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martedì 14 marzo 2017

Stati Uniti - Standing Rock #NoDAPL la battaglia non si ferma


Non si ferma la lotta contro l’oleodotto DAPL, all’indomani della firma di Trump che ha autorizzato l’esecuzione del progetto.
Obama, costretto dalle forti mobilitazioni dello scorso anno, aveva bloccato il progetto, ma dopo l’ordine esecutivo del nuovo presidente, la procedura di verifica dell’impatto ambientale è stata bypassata permettendo la conclusione del progetto.
Il giorno dopo l’atto firmato da Trump, la Energy Transfer Partners, ovvero la compagnia che sta dietro ai lavori, ha cominciato la costruzione dell’ultima sezione del progetto.

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10 marzo 2017 Marcia a Washington
IN MARCIA A WASHINGTON
Il 10 marzo a Washington migliaia di persone, guidate dai Popoli Nativi in particolare i Sioux, protagonisti della lotta di Standig Rock, hanno manifestato per le strade della capitale nella #NativeNationsMarch contro il Dakota Access Pipeline e contro il presidente Trump.

La marcia, seguita a quattro giorni di sit-in allestito con i teepee indiani davanti alla Casa Bianca, prima di concludersi, ha sostato sotto la Trump Tower, dove è stato eretto un teepee e i manifestanti hanno danzato e cantato al suono della musica indiana.
Ai giornalisti presenti all'iniziativa i portavoce della protesta hanno confermato la volontà di continuare la lotta per fermare l’oleodotto, che devasta l’ambiente ed in particolare distrugge le risorse idriche.
Il messaggio per Trump è stato chiaro: “We’re still here” (Noi siamo ancora qui!).
Raymond Kingfisher, della Tribù Northern Cheyenne in Montana, ha dichiarato: "Devono ascoltarci. Noi ci siamo e continueremo ad esserci", aggiungendo: "Devono onorare i trattati e rispettare i nostri diritti".
Mary Phillips, della Tribù Nebraska’s Omaha, ha confermato che "Trump non ha ascoltato la voce dei Nativi americani, finchè non lo farà le manifestazioni continueranno".
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Accampamento di fronte alla Casa Bianca
Carl Moore, membro dei Peaceful Advocates for Native Dialogue and Organizing Support, da tempo impegnato nella lotta, tra i tanti manifestanti in abiti tradizionali indiani, ha dichiarato al Huffington Post che la protesta è sia contro l’oleodotto e l’iniziativa di Trump che a sostegno della sovranità dei nativi americani.

lunedì 6 marzo 2017

Stati Uniti - Marcia per Standing Rock a New York

Marcia per Standing Rock a New York
Sei giorni prima della Native March on Washington, DC, sabato 4 marzo una folla di attivisti si è radunata di fronte alla New York Public Library e si è diretta verso la Trump Tower per protestare contro l’oleodotto Dakota Access e la minaccia da esso rappresentata nei confronti della tribù Sioux Standing Rock, le sue terre sacre e le sue fonti d’acqua potabile.
Il giorno prima, in un’operazione coordinata, sono stati inviati mails e tweets al Sindaco di New York Bill de Blasio, chiedendogli di rispettare l’impegno di ritirare i fondi della città dalla Banca Wells Fargo per il suo coinvolgimento nell'oleodotto.
Il 17 febbraio il Sindaco de Blasio aveva dichiarato che New York City sosteneva Standing Rock. La costruzione dell’oleodotto Dakota Access avrebbe non solo violato “i diritti umani e tribali della riserva di Standing Rock”, ma avrebbe anche quasi sicuramente avuto conseguenze ambientali negative sulla terra, l’acqua e la salute degli abitanti della zona.
De Blasio è una delle persone responsabili di oltre 165 miliardi di dollari destinati a finanziare i benefici di oltre 700.000 dipendenti della città, in servizio attivo o in pensione. Forse non sarà facile per il sindaco rispettare l’impegno preso, ma New York non sarebbe la prima città a prendere questa decisione. Seattle, Santa Monica, Davis e Alameda hanno già ritirato i loro fondi dalla Wells Fargo, o si accingono a farlo.


 tratto da Pressenza

sabato 18 febbraio 2017

Stati Uniti - Il Governatore del North Dakota ordina lo sgombero di Standing Rock


Il Governatore del North Dakota ordina lo sgombero di Standing RockIl 16 febbraio veterani e protettori dell’acqua si sono incontrati con rappresentanti del governo, del Genio Militare e dell’oleodotto Dakota Access per discutere l’ordine esecutivo emanato dal governatore repubblicano del North Dakota Doug Burgum per l’evacuazione dell’Oceti Sakowin Camp e di altri campi di Standing Rock entro il 22 febbraio “per evitare un disastro ecologico nel fiume Missouri a causa dei rifiuti accumulati per mesi dagli attivisti che hanno occupato i campi”.  
Nella sua pagina Facebook l’attivista Joseph Hock ha risposto alle accuse di Burgum ammettendo che “con oltre 100.000 persone che hanno visitato Standing Rock e circa 7.000 presenti in un’occasione all’Oceti Sakwoin Camp, si è lasciata senz’altro un’impronta ambientale.  Non si può però sostenere che i protettori dell’acqua abbiano lasciato in giro spazzatura o mancato di rispetto alla terra. Molta gente ha lavorato in turni giornalieri per aiutare a pulire e proteggere l’acqua dall’impronta dei campi e c’è ancora molto da fare. Comunque” ha concluso Hock “qualsiasi danno causato dai campi non si può paragonare a quello di una possibile fuoriuscita di oltre 100.000 galloni di petrolio nel fiume Missouri.”
Veterani di Veterans-Stand e di VeteransRespond sono arrivati a Standing Rock per aiutare nell’opera di pulizia dei campi.
“Sono onorata della presenza di ogni veterano che è venuto a sostenerci, ad aiutarci a difenderci, ad aiutarci a pulire e guarire la terra” ha detto LaDonna Brave Bull Allard, la storica e attivista Lakota che nell’aprile del 2016 ha fondato Sacred Stones, il primo campo di resistenza all’oleodotto Dakota Access. Ha poi ringraziato tutti i veterani accorsi a Standing Rock in solidarietà con i popoli nativi.

