giovedì 30 giugno 2022

Kurdistan - "Svezia e Finlandia ci hanno traditi in cambio della Nato"

Intervista a Yilmaz Orkan (UIKI-ONLUS): “Il memorandum tra Turchia, Svezia e Finlandia è stato firmato sulla pelle di migliaia di attivisti, avvocati, giornalisti e cittadini curdi. Che verranno consegnati al loro massacratore, Erdogan”.


“Non abbiamo amici, solo le montagne”. Recita così un antico proverbio curdo, sintetizzando in poche parole una lunga storia fatta di delusioni, massacri e tradimenti. Come quello di Svezia e Finlandia, Paesi finora “amici” dei curdi che due giorni fa hanno firmato un memorandum trilaterale che – in cambio del via libera della Turchia al loro ingresso nella Nato – accetta incondizionatamente le richieste di Erdogan, non propriamente un leader democratico.

Tra le altre, l’abbandono del sostegno – in ogni sua forma – al popolo curdo e la fine dell’embargo sulle armi imposto nel 2019 da Stoccolma e Helsinki in risposta all’offensiva proprio contro i curdi in Siria del Nord. Tradotto: Svezia e Finlandia dovranno consegnare alla Turchia tutti i rifugiati politici curdi che Ankara richiederà e accettare senza battere ciglio i bombardamenti turchi nel Rojava, la regione autonoma de facto nel nord e nord-est della Siria protagonista da anni di un esperimento unico in Medio Oriente, quello del confederalismo democratico.

Sono bastate tre pagine e dieci punti per cancellare la solidarietà che da decenni i governi e i popoli svedese e finlandese avevano garantito ai curdi. Fanpage.it ne ha parlato con Yilmaz Orkan, responsabile di UIKI-ONLUS (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia).

Cosa pensate dell’accordo tra Svezia, Finlandia e Turchia?

L’accordo che Finlandia e Svezia hanno firmato con la Turchia ha dell’incredibile: Ankara ha scritto un documento che Stoccolma e Helsinki si sono limitate a firmare senza fiatare né apportare modifiche. Peccato che quel memorandum sia stato firmato sulla pelle di migliaia di attivisti, avvocati, giornalisti e cittadini curdi.

Perché dite che quell’accordo è stato firmato sulla vostra pelle?

Perché Erdogan è un dittatore che pratica già il massacro dei curdi. Quegli accordi però sono estremamente problematici anche per le democrazie occidentali e per la stessa Nato: quando l’Alleanza negli anni ’50 venne costituita l’idea di fondo era quella di difendere le democrazie liberali dalla minaccia dell’Unione Sovietica. Nel frattempo i tempi sono cambiati, l’URSS non esiste più e con l’ultimo memorandum di due giorni fa la Nato si trasforma in uno strumento nelle mani della Turchia, cioè nel bastone che il tiranno Erdogan potrà utilizzare a piacimento contro i popoli. Attenzione, vi ricordo che anche il Presidente del Consiglio Draghi in passato ha parlato di quello turco come di un regime dittatoriale.

Credete che la Nato parteciperà alla guerra contro i curdi?

Erdogan vuole il massacro dei curdi ovunque essi si trovino, dalla Turchia al nord della Siria, dall’Iraq all’Armenia. Ovunque. Ricordo che nel 2013 tre militanti curde del PKK sono state assassinate nel centro da Parigi da uomini dei servizi segreti turchi. Le autorità francesi sanno chi sono i killer, eppure nessuno hanno mai indagato per quel triplice omicidio. Ma torniamo a noi. Lo scopo del leader turco è fare sì che la Nato condivida questa strategia, altrimenti non avrebbe posto a Finlandia e Svezia condizioni così vincolanti. Il memorandum firmato due giorni fa costituisce un precedente molto pericoloso. In futuro i Paesi della Nato potranno avvalersi della potenza militare dell’Alleanza per dichiarare guerra ad altri popoli che, come noi, lottano per la loro libertà.

Perché molti curdi si erano rifugiati in Svezia e Finlandia?

È una lunga storia. Da decenni i Paesi scandinavi e i loro avanzati sistemi democratici garantiscono protezione ai rifugiati politici di tutto il mondo. Questo è valso per le persone in fuga dalle guerre civili in America Latina, Vietnam e in particolare per noi curdi, che dagli anni ’70 abbiamo trovato in questi Paesi dei luoghi sicuri in cui vivere rispettandone le leggi e le tradizioni. Oggi in Svezia esiste una comunità curda di oltre 200mila persone, 50mila delle quali arrivate dal nord della Siria negli ultimi anni a causa della guerra. Siamo una delle comunità più numerose di quel Paese tanto che oggi esprimiamo anche dei membri in Parlamento. Non comprendiamo come mai i governi di Stoccolma e Helsinki abbiano deciso improvvisamente di bollare i curdi come “terroristi” e rispedire nelle mani di un dittatore, Erdogan, molti rifugiati politici, giornalisti, avvocati, attivisti: è un fatto estremamente preoccupante.

Nel memorandum firmato dalla Svezia e dalla Finlandia la Turchia chiede, in cambio dell’ingresso nella Nato, che questi due Paesi non accolgano rifugiati delle YPG e YPJ.

