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giovedì 30 giugno 2022

Kurdistan - "Svezia e Finlandia ci hanno traditi in cambio della Nato"

Intervista a Yilmaz Orkan (UIKI-ONLUS): “Il memorandum tra Turchia, Svezia e Finlandia è stato firmato sulla pelle di migliaia di attivisti, avvocati, giornalisti e cittadini curdi. Che verranno consegnati al loro massacratore, Erdogan”.


“Non abbiamo amici, solo le montagne”. Recita così un antico proverbio curdo, sintetizzando in poche parole una lunga storia fatta di delusioni, massacri e tradimenti. Come quello di Svezia e Finlandia, Paesi finora “amici” dei curdi che due giorni fa hanno firmato un memorandum trilaterale che – in cambio del via libera della Turchia al loro ingresso nella Nato – accetta incondizionatamente le richieste di Erdogan, non propriamente un leader democratico.

Tra le altre, l’abbandono del sostegno – in ogni sua forma – al popolo curdo e la fine dell’embargo sulle armi imposto nel 2019 da Stoccolma e Helsinki in risposta all’offensiva proprio contro i curdi in Siria del Nord. Tradotto: Svezia e Finlandia dovranno consegnare alla Turchia tutti i rifugiati politici curdi che Ankara richiederà e accettare senza battere ciglio i bombardamenti turchi nel Rojava, la regione autonoma de facto nel nord e nord-est della Siria protagonista da anni di un esperimento unico in Medio Oriente, quello del confederalismo democratico.

Sono bastate tre pagine e dieci punti per cancellare la solidarietà che da decenni i governi e i popoli svedese e finlandese avevano garantito ai curdi. Fanpage.it ne ha parlato con Yilmaz Orkan, responsabile di UIKI-ONLUS (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia).

Cosa pensate dell’accordo tra Svezia, Finlandia e Turchia?

L’accordo che Finlandia e Svezia hanno firmato con la Turchia ha dell’incredibile: Ankara ha scritto un documento che Stoccolma e Helsinki si sono limitate a firmare senza fiatare né apportare modifiche. Peccato che quel memorandum sia stato firmato sulla pelle di migliaia di attivisti, avvocati, giornalisti e cittadini curdi.

Perché dite che quell’accordo è stato firmato sulla vostra pelle?

Perché Erdogan è un dittatore che pratica già il massacro dei curdi. Quegli accordi però sono estremamente problematici anche per le democrazie occidentali e per la stessa Nato: quando l’Alleanza negli anni ’50 venne costituita l’idea di fondo era quella di difendere le democrazie liberali dalla minaccia dell’Unione Sovietica. Nel frattempo i tempi sono cambiati, l’URSS non esiste più e con l’ultimo memorandum di due giorni fa la Nato si trasforma in uno strumento nelle mani della Turchia, cioè nel bastone che il tiranno Erdogan potrà utilizzare a piacimento contro i popoli. Attenzione, vi ricordo che anche il Presidente del Consiglio Draghi in passato ha parlato di quello turco come di un regime dittatoriale.

Credete che la Nato parteciperà alla guerra contro i curdi?

Erdogan vuole il massacro dei curdi ovunque essi si trovino, dalla Turchia al nord della Siria, dall’Iraq all’Armenia. Ovunque. Ricordo che nel 2013 tre militanti curde del PKK sono state assassinate nel centro da Parigi da uomini dei servizi segreti turchi. Le autorità francesi sanno chi sono i killer, eppure nessuno hanno mai indagato per quel triplice omicidio. Ma torniamo a noi. Lo scopo del leader turco è fare sì che la Nato condivida questa strategia, altrimenti non avrebbe posto a Finlandia e Svezia condizioni così vincolanti. Il memorandum firmato due giorni fa costituisce un precedente molto pericoloso. In futuro i Paesi della Nato potranno avvalersi della potenza militare dell’Alleanza per dichiarare guerra ad altri popoli che, come noi, lottano per la loro libertà.

Perché molti curdi si erano rifugiati in Svezia e Finlandia?

È una lunga storia. Da decenni i Paesi scandinavi e i loro avanzati sistemi democratici garantiscono protezione ai rifugiati politici di tutto il mondo. Questo è valso per le persone in fuga dalle guerre civili in America Latina, Vietnam e in particolare per noi curdi, che dagli anni ’70 abbiamo trovato in questi Paesi dei luoghi sicuri in cui vivere rispettandone le leggi e le tradizioni. Oggi in Svezia esiste una comunità curda di oltre 200mila persone, 50mila delle quali arrivate dal nord della Siria negli ultimi anni a causa della guerra. Siamo una delle comunità più numerose di quel Paese tanto che oggi esprimiamo anche dei membri in Parlamento. Non comprendiamo come mai i governi di Stoccolma e Helsinki abbiano deciso improvvisamente di bollare i curdi come “terroristi” e rispedire nelle mani di un dittatore, Erdogan, molti rifugiati politici, giornalisti, avvocati, attivisti: è un fatto estremamente preoccupante.

Nel memorandum firmato dalla Svezia e dalla Finlandia la Turchia chiede, in cambio dell’ingresso nella Nato, che questi due Paesi non accolgano rifugiati delle YPG e YPJ.

Sì, e le YPG e YPJ (Unità di Protezione Popolare e Unità di Protezione delle Donne, ndr) hanno combattuto la guerra all’Isis. Sono state loro, al prezzo di 12mila martiri, a sconfiggere lo Stato Islamico a Raqqa, Kobane e altre città della Siria. Ci meraviglia non solo che Svezia e dalla Finlandia abbiano deciso che quei combattenti sono terroristi, ma che anche altri membri della Nato non abbiano avuto niente da dire al riguardo. Italia, Stati Uniti, Germania, Francia e Inghilterra non avrebbero mai dovuto accettare l’imposizione da parte della Turchia di una condizione del genere. Ma se tutti sono rimasti in silenzio, vuol dire che sono tutti d’accordo con Erdogan.

Cosa sta accadendo in questi mesi in Turchia?

Il consenso di Erdogan si sta sgretolando perché la situazione politica ed economica è disastrosa: un anno fa un chilo di zucchero costava 7 lire, oggi ne servono 30. Il rischio che nei prossimi mesi esploda una bomba sociale è alto, e il Governo usa la guerra ai curdi e la retorica dell’emergenza come strumenti per giustificare le difficoltà che i cittadini vivono: Erdogan bombarda il Kurdistan meridionale, minaccia il Rojava e spedisce jihadisti e mercenari turchi in Libia. È perennemente in guerra, la Turchia è costantemente in stato di crisi, un vero inferno.

Credete che Erdogan intensificherà gli attacchi ai territori curdi?

Sì. Lo farà. Nell’ottobre del 2023 si celebrerà il centesimo anniversario della Repubblica di Turchia e quell’anno scadranno anche i vincoli imposti dal Trattato di Losanna, che determinò nel 1923 la fine di ogni pretesa turca su Cipro, Iraq e Siria per 100 anni. Ora che Siria e Iraq sono Paesi distrutti e incapaci di difendersi, credete che Erdogan non tenterà di prendere il controllo di pezzi di quei territori? Lo sta già facendo: per questo attacca il Kurdistan meridionale, ha 38 basi militari in Iraq e vuole espandersi nel Rojava, anch’esso controllato dai curdi.

Il Rojava è il territorio in cui state sviluppando il modello del confederalismo democratico. Di cosa si tratta?

Un nuovo paradigma sviluppato dal leader del PKK Abdullah Öcalan. Nel XX secolo le lotte per l’autodeterminazione dei popoli si sono fuse con quelle per l’ottenimento di uno stato nazione: dopo aver analizzato la storia degli ultimi 100 anni abbiamo però compreso che i valori legati al nazionalismo, e i massacri che ne sono derivati ovunque, nel XXI secolo sono inaccettabili. Per questo abbiamo lavorato a un nuovo progetto che chiamiamo confederalismo democratico: vogliamo convivere con gli altri popoli, con tutte le religioni e le culture ma non chiediamo uno stato nazione, non vogliamo frontiere né confini. Nel nostro modello i cittadini autogestiscono le città, i villaggi e i quartieri.

