lunedì 3 maggio 2021

Messico - Europa - L'abbordaggio


Dal quaderno di appunti del Gatto-Cane:

L'arrembaggio

La Montaña è stata abbordata il 30 aprile 2021, essendo quella l’ora. La nave era ancorata a circa 50 braccia dal porto, “lontano dal trambusto e dalla falsa società”. Ridenti gabbiani, cormorani, fregate, ibis le volteggiavano intorno e persino un colibrì candido e smarrito cercava di fare un nido sulla piattaforma di prua. Nello scafo, sotto la linea di galleggiamento, i delfini tamburellavano una cumbia, uno squalo balena teneva il ritmo con le sue pinne e la manta distendeva le sue nere ali come fianchi volteggianti.

Il gruppo dei bucanieri era guidato dal Subcomandante Insurgente Moisés, il quale, con una truppa composta da una insurgenta tercia, un autista insurgente e un meccanico, un autista base, 5 terci@s, una comandanta e due comandanti, era presente per salutare la delegazione marittima, Squadrone 421, e controllare, in situ, che l’imbarcazione avesse ciò che era necessario per l’epopea nautica. Un team di supporto della Commissione Sexta assisteva per scrivere i necrologi dei caduti in azione.

Non c’è stata resistenza da parte dell’equipaggio. Il capitano aveva infatti precedentemente ordinato di issare, come albero di trinchetto, una grande vela con l’immagine che identifica la delegazione marittima zapatista, aggiungendo così La Montaña, incluso tutto l’equipaggio, alla lotta per la vita. Con gli alberi nudi, il simbolo del delirio zapatista scintillava impetuoso.

Quindi, diciamo che è stato un arrembaggio consensuale. Nessun tentativo di aggressione da parte delle truppe zapatiste, né della marineria ospite. E si potrebbe dire che tra noi e le/i marina@ de La Montaña c’era una sorta di complicità. Anche se, al primo approccio, erano sorpres@i quanto noi.

E saremmo rimasti lì, a fissarci immobili, se non ché, avanzando da poppa, un insetto straordinariamente simile a uno scarafaggio ha gridato: “All’Arrembaggio! Se sono tanti, scappiamo! Se sono pochi, ci nascondiamo! E se non c’è nessuno, avanti, che siamo nati per morire!”. Questo è quello che ha deciso tutto. L’equipaggio guardava sbalordito il piccolo insetto e noi… non sapevamo se scusarci per l’irruzione o unirci all'attacco dei pirati.

Il subcomandante Insurgente Moisés ha ritenuto che fosse il momento opportuno per le presentazioni, quindi ha detto: “Buon pomeriggio. Il mio nome è Moisés, Subcomandante Insurgente Moisés, e loro sono…” Ma quando si è voltato per presentare la truppa, il SubMoy ha visto che non c’era nessuno.

Tutti stavano girando sulla nave con mal celate dimostrazioni di giubilo ed entusiasmo: le compagne delegate, come regine del Caribe, salutavano da babordo le barche piene di turisti che le guardavano con curiosità e scandalo, forse sorpresi che, con questo caldo , le compas indossassero gonne lunghe. Soprattutto perché le turiste indossavano bikini così ridotti da non credere. Marijose è andata a prua e da lì contemplava la casa di Ixchel, pensando tra sé e sé che non avrebbe indossato i suoi iper ultra mini shorts, perché non voleva umiliare le cittadine in quanto a sensualità.

I comandanti David e Hortensia davano le ultime raccomandazioni a una Lupita con il sorriso che le debordava dalla mascherina. Il comandante Zebedeo si ripeteva: “non devo vomitare, non devo vomitare”, che è l’antiemetico consigliato dal SupGaleano.

L@s tercios (4 uomini, una compa e una insurgenta), dal canto loro, facevano foto e video di tutto. E quando dico “di tutto”, è proprio di tutto. Quindi, non stupitevi se nelle foto compaiono solo lucernari, funi, catena dell’ancora, verricello, boe, teloni, secchi per drenare l’acqua e altre cose tipiche di una nave che sta per attraversare l’Atlantico nella nobilissima missione di invadere, voglio dire, conquistare, cioè, visitare l’Europa.

