martedì 3 marzo 2020

Messico - L'otto marzo delle donne zapatiste

NON ABBIAMO BISOGNO DI ALCUN PERMESSO PER LOTTARE PER LA VITA. LE DONNE ZAPATISTE SI UNISCONO ALLO SCIOPERO NAZIONALE DEL 9 MARZO
ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
1 marzo 2020
Alle Donne che lottano in Messico e nel Mondo.
Da: Le Donne indigene zapatiste dell’EZLN.
Compagna e sorella:
Ti salutiamo a nome delle donne indigene zapatiste di tutte le età, dalle più piccine a quelle più mature d’età. Speriamo che u stia bene e in lotta in compagnia delle tue famiglie, sorelle e compagne.
Qua abbiamo molti problemi a causa dei paramilitari che ora sono del partito Morena, e prima erano del PRI, del PAN e del Verde Ecologista.
Ma non è di questo che ti vogliamo parlare, bensì di qualcosa di più urgente e più importante. Della enorme violenza contro le donne che non cessa ma aumenta in quantità e crudeltà. Degli omicidi e sparizioni di donne; una follia che sembrava inimmaginabile. Nessuna donna, di qualunque età, classe sociale, militanza politica, colore, razza o credo religioso è in salvo. Si potrebbe pensare che le donne ricche, quelle che stanno al governo e quelle che hanno a loro protezione guardie e poliziotti siano al sicuro, ma nemmeno loro, perché molto spesso la violenza che ci fa sparire, ci sequestra e i uccide arriva da parenti, amicizie e conoscenti.
Bisogna farla finita con queste violenze, da dovunque vengano. Per questo avevamo invitato a manifestare, in quanto donne, il giorno 8 marzo 2020. Ognuno a modo suo, nel suo luogo e tempo. E invitiamo a far sì che la parola d’ordine di queste manifestazioni sia fermare la violenza contro le donne. E dire chiaro che non dimentichiamo le desaparecidas e assassinate in tutti i governi, che siano tricolori, azzurri, verdi, gialli, rossi, arancio, caffè o di qualsiasi colore, perché sono uguali. E per ricordare ai malgoverni le donne che ci mancano, proponiamo di indossare un segno di colore nero sui nostri abiti. Perché siamo in lutto per tante uccisioni di donne in tutto il mondo. E peggio ancora nemmeno le più piccine sono al sicuro.
Sorella e compagna:
Alcuni giorni fa abbiamo saputo che un gruppo di sorelle femministe di Veracruz, del collettivo “Brujas del Mar”, ha avuto una buona idea invitando ad una mobilitazione di protesta contro la violenza. La sua idea è di proclamare un giorno di assenza il 9 marzo, cioè che si veda e si senta che cosa succede senza le donne, che sia uno Sciopero delle Donne.
Che sia non andare a lavorare, non fare acquisti, non muoverci, che non ci vedano. Perché, dicono chiaro, sembra che le donne siano il nemico principale ed il sistema ci vuole liquidare, cioè annichilire.
Poi vediamo cosa succede con i maschietti e le maschiette patriarcali che ci sono nel malgoverno, nei partiti politici e nelle grandi imprese. A loro non importa la disgrazia maledetta che vivono e che muoiono le donne in Messico. Quello che interessa loro è cavalcare questo dolore e, cancellandolo, litigare su chi è più fico.
I potenti ed i loro capoccia politici da una parte fanno i sensibili ma non riescono a scrollarsi di dosso il loro modo patriarcale perché dicono che danno “permesso” alle donne di protestare perché le ammazzano. Adesso ci danno il permesso di lottare per vivere. Sono senza vergogna loro e le donne che hanno lo stesso pensiero dei maschi, anche se sono donne.
