscere che le donne, nelle ultime decadi, sono andate più avanti di noi. Quindi, essere un po’ più umili, ascoltare, chiedere, imparare a farci da parte, a stare in silenzio affinché altre voci possano essere ascoltate. Una delle questioni che possiamo imparare è come loro si siano sollevate senza avanguardie né apparati gerarchici, senza comitati centrali e senza la necessità di occupare il governo statale.

Come hanno fatto? Forse organizzandosi tra di loro, tra uguali. Lavorando sul patriarca interiore: il padre, il dirigente ben educato, il leader. Questo è molto interessante, perché le donne che lottano non stanno riproducendo gli stessi ruoli che combattono, poiché non si tratta di sostituire un oppressore uomo con un oppressore donna, né un oppressore di destra con un oppressore di sinistra. Per questo dico che sono andate molto avanti.

Una marcia delle donne indigene in Argentina. Foto Kaos en la red

La seconda questione che possiamo apprendere è che la politica, in grande, in scenari ben illuminati e mediatici, con programmi, strategie e discorsi magniloquenti, non è altro che la riproduzione del sistema dominante. Loro [le donne], hanno politicizzato la vita quotidiana, il preparare il cibo, la cucina, il prendersi cura di figli e figlie, le arti della tessitura e della guarigione, tra le tante altre. Credere che tutto questo sia poco importante, che esistano gerarchie tra l’una e l’altra dimensione, è come continuare a cercare maschi alfa che ci emancipino.

Sicuramente ci sono molte altre questioni che possiamo apprendere dai movimenti delle donne, che ignoro o che dobbiamo ancora scoprire. Quello che importa non è avere la risposta già pronta, bensì predisporci con semplicità e umiltà a imparare da questo meraviglioso movimento di donne che sta cambiando il mondo.


Pubblicato su La Jornada con il titolo Patriarcado, Madre Tierra y feminismos

Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!