Sembra un’utopia…

Eppure non lo è. Stiamo già mettendo in pratica questo paradigma in Rojava, nel nord della Siria: in questo territorio i curdi convivono con assiri, arabi, ceceni, armeni, combattono contro il patriarcato e si ispirano ai principi della solidarietà, dell’ecologismo, dell’economia sostenibile e dell’uguaglianza di genere. Si tratta di un modello molto forte, di una novità soprattutto per gli altri regimi del Medio Oriente. Quello di Ergogan è uno di essi: massacrando i curdi, vuole distruggere anche l’idea che esista un altro modo di convivere. Ed è grave che la Nato lo supporti.

A cura di Davide Falcioni per Fanpage

venerdì 11 marzo 2022

Messico - Domenica 13

                                                           COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

Messico
9 marzo 2022

DOMENICA 13

Alla Sexta Nazionale e Internazionale:
A coloro che hanno firmato la Dichiarazione per la Vita:
Alle persone oneste in tutto il mondo:

In accordo con alcuni individui, gruppi, collettivi, organizzazioni e movimenti di SLUMIL K’AJXEMK’OP, le comunità zapatiste hanno concordato di convocare mobilitazioni e manifestazioni contro TUTTE LE GUERRE capitaliste attualmente in corso in vari angoli del pianeta. Non è solo in Ucraina. Anche in Palestina, Kurdistan, Siria, contro il popolo Mapuche, i popoli originari in tutto il pianeta, e contro tanti processi libertari che vengono attaccati, perseguitati, assassinati, messi a tacere, distorti.

Rispondendo a tale appello, abbiamo deciso di partecipare alle mobilitazioni di domenica 13 marzo 2022 e di continuare così le azioni contro le guerre che il sistema perpetra nel mondo.

Proponiamo quindi l’inizio di una campagna mondiale contro le guerre del capitale, qualunque sia la loro geografia. Organizzare concerti, meeting, festival, incontri, ecc. Insomma, le arti contro le guerre.

Invitiamo tutte le persone, i gruppi, i collettivi, le organizzazioni e i movimenti onesti in Messico e nel mondo, secondo i propri tempi e modi – e preservando la loro indipendenza e autonomia -, a unirsi alle attività per chiedere la fine delle guerre, a partire da domenica 13.

Da parte loro, le comunità zapatiste manifesteranno con cortei di alcune migliaia di zapatisti domenica 13 marzo 2022 nei loro caracoles, nei capoluoghi municipali di San Cristóbal de las Casas, Yajalón, Palenque, Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e nelle comunità.

Contro tutte le guerre: tutte le arti, tutte le resistenze, tutte le ribellioni!

Dalle montagne del Sud-est Messicano
Commissione Sexta Zapatista
Messico, marzo 2022

 

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo

venerdì 4 marzo 2022

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

    

       COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

                             Messico

                                      NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

                                  (Sull’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo)

2 marzo 2022

Ai firmatari della Declaración por la Vida:

Alla Sexta nazionale e internazionale:

Compañer@s y herman@s:

Esprimiamo il nostro pensiero e parole su quanto sta accadendo attualmente nella geografia che chiamano Europa:

PRIMO.- C’è un aggressore, l’esercito russo. Ci sono interessi dei grandi capitali in gioco, da entrambe le parti. Coloro che ora patiscono i deliri di alcuni ed i subdoli calcoli economici di altri, sono i popoli di Russia e Ucraina (e, forse presto, quelli di altre geografie vicine o lontane). Da zapatisti quali siamo, non sosteniamo l’uno o l’altro Stato, ma piuttosto coloro che lottano per la vita contro il sistema.

Durante l’invasione multinazionale dell’Iraq (quasi 19 anni fa) guidata dall'esercito americano, ci furono mobilitazioni in tutto il mondo contro quella guerra. Nessuno sano di mente allora pensava che opporsi all'invasione fosse mettersi dalla parte di Saddam Hussein. Ora è una situazione simile, anche se non la stessa. Né Zelensky né Putin. Fermate la guerra.

SECONDO.- Diversi governi si sono allineati da una parte o dall'altra, facendolo su calcoli economici. Non vi è alcun valore umanistico in loro. Per questi governi e i loro “ideologi” ci sono interventi-invasioni-distruzioni buone e ce ne sono di cattive. Le buone sono quelle portate avanti dai loro affini, e le cattive sono quelle perpetrate dai loro opposti. Il plauso all'argomento criminale di Putin per giustificare l’invasione militare dell’Ucraina, si trasformerà in lamento quando, con le stesse parole, si giustificherà l’invasione di altri popoli i cui processi non sono di gradimento al grande capitale.

Invaderanno altre geografie per salvarli dalla “tirannia neonazista” o per porre fine ai “narco -stati” vicini. Ripeteranno quindi le stesse parole di Putin: “dobbiamo denazificare” (o il suo equivalente) ed abbonderanno di “ragionamenti” di “pericoli per i propri paesi”. E poi, come ci dicono le nostre compagne in Russia: “Le bombe russe, i razzi, le pallottole volano verso gli ucraini senza chiedere le loro opinioni politiche e la lingua che parlano”, ma cambierà la “nazionalità” delle une e delle altre.

TERZO.- I grandi capitali e i loro governi “occidentali” sono rimasti in poltrona a contemplare – e persino incoraggiare – la situazione che si stava deteriorando. Poi, una volta iniziata l’invasione, hanno aspettato di vedere vedere se l’Ucraina avrebbe resistito, calcolando ciò che si poteva trarre da un risultato o dall'altro. Poiché l’Ucraina resiste, si cominciano ad emettere fatture per “aiuti” che verranno riscosse in seguito. Putin non è l’unico ad essere sorpreso dalla resistenza ucraina.

I vincitori di questa guerra sono le grandi industrie degli armamenti e i grandi capitali che vedono l’opportunità di conquistare, distruggere/ricostruire territori, ovvero, creare nuovi mercati di merci e di consumatori, di persone.

QUARTO.- Invece di rivolgerci a quello che diffondono i media e i social network delle rispettive parti – che entrambe presentano come “notizie” – o alle “analisi” nell'improvvisa proliferazione di esperti di geopolitica e nostalgici del Patto di Varsavia e della NATO, abbiamo cercato e chiesto a coloro che, come noi, sono impegnati nella lotta per la vita in Ucraina e in Russia.

Dopo diversi tentativi la Commissione Sexta Zapatista è riuscita a mettersi in contatto con i nostri parenti di resistenza e ribellione nelle geografie che chiamano Russia e Ucraina.

QUINTO.- In breve, questi nostri parenti, che oltretutto sventolano la bandiera della @ libertaria, sono decisi: in resistenza quelli che sono nel Donbass, in Ucraina; e in ribellione coloro che percorrono e lavorano per le strade e i campi della Russia. In Russia ci sono arrestati e pestati per aver protestato contro la guerra. In Ucraina ci sono assassinati dall'esercito russo.

Li unisce tra loro, e loro con noi, non solo il NO alla guerra, ma anche il rifiuto di “allinearsi” con i governi che opprimono la loro gente.

In mezzo alla confusione e al caos da entrambe le parti, le loro convinzioni restano salde: la loro lotta per la libertà, il loro ripudio dei confini e dei loro Stati Nazione e le rispettive oppressioni che cambiano solo bandiera.

Il nostro dovere è sostenerli al meglio delle nostre possibilità. Una parola, un’immagine, una melodia, una danza, un pugno alzato, un abbraccio – anche da geografie lontane – sono un sostegno che animerà i loro cuori.

Resistere è persistere ed è prevalere. Sosteniamo questi parenti nella loro resistenza, cioè nella loro lotta per la vita. Lo dobbiamo a loro e lo dobbiamo a noi stessi.

SESTO.- Per quanto sopra, invitiamo la Sexta nazionale e internazionale che non l’ha ancora fatto, secondo i propri calendari, geografie e modi, a manifestare contro la guerra e a sostegno di ucraine e ucraini e di russe e russi che lottano nelle loro geografie per un mondo con libertà.

Nello stesso tempo, invitiamo ad appoggiare economicamente la resistenza in Ucraina attraverso i numeri di conto corrente che ci indicheranno a suo tempo.

Da parte sua, la Commissione Sexta dell’EZLN sta inviando un piccolo aiuto a quanti, in Russia e Ucraina, combattono la guerra. Sono stati inoltre avviati contatti con i nostri parenti in SLUMIL K´AJXEMK´OP per creare un fondo economico comune per sostenere coloro che resistono in Ucraina.

Senza doppiezze, gridiamo e invitiamo a gridare ed esigere: Fuori l’Esercito Russo dall'Ucraina.