venerdì 3 febbraio 2017

Stati Uniti - Oleodotto Dakota Access, i protettori dell’acqua chiedono aiuto

Oleodotto Dakota Access, i protettori dell’acqua chiedono aiutoIl Genio Militare sembra pronto a concedere il permesso finale richiesto per la costruzione dell’oleodotto Dakota Access. Martedì il senatore del North Dakota John Hoeven ha detto di aver parlato con il nuovo segretario dell’esercito Robert Speer, che ha ordinato al Genio di consentire alla Energy Transfer Partners, la compagnia che sta dietro all'oleodotto, di trivellare sotto il fiume Missouri.
I protettori dell’acqua hanno dichiarato che se l’autorizzazione verrà concessa, il governo starà aggirando in modo illegale il processo dello studio di impatto ambientale ordinato dall'amministrazione Obama in dicembre. La tribù Sioux Standing Rock ha affermato: “Abbandonare lo studio di impatto ambientale costituirebbe un cambiamento inesplicato e arbitrario, basato sulle idee personali del presidente e potenzialmente sui suoi investimenti personali.”
Membri del campo di resistenza Sacred Stone nella riserva Sioux di Standing Rock hanno lanciato un appello ad appoggiare la resistenza all'oleodotto. Mercoledì 1° febbraio 76 persone sono state arrestate per sconfinamento mentre cercavano di installare un nuovo accampamento storicamente concesso ai Sioux dai trattati, ma ora proprietà della Energy Transfer Partners.
La settimana scorsa, i veterani hanno annunciato un piano per sostenere i manifestanti accampati nel North Dakota. Questo comprende la rapida mobilitazione di migliaia di veterani dell’esercito, che dovrebbero tornare a Standing Rock, dove circa 4.000 di loro erano stati in dicembre. “Abbiamo preso un  impegno con la gente di Standing Rock, abbiamo preso un impegno con la nonviolenza e faremo tutto il possibile per assicurare il rispetto dell’ambiente e della vita umana. Questo oleodotto non verrà completato. Non finché ci saremo noi” ha detto Anthony Diggs, portavoce di Veterans Stand, che la settimana scorsa ha raccolto 37.000 dollari per sostenere la resistenza al Dakota Access.
Una commissione del Consiglio Comunale di Seattle ha votato per disinvestire 3 miliardi di dollari dei fondi cittadini dalla banca Wells Fargo, uno dei finanziatori dell’oleodotto. L’intero Consiglio Comunale si esprimerà su questo provvedimento lunedì.
Il 2 febbraio il gruppo spagnolo Ecologistas en Acción, come parte della campagna internazionale DeFundDAPL, prevede la consegna a una filiale del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria nel centro di Madrid di un manifesto con oltre 500.000 firme e la richiesta di ritirarsi dal consorzio bancario che finanzia il progetto dell’oleodotto Dakota Access.
Fonti:
tratto da Pressenza

giovedì 2 febbraio 2017

Stati Uniti - Quello che succede all'inizio dell'epoca Trump

USA  In una telefonata col presidente messicano Pena Nieto, l’omologo statunitense Trump avrebbe minacciato l’invio di truppe Usa al confine se il Messico non fermerà l’arrivo di quelli che chiama ‘bad hombres’, ossia i migranti con precedenti penali, spesso proprio solo per il fatto di non avere i documenti. La chiamata, smentita da Nieto, non è invece stata commentata dalla Casa Bianca, che lascia intendere come in realtà sia davvero avvenuta.

Burrascosa anche la telefonata col premier australiano Turnbull, accusato di “voler esportare negli Stati Uniti terroristi” solo per avere chiesto alla Casa Bianca di rispettare l’accordo secondo cui gli Usa dovrebbero accogliere 1.250 rifugiati al momento nelle carceri australiane.

BERKELEY – Negli Usa intanto partecipatissima resistenza notturna all'Università di Berkeley, California, con proteste radicali, scontri, incendi e blocco dell’ateneo per il previsto arrivo di un oratore di estrema destra, Milo Yiannopoulos, legato al sito breitbart.com. “pensatoio” razzista guidato da Stephen Bannon, “ideologo” di Trump. Alla fine, per l’oratore razzista, niente discorso, viste le proteste di massa e radicali, con migliaia di persone in piazza. Presi di mira dagli spezzoni antifascisti e anticapitalisti banche, filiali di multinazionali e altro ancora, con durissimi scontri con la polizia.

Di seguito, un video della manifestazione:


NO DAPL – I repubblicani hanno approvato intanto in Senato una misura che affossa il regolamento contrario allo sversamento di scorie nei fiumi vicine a industrie attive nel settore dell’estrazione del carbone, con l’obiettivo di proteggere le acque di 10mila chilometri di corsi d’acqua e 210 mila chilometri quadrati di foreste. Nella notte poi decine di uomini della Guardia Nazionale hanno circondato il “Last Child Camp”, uno dei campi di resistenza contro il mega oleodotto Dapl, in North Dakota, dove da mesi resistono solidali e nativi americani Sioux. Effettuati 76 arresti,tra cui alcuni avvocati.

CARCERE – E ancora: rivolta in un carcere di massima sicurezza a Smyrna, in Delaware: alcuni agenti della polizia penitenziaria sono stati presi in ostaggio dai detenuti. La struttura – dalla quale sarebbe stato visto uscire del fumo forse dovuto a delle fiamme – è stata messa in ‘lockdown’, chiusa all'esterno, così come tutte le carceri del Delaware. All'interno del Vaughn Correctional Center ci sono 2.500 detenuti, molti dei quali in regime di massima sicurezza. All'interno della struttura si eseguono anche le condanne a morte. Da tempo i detenuti denunciano condizioni disumane. Dopo ore di trattative, dentro il carcere restano due agenti in ostaggio e 82 prigionieri in rivolta.

Di tutto questo, e più in generale delle prime due settimane di presidenza Trump, ne abbiamo parlato con Fabrizio Tonello, docente di Scienze Politiche a Padova, americanista e collaboratore de “Il Manifesto”.

Ascolta o scarica qui

tratto da Radio Onda d'Urto

mercoledì 23 novembre 2016

Stati Uniti - Standing Rock: oltre cento feriti dopo un attacco della polizia con idranti, pallottole di gomma e lacrimogeni

Standing Rock: oltre cento feriti dopo un attacco della polizia con idranti, pallottole di gomma e lacrimogeni
(Foto di Democracy Now!)
Nel North Dakota, domenica oltre cento Nativi Americani e altri oppositori dell’oleodotto Dakota Access sono stati feriti dalla polizia, che li ha attaccati con pallottole di gomma, candelotti lacrimogeni e idranti in una notte gelida. L’attacco è avvenuto su un ponte vicino a Oceti Sakowin, l’accampamento principale, dopo che i protettori dell’acqua avevano tentato di sgombrare l’accesso al ponte pubblico, bloccato dalle autorità con equipaggiamento militare incatenato a barriere di cemento. Secondo i medici presenti sul posto molte persone sono state colpite da proiettili di gomma.
Leland Brenholt: “Mi chiamo Leland Brenholt e sono un medico qui a Oceti Sakowin. Abbiamo visto almeno quattro persone ferite da arma da fuoco, tre delle quali alla faccia e alla testa. Pallottole di gomma. In questo momento stiamo cercando di tenere la gente al caldo, di decontaminarla e di curare vari tipi diversi di ferite. Alcuni sono stati colpiti al petto o alla gamba da candelotti lacrimogeni e cose simili.”
Secondo i protettori dell’acqua la polizia ha tirato pallottole di gomma anche contro i giornalisti, abbattuto droni usati per documentare l’attacco e sparato razzi illuminanti che hanno dato fuoco all’erba. Secondo osservatori della National Lawyers Guild (un’organizzazione di avvocati attivisti, N.d.T.), dopo essere state colpite molte persone hanno perso conoscenza. Testimoni affermano che un anziano ha avuto un attacco cardiaco ed è stato rianimato sul posto dai medici. Sia la tribù Sioux Standing Rock che quella del Cheyenne River hanno inviato personale per il pronto soccorso.
Domenica Angela Bibens, un avvocato del Red Owl Legal Collective, ha fatto un’intervista telefonica registrata dall'attivista Dallas Goldtooth. “Abbiamo visto gente colpita dai candelotti lacrimogeni. Ne hanno tirati venti in una zona ristretta in meno di cinque minuti, tanto che alcuni hanno perso la funzione intestinale. La nostra squadra di osservatori legali ha assistito ad almeno un attacco cardiaco in prima linea. C’era gente che vomitava per l’esposizione ai lacrimogeni. L’acqua degli idranti era mescolata ai lacrimogeni e così anche i nostri osservatori sono stati coinvolti mentre prendevano appunti. Sono stati sparati candelotti nella zona di pronto soccorso in prima linea. Una donna ha la rotula fratturata e un anziano che aveva avuto un attacco cardiaco è stato rianimato dai medici.”

