giovedì 21 aprile 2022

Kurdistan - Siria del Nord Est, una guerra mai finita.

Il Confederalismo democratico, però, resiste!


La situazione che si profila nel Nord Est della Siria (NES) è un quadro complesso. Gli eventi che si sono succeduti dal 2011 in poi, hanno distrutto molto del patrimonio culturale ed etnico della Siria.

Parlando del NES-Nord est della Siria (più conosciuta come Rojava) non si può fare a meno di parlare di due fazioni interconnesse tra loro, che agiscono tuttora sul territorio dell’Amministrazione Autonoma, una è l’ISIS (Daesh) e l’altra la Turchia, guidata dal dittatore Recep Tayyip Erdogan.

Il conflitto in Siria è una delle guerre più lunghe mai esistite nella storia di questo secolo. Nel 2013, in seguito alla Guerra Civile Siriana, si fa strada all’interno del paese l’organizzazione dello Stato Islamico (Daesh) che, conquistando gran parte della Siria del Nord, fece diventare la città di Raqqa la sanguinosa capitale dei fondamentalisti. I civili, e in particolare le donne, furono coloro che più patirono le tremende pene inflitte dai miliziani di Daesh.

    

In Siria del Nord Est, nell'ombra di questi tragici scenari, nasceva un piccolo fiore della democrazia, basato sul paradigma del Confederalismo Democratico, il quale si fonda sui principi dell’ecologia, parità di genere, uguaglianza etnica e autogestione economico-sociale del territorio. Questo modello venne teorizzato da Abdullah Ocalan, presidente del PKK (Partito democratico dei lavoratori del Kurdistan), detenuto attualmente all’interno del carcere di Imrali in mezzo al mare di Marmara, dal 1999. Nel 2015 le YPJ (Unità di Protezione delle Donne) e YPG (Unità di Protezione Popolare) unitamente alle SDF (Forze democratiche Siriane) sconfissero l’ISIS in Rojava, in particolare nei cantoni di Kobane, Afrin e Jazira.

Negli anni a seguire il paradigma è arrivato in Iraq, nella zona di Shengal, a prevalenza Yazida e nella zona del campo profughi di Makhmour. Lo yazidismo e’ una fede religiosa, diffusa nella zona del Sinjar iracheno (Shengal in curdo), perseguitata sia dall’ISIS, che da Ankara, poichè accusata di apostasia e perciò considerata controversa.

In questa zona è ancora in vigore l’Amministrazione Autonoma basata sul Confederalismo Democratico. Qui Daesh è stato sconfitto nel 2017 per mano delle milizie di autodifesa di Shengal, le YBS.

Che ne è stato dell’ISIS dopo la sconfitta?

Le SDF si sono organizzate per cercare una soluzione riabilitativa per le affiliate e gli affiliati di Daesh, creando campi e centri di detenzione appositi per aiutare non solo i miliziani, ma le cosiddette ‘spose di Daesh’, ovvero le mogli dei terroristi, e i loro piccoli. Tra questi ultimi, utilizzati come bambini-soldato, vi erano sia figli dei miliziani, sia bambini sottratti ed educati quindi fin da molto piccoli all'utilizzo di armi, sotto i principi rigidi della Shari’a.

Due dei più importanti tra questi campi sono: il campo di Hol e il campo di Roj, entrambi si trovano nel Nord Est della Siria. L’organizzazione di questi campi si fonda sulla divisione delle detenute e dei detenuti, in base a determinate caratteristiche, allo scopo di garantire una migliore riabilitazione. Per fare un esempio, vengono separati i foreign fighters dagli altri detenuti, perché considerati più radicalizzati. L’Amministrazione Autonoma garantisce però, all'interno di questa gestione dei campi, la possibilità ai minori di trascorrere la durata della permanenza con le madri. 

All'interno del campo di Hol la situazione è nettamente più complessa rispetto a Roj, poiche’ al suo interno ci sono numerosi conflitti e violenze, dovute dalla difficoltà da parte dei responsabili del campo di deradicalizzare gli ex affiliati e le ex affiliate dello Stato Islamico. Sono avvenute anche diverse esecuzioni interne fra ex appartenenti a Daesh, causate dall'estremismo ancora vivo negli stessi.

