giovedì 17 giugno 2010

Enel assalta la Patagonia

di Andrea Fagioli

"L'Enel in Patagonia è di una aggressività feroce e il mega-progetto Hydroaysen che prevede la costruzione di cinque centrali idroelettriche punta a trasformare la regione dell'Aysen (Cile meridionale) da riserva di vita a pila di Santiago e dell'industria mineraria del nord del paese". Juan Pablo Orrego, vincitore nel 1998 del Right livelihood award, considerato il Nobel alternativo, e uno dei leader del Consiglio di difesa della Patagonia (Cdp), non ha dubbi: il Cile non ha bisogno delle dighe e il progetto è un business per le imprese, a spese dell'ambiente e dei cittadini della regione.
Dal suo ufficio al secondo piano di un anonimo edificio nella zona est di Santiago in cui lo incontriamo, Orrego porta avanti, con la sua Ecosistemas e insieme a molte altre organizzazioni cilene e internazionali - tra cui le italiane Omal, Mani tese, Per la riforma della Banca mondiale, Servizio civile internazionale e A sud - la battaglia per fermare il mega-progetto, in attesa del via libera definitivo, di cui il gigante italiano dell'elettricità possiede il 51 percento attraverso la controllata Endesa.

Il 17 maggio, al termine di un tour che ha portato Orrego e il vescovo di Aysen, Luis Infanti de la Mora, a parlare di fronte all'assemblea degli azionisti dell'Enel e al Parlamento europeo di Bruxelles, il Cdp ha denunciato Enel ed Endesa al Tribunale permanente dei popoli di Madrid (Tpp), per voler degradare il patrimonio naturale della Patagonia e violare il diritto dei suoi abitanti a vivere in un ambiente libero dall'inquinamento.
Hidroaysen, che prevede tre dighe nel fiume Pascua, due nel fiume Baker e 2.300 chilometri di linee di trasmissione per portare l'energia dalla Patagonia a Santiago, è considerata un'opera ad altissimo impatto ambientale dalle organizzazioni ecologiste, supportate da uno studio di un gruppo di ricercatori del Mit di Boston.

Partiamo dall'inizio signor Orrego. Lei parla dell'aggressività dell'Enel, ma il progetto è nato ben prima della sua acquisizione di Endesa, semmai a essere aggressivi saranno stati gli spagnoli!
Certo, infatti quando Enel ha comperato la società spagnola noi abbiamo sperato che qualcosa cambiasse, che l'azienda italiana fosse più "verde" e socialmente responsabile di Endesa. E in effetti l'anno scorso, quando sono stato a Roma, mi avevano detto di avere dubbi rispetto alle strategie imprenditoriali di Endesa e di non essere sicuri del progetto. Quando sono tornato quest'anno però ho trovato uno scenario completamente diverso. Hanno deciso di adottare un modello iper-aggressivo, sconsiderato e di passare sopra a qualsiasi cosa. Da quello che ho potuto capire, Enel si è indebitata fino al collo per acquistare Endesa (pagata 11 miliardi di dollari nel 2009) che è il fiore all'occhiello dell'azienda e non ha intenzione di cambiare niente.

Sì, ma dov'è l'aggressività?
Da una parte continuano a corrompere le autorità locali con progetti di volontariato, pacchetti di opere sociali, sussidi rurali, borse di studio e corsi di informatica. Sono arrivati anche a offrire connessione wifi gratis a interi villaggi in cui per entrare si passa obbligatoriamente per la pagina di Hydroaysen. Ma dall'altra hanno alzato il tiro. Pablo Yrarrazaval, direttore di Enersis, consorzio che controlla Endesa, ha donato 10 milioni di dollari per la ricostruzione post-terremoto del paese, e poi ha chiesto en passant al presidente Pinera di non ostacolare l'approvazione del progetto. Questo dimostra la prepotenza e l'arroganza di queste persone. Arrivano a usare la Moneda per i propri scopi.

Chi ci guadagna con il progetto?
Hydroaysen è un business incredibile, si considera che i lavori dureranno 12 anni e i costi si aggireranno intorno ai 7 miliardi di dollari (dai 3,5 previsti dal progetto originario), ma una volta che le centrali saranno a pieno regime gli utili saranno tra gli tra 1,2 e 1,4 miliardi di dollari, questo significa che i costi saranno coperti in pochissimi anni. Poi solo profitti.

E l'energia, a chi serve?
Dicono che sia per tutti i cileni, a sentire loro sembra sia un'opera filantropica. In effetti l'energia di queste dighe verrebbe immessa nel Sistema interconnesso centrale (Sic) che rifornisce il 93 percento della popolazione. In realtà chi ne ha bisogno è la grande industria della regione metropolitana, ma soprattutto l'industria mineraria del nord che ne consuma circa il 40 percento. Alla fine dei conti per uso residenziale ne rimane meno del 15. Ma c'è di più, per trasportare l'energia senza perdite per 2.300 chilometri, questa viene trasformata in corrente continua non utilizzabile per essere poi ritrasformata alle porte di Santiago e distribuita. Di conseguenza il 51 percento di paese attraversato dalle 6.000 torrette di 60/70 metri di altezza pagherà un prezzo altissimo dal punto di vista ambientale, senza trarne alcun vantaggio in termini energetici.

Ma perché vi siete rivolti al Tpp, che può emettere solo sentenze non vincolanti che hanno un valore esclusivamente simbolico, e non siete ricorsi alla giustizia cilena?
Perché il Cile è uno dei paesi con la legislazione più liberista del pianeta. La logica è che tutti gli impatti sociali si possono compensare economicamente e tutti gli impatti ambientali si possono mitigare. Le istanze ambientali non devono essere un freno per lo sviluppo. Esiste una Commissione nazionale dell'ambiente (Conama) così come varie commissioni regionali (Corema), ma dalle loro valutazioni non dipende l'approvazione dei progetti. Si limitano a cercare forme di renderli più compatibili con l'ambiente. Un altro aspetto importante è quello delle concessioni dell'acqua. La costituzione del 1980 (scritta in piena dittatura ndr.) ne decretò la proprietà privata e di fatto Endesa è proprietaria dell'80 percento delle acque del Cile e del 96 percento di quelle della regione di Aysen. La stessa costituzione impedisce allo Stato cileno di entrare in attività commerciali, quelle attività in cui lascia entrare lo Stato italiano, azionista di Enel.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!