venerdì 18 novembre 2016

Stati Uniti - Sospesi i lavori del gasdotto in territorio Sioux

Il governo degli Stati Uniti ha ordinato la sospensione della costruzione del gasdotto sul territorio della comunità Sioux di Standing Rock nel Dakota decidendo che sono necessarie ulteriori analisi e discussioni sul progetto, in accordo con il Corpo degli Ingegneri dell'Esercito degli Stati Uniti, responsabile di dare  l’autorizzazione ad iniziare i lavori alla società Dakota Access Pipeline.

"Mentre queste discussioni stanno accadendo, la costruzione non può essere fatta né sopra né sotto il terreno che costeggia il Lago Oahe che appartenente al Corpo", è scritto in un comunicato del Corpo degli Ingeneri.

La società Dakota Access Pipeline intende costruire un oleodotto sotto il fiume Missouri e il lago artificiale Oahe, che sono fonti di acqua potabile per la tribù, che si è opposta alla costruzione dei 1866 km di oleodotto per la minaccia di perdite e contaminazione dei suoli.

I Sioux chiedono che il gasdotto passi lontano dalle terre che considerano sacre e che circondano i loro insediamenti.

"Milioni di persone rimangono letteralmente e spiritualmente con noi a Standing Rock, e quindi hanno la nostra più profonda gratitudine", ha detto il capo della tribù, Dave Archambault, in un comunicato.

Detto questo, i dirigenti aziendali hanno denunciato la decisione del Corpo degli Ingegneri che non ha alcuna "giustificazione legale o di fatto."

"Questa azione è politicamente motivata a scapito di una società che ha fatto molto di più per rispettare le regole imposte", ha detto il presidente di Energy Transfer Partners, Kelcy Warren, in una dichiarazione assicurando che il processo è stato una "farsa" che "invia un messaggio terribile dello stato di diritto".

Altri gruppi indigeni nel nord degli Stati Uniti insieme agli attivisti si sono uniti nella difesa del territorio Sioux, rifiutando la costruzione del gasdotto e accompagnando la tribù nelle loro azioni e proteste fin dall'inizio del conflitto con l’impresa.

Le proteste, fino a poco tempo pacifiche, si sono trasformate nelle ultime settimane in scontri con la polizia, le autorità e i lavoratori del gasdotto, che hanno portato a centinaia di arresti.

Lunedì scorso le proteste si sono diffuse nella capitale del North Dakota, Bismarck, dove circa 500 manifestanti si sono riuniti all'esterno dell'edificio sede della capitale dello stato.

Celebrità, politici e ambientalisti si sono uniti alla causa e hanno partecipato alle manifestazioni che hanno avuto luogo in tutto il paese.

giovedì 17 novembre 2016

Naomi Klein: l’effetto Trump sul clima

A Marrakesh continuano le iniziative dei movimenti per la giustizia sociale ed ambientale in occasione della Conferenza sul Clima dell’Onu, nel frattempo gli scienziati affermano che il 2016 sarà l’anno più caldo mai registrato. 

Quanto influiranno le scelte del neo presidente americano Trump nel surriscaldare l’intero pianeta?


Ce lo spiega Naomi Klein , autrice di "Una rivoluzione ci salverà", in un suo articolo per The Nation

La presidenza di Donald Trump potrebbe significare letteralmente la fine del loro mondo

Le nazioni delle isole come Kiribati scompariranno se Trump andasse avanti con i suoi programmi di energia.


di Naomi Klein

Nel preciso momento in cui Donad Trump teneva il suo discorso di accettazione, ero in una stanza gremita da un migliaio di persone a Sidney, Australia, e stavo ascoltando Maria Tiimon Chi-Fang, la massima attivista delle isole dello stato di Kiribati.
Avevo inviato tutto il giorno e-mail che avevano come oggetto “è la fine del mondo” ed improvvisamente mi sono sentita imbarazzata dal privilegio di questa iperbole.

Noi tutti abbiamo bisogno di prepararci a combattere
Se Trump facesse ciò che ha detto e facesse tornare indietro l’insufficente progresso climatico, conquistato sotto Obama, ispirando le altre nazioni a fare lo stesso, le nazioni e le culture di Chi-Fang scomparirebbero quasi sicuramente sotto le onde. Letteralmente, la fine del loro intero mondo.
Chi-Fang parla di come i negoziati di Parigi sul clima siano stati un momento raro di speranza. Non era un testo perfetto, ma le nazioni delle isole hanno combattuto e vinto, una coraggiosa battaglia per includervi un linguaggio che rifletta il bisogno di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1.5 gradi centigradi. “Non abbiamo dormito”, ha detto al pubblico.

L’obbiettivo dei 1.5 gradi ha dato a Kiribati e ad altre isole che rischiano di andare sotto il livello del mare una possibilità concreta di sopravvivenza. Però noi sappiamo che per raggiungere questo obiettivo, o anche il più mite di 2 gradi, significherebbe che non dobbiamo più sfruttare neanche un singolo pezzo delle nuove infrastrutture per l’estrazione dei combustibili fossili. Siamo già oltre il nostro budget di carbone, anche solo con i combustibili fossili attualmente in produzione.

Donald Trump, nel suo piano “100 giorni per rendere l’America di nuovo grande”, presentato alla fine di ottobre, ha chiarito che intende afferrare il carbone nello stesso modo aggressivo con cui si vanta di prendere le donne.

Ecco alcuni punti del suo piano immediato:

Consentire il proseguimento dell’oleodotto Keystone XL.
Togliere le restrizioni sulla produzione di combustibili fossili
Cancellare i "miliardi di dollari da pagare ai programmi di cambiamento climatico ONU


Questo significa: riscaldare il pianeta più velocemente possibile, e bruciare l’insignificante giubbotto di salvataggio che è stato gettato alle popolazioni che soffrono di più. Infine perchè non ci sia nessun dubbio su cosa intendeTrump, ha già designato Myron Ebell, membro del Competitive Enterprise Istitute negazionista/climatico e anti-scienziato, come incaricato di trasformare l’Environmental Protection Agency (Agenzia di protezione ambientale).

Questo è solo una parte della posta in gioco se Trump farà ciò che ha promesso di fare.

Non possiamo lasciarlo fare.
Fuori dagli Stati Uniti, abbiamo bisogno di iniziare a chiedere sanzioni economiche di fronte a questa illegalità nel non rispettare i trattati. Nel Nord America, dove il carbone che Trump vuole liberare è al momento sepolto, noi tutti abbiamo bisogno di essere pronti e se volete sapere a cosa andremo incontro, date un’ occhiata ai fatti di Standing Rock.