Marcelino e il Monarca hanno chiesto della sala macchine e, non so da dove, hanno tirato fuori una cassetta degli attrezzi e, con pinze e cacciaviti, sono andati dove pensavano che dovesse essere il motore perché, hanno spiegato ad un capitano attonito, dal rumore si deduceva che necessitava di regolazione. Bernal e Felipe (sostituto di Darío – che è dovuto restare a terra per il passaporto dei figli -, 49 anni, originario Tzeltal; parla fluentemente tzeltal e la castilla; padre di 4: il maggiore di 23 anni e il più giovane di 13 anni; è stato miliziano, sergente, responsabile locale, consigliere autonomo nel MAREZ, giunta di buon governo, insegnante della escuelita e autista; musica preferita: romantica, rancheras, banda, cumbia, rivoluzionaria; colori preferiti: nero, blu e grigio; si è preparato per 6 mesi come delegato; volontario per viaggiare in barca se qualcuno non poteva; esperienza marittima: nulla), si sono uniti alla squadra meccanica zapatista (nel caso che, in alto mare, ci fosse bisogno di riparazioni).

L’equipaggio de La Montaña, una volta ripresosi dallo sconcerto di un arrembaggio così altro, si è strategicamente distribuito in coperta, prevedendo che l’esaltazione zapatista sarebbe sfociata con uno di noi in mare.

Se questo fosse accaduto, eravamo preparati, che vi credete. Per la composizione della delegazione, la sera prima si è discusso di come gridare se ciò fosse accaduto: “uomo in mare” o “donna in mare” o “otroa in mare” o “tercio in mare” o “autista in mare” o “scarafaggio in mare”, e così via. Il problema era che, per sapere cosa gridare, il SubMoy doveva prima prendere la lista e vedere chi mancava, e poi dare l’ordine di “panico sottovento” (che la delegazione aveva simulato fino alla perfezione durante l’addestramento nel Centro di Addestramento, area Naufragi e Affondamenti) affinché tutt@ gridassero. Poiché i secondi che si sarebbero persi (nella realtà, perché nelle simulazioni erano lunghi minuti) potevano essere decisivi, si è deciso di gridare “Zapatista in mare!”. Ciò non è accaduto, cosa che ha liberato il gruppo corsaro maya (permesso in regola nelle Giunte di Buon Governo zapatiste) da burle e scherni su di loro al Bar la Mota Negra, a Copenaghen, in Danimarca.

L’equipaggio presto è stato contagiato dall'entusiasmo zapatista e, nonostante fossero marinai con anni di esperienza nelle acque dell’oceano, guardava ora, attraverso lo sguardo zapatista, un mare che, calmo, celebrava una visita così inaspettata, rassegnato come prima all'impertinenza dei turisti di tutto il mondo. Il capitano dell’imbarcazione ha portato il SubMoy nella cabina di comando e l’ha messo al timone, mentre l@s tercios scattavano foto… dell’acqua (quindi ci saranno tante e tante foto di un mare vuoto).

La delegazione marittima zapatista, lo Squadrone 421 vero e proprio, da parte sua, è passato dall'entusiasmo alla cautela e ha sommerso l’equipaggio di domande sensate: “E se cade un fulmine e la nave si rompe, cosa facciamo?”. “E se si apre un buco e tutta l’acqua sparisce, dobbiamo camminare?”. “E voi come fate a mangiare se non avete la milpa?”. “E come fa il vento a sapere che stiamo andando di là?”. “E dove dorme il mare se ha sonno?”. “E se il cuore del mare è triste, come fa a piangere?”. “Quanto è grande il suo cuore per amarlo e consolare il mare che è grandissimo?”. “E, come noi difendiamo la terra, c’è qualcuno che difende il mare?”.

L’equipaggio de La Montaña composto da: il Capitano Ludwig (Germania), Edwin (Colombia), Gabriela (Germania), Ete (Germania) e Carl (Germania), si guardava perplesso e si diceva: “In welche Schwierigkeiten bin ich geraten?” (tranne Edwin, che in spagnolo pensava: “Accidenti, in quale guaio mi sono cacciato”).