Sì, e le YPG e YPJ (Unità di Protezione Popolare e Unità di Protezione delle Donne, ndr) hanno combattuto la guerra all’Isis. Sono state loro, al prezzo di 12mila martiri, a sconfiggere lo Stato Islamico a Raqqa, Kobane e altre città della Siria. Ci meraviglia non solo che Svezia e dalla Finlandia abbiano deciso che quei combattenti sono terroristi, ma che anche altri membri della Nato non abbiano avuto niente da dire al riguardo. Italia, Stati Uniti, Germania, Francia e Inghilterra non avrebbero mai dovuto accettare l’imposizione da parte della Turchia di una condizione del genere. Ma se tutti sono rimasti in silenzio, vuol dire che sono tutti d’accordo con Erdogan.

Cosa sta accadendo in questi mesi in Turchia?

Il consenso di Erdogan si sta sgretolando perché la situazione politica ed economica è disastrosa: un anno fa un chilo di zucchero costava 7 lire, oggi ne servono 30. Il rischio che nei prossimi mesi esploda una bomba sociale è alto, e il Governo usa la guerra ai curdi e la retorica dell’emergenza come strumenti per giustificare le difficoltà che i cittadini vivono: Erdogan bombarda il Kurdistan meridionale, minaccia il Rojava e spedisce jihadisti e mercenari turchi in Libia. È perennemente in guerra, la Turchia è costantemente in stato di crisi, un vero inferno.

Credete che Erdogan intensificherà gli attacchi ai territori curdi?

Sì. Lo farà. Nell’ottobre del 2023 si celebrerà il centesimo anniversario della Repubblica di Turchia e quell’anno scadranno anche i vincoli imposti dal Trattato di Losanna, che determinò nel 1923 la fine di ogni pretesa turca su Cipro, Iraq e Siria per 100 anni. Ora che Siria e Iraq sono Paesi distrutti e incapaci di difendersi, credete che Erdogan non tenterà di prendere il controllo di pezzi di quei territori? Lo sta già facendo: per questo attacca il Kurdistan meridionale, ha 38 basi militari in Iraq e vuole espandersi nel Rojava, anch’esso controllato dai curdi.

Il Rojava è il territorio in cui state sviluppando il modello del confederalismo democratico. Di cosa si tratta?

Un nuovo paradigma sviluppato dal leader del PKK Abdullah Öcalan. Nel XX secolo le lotte per l’autodeterminazione dei popoli si sono fuse con quelle per l’ottenimento di uno stato nazione: dopo aver analizzato la storia degli ultimi 100 anni abbiamo però compreso che i valori legati al nazionalismo, e i massacri che ne sono derivati ovunque, nel XXI secolo sono inaccettabili. Per questo abbiamo lavorato a un nuovo progetto che chiamiamo confederalismo democratico: vogliamo convivere con gli altri popoli, con tutte le religioni e le culture ma non chiediamo uno stato nazione, non vogliamo frontiere né confini. Nel nostro modello i cittadini autogestiscono le città, i villaggi e i quartieri.

Sembra un’utopia…

Eppure non lo è. Stiamo già mettendo in pratica questo paradigma in Rojava, nel nord della Siria: in questo territorio i curdi convivono con assiri, arabi, ceceni, armeni, combattono contro il patriarcato e si ispirano ai principi della solidarietà, dell’ecologismo, dell’economia sostenibile e dell’uguaglianza di genere. Si tratta di un modello molto forte, di una novità soprattutto per gli altri regimi del Medio Oriente. Quello di Ergogan è uno di essi: massacrando i curdi, vuole distruggere anche l’idea che esista un altro modo di convivere. Ed è grave che la Nato lo supporti.

A cura di Davide Falcioni per Fanpage

giovedì 21 aprile 2022

Kurdistan - Siria del Nord Est, una guerra mai finita.

Il Confederalismo democratico, però, resiste!


La situazione che si profila nel Nord Est della Siria (NES) è un quadro complesso. Gli eventi che si sono succeduti dal 2011 in poi, hanno distrutto molto del patrimonio culturale ed etnico della Siria.

Parlando del NES-Nord est della Siria (più conosciuta come Rojava) non si può fare a meno di parlare di due fazioni interconnesse tra loro, che agiscono tuttora sul territorio dell’Amministrazione Autonoma, una è l’ISIS (Daesh) e l’altra la Turchia, guidata dal dittatore Recep Tayyip Erdogan.

Il conflitto in Siria è una delle guerre più lunghe mai esistite nella storia di questo secolo. Nel 2013, in seguito alla Guerra Civile Siriana, si fa strada all’interno del paese l’organizzazione dello Stato Islamico (Daesh) che, conquistando gran parte della Siria del Nord, fece diventare la città di Raqqa la sanguinosa capitale dei fondamentalisti. I civili, e in particolare le donne, furono coloro che più patirono le tremende pene inflitte dai miliziani di Daesh.