Tratto daThe Nation

martedì 8 novembre 2016

Julian Assange, prigioniero politico

Julian Assange, prigioniero politico
Da quasi sei anni Julian Assange è prigioniero politico di tre paesi (Svezia, Regno Unito e USA) le cui costituzioni vietano la prigionia politica, e i cui media mainstream si spacciano per difensori della libertà.
di Leopoldo Salmaso
Julian Assange, cittadino australiano, è il fondatore di Wikileaks che ha pubblicato milioni di documenti segreti i quali rivelano all'opinione pubblica nei paesi di tutto il mondo le malefatte dei loro governi. Gli apparati USA sono molto più coinvolti di tutti per la semplice ragione che dominano il mondo.
Il governo USA considera J.A. nemico pubblico numero uno. Se catturato dagli USA, J.A. rischia la pena di morte per rivelazione di segreti di stato. Ma il rischio reale è che J.A., per non essere riconosciuto come martire molto più di quanto non lo sia già, venga eliminato simulando un qualche incidente o armando la mano di qualche “pazzo isolato” tipo Lee Oswald, Jack Ruby o altri sicari così regolarmente presenti nella storia degli USA, da Lincoln in poi.
Per poter avere J.A., gli USA hanno inscenato a suo carico un caso di violenza sessuale in Svezia.
La donna implicata nell'accusa ha dichiarato che fu tutta una montatura della polizia.
In Svezia J.A. non è mai stato formalmente incriminato e infine il pubblico ministero ha riconosciuto il “non luogo a procedere”.
I governi di Svezia e Regno Unito, telecomandati dagli USA, continuano a perseguire J.A. illegalmente.

giovedì 3 novembre 2016

Stati Uniti - La meravigliosa sconfitta dei Sioux

Le proteste dei nativi americani nel North Dakota, riuniti nel movimento chiamato NoDAPL (No Dakota Access Pipeline), sono iniziate nella primavera del 2016 per impedire la costruzione dell’oleodotto della compagnia Energy Transfer Partners, il cui tracciato prevede l’attraversamento dei fiumi Missouri e Mississippi, così come parte del Lago Oahe, vicino alla Riserva dei Sioux di Standing Rock. Dopo una limitata revisione del percorso, lo United States Army Corps of Engineers – il nostro Genio militare – ha escluso un impatto significativo. Al contempo, citando effetti potenziali e mancanza di consultazione con le tribù dei nativi, nell’aprile del 2016 l’Environmental Protection Agency, il Dipartimento dell’Interno, e il Consiglio consultivo per la conservazione storica hanno richiesto con scarso successo al Corpo degli Ingegneri dell’Esercito una valutazione più approfondita. Difatti, nel mese di luglio, gli ingegneri hanno approvato i permessi di attraversamento dei corsi d’acqua. Di conseguenza, la protesta è stata lanciata da un’anziana Sioux di Standing Rock e dai suoi nipotini, decisa perfino a bivaccare nel percorso dell’oleodotto a difesa della terra e del suo popolo. Durante l’estate il movimento è cresciuto sino a contare migliaia di persone…
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foto tratta da http://www.trbimg.com
di Alessandro Ghebreigziabiher

lunedì 17 ottobre 2016

Stati Uniti - Intervista a Emory Douglas: arte, Black Panthers e zapatismo

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Il 15 ottobre del 1966 a Oakland, California, veniva fondato il Partito delle Pantere Nere.
di Martino Sacchi e Alessandro Peregalli 
Nel Dicembre 2013 abbiamo incontrato a San Cristobal de las Casas, Chiapas, Emory Douglas, Ministro della Cultura del Black Panther Party fino allo scioglimento del movimento. Come noi, Douglas era uno dei cinquemila studenti che avrebbero frequentato l’escuelita zapatista: momento in cui le comunità zapatiste del sud est messicano hanno aperto le loro case per ospitare attivisti e attiviste di tutto il mondo e mostrare i percorsi di autonomia portati avanti in oltre vent’anni di lotta. Alcuni mesi in seguito abbiamo avuto la possibilità di incontrarlo di nuovo nella sua casa nella periferia di San Francisco, e gli abbiamo fatto quest’intervista, che più che altro é stata una chiacchierata sulla sua biografia di militante, di artista, di internazionalista. Da buon compagno, afroamericano, erede di una tradizione di lotta che più che mai si è sviluppata attraverso linee di fuga, spostamenti, deportazioni ed esodi (dal middle passage atlantico alle esperienze antischiaviste del marronaggio), non ci ha stupito la sua naturale capacità di mettere in relazione resistenze e lotte in  contesti diversi come qulla di una periferia come Oakland negli anni ’60 e ’70 e la montagna e la selva indigene del sudest messicano oggi. Dalle descrizioni dirette di un artista di strada come Emory Douglas, è possibile rintracciare quei circuiti politici rivoluzionari che hanno collegato le Pantere Nere alla Cina di Mao, alle pagine di Fanon e ai movimenti di liberazione in Angola. Nell’arte di Douglas si intersecano queste traiettorie transnazionali, dall’arte della Rivoluzione Culturale, ai manifesti per la Conferenza Tricontinentale di Cuba nel 1966, fino al progetto “Zapantera Negra” avviato nel 2012 a sostegno delle lotte in Chiapas.
Maggio 2014, San Francisco: Sei innanzitutto sia un artista sia un attivista politico. Nessuna di queste due componenti può essere considerata come separata. A partire dalla tua traiettoria personale attraverso i movimenti sociali degli anni 60 e 70, in che modo questi due aspetti dell’arte e dell’attivismo politico si sono intersecati?
Queste due componenti si incontrarono nella mia partecipazione al Black Arts Movement, prima delle Pantere Nere. Fu un movimento molto vasto nella West Coast, nella East Coast e un po’ nel Sud, dove incontrai Amiri Baraka (LeRoi Jones) e cominciai a fare il suggeritore per le sue opere teatrali mentre frequentavo il San Francisco Community College. Nello stesso periodo – era il gennaio del 1967 – alcuni giovani attivisti stavano organizzando un incontro in occasione dell’arrivo di Malcom X nella Bay Area: loro sapevano che ero parte del Black Arts Movement e mi chiesero di fare la grafica per l’iniziativa. Quando poi fui all’incontro mi dissero che alcuni fratelli stavano arrivando per organizzare un’assemblea sull’autodifesa e la sicurezza. Ci andai e lì incontrai per la prima volta Bobby Seale; questo avvenne dunque molto prima che lui mi chiedesse di unirmi al Black Panther Party. Mi mise in mano un biglietto dell’autobus – io non avevo una macchina – e mi invitò a casa sua dove molta gente viveva in comunità. Insomma il lavoro grafico su Malcom X fu la mia prima partecipazione politica come artista. Nel Maggio sempre del ’67 feci la prima copertina di un tabloid, lavorando molto sulla grafica per le riviste. Era un periodo in cui l’arte cominciava ad essere percepita come un riflesso della politica, ma era ancora qualcosa di separato dal Black Panther Party. In quel lavoro misi in pratica una serie di tecniche acquisite quando stavo al City College basate sullo stile commerciale che si usa di solito per i portfolio, quelli che fai per cercare lavoro. Quando poi entrai nelle Pantere Nere sviluppai uno stile più libero, ispirato ai Dieci Punti del programma e alla nostra linea, e Bobby Seale e Huey Newton mi lasciarono completa autonomia. Fu lí che l’arte divenne per me un riflesso di ciò che succedeva nel mondo su un piano locale, nazionale e internazionale.
Quali esperienze artistiche e politiche hanno contribuito all’elaborazione di questo stile nuovo di cui parli?
Buona parte delle influenze politiche venivano da Cuba. Le OSPAAAL [Organization of Solidarity for People of Asia, Africa and Latin America], produssero moltissimi poster in solidarietà con le lotta globali. Li potete trovare online oggi, sono migliaia di poster, e furono alla radice di parte del lavoro artistico che ho fatto. Fui poi molto influenzato dall’arte che veniva dal Vietnam, quella cinese e ogni tanto russa, così come dai lavori che vennero fuori dal movimento contro la guerra in Vietnam qui, negli Stati Uniti.
Qual era il tuo ruolo all’interno del Black Panther Party? Come si collegavano le strategie artistiche con l’impegno militante nel partito?