-*-

Se continua e, come prevedibile, cresce, forse poi non ci sarà nessuno a rendere conto del paesaggio che resterà dopo la battaglia.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés SupGaleano

Commissione Sexta dell’EZLN

Marzo 2022

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/03/03/no-habra-paisaje-despues-de-la-batalla/

Traduzione “Maribel” – Bergamo

sabato 2 ottobre 2021

Messico-Europa - C'è una donna - Contro la distruzione della Natura


PAROLE DELLE COMUNITA' ZAPATISTE IN OCCASIONE DELLA MARCIA 
CONTRO LA DISTRUZIONE DELLA NATURA

Vienna, Austria.  Per voce della compagna Libertad, 24 settembre 2021.

Buon pomeriggio.

Questa è la nostra piccola parola in una piccola storia:

C’è una donna.

Non importa il colore della sua pelle, perché lei ha tutti i colori.

Non importa la sua lingua, perché lei ascolta tutte le lingue.

Non importa la sua razza e la sua cultura, perché in lei dimorano tutti i modi.

Non importa la sua dimensione, perché è grande e tuttavia sta in una mano.

Ogni giorno e ogni ora questa donna è violata, picchiata, ferita, violentata, derisa, disprezzata.

Un maschio esercita il suo potere su di lei. 

Ogni giorno e ogni ora, lei viene a noi (nosotras), per noi (nosotros), per noi (nosotroas).

Ci mostra le sue ferite, i suoi dolori, le sue pene.

E noi le diamo solo parole di conforto, di pietà. 

Oppure la ignoriamo.

Forse come elemosina le diamo qualcosa per curare le sue ferite.

Ma il maschio continua la sua violenza.

Noi e voi sappiamo come andrà a finire.

Sarà uccisa e con la sua morte tutto morirà.

Possiamo continuare a darle solo parole di incoraggiamento e medicine per i suoi mali.

Oppure possiamo dirle la verità: l’unica medicina che può curarla e guarirla completamente è affrontare e distruggere chi la viola.

E possiamo anche, e di conseguenza, unirci a lei e combattere al suo fianco.

Noi, i popoli zapatisti, chiamiamo questa donna: «madre terra».

Al macho che la opprime e la umilia, dai il nome, la faccia e la forma che vuoi.

Noi, i popoli zapatisti, chiamiamo questo macho assassino con un nome: capitalismo.

E siamo venuti in queste geografie per chiedere, per chiedere a voi.

Continueremo a pensare che i colpi di oggi saranno curati con pomate e antidolorifici, anche se sappiamo che domani la ferita sarà più grande e più profonda?

O vogliamo combattere con lei?

Noi, le comunità zapatiste, abbiamo deciso di lottare insieme a lei e per lei.

Questo è tutto quello che possiamo dirvi.

Grazie mille per averci ascoltato.
Vienna, Austria, Europa, Pianeta Terra.
24 settembre 2021


domenica 12 settembre 2021

Messico-Europa - Comando Palomitas

Comando Palomitas.

Commando Popcorn

Settembre 2021

Non lo so per certo, ma la leggenda colloca la gestazione di questa unità d’élite dell'ezetaelene a poche lune fa.

Sebbene il comando generale zapatista abbia più volte negato la sua esistenza classificando queste maldicenze nella cartella dei “Grandi Miti e Non” (insieme alle leggende del Sombrerón, la Xpakinté e delle ricette gastronomiche del defunto SupMarcos), le voci collocano la nascita dell’ormai famoso Commando Popcorn nel Caracol di Tulan Kaw alla fine del 2019.

Secondo ciò, l’autoproclamato SupGaleano si era accaparrato tutto il mais da popcorn dello stato messicano sudorientale del Chiapas. E, sebbene il suddetto abbia poi affermato che il suo piano fosse quello di sabotare le grandi catene cinematografiche e costringerle a ridurre il prezzo di un articolo così prezioso – oltre a vietare le assurde varianti che offrono popcorn aromatizzati al sapore di fritture stantie – indagini successive hanno sostenuto l’ipotesi avanzata dall'accusa (un essere straordinariamente simile a uno scarabeo), che al processo sollevò il movente del crimine: il SupGaleano voleva strafogarsi di popcorn. L’improvvisa e incomprensibile carenza di salsa piccante ne aumentava i sospetti.

Il procuratore di nome Don Durito – abbigliato come il Procuratore di Ferro dei fratelli Almohada (da non confondere con gli Almada, quelli sono altri) – aveva esibito una brillante oratoria ricca di riferimenti cinematografici che, bisogna ammetterlo, a volte ricordava Al Pacino, Tom Cruise, John Travolta e Matthew McConaughey (cit. i film di questi attori e le tematiche di giurisprudenza). L’imputato, in qualità di difensore di sé stesso, non era stato da meno e, inoltre, aveva aggiunto riferimenti drammaturgichi. Il suddetto stava argomentando come Shui Ta/Shen Te davanti agli dei (“L’anima buona di Sezuan”. Bertold Brecht), quando è arrivata l’ora del pozol e la giuria al completo si è assentata.

Capendo che giustizia non sarebbe stata fatta e che il malvagio SupGaleano se la sarebbe cavata, la banda di Defensa Zapatista, con la collaborazione del Gatto-Cane, prese d’assalto la capanna del SupGaleano ed “espropriato” non solo diversi sacchi di popcorn, ma anche non pochi cartoni di salsa piccante. L’amato Amado stava allora facendo le sue prime incursioni nella banda di Defensa Zapatista (sebbene avesse già debuttato a Oventik nel 2018, al primo festival del cinema, quando rubò la macchina da presa a Gael García Bernal), così formò, con l’amico Chinto, una sorta di succursale dell’orda di Defensa Zapatista.

Nella nuova banda si è auto-reclutata la Veronica, la sorellina di Amado, che si dice sia “l’ala radicale” del Commando (di solito porta i tatuaggi anche sulle labbra quando gli tocca la caramella gommosa che li contiene). Il Chuy e Cintia sono stati reclutati successivamente. Per un po’ Esperanza ha guidato la truppa, ma non è passato molto prima che si unisse, insieme a Defensa, alla squadra di calcio femminile delle miliziane. Allora l’amato Amado è rimasto al comando.

-*-

Erano i mesi di aprile e maggio. L’unità che sarebbe stata poi battezzata “La Extemporánea”, si preparava in centinaia nel Semillero “Comandanta Ramona”.

Al SupGaleano era stato ordinato di impedire ai bambini di disturbare le loro madri mentre seguivano il corso di Ascolto e Parola. Il suddetto ha affrontato questa nuova sfida organizzativa e progettato una riforma alla legge organica inesistente dell'ezetaelene. Il suo obiettivo: dare loro una struttura militare e istruirli nella difficile arte del sabotaggio, della distruzione indiscriminata e delle urla coordinate e in sequenza.

Li ha radunati e con voce marziale ha detto loro: “Avete sentito il SubMoy che ha spiegato che dovete essere organizzati. Quindi dovete capire che anche per fare marachelle bisogna organizzarsi. D’ora in poi siete una unità militare e chi non obbedisce agli ordini subirà la punizione del taglio della testa con il machete, senza filo affinché ci metta tempo, e arrugginito affinché si infetti e si debba fare l’iniezione”.

Inutile dire che la minaccia non sortì l’effetto sperato. La Cintia ha fulminato il Sup dall'alto in basso con lo sguardo voltandogli le spalle. Il Chuy ha chiesto se dovesse andare a cercare un machete. Il Chinto sembrava valutare i rischi. L’amato Amado si è alzato il colletto della camicia e la Veronica ha deciso che era un buon momento per urlare a squarciagola. In cho’ol, di nuovo.

Il nostro eroe (attenzione: io sono “il nostro eroe”) non si è lasciato scoraggiare da questo contrattempo e, sfoggiando le sue vaste conoscenze in psicologia, è arrivato con un secchio da 20 litri pieno di popcorn. La banda si è raccolta intorno al SupGaleano pressionandolo con il classico “devi condividere“. Ma il Sup ha risposto: “Non posso, è solo per i commandos“. Immediatamente tutt@ si sono iscritti. Questa è stata la nascita ufficiale del Commando Popcorn in quanto tale.

Il Sup, lungimirante, aveva alcuni orsacchiotti e qualche potente pistola ad acqua. Ha fatto scegliere a loro. Amado e Chinto hanno scelto pistole ad acqua; Cintia ha preso l’orsacchiotto, che era anche della sua altezza; il Chuy – come sua abitudine – ha scelto un cavallino di plastica che, per inciso, non era contemplato nella distribuzione.