    

In Siria del Nord Est, nell'ombra di questi tragici scenari, nasceva un piccolo fiore della democrazia, basato sul paradigma del Confederalismo Democratico, il quale si fonda sui principi dell’ecologia, parità di genere, uguaglianza etnica e autogestione economico-sociale del territorio. Questo modello venne teorizzato da Abdullah Ocalan, presidente del PKK (Partito democratico dei lavoratori del Kurdistan), detenuto attualmente all’interno del carcere di Imrali in mezzo al mare di Marmara, dal 1999. Nel 2015 le YPJ (Unità di Protezione delle Donne) e YPG (Unità di Protezione Popolare) unitamente alle SDF (Forze democratiche Siriane) sconfissero l’ISIS in Rojava, in particolare nei cantoni di Kobane, Afrin e Jazira.

Negli anni a seguire il paradigma è arrivato in Iraq, nella zona di Shengal, a prevalenza Yazida e nella zona del campo profughi di Makhmour. Lo yazidismo e’ una fede religiosa, diffusa nella zona del Sinjar iracheno (Shengal in curdo), perseguitata sia dall’ISIS, che da Ankara, poichè accusata di apostasia e perciò considerata controversa.

In questa zona è ancora in vigore l’Amministrazione Autonoma basata sul Confederalismo Democratico. Qui Daesh è stato sconfitto nel 2017 per mano delle milizie di autodifesa di Shengal, le YBS.

Che ne è stato dell’ISIS dopo la sconfitta?

Le SDF si sono organizzate per cercare una soluzione riabilitativa per le affiliate e gli affiliati di Daesh, creando campi e centri di detenzione appositi per aiutare non solo i miliziani, ma le cosiddette ‘spose di Daesh’, ovvero le mogli dei terroristi, e i loro piccoli. Tra questi ultimi, utilizzati come bambini-soldato, vi erano sia figli dei miliziani, sia bambini sottratti ed educati quindi fin da molto piccoli all'utilizzo di armi, sotto i principi rigidi della Shari’a.

Due dei più importanti tra questi campi sono: il campo di Hol e il campo di Roj, entrambi si trovano nel Nord Est della Siria. L’organizzazione di questi campi si fonda sulla divisione delle detenute e dei detenuti, in base a determinate caratteristiche, allo scopo di garantire una migliore riabilitazione. Per fare un esempio, vengono separati i foreign fighters dagli altri detenuti, perché considerati più radicalizzati. L’Amministrazione Autonoma garantisce però, all'interno di questa gestione dei campi, la possibilità ai minori di trascorrere la durata della permanenza con le madri. 

All'interno del campo di Hol la situazione è nettamente più complessa rispetto a Roj, poiche’ al suo interno ci sono numerosi conflitti e violenze, dovute dalla difficoltà da parte dei responsabili del campo di deradicalizzare gli ex affiliati e le ex affiliate dello Stato Islamico. Sono avvenute anche diverse esecuzioni interne fra ex appartenenti a Daesh, causate dall'estremismo ancora vivo negli stessi.

Nel campo di Roj si trovano prevalentemente donne e minori, dunque la situazione appare piu’ facilmente gestibile, tuttavia anche la conduzione di quest’ultimo risulta difficile anche per la mancanza di infrastrutture funzionanti in seguito ai continui attacchi dell’esercito turco nei confronti dell’Amministrazione.

All'interno di questi campi si assiste ad un ulteriore fatto rilevante: i foreign fighters stanziano in questi luoghi, poiché i loro paesi di appartenenza rifiutano il loro rimpatrio. Ad oggi la percentuale dei returnees rientrati in patria, si aggira solo intorno al 30%.

Oltre a questi da segnalare è il centro di Huri, situato a Qamishlo. Qui bambini e adolescenti processati e condannati per aver combattuto con l’ISIS, seguono un processo di riabilitazione in cui, i responsabili del centro, cercano di fornire loro sia un’istruzione di base, sia la possibilità di esprimersi in attività creative e sportive. Per quanto possibile, lo sviluppo del centro cerca di allontanarsi dall'idea di prigione. [1]

I campi non sono gli unici luoghi dove sono in atto contrasti interni, un luogo simile è Idlib, questa è una città situata in Siria del Nord Ovest.

Idlib non è un nome scelto casualmente. Questo luogo è considerabile come una terra di nessuno, dove non solo si trovano i miliziani di Daesh fuggiti, ma sono presenti anche membri di gruppi terroristici affiliati ad Al Qaeda, appoggiati dal governo turco e statunitense, tuttora considerati “ribelli” contro il governo di Bashar al-Assad, che è sostenuto invece dalla Russia, maggiormente dopo l’entrata in vigore del Caesar Syrian Civilian Protection Act, embargo che grava pesantemente sull'economia siriana approvato nel 2019 ed entrato in vigore nel 2020. In questo modo si è generata una simil guerra fredda sul territorio medio-orientale.

A Idlib, una sorta di Gaza in territorio siriano, troviamo un’inaudita violenza, dovuta a questa convivenza tra cellule terroristiche, che porta i civili a pagarne lo scotto maggiore. Gran parte delle aree della zona rimangono inabitabili, ciò comporta un incremento dei profughi e, tuttora, la città rimane una zona limbo molto pericolosa.