D’altro canto, c’è il governo supremo che si arrabbia perché ormai la gente non ascolta più quello che dice o vomita dalla bocca. Perché alcune donne, ancor peggio jóvenas, gli hanno tolto il microfono e gridano ciò che il malgoverno tace. È ridicolo che i cosiddetti oppositori ed oppositrici politici si comportino da persone perbene che danno il “permesso” di vivere, è più ridicolo ancora che il malgoverno ed i suoi fanatici e fanatiche accusino di essere “golpista” la lotta per la vita delle donne. Ora sì che è anche peggio, perché così comandano che nessuno può vivere o sopravvivere senza il loro permesso, e nessuno può lottare se non lo dice il malgoverno con qualche sua trovata. I maschilisti patriarcali sono così, credono che tutto il mondo giri attorno a loro. Se qualcuno lotta senza permesso, allora è contro il malgoverno. Se assassinano le donne, se le fanno sparire, se le sequestrano, se le torturano, se le sfigurano, è perché quelle donne vittime sono parte di un piano che vuole far cadere un governo. Non hanno vergogna.
E ancora gli svergognati patriarcali di governi e padroni danno i loro consigli maschilisti alle donne: di non lasciarsi manipolare, di comportarsi bene, non scagliare pietre e non rompere vetrine, vestirsi bene, non sollevare lo sguardo, non dare occasione di pettegolezzo, stare attente a ciò che dicono, scrivono e pensano. Cioè, che non facciano niente senza il loro permesso. Siamo abbastanza mature affinché ci ammazzino, ci facciano sparire ci violentino, ma non per pensare, analizzare e decidere. Sono veramente degli schifosi… e schifose, perché ci sono anche delle donne che li applaudono.
Dicono che per tutto bisogna chiedere permesso al malgoverno o al padrone, perfino per sopravvivere. Le cose stanno così, compagna e sorella, per le donne in Messico e nel mondo che stanno sopravvivendo. Cioè vivendo nella paura. E questo non è vivere, ma è solo non morire… fino a che ci ammazzano o ci fanno sparire, e tutto con violenza terroristica.
E c’è anche chi, presuntamente di sinistra, guarda divertendo come il malgoverno mostra di essere schifoso o ignorante. Come se fosse necessario guardare le stronzate dei malgoverni per sapere che sono entrambe le cose.
Queste persone inoltre calcolano se avvantaggia oppure no i malgoverni, o se avvantaggia gli oppositori. Ma non gli importa se l’iniziativa è buona o cattiva per la lotta per la vita che fanno le donne. Guardano gli omicidi, le sparizioni, le violenze e si rallegrano perché questo dimostra che il malgoverno è, oltre che cattivo, un incapace. Queste persone dovrebbero invece domandarsi se i loro valori di sinistra, come dicono di essere, fanno loro guardare le lotte come se fossero al mercato della frutta a scegliere che cosa comprare oppure solo a guardare.
Ed in tutto questo blaterare dei malgoverni, i grandi mezzi di comunicazione, i partiti politici e le grandi menti dimenticano la cosa più importante che segna i giorni 8 e 9 marzo, che non è che ci stanno ammazzando in quanto donne, ma è che lottiamo per la nostra vita con tutti i mezzi e ognuna a nostro modo, tempo e luogo.
E se a loro non importa la vita, allora non sono né di destra, né di sinistra, né di centro. Non sono umani.
La lotta per la vita è essenziale per tutta l’umanità e non ha bisogno del permesso di nessuno perché l’abbiamo nel sangue. E se qualcuno pensa che la lotta per la vita delle donne è golpista o di destra o di governo o di sinistra o antigovernativa o è di un colore, pensiero o religione, allora difende la morte. Se vengono a sapere di un’altra assassinata, prima domandano di che colore è la sua pelle, il suo partito, la sua religione: e poi sparlano di lei, non degli assassini, ma della donna vittima.