giovedì 12 dicembre 2013

Usa-Cina le relazioni pericolose

di Angela Pascucci

Strana coppia, G2, partnership strategica del XXI secolo, nemici/amici. Le definizioni del rapporto senza precedenti fra Usa e Cina non sono mai state facili e si sono sempre consumate rapidamente, a riprova dell’evoluzione accelerata delle dinamiche che ormai coinvolgono le due potenze su tutto lo scacchiere planetario. La nuova leadership cinese guidata da Xi Jinping chiede oggi agli Stati uniti di prendere atto che la relazione, resa inscindibile dall’economia di mutua dipendenza, deve essere portata a un livello più alto, definito da Pechino “un nuovo tipo di rapporto fra superpotenze”. Washington non ha ancora deciso se e come gli conviene aprire questa nuova fase, che comporta un riconoscimento di portata storica, ma deve prendere atto che non può sottrarsi.

Lo ha dimostrato l’atteggiamento del vice presidente Biden, ritrovatosi il 4 dicembre scorso a Pechino nel frangente drammatico dello scontro sino-giapponese sulla nuova zona di difesa aerea stabilita dalla Repubblica popolare (Rpc) che ingloba un gruppo di isole contese, le Senkaku-Diaoyu, decisione che ha visto gli Usa schierare i propri B52 al fianco dell’alleato giapponese, come da trattati. Neppure una parola è stata proferita sulla questione nella conferenza stampa congiunta finale, seguita ai colloqui durati ben cinque ore fra Biden e Xi Jinping. Ma le dichiarazioni rilasciate avevano l’inquietante sapore delle questioni irrisolte, anche se c’è chi ha voluto vedere in questo silenzio una sorta di “maturità”. Il capo dei capi cinese, dopo aver parlato di un anno in cui i rapporti avevano avuto un buon avvio e “mantenuto un momento di sviluppo positivo”, ha dichiarato che la situazione nella regione e nel mondo sta cambiando, con sfide sempre più pronunciate e punti caldi nell’area che continuano ad accendersi inaspettatamente. “Il mondo nel suo insieme non è tranquillo” ha detto Xi, e Usa e Cina devono assumersi responsabilità importanti per mantenere la pace. 

mercoledì 9 ottobre 2013

Stati Uniti - La dottrina Obama. Verso nuovi instabili equilibri

Pubblichiamo questo articolo di Noam Chomsky perché ci aiuta a riflettere sugli sviluppi della politica estera degli USA, al di là di quelli che sono i condizionamenti e gli equilibri di potere così come si sono andati a definire in questo ultimo lustro. Abbiamo scritto di fine di un ciclo per l'imperialismo americano e dell'apertura di una nuova fase di multilateralismo del XXI secolo, di cui gli sviluppi recenti in Siria ed Iran sono un aspetto evidente, come lo sono la dichiarazione di indipendenza energetica degli USA e il ruolo riconosciuto alla Russia di Putin.
In questo articolo Chomsky ci da conto del dibattito politico ideologico che forma il retro pensiero della politica estera USA dopo la chiara e semplice dottrina Monroe per l'America latina [il nostro cortile di casa]. Un confronto/scontro interno a tutto campo connotato dall'uso di concetti morali che, se fanno parte del backgroud politico statunitense, nascondono anche l'estrema incertezza della fase che stiamo attraversando.

di Noam Chomsky

Il recente battibecco tra Obama e Putin sull’eccezionalismo statunitense ha rinfiammato un dibattito in corso sulla Dottrina Obama: il presidente sta virando in direzione dell’isolazionismo? O sventolerà con orgoglio la bandiera dell’eccezionalismo?
Il dibattito è più limitato di quanto sembri. C’è parecchio terreno comune tra le due posizioni, così come espresse da Hans Morgenthau, il fondatore della scuola “realista” senza sentimentalismi oggi dominante sulle relazioni internazionali.
In tutta la sua opera, Morgenthau descrive gli Stati Uniti come unici tra tutte le potenze passate e presenti perché hanno uno “scopo trascendente” che “devono difendere e promuovere” in tutto il mondo: “la creazione dell’uguaglianza nella libertà”.
Le nozioni concorrenti di ‘eccezionalismo’ e ‘isolazionismo’ accettano entrambe questa dottrina e le sue varie elaborazioni ma differiscono a proposito della sua applicazione.
Un estremo è stato vigorosamente difeso dal presidente Obama nel suo discorso alla nazione del 10 settembre: “Ciò che rende diversi gli Stati Uniti’, ha dichiarato, ‘ciò che ci rende eccezionali” e che ci dedichiamo ad agire “con umiltà ma con determinazione” quando identifichiamo violazioni da qualche parte.
“Per quasi sette decenni gli Stati Uniti sono stati l’ancora della sicurezza globale”, un ruolo che “ha significato più che forgiare trattati internazionali; ha significato farli rispettare”.
La dottrina concorrente, l’isolazionismo, afferma che non possiamo più permetterci di compiere la nobile missione di accorrere a spegnere gli incendi appiccati da altri. Prende sul serio una nota di ammonimento espressa vent’anni fa dall’editorialista del New York Times Thomas Friedman e cioè che “assegnare all’idealismo una presa quasi esclusiva sulla nostra politica estera” può condurci a trascurare in nostri stessi interessi nella dedizione ai bisogni degli altri.
Tra questi due estremi il dibattito sulla politica estera infuria.
Ai margini alcuni osservatori rifiutano i presupposti condivisi, mettendo in campo i dati storici: ad esempio il fatto che “per quasi sette decenni” gli Stati Uniti hanno guidato il mondo all’aggressione e alla sovversione, rovesciando governi eletti e imponendo dittature malvage, appoggiando crimini orrendi, minando accordi internazionali e lasciandosi dietro una scia di sangue, distruzione e miseria.
A queste anime belle Morgenthau ha fornito una risposta. Da studioso serio ha riconosciuto che gli Stati Uniti hanno costantemente violato il loro “scopo trascendente”.
Ma avanzare questa obiezione, spiega, significa commettere “l’errore dell’ateismo, che nega la validità della religione su basi simili”. La “realtà” è lo scopo trascendente degli Stati Uniti; i dati storici effettivi sono semplicemente la ”violenza alla realtà”.