I cosiddetti ribelli della zona di Idlib sono sotto il controllo turco, il cui l’esercito è il secondo della NATO, che controlla vari gruppi di mercenari siriani e alcune cellule dormienti di Daesh, che insieme attaccano costantemente l’amministrazione autonoma della Siria del Nord Est, l’ultimo esempio è quello dell’attacco al carcere di Al- Sina’a, nel quartiere di Ghiweiran ad Al- Hasakah, attacco contrastato dalle SDF forze di autodifesa del NES), ma che ha generato molti morti sia tra i prigionieri che tra i guerriglieri e le guerrigliere curde.

Nel 2018 ricordiamo la presa di Afrin per mano turca, attraverso l’operazione ‘Ramoscello d’Ulivo’. Qui dopo la liberazione dall’ISIS da parte delle forze curde è arrivata l’occupazione turca, ancora in corso e che rappresenta il chiaro disegno del progetto espansionistico del califfato di Erdogan, che mira ad espandere la sua egemonia in Siria ed Iraq e a cancellare l’esperimento democratico dei territori nel NES. In questo territorio la “pax turca” ha comportato lo sfollamento forzato di almeno 300 mila residenti e la loro sostituzione con popolazioni arabe e turcomanne[2], spesso di provenienza da zone come Idlib. L’occupazione è gestita territorialmente da milizie islamiche e praticata con estorsioni, rapimenti, incarcerazioni arbitrarie[3]. Il tutto ampiamente noto alle forze della “coalizione occidentale” che in Iraq e in NES hanno ancora delle truppe sul campo. Evidenziamo che questa situazione è nota alla comunità internazionale come dettagliati rapporti ONU[4] dimostrano.

La Turchia è la principale responsabile della situazione difficile in Siria del Nord Est e non solo, nell’ultimo anno ha utilizzato armi chimiche come il fosforo bianco sulle montagne del Kurdistan siriano ed iracheno[5], ha devastato ospedali e infrastrutture con droni di ultima generazione finanziati dai paesi occidentali, ha messo embarghi e costruito muri come quello che va da Derik a Kobane, fatto per chiudere la popolazione all'interno e poterla attaccare. Un altro atto impunito della Turchia è la gestione inammissibile dell’acqua nei territori iracheni e siriani. Questi due Stati hanno contratti con la Turchia per le forniture di acqua derivante dai due fiumi della Mesopotamia. In pochi anni Ankara ha abbassato le forniture da 700 metri cubi a 300 metri cubi di acqua per Siria e Iraq e costruito numerose dighe per ostruirne il passaggio. La resistenza della popolazione locale non si è fermata, si sono organizzati attraverso l’utilizzo di pozzi per il recupero dell’acqua, come quello di Elok, nei pressi di Serekaniye.

Dal 2011 ad oggi possiamo contare 7.000.000 di profughi, che dalla Siria vanno verso l’Europa, la Giordania e Iraq. All'interno del panorama mediorientale, il NES rimane la più stabile autonomia democratica, che gestisce terra, risorse, autodifesa e lavoro. Negli anni si sono stabilizzati servizi, scuole, università e multietnicità[6], per questo la situazione nel NES è ancora più difficile, poiché si trova nel mezzo di un teatro di guerra tra Stati Nazione.

Questi non hanno alcun interesse nell'accettare l’autodeterminazione del nord-est della Siria per vari motivi:

-          la Russia non vuole perdere le sue basi militari in Siria;

-          l’Iran (che appoggia la Russia) non vuole a sua volta perdere le basi in Siria;

-         la Turchia desidera allargare la sua dominazione geopolitica e i suoi interessi all'interno del territorio siriano e iracheno;

-         la coalizione internazionale non interviene per non generare una tensione al suo interno e con la Russia, specialmente in questo periodo già ricco di tensioni dovute alla guerra in atto sul territorio Ucraino;

-      l’Unione .Europea chiude tutte e due gli occhi di fronte alla violazione dei diritti umani ritenendo questa un male minore rispetto al controllo del flusso dei migranti garantito dalla Turchia, anche se è stata la stessa Turchia ad averlo in gran parte generato.  

In conclusione, possiamo vedere come le potenze e gli stati nazione ostracizzino non solo le Amministrazioni Autonome del Kurdistan, ma mirino a distruggerne il paradigma politico e sociale. Questa guerra come descritta dal titolo si può considerare infinita, ma infinita è anche la resistenza che la contrasta, per questo è importante informarsi correttamente su quello che succede per averne un quadro d’insieme che ne rappresenti la complessità, le sfide e le speranze. D’altra parte molti altri territori del medio-oriente sono connotati da una molteplicità di popolazioni con proprie tradizioni, religioni, culture e il modello del NES rappresenta una alternativa alla barbarie del predominio di una sulle altre, per questo è necessario non dimenticarsene e continuare a sostenere queste popolazioni ed il paradigma che caratterizza e da’ forza alla loro esistenza e resistenza.

Serkeftin.

