Ankara - Mancano ormai pochi giorni alle elezioni amministrative in Turchia. Un appuntamento elettorale cruciale per il governo di Recep Tayyip Erdogan. Quarantotto milioni sono gli elettori chiamati a rinnovare i consigli provinciali e ad eleggere sindaci e consiglieri delle amministrazioni di ben 2.941 comuni. Un vero e proprio test per constatare la tenuta dell’Akp, che attualmente detiene ben dodici delle sedici metropoli più importanti del Paese, comprese Istanbul e Ankara. Benché diciannove siano i partiti in lista, quattro sono quelli in maggiore competizione. L’Akp, Partito della giustizia e dello sviluppo, attualmente al governo per la seconda volta consecutiva sotto la guida del primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Il Chp, Partito repubblicano popolare, erede della tradizione kemalista e principale partito all’opposizione. Il Mhp, ovvero la destra nazionalista spesso identificata con i Lupi Grigi, e il Dtp, Partito della società democratica, forte soprattutto nel sud est del Paese con in mano l’amministrazione della città di Diyarbakir, roccaforte dei curdi. La Turchia arriva a queste elezioni amministrative con una situazione economica disastrosa, con accuse di corruzione da tutte le parti, con un negoziato per l’ingresso in Europa che va a rilento e una serie di promesse di maggior democrazia e sviluppo non realizzate. Nonostante questi temi scottanti sul tavolo, i dibattiti elettorali, però, sono stati animati da scontri tra partiti privi di veri e propri programmi per venir fuori da questo stallo e senza reali progetti futuri di rilancio del Paese. Il primo ministro Erdogan, che vuole vincere a tutti i costi, è sceso in campo di persona ed è un continuo apparire in televisione e sui giornali davanti a bagni di folla e inaugurazioni di ogni tipo. Dall’inizio della campagna elettorale ha partecipato a 70 tra manifestazioni e comizi, visitando 67 province su 81 e quasi tutti i giorni è stato impegnato a inaugurare di tutto: ospedali, centri culturali e sportivi, scuole, la nuova linea bus veloce che collega la parte europea a quella asiatica di Istanbul e il mini-prolungamento della metropolitana nella moderna Costantinopoli. Benché secondo recenti sondaggi il 46 per cento di coloro che lo votarono rimpianga l’Erdogan riformista del suo primo mandato e il 48 per cento accusi l’Akp di aver abbandonato le sue idee progressiste, questo partito di ispirazione islamica, conta comunque su una solida base che secondo un sondaggio effettuato dall’agenzia A&G per conto della Cnn è del 39,8 per cento, percentuale certo in calo rispetto alle elezioni del 2007 quando Erdogan è risultato trionfatore con il 46,6 per cento dei voti, ma comunque non disprezzabile. E il premier è sicuro di vincere la sfida di domenica prossima. Del resto tale possibile successo non sarebbe solo merito dell’abilità ammaliante di Recep Tayyip e della sua squadra, ma soprattutto colpa della mancanza di una vera alternativa politica. Eppure il partito di governo deve fare i conti con numerose ombre oscure messe in luce contro di lui. Prima fra tutte le accuse di corruzione di alcuni suoi membri e ancor più lo scandalo che mesi fa ha colpito la Deniz Feneri, associazione benefica turca processata a Francoforte per aver versato parte dei proventi raccolti dai turchi residenti all’estero nelle casse dell’Akp anziché destinare i fondi ai poveri. Poi le polemiche sullo stanziamento di 50 milioni di euro per gli “aiuti sociali” del governo distribuiti soprattutto nel sud est del Paese, a maggioranza curda e fra le aree più povere della Turchia. Potenziali elettori “omaggiati” con elettrodomestici ultimo modello nuovi di zecca, come frigoriferi, televisori e condizionatori d’aria. Come se non bastasse il Dtp ha denunciato numerose irregolarità nella registrazione dei votanti. Secondo questo partito, il governo, che punta a guadagnare le amministrazioni comunali dell’est, avrebbe favorito l’attribuzione di indirizzi falsi a 1630 soldati, 1200 insegnanti e 2000 cittadini di Adana che risulterebbero residenti in alcune cittadine curde solo per poter avere diritto di voto in quelle zone. E altri atti illegali nei registri dei votanti sono stati comunicati dalla Dicle News Agency. Del resto, a danneggiare la credibilità del processo democratico, secondo Fuat Keyman docente di Relazioni internazionali all’Università Koc di Istanbul, è anche l’aumento improvviso dei votanti registrati, cresciuti di ben 6 milioni. “Se è vero che le elezioni dimostrano che in Turchia esiste una democrazia – prosegue Keyman – ciò non implica necessariamente che questa democrazia sia vitale e in salute”. E lo sanno bene le segreterie dei partiti che, per evitare brogli elettorali, da sempre molto diffusi, hanno organizzato un vero e proprio esercito di osservatori da impegnare nei seggi per controllare il regolare svolgimento delle operazioni di voto. Lo stesso Akp collocherà in ogni seggio un rappresentante e nove osservatori per una spesa complessiva di circa 1,3 milioni di euro. Anche il Chp utilizzerà tre osservatori per seggio, mentre il Mhp conterà su una folta schiera di simpatizzanti e il Dtp fornirà un osservatore per seggio.
venerdì 27 marzo 2009
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