Nel campo di Roj si trovano prevalentemente donne e minori, dunque la situazione appare piu’ facilmente gestibile, tuttavia anche la conduzione di quest’ultimo risulta difficile anche per la mancanza di infrastrutture funzionanti in seguito ai continui attacchi dell’esercito turco nei confronti dell’Amministrazione.

All'interno di questi campi si assiste ad un ulteriore fatto rilevante: i foreign fighters stanziano in questi luoghi, poiché i loro paesi di appartenenza rifiutano il loro rimpatrio. Ad oggi la percentuale dei returnees rientrati in patria, si aggira solo intorno al 30%.

Oltre a questi da segnalare è il centro di Huri, situato a Qamishlo. Qui bambini e adolescenti processati e condannati per aver combattuto con l’ISIS, seguono un processo di riabilitazione in cui, i responsabili del centro, cercano di fornire loro sia un’istruzione di base, sia la possibilità di esprimersi in attività creative e sportive. Per quanto possibile, lo sviluppo del centro cerca di allontanarsi dall'idea di prigione. [1]

I campi non sono gli unici luoghi dove sono in atto contrasti interni, un luogo simile è Idlib, questa è una città situata in Siria del Nord Ovest.

Idlib non è un nome scelto casualmente. Questo luogo è considerabile come una terra di nessuno, dove non solo si trovano i miliziani di Daesh fuggiti, ma sono presenti anche membri di gruppi terroristici affiliati ad Al Qaeda, appoggiati dal governo turco e statunitense, tuttora considerati “ribelli” contro il governo di Bashar al-Assad, che è sostenuto invece dalla Russia, maggiormente dopo l’entrata in vigore del Caesar Syrian Civilian Protection Act, embargo che grava pesantemente sull'economia siriana approvato nel 2019 ed entrato in vigore nel 2020. In questo modo si è generata una simil guerra fredda sul territorio medio-orientale.

A Idlib, una sorta di Gaza in territorio siriano, troviamo un’inaudita violenza, dovuta a questa convivenza tra cellule terroristiche, che porta i civili a pagarne lo scotto maggiore. Gran parte delle aree della zona rimangono inabitabili, ciò comporta un incremento dei profughi e, tuttora, la città rimane una zona limbo molto pericolosa.

I cosiddetti ribelli della zona di Idlib sono sotto il controllo turco, il cui l’esercito è il secondo della NATO, che controlla vari gruppi di mercenari siriani e alcune cellule dormienti di Daesh, che insieme attaccano costantemente l’amministrazione autonoma della Siria del Nord Est, l’ultimo esempio è quello dell’attacco al carcere di Al- Sina’a, nel quartiere di Ghiweiran ad Al- Hasakah, attacco contrastato dalle SDF forze di autodifesa del NES), ma che ha generato molti morti sia tra i prigionieri che tra i guerriglieri e le guerrigliere curde.

Nel 2018 ricordiamo la presa di Afrin per mano turca, attraverso l’operazione ‘Ramoscello d’Ulivo’. Qui dopo la liberazione dall’ISIS da parte delle forze curde è arrivata l’occupazione turca, ancora in corso e che rappresenta il chiaro disegno del progetto espansionistico del califfato di Erdogan, che mira ad espandere la sua egemonia in Siria ed Iraq e a cancellare l’esperimento democratico dei territori nel NES. In questo territorio la “pax turca” ha comportato lo sfollamento forzato di almeno 300 mila residenti e la loro sostituzione con popolazioni arabe e turcomanne[2], spesso di provenienza da zone come Idlib. L’occupazione è gestita territorialmente da milizie islamiche e praticata con estorsioni, rapimenti, incarcerazioni arbitrarie[3]. Il tutto ampiamente noto alle forze della “coalizione occidentale” che in Iraq e in NES hanno ancora delle truppe sul campo. Evidenziamo che questa situazione è nota alla comunità internazionale come dettagliati rapporti ONU[4] dimostrano.

La Turchia è la principale responsabile della situazione difficile in Siria del Nord Est e non solo, nell’ultimo anno ha utilizzato armi chimiche come il fosforo bianco sulle montagne del Kurdistan siriano ed iracheno[5], ha devastato ospedali e infrastrutture con droni di ultima generazione finanziati dai paesi occidentali, ha messo embarghi e costruito muri come quello che va da Derik a Kobane, fatto per chiudere la popolazione all'interno e poterla attaccare. Un altro atto impunito della Turchia è la gestione inammissibile dell’acqua nei territori iracheni e siriani. Questi due Stati hanno contratti con la Turchia per le forniture di acqua derivante dai due fiumi della Mesopotamia. In pochi anni Ankara ha abbassato le forniture da 700 metri cubi a 300 metri cubi di acqua per Siria e Iraq e costruito numerose dighe per ostruirne il passaggio. La resistenza della popolazione locale non si è fermata, si sono organizzati attraverso l’utilizzo di pozzi per il recupero dell’acqua, come quello di Elok, nei pressi di Serekaniye.