mercoledì 16 gennaio 2013

Stati Uniti - Clinamen, spoiler e l'incosciente zapatista


di Angel Luis Lara
1. Migliaia di persone hanno marciato per le strade di Manhattan il 1 maggio 2012. La pacifica invasione di colori e gesti ha dipinto la città di cristallo di una novità inusitata: anche i più vecchi del luogo non ricordavano una mobilitazione così ampia e così partecipata in una data storicamente evaporata dall'immaginario collettivo di New York. Occupy a volte si trasforma in una energia senza padrone capace di operare questo tipo di miracolo. Ma si è parlato appena della magia multitudinaria di questo 1 maggio nella città. Le storie di quel giorno non esisteranno per la Storia. Quasi tutte loro parlano dell'allegria di stare insieme e la sorpresa di essere tanti e tante. Tutti ci siamo sorpresi di vederci così  coinvolti. Tra tutte le bellissime immagini prodotte da quella giornata, ce n'è una che sopravvive nella mia retina sopra tutte le altre: in mezzo ad un nutrito gruppo di donne migranti spiccava una anziana dai tratti asiatici. Sopra la sua testa, le sue mani magre sostenevano un cartello dove si poteva leggere: “Per tutti, tutto, niente per noi”. Sotto la frase scritta in castigliano c'erano quattro lettere: “EZLN”.

2. Louis Althusser ci ha lasciato un testo bellissimo prima di soccombere al dolore irrimediabile della sua follia:
La corrente sotteranea del materialismo dell'incontro. In questo scritto ha preso in prestito da Epicuro il concetto di clinamen: la deviazione casuale di un atomo dalla sua traiettoria genera la nascita di nuove ed inaspettate causalità. Althusser ha proposto questo potente concetto come vettore di una forza materialista capace di debordare per complessità la tradizione razionalista e deterministica. Che una anziana asiatica si riconosca nelle strade di Manhattan nella ribellione di un popolo maya del sudest del Messico è un puro clinamen. Prova che le comunità zapatiste stanno dando vita ad un vero materialismo dell'incontro, capace non solo di resistere contro vento e maree, ma di durare nella Storia senza lasciare di circolare nelle storie.
Quest'inverno gli zapatisti sono riapparsi davanti ai nostri occhi in maniera inaspettata, come fanno quasi sempre. Sono, probabilmente, la maggiore delle deviazioni e il più bel principio di indeterminazione: puro clinamen. Forse è per questo che quelli che si mostrano incapaci di spogliarsi del determinismo della certezza sono determinati a non capirli. Chi dice che il passato dicembre è stato il mese della resurrezione zapatista si sbaglia. Per resuscitare bisogna prima morire. Gli zapatisti hanno deciso di morire il primo gennaio di diciannove anni fa, però sono vissuti. Da allora non hanno smesso di costruire nei loro territori quello che fa capo a divenire l'esperienza collettiva di emancipazione più degna e duratura della nostra storia recente. John Berger dice della figura migrante nel suo libro Un settimo uomo: “la naturalità con la quale la gente, le istituzioni, le norme quotidiane di etichetta della metropoli, gli argomenti e le frasi fatte, decretano la loro inferiorità non sarebbe tanto complessa ed inequivoca se la loro azione e il conseguente status inferiore fossero nuovi. E' stato qui fin dal principio.” Gli zapatisti non ritornano, perchè non se ne sono mai andati.

3. Questo ultimo autunno abbiamo ricevuto a New York la visita degli amici argentini del Colectivo Situaciones. Nelle nostre conversazioni presto è affiorato un paradosso che ci risultava certamente comune: il prolungato silenzio delle comunità zapatiste ci aveva lasciato in una specie di stato come da orfani, mentre nello stesso tempo abbiamo letto nei nuovi movimenti e abbiamo respirato nelle piazze, di Puerta del Sol a Madrid o nel distretto finanziario newyorchino, una potente risonanza di una qualità nettamente zapatista. In agosto, il dirigente contadino peruano Hugo Blanco si era già diretto al movimento #YoSoy132 per segnalargli l'importanza di queste risonanze. Tre mesi dopo, in un incontro con la gente di Occupy Wall Street, Amador Fernández-Savater, uno degli amici che hanno compreso meglio l'entità e ha raccontato il movimento 15M, segnalava lo zapatismo come uno dei materiali imprescindibili per la costruzione di una geneologia possibile del movimento in Spagna. Sono tratti di una geometria comune che osserva nelle nuove dinamiche di movimento l'esistenza di una specie di incosciente collettivo zapatista, precisamente nel senso nel quale  Deleuze e Guattari proponevano pensare l'incoscente: come una macchina di decodificazione e deterritorializzazione.
Come ha segnalato Don Pablo González Casanova pochi giorni fa, tra le numerose e potenti decodificazioni realizzate dallo zapatismo, spicca l'aver situato l'azione politica e il desiderio di emancipazione più in là della dicotomia sinistra/destra. Questo è, precisamente, uno degli esercizi di deterritorializzazione che caraterizza i movimenti di nuovo tipo come #YoSoy132 o 15M. Inoltre, la preoccupazione sincera e profonda per una democrazia vera, la difesa della differenza, la distanza irriconciliabile con i partiti e con quelli che dall'alto sono il malgoverno, così come il progetto di sprivatizzazione della politica per farla diventare patrimonio di chiunque, costituiscono ugualmente elementi della linfa che attraversa i nuovi movimenti, affrattelandoli incoscientemente con delle comunità zapatiste che finora avevano vissuto nella pelle dello spoiler: ci hanno anticipato quello che sarebbe successo negli episodi che ancora non abbiamo visto. Gli zapatisti hanno sempre avuto questo problema di disubicazione storica: ci hanno raccontato il futuro da quasi due decadi. Ora questo futuro non esiste più, perchè si è fatto presente. L'incosciente zapatista dei nuovi movimenti e la sua connessione con i desideri multitudinari di una nuova vita espressi da tanti e tante nelle piazze di mezzo mondo, suggeriscono che la disubicazione storica è sparita. Questo è, definitivamente, il tempo degli zapatisti.

