Non si ferma la lotta contro l’oleodotto DAPL, all’indomani della firma di Trump che ha autorizzato l’esecuzione del progetto.
Obama, costretto dalle forti mobilitazioni dello scorso anno, aveva bloccato il progetto, ma dopo l’ordine esecutivo del nuovo presidente, la procedura di verifica dell’impatto ambientale è stata bypassata permettendo la conclusione del progetto.
Il giorno dopo l’atto firmato da Trump, la Energy Transfer Partners, ovvero la compagnia che sta dietro ai lavori, ha cominciato la costruzione dell’ultima sezione del progetto.
Il 10 marzo a Washington migliaia di persone, guidate dai Popoli Nativi in particolare i Sioux, protagonisti della lotta di Standig Rock, hanno manifestato per le strade della capitale nella #NativeNationsMarch contro il Dakota Access Pipeline e contro il presidente Trump.
La marcia, seguita a quattro giorni di sit-in allestito con i teepee indiani davanti alla Casa Bianca, prima di concludersi, ha sostato sotto la Trump Tower, dove è stato eretto un teepee e i manifestanti hanno danzato e cantato al suono della musica indiana.
Ai giornalisti presenti all'iniziativa i portavoce della protesta hanno confermato la volontà di continuare la lotta per fermare l’oleodotto, che devasta l’ambiente ed in particolare distrugge le risorse idriche.
Il messaggio per Trump è stato chiaro: “We’re still here” (Noi siamo ancora qui!).
Raymond Kingfisher, della Tribù Northern Cheyenne in Montana, ha dichiarato: "Devono ascoltarci. Noi ci siamo e continueremo ad esserci", aggiungendo: "Devono onorare i trattati e rispettare i nostri diritti".
Mary Phillips, della Tribù Nebraska’s Omaha, ha confermato che "Trump non ha ascoltato la voce dei Nativi americani, finchè non lo farà le manifestazioni continueranno".
Carl ha rincarato la dose aggiungendo che bisogna riconoscere il mandato divino che hanno i Nativi nel prendersi cura della terra e dell’ambiente: "La nostra sovranità va rispettata, perché non lo è e non lo è mai stata".
"Questa lotta non riguarda solo il territorio statunitense ma deve essere condivisa in ogni parte del mondo" ha concluso Moore.
Nelle settimane precedenti la marcia, la mobilitazione si era estesa attraverso una campagna di disinvestimento dalla Wells Fargo, una delle principali banche finanziatrici del progetto di Trump; le città di Seattle e Davis hanno preso una posizione netta, non rinnovando i contratti in modo da incentivare la responsabilità sociale.
Anche nella città di Santa Monica si sono alzate voci di protesta: un’attivista cittadina ha dato inizio ad una petizione online nella quale invitava a lasciarsi ispirare dalle iniziative promosse da queste due città. Il Consiglio di Santa Monica ha quindi votato per procedere con il disinvestimento dalla Wells Fargo.
Il piano su cui ci si contrappone non è solo etico e morale ma anche giuridico.
Infatti Standing Rock Sioux, la tribù coinvolta nel passaggio dell’oleodotto, ha avviato una causa legale nei confronti dei costruttori, di LLC (compagnia privata statunitense) e dell’Army Corps of Engineers per violazioni di carattere ambientale e culturale che vanno contro i trattati firmati tra governo americano e Nativi.
La richiesta è l’intervento di un giudice federale per decidere se gli ingegneri abbiano violato la legge e i trattati permettendo la costruzione dell’ultima parte dell’oleodotto che si trova sotto il lago Oahe in Nord Dakota.
Nei giorni precedenti gli attivisti indiani si erano incontrati con Bernie Sanders, che insieme ad altri senatori come Jeff Merkley e il governatore del Maryland Martin O’Malley appoggia la lotta. In un video a cura di Indigenous Environmental Network i politici americani spiegano i motivi della loro posizione rispetto al progetto di Trump durante l’incontro con Dave Archambault II, portavoce di Standing Rock Sioux Tribe, and Rep. Tulsi Gabbard (D-Hawaii).
Nei mesi precedenti anche Papa Francesco si era schierato a favore della lotta contro il DAPL.
... Per leggere questo articolo accompagnati con la canzone Stand Up / Stand N Rock #NoDAPL con Taboo dei Black Eyed Peas
Obama, costretto dalle forti mobilitazioni dello scorso anno, aveva bloccato il progetto, ma dopo l’ordine esecutivo del nuovo presidente, la procedura di verifica dell’impatto ambientale è stata bypassata permettendo la conclusione del progetto.