-*-

E l’insetto? Ebbene, prevedendo che avrebbero cercato di buttarlo in mare (nonostante “avesse capeggiato l’arrembaggio con impareggiabile coraggio, grazia e bellezza” – così ha detto lui -), si è arrampicato in cima al berretto e, da lì, ha declamato in un impeccabile galiziano:

Volverei, volverei á vida

cando rompa a luz nos cons

porque nós arrancamos todo o orgullo do mar,

non nos afundiremos nunca máis

que na túa memoria xa non hai volta atrás:

non nos humillaredes NUNCA MÁIS.” (*)

A oriente, in lontananza, le onde sulle coste della Galizia ripetevano: “nunca máis”.

In fede.

Il Gatto-Cane.

Ancora in Messico, Maggio 2021

(*) Parole della canzone “Memoria da Noite” del gruppo galiziano Luar Na Lubre.

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale, foto e video: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/05/01/el-abordaje/ 

Música: Fragmento de «Aires Bucaneros». Letra del poeta Luis Palés Matos. Música: Roy Brown.

Música: Memoria da Noite. Letra: Xabier Cordal. Música: Bieito Romero. Interpreta: Luar Na Lubre, con la voces de Rosa Cedrón y el maestro Pedro Guerra.

domenica 2 maggio 2021

Messico - Ieri: la teoria e la pratica

Dal quaderno di appunti del Gatto-Cane:

Ieri: La teoria e la pratica.

Un’assemblea in un villaggio in una delle montagne del sud-est del Messico. Devono essere i mesi di luglio-agosto di un anno vicino, con la pandemia di coronavirus che si impadronisce del pianeta. Non è una riunione qualsiasi. Non solo per la follia che la convoca, anche per l’evidente distanziamento tra sedia e sedia, e perché i colori delle mascherine sono opachi dietro lo schermo delle maschere trasparenti.

Ci sono i leader politico-organizzativi dell’EZLN. Ci sono anche alcuni leader militari, che restano in silenzio a meno che non si chieda loro di parlare su un punto preciso.

Sono molti di più di quanto si poteva supporre. Ci sono almeno 6 lingue originarie, tutte di radice Maya, e usano lo spagnolo o “la castilla” come ponte per capirsi.

Molti dei presenti sono “veterani”, erano nella sollevazione iniziata il 1 gennaio 1994 quando, armi in pugno, scesero nelle città insieme a migliaia di altre compagne e compagni, come una in più, uno in più. Ci sono anche “i nuovi”, uomini e donne che sono si sono inseriti nella dirigenza zapatista dopo molto apprendistato. La maggior parte dei “nuovi” sono “nuove”, donne di tutte le età e di diverse lingue.

L’assemblea stessa, il suo svolgimento, i suoi tempi, i suoi modi, riproduce le assemblee che si tengono nelle comunità. C’è qualcuno che coordina la riunione e che dà la parola e indica gli argomenti da discutere che sono stati concordati in precedenza. Non c’è limite di tempo per ogni intervento, cosicché il tempo qui acquisisce un altro ritmo.

Qualcuno, in questo momento, sta raccontando una storia o un racconto o una leggenda. A nessuno importa se ciò che viene narrato è un fatto reale o una finzione, ma ciò che viene detto con attraverso questo mezzo.

Questa è la storia:

Un uomo zapatista sta camminando in un villaggio. Indossa i suoi abiti migliori e il suo cappello nuovo perché, dice, cerca una fidanzata. Il narratore imita il passo e i gesti che ha visto in qualche film che circolava durante il Festival del Cinema “Puy Ta Cuxlejaltic”. L’assemblea ride quando, chi racconta la storia, fa il tono del Cochiloco (interpretato da Joaquín Cosío in “El Infierno”. Luis Estrada, 2010), e si toglie il cappello per salutare una donna immaginaria che passa con un mulo immaginario che porta legna immaginaria. Il narratore mescola lo spagnolo con una delle lingue maya, cosicché nell'assemblea, senza interruzioni, si traducono a vicenda.