Dal 2011 ad oggi possiamo contare 7.000.000 di profughi, che dalla Siria vanno verso l’Europa, la Giordania e Iraq. All'interno del panorama mediorientale, il NES rimane la più stabile autonomia democratica, che gestisce terra, risorse, autodifesa e lavoro. Negli anni si sono stabilizzati servizi, scuole, università e multietnicità[6], per questo la situazione nel NES è ancora più difficile, poiché si trova nel mezzo di un teatro di guerra tra Stati Nazione.

Questi non hanno alcun interesse nell'accettare l’autodeterminazione del nord-est della Siria per vari motivi:

-          la Russia non vuole perdere le sue basi militari in Siria;

-          l’Iran (che appoggia la Russia) non vuole a sua volta perdere le basi in Siria;

-         la Turchia desidera allargare la sua dominazione geopolitica e i suoi interessi all'interno del territorio siriano e iracheno;

-         la coalizione internazionale non interviene per non generare una tensione al suo interno e con la Russia, specialmente in questo periodo già ricco di tensioni dovute alla guerra in atto sul territorio Ucraino;

-      l’Unione .Europea chiude tutte e due gli occhi di fronte alla violazione dei diritti umani ritenendo questa un male minore rispetto al controllo del flusso dei migranti garantito dalla Turchia, anche se è stata la stessa Turchia ad averlo in gran parte generato.  

In conclusione, possiamo vedere come le potenze e gli stati nazione ostracizzino non solo le Amministrazioni Autonome del Kurdistan, ma mirino a distruggerne il paradigma politico e sociale. Questa guerra come descritta dal titolo si può considerare infinita, ma infinita è anche la resistenza che la contrasta, per questo è importante informarsi correttamente su quello che succede per averne un quadro d’insieme che ne rappresenti la complessità, le sfide e le speranze. D’altra parte molti altri territori del medio-oriente sono connotati da una molteplicità di popolazioni con proprie tradizioni, religioni, culture e il modello del NES rappresenta una alternativa alla barbarie del predominio di una sulle altre, per questo è necessario non dimenticarsene e continuare a sostenere queste popolazioni ed il paradigma che caratterizza e da’ forza alla loro esistenza e resistenza.

Serkeftin.

Marianna Lucarini e Francesca Pastore di Staffetta Sanitaria Roma

www.staffettasanitaria-rojava.it    Fb staffetta sanitaria   Instgram @staffettasanitaria


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[1] Cfr. http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2021/01/09/rojava-information-center-battaglie-invisibili-la-riabilitazione-degli-affiliati-di-daes/

[2] http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2021/06/01/i-cambiamenti-demografici-nella-siria-del-nord-est/

[3] Cfr. http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2022/04/05/rojava-information-center-documentazione-sugli-abusi-dei-diritti-commessi-nelle-regioni-occupate-dalla-turchia-nel-nord-est-della-siria-3-quadri-2021/

[4] http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2020/10/27/rapporto-della-commissione-onu-di-inchiesta-sulla-siria-niente-mani-pulite-dietro-le-prime-linee-e-i-titoli-dei-giornali-gli-attori-armati-continuano-a-sottoporre-i-civili-ad-abusi-orribili-e-sempre/

[5] http://www.staffettasanitaria-rojava.it/2020/01/17/dossier-armi-chimiche-usate-dalla-turchia-nella-siria-del-nord-est/

[6] Cfr. notizie presenti nella sezione http://www.staffettasanitaria-rojava.it/category/good-news-by-nes/


martedì 19 aprile 2022

Kurdistan - Rompiamo il silenzio sulla recente invasione turca del Kurdistan meridionale

 

Rompiamo il silenzio sulla recente invasione turca del Kurdistan meridionale

Mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sta cercando di svolgere il ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina e di presentarsi come un pacificatore, ha lanciato una rinnovata offensiva militare su larga scala contro il Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale), un’altra campagna non provocata dalle forze armate turche per invadere, spopolare e occupare più aree. Ancora una volta, il vero volto di Erdogan, quello di aggressore e occupante, può essere visto in Kurdistan. La politica di negazione e guerra contro il popolo curdo è un principio centrale dello stato turco e della leadership di Erdogan, e gli sforzi trasparenti di Erdogan per agire come mediatore sulla scena interna servono solo a distrarre dal ruolo distruttivo che Erdogan continua a svolgere in Turchia, in Kurdistan e in tutta la regione.