Marianna Lucarini e Francesca Pastore di Staffetta Sanitaria Roma

www.staffettasanitaria-rojava.it    Fb staffetta sanitaria   Instgram @staffettasanitaria


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[1] Cfr. http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2021/01/09/rojava-information-center-battaglie-invisibili-la-riabilitazione-degli-affiliati-di-daes/

[2] http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2021/06/01/i-cambiamenti-demografici-nella-siria-del-nord-est/

[3] Cfr. http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2022/04/05/rojava-information-center-documentazione-sugli-abusi-dei-diritti-commessi-nelle-regioni-occupate-dalla-turchia-nel-nord-est-della-siria-3-quadri-2021/

[4] http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2020/10/27/rapporto-della-commissione-onu-di-inchiesta-sulla-siria-niente-mani-pulite-dietro-le-prime-linee-e-i-titoli-dei-giornali-gli-attori-armati-continuano-a-sottoporre-i-civili-ad-abusi-orribili-e-sempre/

[5] http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2020/01/17/dossier-armi-chimiche-usate-dalla-turchia-nella-siria-del-nord-est/

[6] Cfr. notizie presenti nella sezione http://www.staffettasanitaria-rojava.it/category/good-news-by-nes/


martedì 19 aprile 2022

Kurdistan - Rompiamo il silenzio sulla recente invasione turca del Kurdistan meridionale

 

Rompiamo il silenzio sulla recente invasione turca del Kurdistan meridionale

Mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sta cercando di svolgere il ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina e di presentarsi come un pacificatore, ha lanciato una rinnovata offensiva militare su larga scala contro il Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale), un’altra campagna non provocata dalle forze armate turche per invadere, spopolare e occupare più aree. Ancora una volta, il vero volto di Erdogan, quello di aggressore e occupante, può essere visto in Kurdistan. La politica di negazione e guerra contro il popolo curdo è un principio centrale dello stato turco e della leadership di Erdogan, e gli sforzi trasparenti di Erdogan per agire come mediatore sulla scena interna servono solo a distrarre dal ruolo distruttivo che Erdogan continua a svolgere in Turchia, in Kurdistan e in tutta la regione.

Il 17 aprile lo Stato turco ha lanciato una nuova campagna militare volta ad occupare le aree di Şikefta Birîndara, Kurêjaro (Kurazhar) e Çiyayê Reş nella regione dello Zap nel Kurdistan meridionale. In questa campagna illegale transfrontaliera le forze armate turche hanno utilizzato artiglieria pesante, aerei da guerra, droni ed elicotteri e il trasporto aereo di forze di terra in elicottero nella regione come parte di un’offensiva di terra parallela. Dalla regione dello Zap, le forze turche mirano a estendere ulteriormente la loro occupazione nelle regioni di Metîna e Avaşîn-Basyan.

L’uso di armi pesanti e forze di terra rappresenta una grave minaccia per l’intera regione e l’unità tra i curdi in tutte le parti del Kurdistan e la diaspora è l’unica risposta a questa aggressione. Le recenti celebrazioni del Newroz del 21 marzo hanno visto la proclamazione di una posizione di unità nazionale curda e oltre 10 milioni di curdi nel Kurdistan settentrionale e in Turchia hanno inviato un chiaro messaggio a Erdogan che non si sarebbero piegati alla sua brutalità o alla sua politica di annientamento.

Milioni di curdi hanno fornito alla Turchia un percorso verso la pace e hanno espresso ai popoli della Turchia e del mondo che la libertà del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan aprirà la strada alla pace in Turchia e oltre. Le apparizioni con alcuni politici curdi del Kurdistan meridionale non aiuteranno Erdogan a nascondere la sua ostilità nei confronti del popolo curdo, poiché il suo track record di aggressione contro i curdi in varie parti del Kurdistan è ben consolidato. Le apparizioni con alcuni politici curdi del Kurdistan meridionale non aiuteranno Erdogan a nascondere la sua ostilità nei confronti del popolo curdo, poiché la sua comprovata esperienza di aggressione contro i curdi in varie parti del Kurdistan è ben consolidato.

Le recenti celebrazioni del Newroz hanno mostrato la realtà della coscienza nazionale curda e le aspirazioni alla libertà. Dopo il Newroz, le torture e gli omicidi di prigionieri politici curdi sono aumentati, così come gli attacchi agli uffici del progressista Partito democratico dei Popoli (HDP) e gli arresti di coloro che hanno partecipato alle celebrazioni di Newroz. Nel frattempo, in Rojava e nella Siria settentrionale e orientale, si sono intensificati gli attacchi aerei turchi contro i curdi.

Erdogan ora sta affrontando molte crisi interne, inclusa una terribile situazione economica, e sta disperatamente cercando di evitare la sua caduta intensificando la guerra dello stato turco contro i curdi per raccogliere il sostegno nazionalista in patria, mentre lavora per rafforzare la posizione della Turchia nell'arena diplomatica internazionale tramite il tentativo di svolgere il ruolo di mediatore nella crisi ucraina e rivendicare una posizione geostrategica unica tra NATO e Russia. Se il mondo continua a chiudere un occhio sull'aggressione di Erdogan, assisteremo a un aumento degli spargimenti di sangue, degli sfollamenti e dell’instabilità in tutto il Kurdistan e in Medio Oriente.