Mentre tutti si aspettavano che Veronica scegliesse l’altro orsacchiotto, lei lo ha rifiutato, ha preso una delle pistole ad acqua, si è pigliata il cavalluccio del Chuy dopo averlo bagnato (non è riuscita a prendere l’orsacchiotto di Cintia perché l’aveva già nascosto “in modo che non si bagnasse”) ed ha attaccato Amado e Chinto. Immersa nel fragore della battaglia, Veronica è andata da sua mamma perché la cambiasse ma non si è riposata e si è lanciata contro i fottuti uomini – che avevano finito le munizioni, cioè l’acqua – e li ha sconfitti con un’azione fulminante applaudita da Defensa e da Esperanza in quella che hanno definito una “vittoria di genere”. Il nostro eroe, vedendo il potenziale bellico di Veronica, le ha regalato un fucile lanciapalloni ad acqua (di ultima generazione).

Come dice il proverbio – inventato all'epoca dal nostro eroe -: “non si vive di solo popcorn, ma ci sono anche ghiaccioli e caramelle gommose”; il Commando è stato dotato di ogni genere di elementi per il suo ferreo addestramento. È così che sono arrivate delle caramelle gommose che avevano in omaggio degli adesivi simili a tatuaggi. Veronica è stata l’unica ad appiccicarseli senza esitazione. E, naturalmente, anche l’unica che, leccando la calcomania che aveva un po’ di zucchero, si è tatuata la lingua. È così che Verónica, a soli tre anni, si è ritrovata, oltre al cho’ol e castigliano, con la lingua cinese-giapponese-coreana.

Il temibile Commando Popcorn è attualmente composto dall'amato Amado (10 anni e responsabile del commando), Chinto (10 anni e coordinatore operativo), Cintia (3 anni e dottoressa del gruppo), Chuy (3 anni, demolizioni controllate) e Verónica (3 anni, demolizioni senza alcun controllo).

-*-

La prima operazione del CP è stata quella di salutare lo Squadrone 421. Mentre le basi di appoggio gridavano evviva allo Squadrone e il consiglio degli anziani benediceva i futuri marinai con il fumo di copale, il CP gridava slogan assurdi, incitati da un individuo di dubbia reputazione, come “Vogliamo popcorn!“, “Lottiamo per i popcorn!“, “Per tutti, tutto. Popcorn per noi!“.

Naturalmente ci sono state lamentele e persino un’accusa formale, ma Veronica ha iniziato a piangere in ch’ol e il SubMoisés disperato ha detto “fate zittire quella bimba“. Il SupGaleano, vantando suoi diplomi e dottorati in pedagogia infantile, ha presentato due opzioni: o cucire le labbra all'urlatrice o darle dei popcorn – perché con la bocca piena di popcorn non avrebbe potuto urlare -. Poiché non sono riusciti a trovare ago e filo, le hanno dato un sacchetto di popcorn. Il pianto è cessato immediatamente. Ma, oh sorpresa, accortosi del risultato, anche il resto della banda ha iniziato a piangere. Conclusione: la sottotenente Angelina ha dovuto fare i popcorn da dare a tutti.

La storia della motosega è simile. Quando i bambini hanno visto gli insorti tagliare il legno per scolpire i cayucos, hanno cominciato a giocare alla motosega con delle assi. Cioè, la tavola di legno era la motosega. Il loro ottimismo era encomiabile: con la tavola-motosega hanno cercato di abbattere i pali metallici dei tabelloni da basket. Ma, quando hanno iniziato a “giocare” a chi segava l’altro, il SupGaleano si è reso conto, con profonda soddisfazione, che la banda avrebbe potuto affrontare con successo un’apocalisse zombie.

Quando l’amato Amado si è ferito al piede con un chiodo, Veronica ha pensato che fosse una buona idea “curare” il suo piede ed ha chiesto aiuto al Chuy. Con le rispettive tavole hanno cercato di segare i piedi dell'Amado. Lì Cintia ha informato il SupGaleano che l’Amado “si era inchiodato un chiodo“. Il Sup le ha dunque consigliato, per vedere se era vero, di dirgli che gli avrebbe fatto un’iniezione. Se Amado fosse fuggito, significava che stava fingendo e non era gravemente ferito. Cintia dopo poco è tornata ed ha riferito: l’Amado era ancora postrato (attenzione Centennials – o come si dice -, ha detto “postrato”). Il Sup ha fatto la sua migliore faccia da Doctor House e ha detto: “È serio, dobbiamo operare“. Ed ha consigliato a Cintia di tagliargli i piedi… e la testa perché “forse gli fa male la testa“. La Cintia ha concordato. La storia sarebbe culminata in un trionfo della scienza medica, con un importante intervento chirurgico eseguito a 4 mani e due tavole in modalità motosega, se non fossero arrivati i promotori di salute che hanno portato Amado in clinica in barella, gli hanno messo delle bende e non so che unguenti.

Ma, di fronte alla frustrazione, Cintia non si è lasciata scoraggiare ed ha deciso di essere la dottoressa del Commando. Siccome il Sup non ha trovato una scatola gioco del piccolo medico ma solo una del piccolo veterinario, con questa Cintia si è presentata come la dottoressa della truppa.

Vedendo la lodevole vocazione per la demolizione di Verónica e del Chuy, hanno ottenuto due motoseghe di plastica e una valigetta da meccanico, con trapano, pinza, seghetto, taglierino, cacciavite, martello e chiave inglese (tutto in plastica), con il vantaggio di poter essere utilizzate sia per operazioni medico-chirurgiche, sia per riparare motoseghe che, ovviamente, si sono “rotte” fin dal primo giorno.

Poi sono arrivate le biciclette. Tutti sanno che un commando senza biciclette non può spostarsi in modo rapido ed efficiente. Il problema è che non sapevano andare in bicicletta. Il Sup non glielo ha insegnato sostenendo che “Forse qualcuno ti insegna a vivere? No, impari cadendo”. Infatti: il Commando si è riempito di graffi, contusioni e tagli, ma, pochi giorni dopo, già pedalava senza difficoltà sul campo da basket.

-*-

Quando La Extemporánea è stata informata che finalmente, c’erano i voli e, soprattutto, un posto dove atterrare in Europa, il nostro acclamato eroe (io) ha convocato il Commando Popcorn e ha detto loro: “Tra pochi giorni partirete. È vietato ammalarsi e ferirsi. Dovete badare a voi stessi, perché chi si farà dei graffi non avrà i popcorn. È chiaro?“.

Per dimostrare che tutto era chiaro, Chuy ha accusato Cintia di essere caduta dalla bicicletta. La Cintia ha detto che era una bugia di Chuy, che Veronica l’aveva spinta. L’amato Amado ha spiegato che litigano per qualsiasi cosa, che è sufficiente che una abbia un giocattolo, che litigano. Il nostro ammirato paladino ha confutato: “ma se dessimo ad ognuna lo stesso giocattolo, così che non litighino“. Il Chinto ha fatto l’espressione di “il Sup non capisce un bel niente” e l’amato Amado ha sentenziato: “Non gliene importa nulla, vogliono il giocattolo che ha l’altra“.

L’incomparabile e idolatrato eroe (di nuovo io, ma più modesto se possibile) li ha avvertiti: “Bene, vi ho già avvertito, se vi fate male o ammalate allora non partirete e le vostre mamme piangeranno perché neanche loro potranno partire, a causa vostra. Capito?“. Tutt@ hanno risposto affermativamente.

Non appena il gagliardo Sup ha girato le spalle, il Chuy ha iniziato a piangere. Veronica gli ha dato uno schiaffo per essere stato pettegolo. A Veronica è stato chiesto se fosse vero e lei ha confessato che lo era, senza il minimo segno di pentimento.

Sconsolato, il Sup è andato nella sua capanna. Lungi dal darsi sconfitto, ha controllato la sua vasta libreria di trattati di psicologia, geografia, scienze occulte e la sua collezione di fumetti i Memín Pingüín, ed è tornato. Ha chiamato il CP e su una mappa ha mostrato loro dove sono il caracol ed il semillero. Poi ha mostrato loro dov'è Madrid e dov'è Vienna. In seguito ha tracciato una linea elegante per descrivere il volo imminente.