Noi non capiamo come è che il mondo è arrivato a questo punto, e poi ancora dicono che noi indigene zapatiste siamo arretrate e non conosciamo lo sviluppo e il progresso che portano i megaprogetti e il denaro e il consumo. Questo è il loro progresso: svendere la vita delle donne perché sembra che sia molto economico far sparire, sequestrare o assassinare una donna, perché non c’è punizione. Non mancherà neppure chi applaude e dica “una nemica in meno”, “un disturbo in meno”, “una peccatrice in meno”, “una radicale in meno”, “una conservatrice in meno”, “una donna in meno”.
Non capiamo perché ci sono persone così, ma capiamo che non possiamo non fare niente pensando che queste sofferenze e rabbie sono di altre e che non ci tocchino… fino a che ci toccano.
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Come donne zapatiste questo è quello che pensiamo e sentiamo quando analizziamo le parole e le azioni delle sorelle streghe:
Primo.- Noi salutiamo la loro iniziativa. La consideriamo qualcosa di prezioso, buono, nobile, onesto e legittimo. E l’appoggeremo secondo i nostri modi. Perché qualunque donna, che sia una, o poche, o molte che lottano per la vita, devono sapere che non sono sole. Perché pensiamo che se le assenti, le assassinate, le desaparecidas e le imprigionate devono sapere che non sono sole, a maggior ragione lo devono sapere le vive che lottano.
Pensiamo che sia una buona idea, perché l’8 marzo vedranno e sentiranno le nostre sofferenze e le nostre rabbie. Ed il giorno 9 i maschilisti patriarcali saranno preoccupati di che cosa stiamo pensando o pianificando, non lo sapranno perché non ci guardano. E se ci organizziamo di più e meglio? Perché a volte, dal dolore e la rabbia non segue la disperazione o la rassegnazione. Può essere che segua l’organizzazione.
Secondo.- Per questo, secondo il nostro modo di indigene zapatiste, abbiamo parlato con le altre compagne zapatiste delle comunità. Abbiamo chiesto loro se fosse una buona idea lo sciopero nazionale del 9 marzo. E sì, è una buona idea, ma bisogna fare qualcosa per appoggiarci in quanto donne che lottano.
Abbiamo quindi proposto che il 9 marzo le compagne incaricate di qualche compito, che sia come autorità autonoma, di comando organizzativo o comando militare o di commissioni di educazione, salute, comunicazione e di tutti i lavori che facciamo come donne zapatiste, non si presentino sui luoghi di lavoro.
Questo sarà il nostro modo di dirvi che appoggiamo l’idea del 9 marzo senza donne, come un’iniziativa in più delle donne che lottano per la vita. E siccome le donne indigene siamo maggioranza nell’autonomia zapatista, quel giorno l’autonomia zapatista si fermerà.
Ci abbiamo pensato e ne abbiamo parlato ed è venuto fuori che le compagne delle differenti zone zapatiste siamo d’accordo di unirci allo sciopero del giorno 9 marzo 2020, convocato dalle sorelle Brujas del Mar.
Terzo.- L’8 marzo migliaia di donne zapatiste si riuniranno nei nostri caracoles e parleremo delle sofferenze e delle rabbie che abbiamo ascoltato nei due incontri che abbiamo avuto, ma parleremo anche di lotte, delle nostre e delle vostre, compagne e sorelle che ci leggete. E porteremo un segno di colore nero sui nostri abiti.
Il 9 marzo molte non torneranno nei loro villaggi, ma resteranno e all’alba di quel 9 marzo accenderemo migliaia di luci. Nei caracoles e nei villaggi zapatisti brillerà la luce delle donne.
Non solo affinché le donne che facciano di quel giorno un giorno di lotta sappiano che le guardiamo, che le ammiriamo, che le rispettiamo e che le salutiamo. Ma che non sono sole.
Anche affinché con quelle luci le sorelle assenti, quelle assassinate, le desaparecidas, quelle imprigionate, le migranti, le violentate, sappiano che qua, in queste montagne in resistenza e disobbedienza c’è chi si preoccupa per loro e per le loro famiglie, per il loro dolore e la loro rabbia. E non importa se quella sorella che lotta è bianca o nera o gialla o del colore della terra. Non importa se crede o non crede in qualche religione. Non importa se si veste bene o male. Non importa se ha o no un salario. Non importa se è di qualche partito o no. Non importa se è amica o nemica.