Dobbiamo rompere il silenzio sull'invasione turca del Kurdistan meridionale e agire!

• Chiediamo a tutti i governi e alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, la NATO, l’UE, il Consiglio d’Europa e la Lega araba, di intraprendere un’azione urgente contro questa violazione del diritto internazionale, di condannare inequivocabilmente questo crimine di aggressione e di chiedere che la Turchia ritiri le sue truppe dal Kurdistan meridionale

• Chiediamo ai partiti politici, alle organizzazioni per i diritti umani, alle organizzazioni per la pace, ai sindacalisti e agli attivisti di opporsi a questa aggressione e occupazione turche

 

Consiglio esecutivo del Congresso nazionale del Kurdistan-KNK

venerdì 11 marzo 2022

Messico - Domenica 13

                                                           COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

Messico
9 marzo 2022

DOMENICA 13

Alla Sexta Nazionale e Internazionale:
A coloro che hanno firmato la Dichiarazione per la Vita:
Alle persone oneste in tutto il mondo:

In accordo con alcuni individui, gruppi, collettivi, organizzazioni e movimenti di SLUMIL K’AJXEMK’OP, le comunità zapatiste hanno concordato di convocare mobilitazioni e manifestazioni contro TUTTE LE GUERRE capitaliste attualmente in corso in vari angoli del pianeta. Non è solo in Ucraina. Anche in Palestina, Kurdistan, Siria, contro il popolo Mapuche, i popoli originari in tutto il pianeta, e contro tanti processi libertari che vengono attaccati, perseguitati, assassinati, messi a tacere, distorti.

Rispondendo a tale appello, abbiamo deciso di partecipare alle mobilitazioni di domenica 13 marzo 2022 e di continuare così le azioni contro le guerre che il sistema perpetra nel mondo.

Proponiamo quindi l’inizio di una campagna mondiale contro le guerre del capitale, qualunque sia la loro geografia. Organizzare concerti, meeting, festival, incontri, ecc. Insomma, le arti contro le guerre.

Invitiamo tutte le persone, i gruppi, i collettivi, le organizzazioni e i movimenti onesti in Messico e nel mondo, secondo i propri tempi e modi – e preservando la loro indipendenza e autonomia -, a unirsi alle attività per chiedere la fine delle guerre, a partire da domenica 13.

Da parte loro, le comunità zapatiste manifesteranno con cortei di alcune migliaia di zapatisti domenica 13 marzo 2022 nei loro caracoles, nei capoluoghi municipali di San Cristóbal de las Casas, Yajalón, Palenque, Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e nelle comunità.

Contro tutte le guerre: tutte le arti, tutte le resistenze, tutte le ribellioni!

Dalle montagne del Sud-est Messicano
Commissione Sexta Zapatista
Messico, marzo 2022

 

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo

venerdì 4 marzo 2022

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

    

       COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

                             Messico

                                      NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

                                  (Sull’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo)

2 marzo 2022

Ai firmatari della Declaración por la Vida:

Alla Sexta nazionale e internazionale:

Compañer@s y herman@s:

Esprimiamo il nostro pensiero e parole su quanto sta accadendo attualmente nella geografia che chiamano Europa:

PRIMO.- C’è un aggressore, l’esercito russo. Ci sono interessi dei grandi capitali in gioco, da entrambe le parti. Coloro che ora patiscono i deliri di alcuni ed i subdoli calcoli economici di altri, sono i popoli di Russia e Ucraina (e, forse presto, quelli di altre geografie vicine o lontane). Da zapatisti quali siamo, non sosteniamo l’uno o l’altro Stato, ma piuttosto coloro che lottano per la vita contro il sistema.

Durante l’invasione multinazionale dell’Iraq (quasi 19 anni fa) guidata dall'esercito americano, ci furono mobilitazioni in tutto il mondo contro quella guerra. Nessuno sano di mente allora pensava che opporsi all'invasione fosse mettersi dalla parte di Saddam Hussein. Ora è una situazione simile, anche se non la stessa. Né Zelensky né Putin. Fermate la guerra.

SECONDO.- Diversi governi si sono allineati da una parte o dall'altra, facendolo su calcoli economici. Non vi è alcun valore umanistico in loro. Per questi governi e i loro “ideologi” ci sono interventi-invasioni-distruzioni buone e ce ne sono di cattive. Le buone sono quelle portate avanti dai loro affini, e le cattive sono quelle perpetrate dai loro opposti. Il plauso all'argomento criminale di Putin per giustificare l’invasione militare dell’Ucraina, si trasformerà in lamento quando, con le stesse parole, si giustificherà l’invasione di altri popoli i cui processi non sono di gradimento al grande capitale.

Invaderanno altre geografie per salvarli dalla “tirannia neonazista” o per porre fine ai “narco -stati” vicini. Ripeteranno quindi le stesse parole di Putin: “dobbiamo denazificare” (o il suo equivalente) ed abbonderanno di “ragionamenti” di “pericoli per i propri paesi”. E poi, come ci dicono le nostre compagne in Russia: “Le bombe russe, i razzi, le pallottole volano verso gli ucraini senza chiedere le loro opinioni politiche e la lingua che parlano”, ma cambierà la “nazionalità” delle une e delle altre.