Il 17 aprile lo Stato turco ha lanciato una nuova campagna militare volta ad occupare le aree di Şikefta Birîndara, Kurêjaro (Kurazhar) e Çiyayê Reş nella regione dello Zap nel Kurdistan meridionale. In questa campagna illegale transfrontaliera le forze armate turche hanno utilizzato artiglieria pesante, aerei da guerra, droni ed elicotteri e il trasporto aereo di forze di terra in elicottero nella regione come parte di un’offensiva di terra parallela. Dalla regione dello Zap, le forze turche mirano a estendere ulteriormente la loro occupazione nelle regioni di Metîna e Avaşîn-Basyan.

L’uso di armi pesanti e forze di terra rappresenta una grave minaccia per l’intera regione e l’unità tra i curdi in tutte le parti del Kurdistan e la diaspora è l’unica risposta a questa aggressione. Le recenti celebrazioni del Newroz del 21 marzo hanno visto la proclamazione di una posizione di unità nazionale curda e oltre 10 milioni di curdi nel Kurdistan settentrionale e in Turchia hanno inviato un chiaro messaggio a Erdogan che non si sarebbero piegati alla sua brutalità o alla sua politica di annientamento.

Milioni di curdi hanno fornito alla Turchia un percorso verso la pace e hanno espresso ai popoli della Turchia e del mondo che la libertà del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan aprirà la strada alla pace in Turchia e oltre. Le apparizioni con alcuni politici curdi del Kurdistan meridionale non aiuteranno Erdogan a nascondere la sua ostilità nei confronti del popolo curdo, poiché il suo track record di aggressione contro i curdi in varie parti del Kurdistan è ben consolidato. Le apparizioni con alcuni politici curdi del Kurdistan meridionale non aiuteranno Erdogan a nascondere la sua ostilità nei confronti del popolo curdo, poiché la sua comprovata esperienza di aggressione contro i curdi in varie parti del Kurdistan è ben consolidato.

Le recenti celebrazioni del Newroz hanno mostrato la realtà della coscienza nazionale curda e le aspirazioni alla libertà. Dopo il Newroz, le torture e gli omicidi di prigionieri politici curdi sono aumentati, così come gli attacchi agli uffici del progressista Partito democratico dei Popoli (HDP) e gli arresti di coloro che hanno partecipato alle celebrazioni di Newroz. Nel frattempo, in Rojava e nella Siria settentrionale e orientale, si sono intensificati gli attacchi aerei turchi contro i curdi.

Erdogan ora sta affrontando molte crisi interne, inclusa una terribile situazione economica, e sta disperatamente cercando di evitare la sua caduta intensificando la guerra dello stato turco contro i curdi per raccogliere il sostegno nazionalista in patria, mentre lavora per rafforzare la posizione della Turchia nell'arena diplomatica internazionale tramite il tentativo di svolgere il ruolo di mediatore nella crisi ucraina e rivendicare una posizione geostrategica unica tra NATO e Russia. Se il mondo continua a chiudere un occhio sull'aggressione di Erdogan, assisteremo a un aumento degli spargimenti di sangue, degli sfollamenti e dell’instabilità in tutto il Kurdistan e in Medio Oriente.

Dobbiamo rompere il silenzio sull'invasione turca del Kurdistan meridionale e agire!

• Chiediamo a tutti i governi e alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, la NATO, l’UE, il Consiglio d’Europa e la Lega araba, di intraprendere un’azione urgente contro questa violazione del diritto internazionale, di condannare inequivocabilmente questo crimine di aggressione e di chiedere che la Turchia ritiri le sue truppe dal Kurdistan meridionale

• Chiediamo ai partiti politici, alle organizzazioni per i diritti umani, alle organizzazioni per la pace, ai sindacalisti e agli attivisti di opporsi a questa aggressione e occupazione turche

 

Consiglio esecutivo del Congresso nazionale del Kurdistan-KNK

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!