Dopo una lunga spiegazione, il Sup si è ritirato soddisfatto: era riuscito a convincere il Commando Popcorn. Le ultime parole del nostro eroe riecheggiavano nell'aria: “Perché accontentarsi di fare marachelle e guai in un caracol, se puoi distruggere un intero continente?“.

-*-

L’inquadratura della telecamera si allontana. Il Commando Popcorn guarda la mappa del mondo mentre succhia avidamente ghiaccioli alla frutta. Tzotz, il Greedy e la Pelusa, tre cagnolini che di solito accompagnano il CP nelle sue incursioni, arrivano e distruggono la cartina. Una folata di vento solleva e fa volare via un frammento su cui si legge “Viaggio per la Vita”.

Un finale epico… e, beh, sì, un poco paradossale.

Warning: il Commando Popcorn per due mesi non ha dimostrato la ragione della sua esistenza. Un Commando Popcorn senza popcorn è come un vampiro che si consola con la salsa di pomodoro, quindi c’è da sperare che una volta giunto in Europa… beh, ecco… il SupGaleano con due vecchi walkie-talkie prova e riprova “Hallo? Vienna e Berlino bruciano?” con Amado che è a soli 10 metri di distanza e gli risponde che non sente niente. Certo, forse se mettessero le batterie nei dispositivi…

In fede.

Il SupGaleano.
Capo Supremo, Leader Maximo, Dirigente Eccezionale, Grande Guida, Storico, Saggio Infallibile, Luce Perenne alla Fine del Tunnel, Alfa e Omega – e Delta e Lambda -, Faro delle Generazioni Presenti e Future, Paladino della Modestia e Istruttore del Commando Popcorn.
(e, beh, anche “Nostro eroe” in questo racconto epico, degno di essere ampliato dalle penne di Martín Luis Guzmán e León Tolstoi)

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/09/10/comando-palomitas/

Música: Amanda Ventura-«The Way» (Harmonica Blues Solo), Led Zeppelin-«Immigrante Song», Creedence Clearwater Revival-«Fortunate Son»

sabato 11 settembre 2021

Messico-Europa - Dopo i 17 (La sezione Miliziana Ixchel-Ramona)

 


Dopo i 17

(La Sezione Miliziana Ixchel-Ramona)

Settembre 2021

Come parte della Extemporánea c’è una sezione di miliziane. Oltre a far parte dei gruppi “Escucha y Palabra”, si occuperanno della sicurezza della squadra aerotrasportata e dello svolgimento di una o più partite di calcio con squadre femminili di tutta Europa.

C’erano 196 miliziane iscritte per viaggiare. Circa 20 avevano meno di 18 anni, ma si preparavano per viaggi successivi e per i continenti Asia, Oceania, Africa e America, prevedendo che per allora sarebbero state maggiorenni per ottenere il passaporto.

Le difficoltà per avere i documenti (tutte sono estemporanee) e il continuo andirivieni dovuto alle pretese dei “funzionari”, le hanno costrette ad abbandonare il tentativo. Alcune sono madri single e devono lavorare per sostenere i loro piccoli. La maggior parte lavora a sostegno delle proprie madri e dei fratelli più piccoli. Anche la preparazione è stata un problema, perché non è stata una passeggiata, ma piuttosto è stato necessario prepararsi per fare il lavoro di “Ascolto e Parola”. Quello che è costato loro più lavoro è stato imparare ad ascoltare.

Ne sono rimaste 37. Si sono aggiunte due minorenni: Defensa (15 anni) ed Esperanza (12 anni). Quindi, in totale sono 39 miliziane. Da 3 mesi sono acquartierate nel Semillero, esercitandosi, imparando, provando e aspettando che si aprisse la possibilità di partire: un posto dove arrivare in Europa. Tutte hanno radici maya e parlano Tzeltal, Tzotzil, Cho’ol, Tojolabal e castigliano. Pochissime hanno più di 25 anni, la maggior parte ha tra i 18 e 21 anni. Le loro abilità calcistiche sono un segreto di Stato, ma la loro volontà di lottare è lampante.

Nessun maschio adulto senza permesso ha potuto entrare nel luogo in cui erano acquartierate. Nel caso dell’ingresso di un uomo, magari disorientato, questo veniva subito circondato da un gruppo di miliziane ed “esortato” ad andarsene immediatamente con la solida argomentazione dei bastoni e delle fionde.

Nella loro preparazione e adattamento, i primi giorni sono stati difficili. I successivi lo sono stati ancora di più. Lontane dalle loro famiglie, dagli amori e dal cibo dei loro villaggi, hanno sopportato l’incertezza, la fame, le malattie, i cambiamenti di clima, lo sconcerto di convivere con altre diverse, la sorpresa di apprendere cose nuove e lo stupore di rendersi conto di essere in grado di fare quello che non sapevano di poter fare. Ad esempio: ascoltare. E scusate se ancora una volta insisto sul fatto di ascoltare, ma guardo là fuori e sento tutti che vogliono parlare – anzi, urlare – e nessuno, o quasi, con la volontà di ascoltare.

Queste mie compagne combattenti, si sono lasciate alle spalle, vicino o lontano nel calendario, i 17 anni. La loro identità non è in dubbio: sono ZAPATISTE.

-*-

Invece no.

Una miliziana prende la parola nell'Assemblea Generale della Extemporánea, mentre si valuta ciò che è stato realizzato o meno nel corso di “Ascolto e Parola”:

“Non sapevo niente di quello che raccontate. Pensavo che fosse sempre stato così, che potevo andare a scuola, che potevo avere un ragazzo senza costringermi a sposarmi, che potevo sposarmi se volevo, o non sposarmi, che potevo vestirmi secondo i miei gusti, che potevo partecipare, che potevo imparare, che potevo insegnare. Pensavo che fosse sempre stato come adesso, che abbiamo diritti e non solo doveri. Ma ho ascoltato la compagna raccontare di come si viveva al tempo dei finqueros. Ho sentito quanto è costato prepararsi a combattere. Ho ascoltato quanto è costata la guerra. Ho ascoltato come è stata fatta l’autonomia. Quindi quello che penso è che devo prepararmi a difendere tutto questo. Per non tornare mai più a quel tempo passato. Pensavo che così si nascesse, con la libertà. E invece no, tutto questo dopo che si è dovuto combattere, e quindi dobbiamo continuare a lottare. Quindi non c’è riposo”.

-*-

A difesa dei 17 anni.

Non ne sono proprio sicuro, ma penso che fosse nel 2018.

In occasione del Primo Incontro delle Donne che Lottano, fu deciso che le miliziane sarebbero state incaricate della sicurezza. Furono convocate per l’addestramento. Nelle marce non ne indovinavano una. Diversi come le lingue che danno loro origine e destinazione, i loro passi erano disordinati, scomposti. Per quanto si esercitassero, non c’erano miglioramenti. Disperato, decisi che forse con un po’ di ritmo musicale avrebbero potuto uniformare il passo. Las tercias stavano testando l’impianto audio. Chiesi loro se avessero portato della musica. “Solo cumbias e reguetón“, mi risposero. “Qualcos'altro?“, ho insistito. “Non c’è” hanno risposto ridendo. Chiesi allora alle miliziane se qualcuna di loro avesse, nei propri cellulari, una canzone che potessi usare. Sussurri e risate complici tra di loro. Dopo un po’ una ha detto “solo cumbias”. “Bene”, mi dissi rassegnato, “che cumbia avete? E non ditemi quella del Moño Colorado perché vi dico che morirete tutte miseramente“. Nuove risatine e bisbiglii in 4 diverse lingue maya. Dopo un po’: “solo una, quella dei 17 anni“. “Tutte avete una sola cumbia ed è la stessa?” “Sì, quella dei 17 anni.” “Vabbè, quella allora, passatela a Las Tercias e fatela mettere nell'altoparlante grande. E mettetevi in riga per provare di nuovo“.

Partono i primi accordi, alzano e incrociano i bastoni e, accidenti, iniziano a marciare uniformemente, senza perdere il passo. In seguito ho chiesto loro se era vero che avessero solo quella cumbia. ““, dissero, “quando avremo campo o arriveranno altre compagne, ne avremo di più, tipo Cómo te voy a olvidar“.

Chiesi l’elenco delle miliziane per caracol e per età, per raggrupparle per lingua ed età. La stragrande maggioranza aveva tra i 15 e i 17 anni.