TERZO.- I grandi capitali e i loro governi “occidentali” sono rimasti in poltrona a contemplare – e persino incoraggiare – la situazione che si stava deteriorando. Poi, una volta iniziata l’invasione, hanno aspettato di vedere vedere se l’Ucraina avrebbe resistito, calcolando ciò che si poteva trarre da un risultato o dall'altro. Poiché l’Ucraina resiste, si cominciano ad emettere fatture per “aiuti” che verranno riscosse in seguito. Putin non è l’unico ad essere sorpreso dalla resistenza ucraina.

I vincitori di questa guerra sono le grandi industrie degli armamenti e i grandi capitali che vedono l’opportunità di conquistare, distruggere/ricostruire territori, ovvero, creare nuovi mercati di merci e di consumatori, di persone.

QUARTO.- Invece di rivolgerci a quello che diffondono i media e i social network delle rispettive parti – che entrambe presentano come “notizie” – o alle “analisi” nell'improvvisa proliferazione di esperti di geopolitica e nostalgici del Patto di Varsavia e della NATO, abbiamo cercato e chiesto a coloro che, come noi, sono impegnati nella lotta per la vita in Ucraina e in Russia.

Dopo diversi tentativi la Commissione Sexta Zapatista è riuscita a mettersi in contatto con i nostri parenti di resistenza e ribellione nelle geografie che chiamano Russia e Ucraina.

QUINTO.- In breve, questi nostri parenti, che oltretutto sventolano la bandiera della @ libertaria, sono decisi: in resistenza quelli che sono nel Donbass, in Ucraina; e in ribellione coloro che percorrono e lavorano per le strade e i campi della Russia. In Russia ci sono arrestati e pestati per aver protestato contro la guerra. In Ucraina ci sono assassinati dall'esercito russo.

Li unisce tra loro, e loro con noi, non solo il NO alla guerra, ma anche il rifiuto di “allinearsi” con i governi che opprimono la loro gente.

In mezzo alla confusione e al caos da entrambe le parti, le loro convinzioni restano salde: la loro lotta per la libertà, il loro ripudio dei confini e dei loro Stati Nazione e le rispettive oppressioni che cambiano solo bandiera.

Il nostro dovere è sostenerli al meglio delle nostre possibilità. Una parola, un’immagine, una melodia, una danza, un pugno alzato, un abbraccio – anche da geografie lontane – sono un sostegno che animerà i loro cuori.

Resistere è persistere ed è prevalere. Sosteniamo questi parenti nella loro resistenza, cioè nella loro lotta per la vita. Lo dobbiamo a loro e lo dobbiamo a noi stessi.

SESTO.- Per quanto sopra, invitiamo la Sexta nazionale e internazionale che non l’ha ancora fatto, secondo i propri calendari, geografie e modi, a manifestare contro la guerra e a sostegno di ucraine e ucraini e di russe e russi che lottano nelle loro geografie per un mondo con libertà.

Nello stesso tempo, invitiamo ad appoggiare economicamente la resistenza in Ucraina attraverso i numeri di conto corrente che ci indicheranno a suo tempo.

Da parte sua, la Commissione Sexta dell’EZLN sta inviando un piccolo aiuto a quanti, in Russia e Ucraina, combattono la guerra. Sono stati inoltre avviati contatti con i nostri parenti in SLUMIL K´AJXEMK´OP per creare un fondo economico comune per sostenere coloro che resistono in Ucraina.

Senza doppiezze, gridiamo e invitiamo a gridare ed esigere: Fuori l’Esercito Russo dall'Ucraina.

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Se continua e, come prevedibile, cresce, forse poi non ci sarà nessuno a rendere conto del paesaggio che resterà dopo la battaglia.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés SupGaleano

Commissione Sexta dell’EZLN

Marzo 2022

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/03/03/no-habra-paisaje-despues-de-la-batalla/

Traduzione “Maribel” – Bergamo

giovedì 17 febbraio 2022

Messico - ALTO A LA REPRESIÓN EN CONTRA DE LOS PUEBLOS ORIGINARIOS EN MÉXICO

 ALTO A LA REPRESIÓN EN CONTRA DE LOS PUEBLOS ORIGINARIOS EN MÉXICO

Al pueblo de México,
A los pueblos del mundo,
A la Sexta Nacional e Internacional,
A los medios de comunicación

Denunciamos que el día 15 de febrero alrededor de las 1:20 horas, los cuerpos represivos del mal gobierno integrados por elementos de la Guardia Nacional, la policía estatal de Puebla y municipal de Juan C. Bonilla, invadieron y desmontaron los espacios de resistencia y organización de la Casa de los Pueblos Altepelmecalli, espacio cultural y político autónomo que hasta el 22 de marzo de 2021 fue la planta física de la empresa Bonafont, trasnacional que ha robado y sobreexplotado desde hace años los acuíferos de la región cholulteca.