Chi racconta la storia ricorda che è il tempo del mais, l’assemblea conferma. La narrazione continua:

L’uomo con il cappello incontra un conoscente, si salutano. “Ehi! Non ti avevo riconosciuto con quel cappello e così elegante”, dice il conoscente. L’interpellato risponde: “È che sto cercando una mia fidanzata”. E l’altro: “E come si chiama la tua fidanzata e dove vive?” Quello con il cappello: “Non lo so”. L’altro: “Come fai a non saperlo?”. Il cappello: “Beh, ecco perché ho detto che la sto cercando, guarda che l’ho già trovata perché conosco il suo nome e dove abita”. L’altro valuta per un secondo quella logica contundente e annuisce in silenzio.

È il turno del cappello: “E tu cosa fai?” L’altro risponde: “Sto piantando mais perché voglio le pannocchie”. Il cappello tace un attimo mentre guarda l’altro che, con un manico di scopa fa dei buchi in mezzo alla strada sterrata. Il cappello: “Ehi compare, con tutto il rispetto, ma sei abbastanza stupido”. L’altro: “e perché? Se ci sto dando dentro perché sono determinato a mangiare mais”.

Quello con il cappello si siede, accende una sigaretta e la passa all'altro, e se ne accende un’altra. Non sembrano avere fretta: né quello con il cappello per trovare la sua ragazza, né l’altro per mangiare il mais. Il pomeriggio si allunga e, a morsi, toglie alla notte un po’ di luce. Non piove ancora, ma il cielo comincia a spargere nuvole grigie per coprirsi. La luna si annida dietro gli alberi. Dopo un lungo silenzio, il cappello spiega:

“Bene, guarda, compare. Vediamo se mi capisci: in primo luogo si tratta del terreno. In questo acciottolato il mais non attecchirà. Il seme morirà sotto il calpestio e non ci sarà dove mettere radice. Il seme morirà. E poi la tua scopa, che usi come una zappa, ma la scopa è una scopa, e la zappa è una zappa, ecco perché la povera scopa è già tutta a pezzi.”

Il cappello prende la scopa, controlla le toppe che l’altro ha fatto con nastro adesivo e corda, e continua: “Se ti vedesse mia madre a danneggiare così la sua scopa, ti caccerebbe a dormire in montagna”.

E prosegue: “allora, la milpa non è dovunque, compare, né si lavora con qualsiasi cosa, ma ha il suo dove e il suo con che cosa. Inoltre, non è il momento di seminare un campo di mais adesso, adesso è il tempo del raccolto. E perché ci sia il raccolto, devi prima aver lavorato duro nel campo. Cioè, nel campo non è che tu strilli “ehi donna, portami il mio pozol e le mie tortillas” che è il modo in cui urlavi alla tua donna, – beh, finché lei non si è riunita come donne che siamo e via, sono finite le urla -, ma questo è affar tuo, compare. Quello che ti sto dicendo è che alla terra non si danno ordini, ma le si spiega, le si parla, la si onora, le si raccontano storie per incoraggiarla. E la terra non ascolta un tempo qualsiasi, ma ha, come si suol dire, il suo calendario. Vuole che tu conti bene i giorni e le notti, e che guardi la terra e il cielo per vedere quando piantare il seme”.

“Quindi ecco, come si dice, la problema. Perché stai sbagliando tutto, e non è perché ci hai dato dentro e sei determinato che il tuo desiderio sarà esaudito. Ciò di cui hai bisogno è la conoscenza. Le cose non si realizzano solo perché ci dai dentro con decisione, ma serve che tu scelga un buon terreno, poi gli strumenti adatti, poi i tempi di ogni parte del lavoro. Cioè, come si suo dire, ci vuole la teoria e la pratica con conoscenza, e non le stupidate che stai facendo, che dovrebbero farti pena perché tutti ti guardano e ridono”.

“E gli stronzi che ridono non si rendono conto che le stupidate che fai colpiranno anche loro, perché proprio dove stai sprofondando, prima verrà allagato, poi l’acqua scorrerà e creerà dei rigagnoli come le rughe di tua nonna compa, che la mia è già in paradiso. E così l’auto della giunta di buon governo non riuscirà ad entrare, perché si bloccherà, e i materiali o le merci che porta dovranno essere scaricati a mano, sulle spalle, e camminando dentro i rigagnoli danneggeranno i loro stivali e pantaloni, tanto più se si vestiranno eleganti come me adesso, e così non troveranno mai una fidanzata. E le compagne, ancora peggio, compare, perché quelle sono toste. Ti passeranno accanto, con un asino che trasporta le loro cose, e diranno: “C’è chi è più cocciuto del mio asino, e più stupido”. E spiegheranno: “Ehi, quando dico ‘adesso fottuto asino’, non offenderti, sto parlando al mio animale”.