mercoledì 12 dicembre 2012

Stati Uniti - Michigan: Occupy the Capitol


La nuova legge sullo statuto dei lavoratori dello stato del Michigan è diventata un caso nazionale da quando anche la Casa Bianca e il presidente Obama hanno preso posizione in merito.
Il presidente Obama si è a lungo opposto ai nuovi statuti dei lavoratori e a tutte quelle leggi che vanno a colpire i diritti sindacali "ritengo che la nostra economia è più forte quando i lavoratori posso avere un buon salario e buone tutele, e sono contrario ai tentativi di privarli dei loro diritti. In Michigan il ruolo dei lavoratori nel rilancio del settore automobilistico degli Stati Uniti, è un esempio lampante di come i sindacati hanno contribuito a costruire una forte classe media e una forte economia americana."
Giovedi 6 dicembre, migliaia di manifestanti del sindacato e attivisti dei movimenti sociali hanno bloccato gli ingressi del Lansing Capitol nello stato del Michigan per protestare contro la decisione del parlamento dello stato di approvare un nuovo “statuto dei lavoratori”. La giornata si è conclusa bruscamente quando la polizia ha caricato i manifestanti, usando una gran quantità di spary urticanti provocando l'evacuazione e la chiusura del Campidoglio. Le proteste sono continuate in strada e almeno otto persone sono state arrestate.
Questo martedì, in migliaia si sono dati appuntamento a Lansing per protestare contro l' “1% - backed” la nuova legislazione sul "diritto al lavoro", la più estrema e antisindacale legge che lo stato del Michigan abbia mai visto. Infermieri, insegnanti, lavoratori dell'auto, i dipendenti del settore dei servizi, metalmeccanici, e molti altri lavoratori (compresi i disoccupati), nonché le loro famiglie, con attivisti, e rappresentanti delle comunità, hanno già aderito. In molti si sono organizzati e preparati per azioni di disobbedienza civile non violenta.
Molte e molto partecipate le assemblee delle varie categorie sindacali e delle comunità coinvolte nelle manifestazioni di questi giorni e tante le mobilitazioni a favore della protesta. Anche rappresentanti dei giocatori della Fnl, la lega nazionale di football americano, non hanno mancato di far sentire la loro voce a fianco dei manifestanti: "Protestiamo contro questo ritorno al passato, siamo contro la riforma nella sua forma attuale e siamo orgogliosi di stare a fianco dei lavoratori in Michigan e ovunque. Non pensiamo che gli elettori abbiano scelto questa riforma, e non crediamo che i lavoratori meritano questo trattamento.”
Da lunedì mattina un gran numero di agenti della Polizia di Stato del Michigan ha circondato il Campidoglio in previsione delle giornate protesta. Rigorosi i controlli e le limitazioni all’accesso a tutta la zona del Campidoglio, molte le prescrizioni ai manifestanti; senza dubbio la presenza della polizia è legata alle simili proteste messe in campo gli attivisti sindacali che occupano il Campidoglio, nel febbraio e marzo del 2011, contro una uguale riforma firmata dal governatore dello stato del Wisconsin Scott Walker l’anno scorso.Se approvata, il Michigan sarà il ventiquattresimo Stato dell’ Unione con leggi che vietano la presenza nelle aziende di rappresentanze sindacali minime come una condizione per l’assunzione.
Mentre in migliaia di attivisti e lavoratori dovrebbero assediare il Campidoglio, i rappresentanti democratici del Congresso si incontrano oggi con il governatore Rick Snyder , repubblicano, per discutere della nuova legislazione sui diritti dei lavoratori; lo scontro, a tutti i livelli, è solo cominciato.

Leggi gli articoli su: The Nation  -  OccupyWallStreet

mercoledì 7 novembre 2012

Stati Uniti - Obama vince le elezioni


Obama si conferma presidente degli Stati Uniti. 
Nella notte arrivano i dati dai vari stati che vedono il chiaro vantaggio di Obama sullo sfidante Romney.
I voti presi dal presidente sono minori della scorsa elezione e i commentatori affermano che la parte di elettorato che ha confermato il voto per Obama si concentra nella parte nord del paese e in alcuni stati quali New Mexico e Florida con una grande presenza di immigrati, come dire che hanno confermato la propria scelta lavoratori, neri, minoranze che si sono aggiunti ai voti classici dei democratici e cioè giovani e donne ì, abitanti delle realtà urbane e con maggior tasso di istruzione. Romney ha avuto più consensi, come era prevedibile tra la popolazione più anziana, bianca, religiosa e in generale nella parte sud del paese e nelle aree agricole.
E' stata una campagna elettorale giocata tutta su temi interni e collegati alla crisi. 
Nel discorso di questa notte Obama oltre alle frasi che vengono citate tra cui la più gettonata è " .. il meglio deve ancora venire," ha detto di aver imparato dagli errori e di voler essere un presidente più forte più determinato, tracciando alcuni temi come la ricerca del dialogo con i repubblicani, una politica fiscale per creare una nazione in cui i figli non vengano penalizzati dalle diseguaglianze, il tema dell'immigrazione. 
I commentatori si concentrano sul futuro e sulle prossime scelte del presidente che affermano potrebbe essere più libero nei prossimi quattro anni non avendo davanti una nuova campagna elettorale.
Oltre alla elezione del Presidente c'erano in palio 33 seggi al Senato ed un terzo di quelli alla Camera.  Dai primi dati la Camera dei Rappresentanti è rimasta in mano ai repubblicani con 223 seggi (la maggioranza è 218) mentre al Senato è confermata la maggioranza democratica.
Nella giornata di martedì si sono svolti anche circa 160 referendum e consultazioni a livello statale, locale, municipale etc ..  Alcune di queste consultazioni riguardavano il tema del consumo di cannabis:  il Colorado e lo Stato di Washington sono diventati i primi stati americani a legalizzare l'uso della cannabis per uso ricreativo. Già altri Stati ne hanno autorizzato l'uso a scopo medico ma questi due sono i primi a legalizzarne l'uso per "fini ricreativi".
RASSEGNA STAMPA
* Cina
E' emblematico pensare che a poco ore dalle elezioni americane domani in Cina si aprirà il diciottesimo Congresso del Partito Comunista, che determinerà il nuovo gruppo dirigente cinese. Una delle principali agenzie cinesi titola "Gli occhi del mondo puntati sulla Cina" ... nel sito web del Quotidiano del Popolo le elezioni americane sono a fondo pagina e nella versione inglese del sito (portavoce del partito Comunista stesso) si dice: “Il problema americano: la politica dettata dal denaro raramente sostiene le riforme”. Il resto dei media cinesi sottolinea come per fortuna sia finita la campagna elettorale americana e dunque ci sarà meno   “China bashing”, ovvero atteggiamenti di critica alla Cina da utilizzare a favore dei propri elettori. Se questa è la dimensione della stampa ufficiale pare che invece la rielezione di Obama sia il tema più popolare nell'equivalente di Twitter cinese, con 25 milioni di twet.
* America Latina
Nella Jornada on line, sito tra i più frequentati il commento alla rielezione si conclude dicendo "In un certo senso, è cambiato tutto e niente"
* Europa
Ecco i link dei commenti usciti nelle principali testate on line

