giovedì 17 febbraio 2011

Svegliati, Libia!

Ore di attesa e di tensione in tutta la Libia 
per il "giorno della collera".

di Nicola Sessa

Muammar Gheddafi non è Hosni Mubarak e neanche Ben Ali - i deposti "signori" di Egitto e Tunisia. Il Colonnello libico, al momento, rimane saldo al potere. Quella del 17 febbraio è, tuttavia, una prova difficile da superare. Le manifestazioni indette su internet con un video realizzato da un anonimo "figlio di Libia" possono avere dei risvolti imprevedibili, non ultimo, la dura repressione da parte del regime.
Un anticipo si è avuto già a cavallo tra il 15 e il 16 febbraio: Bengasi, la città più rivoluzionaria della Libia, la capitale dell'opposizione, è stata teatro di scontri tra manifestanti e forze di sicurezza. Tutto è scoppiato in seguito all'arresto - apparentemente senza motivi - di Fathi Terbil (poi scarcerato), un avvocato e attivista per i diritti umani, portavoce dell'associazione dei famigliari dei 1200 detenuti che il 29 giugno del 1996 furono massacrati nel carcere di Abu Salim di Tripoli. Il bilancio degli scontri parla di venti arresti, 38 feriti e due morti - secondo quanto riferito dall'agenzia al-Manara che fa base a Londra. I poliziotti, in borghese, hanno tentato di disperdere la folla con manganelli, cannoni ad acqua e pallottole di gomma; ma, stando alle diverse testimonianze che si rincorrono sui social network, le forze di sicurezza avrebbero sparato anche diversi proiettili.
È scoccata, anche in Libia, l'ora del "giorno della collera". Gli oppositori del regime sperano di cavalcare l'onda delle rivolte tunisine ed egiziane e a dare un segnale per la riscossa.

"Enough, Libya!": Basta, Libia! Sono in molti a chiedere il cambiamento, la fine dei quarantuno anni di dittatura del Colonnello: oltre al popolo di internet, anche una parte della società civile composta da professori, avvocati, intellettuali e studenti è uscita allo scoperto. Con un documento firmato, finora, da 213 persone si chiedono le dimissioni di Gheddafi, la fine di un sistema in cui tutto è nelle mani nel Colonnello e dei suoi sei figli. Il messaggio è chiaro: i libici, gli oppositori del regime non sono disposti a vivere in una ‘repubblica ereditaria'.
Le proteste prenderanno il via nelle principali città libiche, ma gli epicentri saranno senza dubbio la capitale, Tripoli, e appunto Bengasi dove la data del 17 febbraio richiama alla mente anche il massacro compiuto dalla polizia ai danni di un gruppo di giovani che protestava, nel 2006, davanti alla sede del consolato italiano per una non insolita sortita anti Islam del ministro italiano Roberto Calderoli.
Il regime, intanto, prende le misure. Gheddafi ha lavorato nell'ombra per tenere la Libia al riparo dall'onda rivoluzionaria che imperversa nel mondo arabo e islamico: secondo il rapporto presentato in Parlamento dal direttore dell'agenzia di controspionaggio italiana (Aisi), Giorgio Piccirillo, il Colonnello avrebbe fatto ricorso a un singolare "regolatore sociale a uso interno". Secondo le fonti di intelligence italiana, infatti, la Libia avrebbe favorito la fuoriuscita di migranti verso la Tunisia (che in questi giorni stanno sbarcando sulle coste italiane) nei cui flussi sarebbero rientrati anche "evasi dalle carceri locali". Un mezzo per abbassare la pressione nel paese ed evitare che questi finissero per alimentare le voci della protesta.
Intanto ad Al-Bayda, cittadina ad est di Bengasi, sono scattati dei blitz con conseguenti arresti a casa di molti giovani accusati di veicolare, attraverso la rete, "il virus" della protesta. Tra gli arrestati ci sarebbero anche Basim Liyas e Khaled al-Tshani che avrebbero dovuto coordinare le manifestazioni in tutto il paese. Al momento, non si consce il loro destino né il luogo dove sono stati trasferiti.
Il pericolo di un bagno di sangue rimane altissimo. L'ultimo cartello del video-invito realizzato dall'anonimo figlio di Libia mostra il volto del Colonnello con la scritta in sovrimpressione "Gheddafi è terrorizzato". Un messaggio che infonde speranza e allo stesso tempo preoccupazione. Perché la storia e la natura lo insegnano: è attraverso la paura che si compiono le azioni più atroci.

Tratto da:  PeaceReporter

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!