“Che succede compare, mi offendi?” dice l’altro indignato.

Il cappello: “No, beh, te lo dico soltanto. Prendilo come un consiglio o un indicazione, non è un ordine. Ma, come diceva il compianto Sup: “è meglio che tu faccia come dico, perché se no, se va storto ti dirò “ odio dirti che te l’avevo detto, ma te l’avevo detto”. Quindi ascoltami, compare”.

L’altro: “Quindi questa terra è inutile, e così la mia zappa? Né è il momento?”.

Il cappello: “no, no e no”.

“E quando è il momento, allora?”.

“Ops, è già passato. Ora devi aspettare un altro giro. Intorno ad aprile, maggio, e affinché l’acqua non manchi, il 3 maggio vuole che alla terra venga dato il tuo pane, una bibita per il caldo, magari una sigaretta di foglie, le sue candele, e che raccolga anche i suoi frutti e le sue verdure e persino il suo brodo di pollo. Il defunto Sup diceva che solo con la zucca no, che se alla terra dai la zucca ,si arrabbia e tira fuori un serpente. Ma credo che fosse una bugia del compianto, lo diceva perché non gli piaceva la zucca”.

“Allora, quando?”

“Mmm, ora vedrai: siamo già come si dice quasi a ottobre, quindi 6 mesi. Dunque in aprile-maggio. Ma dipende”.

“Va bene, e ora come faccio se voglio il mais in questo momento?” L’altro pensa e, improvvisamente, aggiunge: “Lo so! Chiederò in prestito del mais all’autorità autonoma”
.

Il cappello: “E poi, come risarcisci l’autorità autonoma?”.

“Ah, beh, chiedo un prestito alla Giunta e restituisco con questo. E per restituire alla Giuta chiedo un prestito al Los Tercios. E per saldare Los Tercios chiedo di nuovo un prestito all’autorità, alla fine vedrai che pago.”


Il cappello, grattandosi la testa, dice. “Accidenti compare, adesso viene fuori come nel film di Vargas, ne sei uscito più bastardo che bellino. Se la pensi come il malgoverno, dovresti essere un deputato, o un senatore o un governatore, o qualcuno di quegli stronzi”.

“Che dici, compare? Io solo resistenza e ribellione. Vedrai come faccio”.

Il cappello: “Allora me ne vado perché altrimenti non troverò la mia ragazza. Ci vediamo, amico”.

L’altro: “Vai con Dio, e se trovi la tua ragazza, chiedile se la sua famiglia non ha del mais che può prestarmi, che poi gli pagherò”.

Il narratore si rivolge all’assemblea: “Allora cos’è meglio? Prestiamo mais al compare o che se la sbrighi con la teoria e la pratica con consapevolezza?”.

-*-

È arrivata l’ora del pozol. L’assemblea si disperde. Il SupGaleano, solo per capriccio, dice al Subcomandante Moisés: “A me piacciono solo i popcorn” e si dirige alla sua capanna. Il Subcomandante Moisés gli risponde: “E pure la salsa piccante?”. Il SupGaleano non risponde ma cambia direzione. “Dove stai andando?”. Chiede il SubMoy. Il Sup, allontanandosi, quasi grida: “Vado a chiedere in prestito la salsa al negozio delle Insurgentas”.

In fede.

Miau-Guau.

Il Gatto-Cane, clandestino sul La Montaña.
(Vabbè, non aveva i soldi, inoltre, c’è un cartello all’ingresso de La Montaña che dice: “Non sono ammessi gatti, cani… o scarabei schizofrenici”).
Ancora in Messico. Aprile 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo
 

 

El Mariachi Renacimiento del Caracol de Roberto Barrios.

Jovena base zapatista despide a la delegación marítima zapatista.

Música: Santiago Feliú, interpretando «Créeme» de Vicente Feliú.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!