domenica 19 ottobre 2008

Attacco a Öcalan nel carcere di Imrali

Secondo le dichiarazioni dell'avvocato Asrin Hukuk Burosu dell'ufficio di difesa del leader kurdo Abdullah Öcalan, da nove anni è in stato di detenzione in isolamento sull'isola prigione di Imrali, il leader kurdo viene colpito fisicamente dal personale di guardia. L'ufficio di difesa ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Il nostro assistito è da nove anni in isolamento, in qualità di unico prigioniero sull'isola prigione di Imrali e vive terribili condizioni di detenzione. Negli ultimi cinque anni molto spesso è stato spedito nella cella bunker. Si tratta di una cella nella cella. Oltre a questi trattamenti disumani e contrari ad ogni norma di legge la scorsa settimana è stato oggetto di attacco fisico e di maltrattementi.

E ancora:

La sua cella, con il pretesto di una perquisizione è stata letteralmente fatta a pezzi. Di fronte alle sue rimostranze la risposta è stata: " Stai zitto, non devi parlare, tu non hai il diritto di parlare." E' stato afferrato da due funzionari e condotto in un'altra cella. Uno degli impiegati colpendolo alla schiena lo ha fatto cadere. Il nostro assistito ha risposto che è meglio la morte che i maltrattamenti. A quel punto le minacce si sono fatte più insistenti e uno dei funzionari gli ha detto: "non ti preoccupare la morte verrà, verrà".

Come nell'82 nella prigione di Diyarbakir

Nella dichiarazione del difensore di Abdullah Ocalan si legge: "E' senza dubbio questo accadimento, che succede per la prima volta in nove anni di detenzione, da ritenere un trattamento disumano. Riteniamo che l'attacco fisico contro il nostro assistito non sia un caso, anzi è da mettere in relazione con l'escalation che sta avvenendo in Turchia. Non è un caso che recentemente il personale di guardia del carcere di Imrali sia stato sostituito. Siamo convinti che quello che sta succedendo non è una iniziativa del personale di guardia del carcere, ma che gli ordini vengono da fuori.

Lo status giuridico del carcere di Imrali come pure tutte le norme amministrative che lo regolano non dipendono dal Ministero della Giustizia bensì dalla cosiddetta "unità di crisi", che a sua volta dipende dallo Stato Maggiore del Consiglio di Sicurezza Nazionale e dunque dall'Ufficio della Presidenza del Consiglio. Quello che sta accadendo, lo si deve dunque al Presidente del Consiglio. Somiglia ai fatti avvenuti nella prigione di Diyarbakir nel 1982. I responsabili devono essere individuati. Inoltre il nostro assistito ha dichiarato che egli di fronte a queste provocazioni farà appello alla sua ragione.

"E' chiaro che si tratta di provocazioni. Non accetterò queste provocazioni per il senso di responsabilità che mi obbliga e mi lega al mio popolo. E' evidente e tutti devono venirne a conoscenza che lo Stato è responsabilie di questi accadimenti."

Inoltre vogliamo precisare che questi accadimenti non avvengono senza la luce verde ossia senza l'autorizzazione dello Stato Maggiore del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Ne consegue che lo Stato è senza dubbio il responsabile di tutto questo. Chiediamo allo Stato di assumere una chiara posizione e di far luce sui responsabili.

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martedì 14 ottobre 2008

Brasile: “Viviamo in una fase dell’avanzamento dell’imperialismo ecologico”

Un dirigente dell’ MST , Charles Trocate (MST Parà) presenta, in un’intervista al Jornal Sem Terra, un quadro della questione agraria, della lotta contro la compagnia Vale do Rio Doce e dell’avanzamento dell’agrobusiness nell’Amazzonia.

