Intervento della Commissione Sexta dell’EZLN all’Incontro delle Reti di Appoggio al CIG ed alla sua Portavoce.
(Versione ampliata)
Per
ragioni di tempo l’intervento zapatista non era stato completo. Avevamo
promesso che avremmo inviato le parti mancanti: qui di seguito la
versione originale che include parti della trascrizione più quanto non
detto. Di nulla. Prego.
300.
Prima parte:
UNA FINCA, UN MONDO, UNA GUERRA, POCHE PROBABILITÀ.
Agosto 2018.
Subcomandante Insurgente Galeano:
Buongiorno, grazie di essere venuti ed aver accettato il nostro invito e di condividere la vostra parola.
Iniziamo spiegando quale è il nostro modo di fare analisi e valutazioni.
Noi
incominciamo con l’analizzare che cosa succede nel mondo, poi scendiamo
a vedere che cosa succede nel continente, poi che cosa succede nel
paese, poi nella regione e poi localmente. E da qui tiriamo fuori
un’iniziativa e cominciamo a farla uscire dal contesto locale a quello
regionale, poi nazionale, poi continentale e poi nel mondo intero.
Secondo
il nostro pensiero, il sistema dominante a livello mondiale è il
capitalismo. Per spiegarcelo e per spiegarlo agli altri, usiamo
l’immagine di una finca, una tenuta.
Chiedo al Subcomandante Insurgente Moisés di parlarcene.
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Subcomandante Insurgente Moisés:
Dunque compagni, compagne, abbiamo intervistato compagni e compagne bisnonni e bisnonne che nella loro vita hanno vissuto nelle fincas
– alcuni di loro sono ancora vivi e vive – Quello che ci hanno
raccontato ci ha fatto pensare – diciamo ora – che i ricchi, i
capitalisti, vogliono trasformare il mondo in una loro proprietà, una
loro finca.
C’è
il fattore, il proprietario terriero, il padrone di migliaia di ettari
di terra che può anche non esserci perché il padrone ha il suo
caposquadra che si prende cura della finca, ed il caposquadra cerca il
suo maggiordomo che è quello che va a controllare che si lavori la sua
terra; e questo caposquadra, su ordine del padrone, deve cercare un
caporale che si occupa di controllare tutto intorno alla tenuta, alla
sua casa. Ci hanno raccontato delle diverse cose che si fanno in una
finca: c’è la finca dove si alleva il bestiame, c’è la finca dove si
coltiva il caffè, c’è la finca della canna da zucchero, dove si fa il
panetto di zucchero, e di milpa e di fagioli. Allora combinano il tutto;
cioè in una proprietà di 10 mila ettari si fa tutto, c’è l’allevamento,
la lavorazione della canna, la coltivazione di fagioli, la milpa.
Allora per tutta la sua vita la gente circola lì, lavora lì – come
servi, la gente che soffre lì -.
Il caposquadra arrotonda poi la sua paga rubando al padrone quello che produce la finca. Cioè, oltre a quello che gli dà il padrone, il finquero,
il caposquadra ha il suo guadagno nel rubare. Per esempio, se nascono
10 vitelle e 4 torelli, il caposquadra non lo riferisce esattamente, ma
dice al padrone che sono nate solo 5 vitelle e 2 torelli. Se il padrone
poi si accorge dell’inganno caccia via il caposquadra e ne mette un
altro. Ma il caposquadra ruba sempre qualcosa, e questa si chiama
corruzione.
Ci raccontano che quando il padrone non c’è ed anche il caposquadra vuole uscire dalla finca,
allora cerca qualcuno di lì, qualcuno stronzo come lui al quale
lasciare l’incarico, andarsene e poi tornare a riprendere il suo ruolo
di caposquadra.
Dunque,
vediamo che il padrone non c’è, è da un’altra parte, ed il caposquadra è
il Peña Nieto della situazione. Quindi noi diciamo che il maggiordomo
sono i governatori, ed i caporali i presidenti municipali. Tutto è
strutturato secondo una scala di potere.
Vediamo anche che caposquadra, maggiordomo e caporale sono quelli che pretendono dalla gente. E lì nella finca,
ci raccontano i bisnonni, c’è un negozio che chiamano negozio a
credito, vuol dire che nel negozio ci si indebita; quindi gli sfruttati e
le sfruttate che vivono lì, servi o serve, comprano nel negozio il
sale, il sapone, quello di cui necessitano, cioè, non hanno denaro; lì
il padrone ha il suo negozio e lì si indebitano per comprare sale,
sapone, machete, la zappa, e non pagano con denaro bensì con la loro
forza lavoro.
I
bisnonni ci raccontano, donne e uomini, che il padrone dava loro poco
da mangiare, giusto il necessario per arrivare al giorno dopo e lavorare
per lui, e così per tutta la loro vita.
E confermiamo quello che raccontano i nostri bisnonni perché quando siamo usciti nel ’94, quando abbiamo occupato le fincas per cacciare quegli sfruttatori, abbiamo incontrato capisquadra e acasillados
che, abituati ai loro negozi a credito, ci dicevano che non sapevano
cosa fare e dove andare a procurarsi il sale, il sapone, perché non
c’era più il loro padrone. Ci domandavano chi sarebbe stato il nuovo
padrone, perché non sapevano davvero cosa fare.
Allora
noi dicemmo loro: adesso siete liberi, lavorate la terra, è vostra,
come quando c’era il padrone a sfruttarvi ma ora lo fate per voi, per la
vostra famiglia. Ma loro non capivano, dicevano no, che la terra era
del padrone.
E
lì abbiamo capito che c’è gente ormai assuefatta alla schiavitù. E se
hanno la libertà, non sanno che farne perché sanno solo ubbidire.
E
questo succedeva 100 anni fa, più di 100 anni, come ci hanno raccontato
i nostri bisnonni – uno di loro ha più o meno 125, 126 anni adesso, e
l’abbiamo intervistato più di un anno fa -.
E vediamo che ancora continua così. Oggi pensiamo che il capitalismo è così. Vuole trasformare il mondo in una finca. Cioè, gli impresari transnazionali: “Vado nella mia finca La Mexicana”, secondo come gli pare; “vado nella mia finca La Guatemalteca, L’Onduregna”, e così via.
Ed il capitalismo cominciava ad organizzarsi secondo i suoi interessi, come ci raccontano i nostri bisnonni in una finca ci può essere di tutto, caffè, bestiame, mais, fagioli, mentre in un’altra solo canna da zucchero o altro. Ogni finquero si organizzava.
Non ci sono padroni buoni, sono tutti cattivi.