Il giorno dopo l’atto firmato da Trump, la Energy Transfer Partners, ovvero la compagnia che sta dietro ai lavori, ha cominciato la costruzione dell’ultima sezione del progetto.
- 10 marzo 2017 Marcia a Washington
Il 10 marzo a Washington migliaia di persone, guidate dai Popoli Nativi in particolare i Sioux, protagonisti della lotta di Standig Rock, hanno manifestato per le strade della capitale nella #NativeNationsMarch contro il Dakota Access Pipeline e contro il presidente Trump.
La marcia, seguita a quattro giorni di sit-in allestito con i teepee indiani davanti alla Casa Bianca, prima di concludersi, ha sostato sotto la Trump Tower, dove è stato eretto un teepee e i manifestanti hanno danzato e cantato al suono della musica indiana.
Ai giornalisti presenti all'iniziativa i portavoce della protesta hanno confermato la volontà di continuare la lotta per fermare l’oleodotto, che devasta l’ambiente ed in particolare distrugge le risorse idriche.
Il messaggio per Trump è stato chiaro: “We’re still here” (Noi siamo ancora qui!).
Raymond Kingfisher, della Tribù Northern Cheyenne in Montana, ha dichiarato: "Devono ascoltarci. Noi ci siamo e continueremo ad esserci", aggiungendo: "Devono onorare i trattati e rispettare i nostri diritti".
Mary Phillips, della Tribù Nebraska’s Omaha, ha confermato che "Trump non ha ascoltato la voce dei Nativi americani, finchè non lo farà le manifestazioni continueranno".
- Accampamento di fronte alla Casa Bianca
Carl ha rincarato la dose aggiungendo che bisogna riconoscere il mandato divino che hanno i Nativi nel prendersi cura della terra e dell’ambiente: "La nostra sovranità va rispettata, perché non lo è e non lo è mai stata".
"Questa lotta non riguarda solo il territorio statunitense ma deve essere condivisa in ogni parte del mondo" ha concluso Moore.
- Olivia One Feather (al centro) della tribù Sioux di Standing Rock alza il pugno al cielo dopo il voto del Consiglio di Seattle per il disinvestimento della Wells Fargo. (Foto di Elaine Thompson/AP)
Nelle settimane precedenti la marcia, la mobilitazione si era estesa attraverso una campagna di disinvestimento dalla Wells Fargo, una delle principali banche finanziatrici del progetto di Trump; le città di Seattle e Davis hanno preso una posizione netta, non rinnovando i contratti in modo da incentivare la responsabilità sociale.
Anche nella città di Santa Monica si sono alzate voci di protesta: un’attivista cittadina ha dato inizio ad una petizione online nella quale invitava a lasciarsi ispirare dalle iniziative promosse da queste due città. Il Consiglio di Santa Monica ha quindi votato per procedere con il disinvestimento dalla Wells Fargo.
- Nativi Americani suonano le percussioni durante la protesta. (Josh Morgan for The Huffington Post)
Il piano su cui ci si contrappone non è solo etico e morale ma anche giuridico.
Infatti Standing Rock Sioux, la tribù coinvolta nel passaggio dell’oleodotto, ha avviato una causa legale nei confronti dei costruttori, di LLC (compagnia privata statunitense) e dell’Army Corps of Engineers per violazioni di carattere ambientale e culturale che vanno contro i trattati firmati tra governo americano e Nativi.
La richiesta è l’intervento di un giudice federale per decidere se gli ingegneri abbiano violato la legge e i trattati permettendo la costruzione dell’ultima parte dell’oleodotto che si trova sotto il lago Oahe in Nord Dakota.
- Proteste davanti alla Casa Bianca
Nei giorni precedenti gli attivisti indiani si erano incontrati con Bernie Sanders, che insieme ad altri senatori come Jeff Merkley e il governatore del Maryland Martin O’Malley appoggia la lotta. In un video a cura di Indigenous Environmental Network i politici americani spiegano i motivi della loro posizione rispetto al progetto di Trump durante l’incontro con Dave Archambault II, portavoce di Standing Rock Sioux Tribe, and Rep. Tulsi Gabbard (D-Hawaii).
Nei mesi precedenti anche Papa Francesco si era schierato a favore della lotta contro il DAPL.
... Per leggere questo articolo accompagnati con la canzone Stand Up / Stand N Rock #NoDAPL con Taboo dei Black Eyed Peas
tratto da YaBasta!