Ciò che importa è che sia viva e libera. Perché così, vive e libere possiamo criticare, sparlare, litigare, o dibattere, discutere, analizzare e forse stringere un accordo: lottare contro la violenza sulle donne.
Con così tante uccisioni passiamo da un lutto all’altro, da un dolore all’altro, da un’indignazione ad un’altra. Forse è questo il piano del sistema maledetto. Che ci ammazzino e facciano sparire affinché non abbiamo tempo né modo di organizzarci e lottare contro il sistema patriarcale e capitalista.
Ma, come accade nella storia del mondo, succederà che ci organizzeremo proprio per fermare questa mattanza. E già dopo ci sarà chi dirà che è finita. Ma ci saranno altre che andranno oltre, fino a distruggere la radice del nostro dolore: il sistema capitalista patriarcale, razzista, sfruttatore, repressivo, ladro e disumano.
Perché, quando finalmente conquisteremo il diritto a vivere, ci sarà chi dirà che la schiavitú è bene e la difenda come destino, mandato divino, sfortuna o perfino buona fortuna.
Ci sarà chi dirà che quello che segue è avere un buon salario. Cioè che il salario da sfruttamento sia uguale per uomini e donne.
Ci sarà chi avrà bisogno della libertà come si ha bisogno dell’aria e lotti per conquistarla.
Ci sarà chi sarà libera e lotti per difendere la propria libertà.
Ci sarà chi dirà che si può da sole, in quanto donne.
E ci sarà chi dirà che bisogna distruggere la bestia del sistema, e che per farlo si deve lottare con tutte, con tutti … e con todoas.
Ed invece di tante assassinate, tante desaparecidas, tante rapite, tante violentate, ci saranno forse tante idee, tanti pensieri, tante forme di lotta in quanto donne.
Allora si capirà forse che la differenza è buona, ma affinché esista questa differenza si deve vivere.
Quarto.- Pertanto, rivolgiamo un rispettoso appello alle sorelle e compagne del Congresso Nazionale Indigeno – Consiglio Indigeno di Governo, della Sexta Nazionale ed Internazionale, e delle Reti in Resistenza e Disobbedienza a che analizzino e discutano la proposta delle sorelle streghe o se ce ne sono altre. E se pensano che stia bene, che si uniscano senza chiedere permesso. Ma se pensano che non stia bene e che sia meglio un’altra cosa o un’altra iniziativa, che sia e senza chiedere permesso.
Così come noi non chiediamo il permesso ai comandanti e alle autorità, né a genitori, figli, fidanzati, mariti o amanti, ma lo facciamo perché non ci siamo sollevati in armi il gennaio 1994 per niente.
Non importa se ci dicono che siamo conservatrici o golpiste o di destra o di sinistra.
E quei malgoverni che dicono che la società si divide in liberale e conservatrice, e dicono di essere contro il neoliberismo, si chiamano “neoconservatori”.
Così la pensiamo e così faremo come donne indigene zapatiste.
E lo faremo SENZA CHIEDERE IL PERMESSO A NESSUN UOMO, che sia cattivo o buono, a nessuno.
È tutto.
Dalle montagne del Sudest Messicano.
Per le donne indigene zapatiste dell’EZLN.
Marisol, Yeny, Rosa Nery, Yojari, Lucia, Sol, Elizabet, otra Elizabet, Yolanda, Natalia, Susana, Adela, Gabriela, Anayeli, Zenaida, Cecilia, Diana, Alejandra, Carolina, Dalia, Cristina, Gabriela, Maydeli, Jimena, Diana, Kelsy, Marisol, Luvia, Laura.
Comandantas e Coordinatrici delle Donne Zapatiste dell’EZLN.
Messico, 1° marzo 2020

Traduzione “Maribel” – Bergamo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!