Adesso hanno tra i 18 e i 21 anni, nessuno le ha obbligate a sposarsi, hanno un fidanzato o no – non se ne preoccupano – si innamorano e si disinnamorano, spezzano cuori e spezzano i loro. Sanno che nessuno può costringerle a fare qualcosa che non vogliono, e sanno difendersi. È stato insegnato loro qualcosa sui punti deboli dei maschi, nel caso debbano ricorrere alla difesa fisica. Anche quello che ai maschi fa male sentirsi dire, nel caso debbano ricorrere alla difesa psicologica. Non chiedetemi chi ha insegnato loro questi “segreti” maschili.

Alla domanda se hanno un fidanzato, la maggioranza ha risposto di sì. Una ha detto: “cheb” (“due” nella sua lingua). Quella accanto le ha detto qualcosa sotto voce, allora la compagna ha corretto: “Noocheb” (“tre”, nella sua lingua). Ancora un’altra: “bayal” (“molti”). Un’altra ci ha messo un po’ a rispondere perché, ha detto, aveva perso il conto. Le tre sono scoppiate a ridere.

In sintesi: avevano 17 anni e a quell'età, quella cumbia – credo “Los Ángeles Azules” – le ha accompagnate nell'amore e nel disamore. Chi critica quella cumbia o ne chiede la censura, forse ha dimenticato cosa vuol dire avere 17 anni. Forse ha dimenticato che sì, le relazioni possono essere quelle di un predatore che dissangua la sua preda – e a qualsiasi età. Ma possono anche essere inquietudine e libertà di amare e non amare. Scoprire così che al posto del cuore si può avere un fiore agrodolce e, allo stesso tempo, una ferita che non si chiude. Inoltre, ovviamente, poi dovrebbe anche chiedere di censurare Violeta Parra e la sua “Volver a los 17″.

Ora, dopo i 17, può darsi che le miliziane dedichino “Cómo te voy a olvidar” a quell'amore passato o presente.

-*-

Penelope Sovvertita.

Ho chiesto loro cosa avessero detto ai fidanzati. Così mi hanno risposto: “se mi ama davvero e non è una bugia, che mi aspetti, e se no, allora niente, ne troverò un altro“. In altre parole, nessuna tela della vana attesa da tessere e sbrogliare. Un altro esempio di “le anatre che sparano ai fucili”.

-*-

Il Consenso.

Alle compagne viene detto che nessuno può toccarle senza il loro esplicito consenso. Non prenderle per mano, né mettere la mano sulle spalle, o altro. Sono state istruite, ad esempio, su come togliersi di dosso una mano maschile, non importa se è un comandante o meno. Lo stesso vale per la loro immagine: nessuno può scattare foto o video senza il loro consenso. Tanto meno pubblicarle. È stato mostrato loro il video che appare alla fine di questo testo ed è stato chiesto se fosse pubblicabile o no. Si sono riunite per caracol e lingua. Hanno discusso e all'unanimità hanno deciso che si pubblicasse. Siete avvisat@.

-*-

Ognuno a modo suo.

Da parte mia, dal 2018 ho vissuto nell'inganno. Credevo che il ritornello della cumbia “17 anni” dicesse “quanto è triste l’amore, quanto è triste l’amore“. Le sergenti mi hanno cavato dall'errore: “Non è così Sup, dice che “se questo è l’amore “, cioè la ragazza non lo sa, sta appena imparando“, e ridono.

Nell'esercizio della marcia, con La Carencia de los Panteones, il Lago de los Cisnes e La Cumbia del Sapito, è stato dimostrato che la danza, come la vita, può attraversare i muri più inviolabili.

Non lo so, dico che le cumbias sono come le magliette delle divise da calcio. Con forbici, filo e ago si sistemano in modo che si adattino al tuo gusto: giusta o che vesta bene.

Conclusione: Ognuno a modo suo, ad ognuno la sua cumbia, ad ognuno il suo pas de chat (o de Chat-Chien)… e ognuno il suo ska. Saltare, raza!

In fede.

Il SupGaleano mentre si esercita al “Chúntaro Style”.
(Oh beh, ognuno pesta il pavimento come può).
Messico, Settembre dell’anno 501

 

Música: ALADEMOSKA – «Sembraremos Rebeldía» / Bersuit Vergarabat – «El Baile de la Gambeta»

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/09/08/despues-de-los-17-la-seccion-miliciana-ixchel-ramona/

martedì 31 agosto 2021

Messico - Europa - Per la vita: Partenza della Extemporánea per l’Europa

 


Per la vita: Partenza della Extemporánea per l’Europa

Commissione Sexta Zapatista

Messico

30 agosto 2021

All’Europa in basso e a sinistra:

Alla Sexta Nazionale e Internazionale:

Alle organizzazioni, gruppi e collettivi che cercano verità e giustizia per gli assenti:

Sorelle, fratelli, hermanoas:

Compañeroas, compagne, compagni:

Vogliamo iniziare salutando la lotta e l’impegno di tutte quelle persone che cercano i propri assenti, Le/gli desaparecid@s. La loro lotta è anche, e soprattutto, una lotta per la vita. Non è un caso che sia in questo giorno che vi annunciamo quanto segue:

Primo. – Dopo innumerevoli procedure, ostacoli e problemi, annunciamo che la compagnia aerotrasportata zapatista, che abbiamo chiamato “La Extemporánea”, partirà da Città del Messico per l’Europa il 13 settembre 2021.

Secondo. – La destinazione è la città di Vienna, nella geografia che chiamano Austria, e viaggeremo in due gruppi.

Terzo. – Il primo gruppo lascerà l’aeroporto di Città del Messico il 13 settembre 2021 alle 12:10 circa. Arriverà a Madrid, nella geografia chiamata Spagna, alle 06:00 del 14 settembre. Dopo una sosta di 2 ore e un trasferimento, il volo riprenderà alle 08:20 per atterrare nella città di Vienna, in Austria, alle 11:05 del 14 settembre. Il secondo gruppo partirà lo stesso giorno, 13 settembre, alle 20:45 con scalo sempre a Madrid alle 14:35 del 14, riprendendo il volo alle 16:00 e atterrando a Vienna alle ore 19:00 dello stesso giorno 14 settembre.

Quarto. – “La Extemporánea” è organizzata in 28 squadre di Escucha y Palabra (composte da 4-5 compas ciascuna), 1 di Gioco e Marachella, e una di Coordinamento. “La Extemporánea” può così coprire contemporaneamente 28 angoli della geografia europea.

Qualche giorno dopo, si unirà la delegazione del Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo e del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua.

Insieme a questa delegazione di organizzazioni sorelle, continueremo il lavoro iniziato dallo Squadrone 421, che attualmente sta coprendo la geografia che chiamano Svizzera.

Quinto. – Tra qualche giorno comunicheremo la data in cui lasceremo il Semillero “Comandanta Ramona” per concentrarci nel caracol Jacinto Canek, a San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Da lì andremo via terra, con una carovana di veicoli, a Città del Messico dove alloggeremo nel locale di Carmona y Valle fino al giorno e all’ora della partenza. Nel caso qualcuno volesse accompagnare la partenza e il viaggio da San Cristóbal a Città del Messico.

Sesto. – Dedichiamo questo sforzo (che ha coinvolto molte persone non zapatiste e alcune anche antizapatiste) a tutte le desaparecidas, alle famiglie che soffrono la loro assenza e, soprattutto, alle donne e agli uomini che lottano per ritrovarle e ottenere la verità e la giustizia di cui tutte necessitiamo e meritiamo. Sappiate che il vostro esempio, il vostro instancabile lavoro e il vostro non arrendervi, non svendervi e non tentennare, sono per noi popoli zapatisti una lezione di dignità umana e un autentico impegno nella lotta per la vita.

Nei giorni in cui saremo a Città del Messico consegneremo i verbali delle assemblee delle comunità zapatiste, non zapatiste e antizapatiste, con i loro accordi sul sostegno alla lotta per la verità e la giustizia per le vittime della violenza, secondo la consultazione effettuata il primo di agosto di quest’anno 2021.

È tutto.

Dalle montagne del Sud-est Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés

Coordinatore Generale del Viaggio per la Vita – Capitolo Europa.

Ancora Messico. Anno 501.

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/08/30/por-la-vida-salida-de-la-extemporanea-a-europa/

martedì 17 agosto 2021

Messico-Europa - Appena 500 anni dopo

                                                   


 Parole dei popoli zapatisti

13 agosto 2021.