martedì 6 novembre 2012

Stati Uniti - Cinque cartoline da Sandy


Riflessioni da New York

di Angel Luis Lara

1. L'uragano Sandy è stato considerato soprattutto come un sintomo ed un risultato del cambiamento climatico. Lontano dall'essere un fenomeno naturale, questo cambiamento è una questione sociale, politica e culturale: riporta alla qualità delle relazioni sociali nelle quali viviamo, al tipo di politiche con le quali siamo governati e alle forme di vita nelle quali socializziamo. Quando il dato economico costituisce la chiave di spiegazione del sociale, del politico e del culturale, tutto deriva irrimediabilmente dall'economia: anche il cambiamento climatico. Anche se il famoso Rapporto Stern ha rivelato nel 2006 che questo cambiamento provocherà una caduta del PIL mondiale che può arrivare al 20% nei prossimi decenni, l'attuale imposizione dell'austerity e il sequestro dittatoriale della moneta rendono impossibile lo sviluppo degli investimenti necessari per impedire il disastro. Il capitalismo assomiglia sempre più ad un serpente che si morde la coda. Al Gore, paladino della coscientizzazione sul cambiamento climatico, è una buona prova di questo. Lui è padrone di tre ville e vive in una casa con decine di stanze e la piscina privata: si calcola che il modo di vivere della sua famiglia consuma venti volte più energia elettrica che un'abitazione media del suo paese. Anche se gli statunitensi costituiscono meno del 5% della popolazione del pianeta, consumano il 26% dell'energia mondiale. Inoltre generano da soli il 24% del totale delle emissioni di anidride di carbonio che si producono nel mondo.  Il Rapporto Stern sottolineava già 6 anni fa, che questo tipo di emissioni stava generando un incremento nella velocità del vento che minacciava di scatenare violenti uragani ed inondazioni negli Stati uniti. Dunque alla fine un serpente che si morde la coda.
2. Sandy ha messo sul tavolo i temi che il tempo elettorale aveva ignorato: tra questi il primo è proprio quello del cambiamento climatico. La recente campagna elettorale si è caratterizzata dai silenzi e dai vuoti generalizzati. La logica elettorale è solita a convertire la politica in retorica vacua o come si dice ora, in un semplice esercizio ideolessicale: mero gioco semantico e costruzione ideologica. Il fatto certo è che nella sua condizione ideolessicale, le elites del mondo si dividono tra quelle che negano il cambiamento climatico e quelle che lo ammettono però si impegnano con tutte le loro forze a che l'umanità non possa combatterlo. Romney fa parte della prima e Obama della seconda. Nel 2009 c'è stato a Copenhagen la XV Conferenza sul cambiamento climatico dell'ONU. Giorni prima Obama aveva firmato un accordo con le autorità cinesi per bloccare la conferenza ed impedire un accordo mondiale vincolante per permettere la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Come sappiamo, il Rapporto Stern ha collegato direttamente queste emissioni agli uragani negli Stati Uniti: qualcuno potrà pensare alla produzione politica di Sandy. Il fatto certo è che nelle recenti elezioni per la Casa Bianca gli statunitensi si sono visti costretti a scegliere tra un politico che nega la realtà ed un altro che si impegna non solo a far sì che questa realtà non cambi ma per certi versi peggiori.  Questo sarà il nostro destino fino a quando resteremo stretti nel cerchio concentrico delle elites e di quello che è istituito. Il capitalismo non solo è un serpente che si morde la coda, ma anche un labirinto.
3. La produzione politica delle cause di Sandy è simmetrica alla produzione politica delle conseguenze. Prima di Sandy, New York aveva sofferto dell'intensa gestione neoliberista degli ultimi quattro sindaci.  Giuliani e Bloomberg sono risultati particolarmente virulenti in questo senso: le loro politiche municipali hanno eroso considerevolmente le infrastrutture della città, creando un obsolescenza nei trasporti, moltiplicando le infrastrutture e estendendo la povertà. Nel suo libro Shock Economy, Naomi Klein ha definito questa ingegneria socio-economica come "capitalismo del disastro". A New York esisteva già un disastro prima dell'arrivo del disastro: l'abbandono neoliberista delle infrastrutture locali ha favorito non di poco l'invito per Sandy. I più di quaranta morti nella città, la sospensione del trasporto urbano, le case distrutte e la sospensione del servizio elettrico illustrano realmente la materialità di uno shock segnato da nomi e storie vere e reali.  Elisabeth, per esempio, vive a Long Island e ha perso il suo yacht. La sua casa lussuosa sulla spiaggia ha avuto danni alla struttura. Ha racconto la sua storia alla catena televisiva Fox. Era profondamente commossa e non poteva smettere di piangere. Maria viene filmata nella trasmissione al canale Univisión a Coney Island. Era molto seria e tranquilla. Così come suo marito, lei è una persona migrante senza documenti. Tutte e due abitano con i loro tre figli in un piano sottointerrato con poca luce e scarsa ventilazione. Mentre Maria raccoglie l'acqua, una reporter cerca senza esito di farle dare una testimonianza. Stanca della giornalista, infine le ha rilasciato questa dichiarazione: "guardi signorina, questa situazione non è di adesso, ci succede ogni volta che piove. Io soffro per Sandy tutta la mia vita".
4. Sandy non solo ha messo in luce a New York l'erosione neoliberale delle infrastrutture, ma anche ha reso evidente l'abbandono delle persone: migliaia di newyorchesii  sono ancora senza luce,  acqua,  riscaldamento,  accesso agli alimenti ancora a molti giorni dal passaggio dell'uragano. Poi è successo il miracolo: una marea di gente comune e anonima ha cominciato ad autorganizzarsi per tessere una fitta rete di cooperazione che ha portato migliaia di volontari, acqua, medicine, vestiti e tonnellate di alimenti nelle zone maggiormente colpite. Si tratta di una esperienza veramente bella e profonda spinta da due motori fondamentali. Il primo si basa su un carattere culturale e si connette con il comunitarismo che, a differenza del modello d'intervento europeo, ha caratterizzato la vita urbana nelle grandi città degli Stati Uniti: l'assenza di intervento pubblico ha favorito una cultura della community e dei tessuti locali attivi. E' un fenomeno contraddittorio e complesso del quale ha parlato dieci anni fa il sociologo francese Jacques Donzelot, in un interessantissimo libro che è stato oggetto di una critica spietata da parte della sinistra  (Faire société: la politique de la ville aux États-Unis et en France). Il secondo motore della potente esperienza di cooperazione che Sandy ha scatenato ha un carattere politico: Occupy Wall Street. Sono stati gli attivisti quelli che hanno mossi i primi passi, che hanno lanciato l'appello e che hanno organizzato le reti digitali sulle quali si è estesa la materialità dell'esperienza. Occupy Wall Street  è ora Occupy Sandy
5. Anche se dai suoi inizi il movimento Occupy  ha funzionato come uno spazio di incontro tra differenti, l'egemonia graduale di una componente attivista tradizionale, caricata di gesti e linguaggi che risultano generalmente escludenti, ha sottratto potenza all'esperienza sia svuotandola di persone comuni sia sconnettendola dai registri estetici e formali della sinistra. Lo scorso mese di settembre  abbiamo letto il rito della commemorazione dell'occupazione di  Zuccotti Park come una scena stessa del decesso irrimediabile della potenza del movimento. Ma ci sbagliavamo, come ci succede la maggior parte delle volte. Sandy ha generato la seconda resurrezione di Occupy. La prima si era prodotta all'inizio, quando la brutalità della polizia colpì a fondo l'opinione pubblica e mobilitò la sensibilità comune di gran parte della città a favore del movimento. La seconda è arrivata con l'uragano che è stata in grado momentaneamente di dislocare la terribile disfunzionalità che ci portiamo dietro in molti che veniamo dall'attivismo tradizionale: quando smettiamo di intendere l'azione politica come il progetto di costruzione di un soggetto e una identità, siamo capaci di articolare il movimento come infrastruttura e agenzia al servizio del comune, dell'intelligenza collettiva e delle forme di soggettivizzazione e di vita in rete. Ed allora torna la gente e il movimento di nuovo è fatto da ognuno e la politica è ancora una volta stare insieme intorno ai problemi che ci riguardano e il senso di questo naviga in una orbita costituente. Quello che abbiamo già conosciuto nella piazza. La politica di cui ha bisogno il presente. Occupy Sandy ha dimostrato che gli amici e le amiche dello spazio Making Worlds avevano ragione quando dicevano a quelli di noi più stanchi che la soluzione non era abbandonare la barca, ma stare, nonostante tutto ed in in qualche modo, nel movimento. Questo è quello che succede ora. Agli stanchi e ai profeti ci tocca ascoltare e imparare, come sempre.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!