(...) Esistono tre grandi visioni e pratiche politiche e sociali in disputa. La prima è quella dello sfruttamento del capitale che è predominante nello stato brasiliano, negli stati federativi della regione amazzonica e nelle istituzioni. In questa prospettiva, l’Amazzonia deve adempiere a una funzione importante nell’attuale tappa del capitalismo che è fornire materia prima, attraverso un’alleanza profonda con le imprese imperialiste e l’imprenditoria locale.La seconda visione è quella dell’Amazzonia come un santuario ecologico, che è intoccabile e nel quale non rientra nessuna dimensione economica. In pratica, c’è alla base, una forte idea dello sviluppo autosostenibile all’interno della quale spetta ai poveri avere pratiche politiche e economiche di ecologia sostenibile, ma allo stesso tempo, il “capitale” ha tutte le possibilità di avanzare con i suoi megaprogetti.Infine, c’è la visione dei movimenti sociali in cui l’Amazzonia deve essere uno spazio dove la società deve esercitare la sovranità popolare, definendo come usare il territorio e il sottosuolo nella stessa misura in cui si contrappone all’attuale livello di sfruttamento da parte del capitale.(...) Il momento di scontro avviene nel momento in cui si cerca di far avere un altro ruolo all’Amazzonia; la nostra idea è che abbia sempre partecipato a tutti i cicli importanti del capitalismo come sorgente di materie prime, l’attuale fase è la più pericolosa perché deve distruggere qualunque ricchezza che ancora resiste.

JST- Quali sono i settori economici che minacciano l’Amazzonia?
Lo sfruttamento ha quattro grandi fronti: legno, pastorizia, soia e miniere. (...) Questi settori vogliono trasformare l’Amazzonia perché generi una nuova fonte di ricchezza. I contadini vogliono che la biodiversità continui compiendo la funzione di armonia tra uomo e natura nella misura in cui lo sviluppo economico possa generare il benessere per la società e i contadini.

JST- Ci sono progetti e misure che facilitano il disboscamento dell’Amazzonia?
Il progetto di legge 6.424/05 chiamato progetto “Floresta Zero” in Brasile e la Misura provvisoria 422/08, conosciuta come “PAG-Plano de aceleraçao da grilagem” rappresentano il potere politico economico dominante nella regione che cerca di dare fondamento giuridico allo sfruttamento a cui l’Amazzonia è sottoposta. (...) Lo Stato vuole istituire il latifondo, specialmente in quest’ultimo periodo, poichè si stima che ci siano circa 8 milioni di ettari di terre “griladas” che possano essere trasformate in terre legalizzate. Questa legalizzazione avanza sulle terre dei popoli originali, i popoli indigeni (...)

JST- Perchè la Vale do Rio Doce è nemica della Riforma Agraria e dei lavoratori rurali?
La Vale rappresenta l’ideale del modello dominante in queste regioni. (...) In tutte le regioni dove è installata l’impresa, le comunità hanno un livello di vita peggiore e si trovano in una situazione di enorme povertà. La Vale in queste zone fa in modo che non venga creato nessun progetto di insediamento e interviene per sgomberare i contadini che risiedono in quelli già creati.Un’impresa della portata della Vale, che paga ai suoi operai il salario più basso del Brasile, da cui attinge la maggior parte delle sue ricchezze è un’enorme contraddizione. Lo Stato ha investigato e la Vale ha ricevuto una multa di 109 milioni di reais per danni morali agli operai di oltre 100 imprese a lei affiliate che lavorano nel campo minierario.Come movimento stiamo cercando di lavorare per articolare gli operai perché possano essere coscienti dei loro diritti, per questo ci siamo uniti al Movimento dos Trabalhadores e Garimpeiros na mineraçao (MTM) e ad alcuni sindaci della regione per cercare di fare in modo che il grande capitale possa almeno – se non possiamo distruggerlo – compiere un’altra funzione: che la ricchezza della regione possa costruire una nuova speranza di vita.

Traduzione e adattamento a cura dell’Associazione Ya Basta! Reggio Emilia

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!