Sorelle, fratelli, fratelloa

Compagni, compagne, compagnoa:

Attraverso le nostre voci parlano le comunità zapatiste.

Per prima cosa vogliamo ringraziare.

Ringraziare per averci invitato.

Ringraziare per averci accolto.

Ringraziare per averci ospitato.

Ringraziare per averci alimentato.

Ringraziare di esservi presi cura di noi.

Ma soprattutto ringraziarvi del fatto che, nonostante le vostre differenze e contrarietà, vi siate messi d’accordo per ciò che oggi stiamo facendo. Cosa che talvolta vi sembrerà da poco, ma che per noi popoli zapatisti è qualcosa molto grande.

-*-

Siamo zapatisti di origine maya.

Veniamo da una geografia chiamata Messico e abbiamo attraversato l’oceano per rivolgervi queste parole, per stare con voi, per ascoltarvi, per imparare da voi.

Veniamo dal Messico e in voi e con voi troviamo affetto, cura, rispetto.

Lo Stato Messicano e i suoi governi non ci riconoscono come connazionali di questa geografia. Siamo strani, stranieri, indesiderabili, inopportuni sulle stesse terre che coltivarono nostri antenati.

Per lo Stato Messicano siamo “estemporanei”. Questo dice il certificato di nascita che, a seguito di molte spese e viaggi dai nostri villaggi verso le officine del malgoverno, siamo riusciti ad ottenere. E lo abbiamo fatto per poter arrivare fino a voi.

Però non siamo arrivati fino a qua per lamentarci. E neanche per denunciare il mal governo che subiamo.

Vi diciamo solamente questo, perché è questo mal governo che ha richiesto allo Stato Spagnolo di chiedere perdono per quanto accaduto 500 anni fa.

Dovete comprendere che, oltre ad essere uno svergognato, il mal governo Messicano è anche ignorante della storia. E la distorce e aggiusta a suo comodo.

Così che lasciamo da parte i malgoverni che ognuno di noi subisce nelle proprie geografie.

Loro sono solamente caposquadra, impiegati obbedienti di un criminale più grande.

-*-

Noi che formiamo lo Squadrone Marittimo Zapatista, e che siamo conosciuti come Squadrone 421, oggi siamo di fronte a voi, ma siamo solamente l’antecedente di un gruppo più grande. Fino a 501 delegati. E siamo 501 solamente per dimostrare ai cattivi governi che li abbiamo superati. Mentre loro simulano un festeggiamento falso di 500 anni, noialtri, noialtre e noialtrei, andiamo diretti a ciò che segue: la vita.

Nell'anno 501 ricorreremo gli angoli di questa terra indomita.

Ma non vi preoccupate. I 501 delegati non arriveranno tutti d’un tratto. Ma arriveranno per parti.

In questo momento, nelle montagne del Sudest Messicano, si sta preparando una compagnia zapatista aerotrasportata che chiamiamo “L’Estemporanea” che è composta da donne, uomini, bambini e bambine zapatiste.

Insieme a questa compagnia aerotrasportata viaggerà anche una delegazione del Congresso Nazionale Indigeno Consiglio di Governo e del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua.

Tutte, tuttie, tutti hanno faticato per conseguire documenti e vaccini. Si sono ammalati e sono guariti. Hanno avuto fame e sono stati lontano delle loro famiglie, dalle loro comunità, dalla loro terra, dalla loro lingua, dalla loro cultura.

Ma tutti, tutte e tuttie sono animati ed entusiasti di venire a incontrarvi. Non in grandi eventi, ma nei luoghi dove resistete, vi ribellate e lottate.

Forse qualcuno penserà che ci interessino i grandi eventi e l’impatto mediatico, perché così valutano gli esiti o i fracassi.

Ma noi abbiamo imparato che i semi si scambiano, si seminano e crescono nella quotidianità, nei propri terreni, con i saperi di ciascuno.

La gestazione del domani non si fa alla luce [del sole, n.d.t.]. Si coltiva, si cura e si fa nascere nelle ombre inosservate dell’alba, appena quando la notte inizia a cedere terreno.

I terremoti che scuotono la storia dell’umanità iniziano con un “ya basta” isolato, quasi impercettibile. Una nota a metà tra il dissonanza e il rumore. Una crepa nel muro.

-*-

È per questo che non veniamo a portarvi ricette, a imporre visioni e strategie, a promettere futuri luminosi e istantanei, piazze piene, soluzioni immediate. Neanche veniamo per invitarvi a unioni meravigliose.

Veniamo ad ascoltarvi.

Non sarà facile, certamente.

Siamo tanto differenti, tanto distinti, tanto lontani, tanto contrari e, soprattutto, tanto contraddittori.

Ci separano molte cose.

Magari, al parlare, volendo o no, non solo raccontiamo la nostra storia, ma in verità dimostriamo anche la convinzione che ciò che è nostro è ciò che conta.

Ogni sguardo verso il passato ci divide. E questa differenza non è per niente. In ogni sguardo esistono rabbia e dolore che si affacciano al precedente.

È vero che nel guardare la storia passata cerchiamo di trovare ciò che vogliamo. Siano rabbie, rancori, condanne e assoluzioni. Anche se esistono studi seri e profondi, possiamo cercare quello che ci conviene, ciò che ci dà ragione. Ciò che ci giustifica. E lo rendiamo “verità”.

Così possiamo giudicare e condannare. Ma la giustizia rimane dimenticata.

E così possiamo trovare molte cose che ci dividono e ci mettono contro.

Abbiamo problemi nelle nostre famiglie, nel nostro gruppo, collettivo, organizzazione. Nel nostro quartiere. Nella nostra regione. Nella nostra geografia.

Chiunque ha un dolore che lo segna. Una rabbia che lo muove.

E questi dolori e queste rabbie, che non sono poche, stanno lì.

E noi popoli zapatisti diciamo che solamente una minaccia più grande, un dolore più terrificante, una rabbia più grande, sono ciò che ci possono mettere d’accordo per rivolgere questa rabbia e questo dolore più in alto.

Ma non è che queste differenze che abbiano scompaiano, come nelle false chiamate alla "unità” che loro che stanno sopra sono soliti fare quando chi sta in basso chiede il conto.

No, quello di cui parliamo noi comunità zapatiste è una causa, un motivo, una meta: la vita.

Non si tratta di abbandonare convinzioni e lotte. Al contrario. Pensiamo che le lotte delle donne, delle altrei, dei lavoratori, dei popoli originari, non solo non si devono fermare, ma che dovrebbero essere più profonde e radicali. Ognuno affronta una o varie teste dell’Idra.

Perché tutte queste lotte, quelle vostre e quelle di noi popoli zapatisti, sono per la vita.

Ma finché non distruggeremo il mostro dritto al cuore, queste teste continueranno a spuntare e cambiare di forma con sempre maggiore crudeltà.

-*-

Adesso, in questi tempi, vediamo e soffriamo una distruzione gigantesca; quella della natura, umanità compresa.

Perché sotto le macerie, la cenere, il fango, le acque sporche, le pandemie, lo sfruttamento, il disprezzo, il saccheggio, il crimine, il razzismo, l’intolleranza, ci sono esseri umani senza vita. E ogni vita è una storia che si trasforma in un numero, in una statistica, in oblio.

Il futuro, la storia a venire, è, come il presente, un incubo vero. E, quando pensiamo che non possa essere peggiore, arriva la realtà a colpirci in volto.

E quindi ognuno guarda a sé stesso e, nel migliore dei casi, alle persone vicine: la sua famiglia, le sue amicizie, le persone che conosce.

Però, così come in ogni angolo del pianeta, in ogni cuore che batte, esiste una disgrazia presente e una a venire, c’è anche una resistenza, una ribellione, una lotta per la vita.

Perché vivere non è solamente non morire, non è sopravvivere. Vivere come esseri umani è vivere in libertà. Vivere è arte, è scienza, è allegria, è ballo, è lotta.

È chiaro, vivere è anche essere in disaccordo con una cosa o un’altra, discutere, dibattere, confrontarsi.

Quindi esiste qualcuno o qualcosa che ci impedisce di vivere, che ci sottrae la libertà, che ci inganna, che ci truffa, che ci pugnala, che ci sta sottraendo il mondo a tutti con morsi, con tagli, con ferite.