Condenamos enérgicamente la escalada represiva, que viene de las entrañas del gobierno del capital, que se autonombra 4T, en contra de la resistencia y la lucha por la vida de nuestr@s herman@s de Pueblos Unidos de la Región Cholulteca y de los Volcanes que, enarbolando la defensa de la vida colectiva, convirtió este semillero de muerte en espacio de encuentro e intercambio, en medio de la determinación de imponer en Morelos, Puebla y Tlaxcala el Proyecto Integral Morelos, que atraviesa un gasoducto por el territorio de los pueblos del volcán, desde donde germina esperanza hecha de rebeldía y formas antiguas y nuevas de organización.

Nos declaramos en alerta ante la posible persecución de las y los herman@s de la Casa de los Pueblos Altepelmecalli, haciendo responsable al gobierno federal de utilizar a su grupo armado llamado Guardia Nacional para agudizar la guerra del dinero en contra de la vida. Lo hacemos responsable de proteger los negocios de la empresa Bonafont, que despoja, acapara, privatiza y lucra de una forma inmoral con el agua de nuestros pueblos, donde sufrimos el surgimiento de socavones y el desecamiento de pozos, manantiales, ríos y arroyos; tal es el caso del río Metlapanapa, que el Frente de Pueblos de la Región Cholulteca y los Volcanes ha defendido ante la explotación y contaminación en beneficio de los corredores industriales.

Denunciamos la ofensiva represiva del mal gobierno neoliberal mexicano en contra de nuestras compañeras y compañeros que, desde sus geografías, levantan la bandera de la organización de abajo para convocarnos a luchar por la vida, CONDENAMOS:

  1. El asesinato del compañero Francisco Vázquez, presidente del consejo de vigilancia de ASURCO, quien alzó la voz en contra del robo del agua a los ejidos de la región de Ayala para la operación de la Termoeléctrica de Huexca, Morelos.
  2. La criminalización del pueblo otomí y del compañero Diego García por parte del titular de esa oscura institución del mal gobierno a la que llaman INPI, que ha servido como un órgano replicador del indigenismo y para el control clientelar en nuestros pueblos; institución que un día tuviera sus oficinas en lo que es hoy la Casa de los Pueblos Samir Flores Soberanes.
  3. La persecución en contra del Consejo Supremo Indígena de Michoacán, ante sus recientes movilizaciones en contra del desprecio, el racismo y el despojo y por el retiro del indignante monumento conocido como Los Constructores en Morelia, Michoacán.
  4. La indiferencia y complicidad criminal de la Guardia Nacional ante la violencia en Guerrero, mientras los cárteles del narcotráfico atacan a las comunidades del Consejo Indígena y Popular de Guerrero-Emiliano Zapata que se oponen a los megaproyectos extractivos y denuncian la complicidad de los gobiernos con los grupos narco-paramilitares, asesinando y desapareciendo a nuestros hermanos.
  5. La militarización del Istmo de Tehuantepec para imponer el megaproyecto del Corredor Interoceánico Salina Cruz-Coatzacoalcos, así como la ilegal ocupación de las tierras de nuestras comunidades para dicho proyecto, como ocurre con la comunidad binnizá de Puente Madera, perteneciente a los bienes comunales de San Blas Atempa, Oaxaca.
  6. La utilización de la Guardia Nacional y los grupos armados de los estados y municipios para reprimir a los estudiantes normalistas de Ayotzinapa, Tiripetío y Mactumatzá, en su exigencia de justicia y condiciones para sus las escuelas normales.

Hacemos responsable al gobierno federal de México de esta escalada represiva en contra de nuestros pueblos y exigimos que cesen las acciones de la Guardia Nacional y los cuerpos policiacos en contra de quienes se oponen a la explotación-destrucción de la naturaleza y al despojo de los territorios y del patrimonio comunitario de los pueblos originarios para imponer los proyectos de muerte promovidos desde el Estado Mexicano.

Llamamos a los pueblos, naciones y tribus indígenas de México, así como a las organizaciones y colectivos aliados, a estar alertas ante esta oleada represiva neoliberal anunciada por el gobierno capitalista de este país mediante el acuerdo publicado en el Diario Oficial de la Federación el 22 de noviembre de 2021, mismo que declara los proyectos y obras del gobierno federal de interés público y de seguridad nacional como pretexto para usar a sus fuerzas armadas en contra de aquellos pueblos que se opongan al despojo y a la destrucción sin precedentes del territorio mexicano.

Llamamos a las personas, grupos, colectivos, organizaciones y movimientos en los territorios de SLUMIL K´AJXEMK´OP (también conocida como “Europa”) a que se movilicen y se pronuncien en contra de la trasnacional Bonafont-Danone –con sede en Francia–, y las representaciones del actual gobierno federal mexicano en Europa.

¡Por la Vida!

¡Solidaridad y apoyo a los pueblos originarios del Congreso Nacional Indígena!

Atentamente

16 de Febrero de 2022

Por la reconstitución integral de nuestros pueblos

Nunca más un México sin nosotros

Congreso Nacional Indígena-Concejo Indígena de Gobierno

EJÉRCITO ZAPATISTA DE LIBERACIÓN NACIONAL.

Comisión Sexta.


BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!