Così possiamo individuare un responsabile. Cercare un colpevole. Affrontarlo e fare giustizia. Qualcuno o qualcosa che paghi, che risponda per questo dolore che ci lascia soli, sole, solei. Che ci mette all'angolo su di un’isola sempre più piccola, così piccola che rimane solo l’io di ognuno.

E anche lì, sulla piccola isola, lontana da tutto e tutti, ci obbligano a essere altro, a non essere ciò che siamo. La nostra storia individuale che fa parte della storia collettiva: una camera, una casa, un quartiere, una comunità, una geografia, una causa che deve essere cambiata e tradita per essere parte di altro.

Una donna che piaccia all'uomo. Unoa altroa che sia accettata da un etero. Una gioventù soddisfacente per i più maturi. Una vecchiaia tollerata dalla gioventù. Un’infanzia in disputa con giovani, adulti, anziani. Una forza di lavoro efficiente e docile per il caposquadra. Un caposquadra su misura del Padrone.

E questa pressione per trasformarci in quello che non siamo ha la forma della violenza.

Ed è strutturale. L’intero sistema è costruito per imporre lo stampo della normalità.

Se siamo donne, dobbiamo esserlo secondo il modello degli uomini.

Se siamo altrei, dobbiamo esserlo secondo il modello dell’eterosessuale.

Per esempio, potete notare che esistono già delle cliniche per “correggere” la differenza sessuale.

Bene, quindi il sistema è una gigantesca e brutale clinica che “cura” l’“anormalità”. Una macchina che attacca, isola e liquida l’altro, il differente.

Insomma è così che ci trattano, giorno e notte, volendoci domare, cercando di addomesticarci.

E noi, ben resistendo. La vita intera e generazioni intere resistendo, ribellandosi. Dicendo “no” all'imposizione. Gridando “si” alla vita.

Non è una novità, è certo. Potremmo ritornare indietro di 5 secoli e sarebbe la stessa storia.

E il ridicolo di tutto questo è che, chi ci opprime adesso, pretende di giocare il ruolo di nostro “liberatore”.

-*-

Senza dubbio, qualcosa è differente. E allora anche il dolore della terra, della natura, si è unito al nostro.

E su questo possiamo essere d’accordo o no. Possiamo dire che non è vero, che le pandemie termineranno, che le catastrofi cesseranno, che il mondo, che la nostra vita al mondo, tornerà a essere come prima. Anche se questo “prima” era ed è fatto di dolore, distruzione e ingiustizia.

Noi, i popoli zapatisti, crediamo che non sia così. Che non solo non sarà mai come prima. Che andrà sempre peggio.

Noi le comunità zapatiste nominiamo il responsabile di questi male e lo chiamiamo “capitalismo”.

E diciamo anche che solamente con la distruzione totale di questo sistema sarà possibile che ognuno, con i suoi modi, secondo il suo calendario e la sua geografia, dovrà mettere su qualcos’altro.

Non perfetto, ma comunque migliore.

E a ciò che si costruirà, a queste nuove relazioni tra esseri umani e tra gli esseri umani e la natura, si darà il nome che ognuno vorrà.

E sappiamo che non sarà facile. Già non lo è adesso.

E sappiamo bene che da soli non potremo, ognuno combattendo nel proprio pezzetto di terra contro la testa dell’idra subisce, mentre il cuore del mostro si rigenera e cresce sempre di più.

E soprattutto sappiamo che non dovremo guardare a quel domani dove, alla fine, la bestia arda e si consumi fino a che di questa non rimanga che un cattivo ricordo.

Ma sappiamo anche che faremo la nostra parte, anche se piccola, anche se le generazioni future la dimenticheranno.

-*-

Come comunità zapatiste che siamo, vediamo dei segnali.

Però magari ci sbagliamo come popoli che siamo.

Già potete vedere che dicono che siamo ignoranti, arretrati, conservatori, nemici del progresso, pre moderni, barbari, incivili, inopportuni e sconvenienti.

Forse è così.

Forse siamo arretrati perché come donne che siamo o come altrei, possiamo uscire a passeggiare senza il timore che ci attacchino, che ci violino, che ci facciano a pezzi, che ci facciano scomparire.

Forse siamo contro il progresso perché ci opponiamo ai mega progetti che distruggono la natura e ci distruggono come popoli, e che ereditano morte per le generazioni a venire.

Forse siamo contro la modernità perché ci opponiamo a un treno, a un’autostrada, a una diga, a una centrale termoelettrica, a un centro commerciale, a un aeroporto, a una miniera, a un deposito di materiale tossico, alla distruzione di un bosco, all'inquinamento di fiumi e lagune, e al culto dei combustibili fossili.

Forse siamo arretrati perché onoriamo la terra anziché il denaro.

Forse siamo barbari perché coltiviamo i nostri alimenti. Perché lavoriamo per vivere e non per guadagnare una paga.

Forse siamo inopportuni e sconvenienti perché ci governiamo da noi, come popoli che siamo. Perché consideriamo il lavoro del governo come un lavoro in più tra i lavori comunitari che dobbiamo portare a termine.

Forse siamo ribelli perché non ci vendiamo, perché non ci arrendiamo, perché non tentenniamo.

Forse siamo tutto ciò che dicono di noi.

-*-

Ma qualcosa lo vediamo, qualcosa lo sentiamo, qualcosa sappiamo che sta succedendo e che succederà.

E per questo abbiamo intrapreso questo viaggio. Perché pensiamo e sappiamo che non siamo gli unici che lottano, che non siamo gli unici che vediamo ciò che sta succedendo e ciò che succederà.

Il nostro angolo del mondo è una piccola geografia in lotta per la vita.

Stiamo cercando altri angoli, e vogliamo imparare da loro.

Per questo siamo arrivati fin qua, non per porgervi rimproveri, reclami, pagamenti per debiti insoluti.

Anche se questo fosse di moda e anche se qualcuno dicesse di sì, che abbiamo ragione con queste richieste o che, in realtà, noi non sappiamo ciò che dobbiamo fare e loro, i mal governi, lo faranno per noi.

E va di moda che questi mal governi si nascondano dietro nazionalismi di cartone.

E che, sotto la bandiera del nazionalismo, ci copriamo noi e si copre anche chi ci opprime, chi ci perseguita, chi ci assassina, chi ci divide e ci affronta.

No. Non veniamo per questo.

Dietro i nazionalismi si nascondono non solo le differenze, ma anche e soprattutto i crimini. Sotto lo stesso nazionalismo si proteggono il maschio violento e la donna aggredita, l’intolleranza eterosessuale e l’alterità perseguitata, la civilizzazione depredatrice e il popolo originario annichilito, il capitale sfruttatore ed i lavoratori soggiogati, i ricchi e i poveri.

Le bandiere nazionali nascondono più di ciò che mostrano, molto di più.

Poiché la pensiamo così, il nostro impegno per la vita è mondiale. Non riconosce frontiere, lingue, colori, razze, ideologie, religioni, sessi, età, dimensioni, bandiere.

Per questo la nostra è una Traversata per la Vita

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Questa è una delle poche volte che faremo uso della parola in un evento dove pochi parlano e molti ascoltano.

E ne approfittiamo per farvi una richiesta rispettosa.

Raccontateci la vostra storia. Non importa se sia grande o piccola.

Raccontateci la vostra storia di resistenza, di ribellione. I vostri dolori, le vostre rabbie, i vostri “no” e i vostri “si”.

Perché noi comunità zapatiste veniamo ad ascoltare e imparare la storia che esiste in ogni stanza, in ogni casa, in ogni quartiere, in ogni comunità, in ogni lingua, in ogni modo e in ogni nessun modo.

Perché, dopo tanti anni, abbiamo imparato che in ogni dissidenza, in ogni ribellione, in ogni resistenza, esiste un grido per la vita.

E, secondo noi popoli zapatisti, tutto consiste in questo: nella vita.

E, quando un giorno qualsiasi, qualcuno vi domandi “Perché sono venuti gli zapatisti?”, insieme potremo rispondere, senza pena per voi e senza vergogna per noi, “sono venuti ad imparare”.

500 anni dopo, le comunità zapatiste sono venute ad ascoltarci.

 

Da Madrid, dalla geografia chiamata Spagna,
su questa terra e sotto questo cielo rinominati come
SLUMIL K’AJXEMK’OP, o “Terra Indomita”.

A nome delle comunità zapatiste.

Lo Squadrone Marittimo Zapatista, chiamato “Squadrone 421”.
Pianeta Terra. 13 di agosto, giusto 500 anni dopo.


BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!