sabato 27 giugno 2009

Iğdir, corridoio verso la pace

Da Iğdir, scrive Alberto Tetta

Il confine chiuso.
Viaggio verso l'Armenia attraverso la provincia turca di Iğdir, dove il partito filo curdo DTP ha vinto le ultime elezioni con lo slogan “Viva la fratellanza tra i popoli”. Ai piedi del monte Ararat, in attesa di poter incontrare il vicino. Prima parte del nostro reportage


Solo una manciata di chilometri separano Yerevan da Iğdır, la più orientale delle provincie turche. Nelle nottate senza nuvole, dalle finestre della capitale armena sono ben visibili le luci dei villaggi turchi sul monte Ararat. Il confine tra Armenia e Turchia, tuttavia, è chiuso dal 1993. Da sedici anni, infatti, in seguito alle misure di ritorsione di Ankara contro l'Armenia per la guerra con l'Azerbaijan in Nagorno-Karabakh, merci e persone non possono transitare liberamente tra i due paesi.

Osservatorio Balcani e Caucaso ha percorso il confine turco-armeno raggiungendo Yerevan attraverso la Georgia. Abbiamo chiesto alle persone che abitano vicino alla frontiera tra i due paesi cosa pensano delle trattative tese alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Armenia iniziate lo scorso anno, e come la chiusura del confine influenza la loro vita quotidiana.
Iğdır è una piccola cittadina, a venticinque ore di autobus da Istanbul. Per tre ore, prima di arrivare a destinazione, il pullman procede lentamente per ripide strade di montagna ma, mano a mano che ci si avvicina alla città, i rilievi si fanno più lievi e verdi fino a diventare pianura. Iğdır, oltre ad essere una provincia di confine (a nord l'Armenia, a est la provincia azera del Nakhchivan a sud-est l'Iran) è uno dei luoghi più multietnici della Turchia. La maggioranza della popolazione è turco-azera. I curdi, tra il 30 e il 40% della popolazione, sono il secondo gruppo etnico più importante, inoltre abitano a Iğdır anche molti azeri di Azerbaijan e una comunità turca. La cittadina è al centro di una vallata dominata dall'imponente Monte Ararat, Monte Ağrı per i turchi. Il monte Ararat è stato caricato dalle autorità turche, in particolare dai governi nazionalisti, di un forte significato politico. A una ventina di chilometri da Iğdır, proprio ai piedi della montagna, è stato costruito un memoriale alto più di quaranta metri, inaugurato nel 1999 da Ramazan Mirzaoğlu - allora ministro di un governo di coalizione guidato dai kemalisti del Partito Repubblicano del Popolo (Cumhuriyet Halk Partisi, in turco) - con l'appoggio dei neo-fascisti Lupi Grigi organizzati nel Movimento di Azione Nazionalista (Milliyetçi Hareket Partisi). Il monumento, il più alto della Turchia, è stato costruito per ricordare le violenze che, secondo la storiografia turca ufficiale, sarebbero state commesse dagli armeni ai danni dei turchi durante la prima guerra mondiale. Il “Genocidio Turco” avrebbe creato il clima di odio inter-etnico che avrebbe poi spinto le autorità turche a “spostare” gli armeni verso la Siria, allora provincia meridionale dell'Impero Ottomano. Secondo gli armeni questo museo-memoriale è un insulto alla memoria delle vittime del Genocidio Armeno. Nonostante la vocazione multietnica di Iğdır e la sua posizione strategica, i turchi di origine azera hanno controllato per decenni il governo provinciale indirizzando i propri voti o verso candidati islamisti o verso la destra estrema. I sindaci eletti con l'appoggio degli azeri, durante il loro mandato, hanno quindi stretto accordi commerciali e gemellaggi solamente con città azere. Passeggiando per le strade di Iğdır sembra di essere già in Azerbaijan, bandiere azere ovunque, negozi e alberghi con nomi azeri e perfino, dietro al municipio, un grande giardino intitolato al ex-presidente dell'Azerbaijan Haydar Aliev con al centro una scultura che lo ritrae. Con le ultime elezioni amministrative del marzo 2009, però, qualcosa è cambiato a Iğdır: gli azeri hanno disperso il loro voto dividendosi tra sostenitori del candidato islamista del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi) e quello del Movimento di Azione Nazionalista di estrema destra. A conquistare la poltrona di sindaco è stato il terzo candidato in lizza, Mehmet Nuri Güneş, del pro-curdo Partito della Società Democratica (Demokratik Toplum Partisi). Mentre i sindaci dell'MHP, sostenuti dai turco-azeri, si sono sempre schierati con forza contro l'apertura del confine, considerata una giusta ritorsione da parte della Turchia nei confronti dell'Armenia per l'occupazione del territorio azero del Nagorno-Karabakh, il nuovo sindaco si è detto favorevole alle trattative per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Armenia iniziate l'anno scorso. Dopo la visita in Armenia del presidente turco Abdullah Gül, invitato dal presidente armeno Serzh Sargsyan per seguire la partita di calcio tra Turchia e Armenia lo scorso anno, sono aumentate le speranze di una normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due paesi e della riapertura del confine. Tahir Alagöz, segretario del DTP di Iğdır, ha dichiarato a Osservatorio che “l'apertura del confine sarebbe un vantaggio sotto ogni punto di vista per i popoli di entrambi i paesi, e in particolare per noi che viviamo vicino al confine. Finalmente potremmo incontrarci, dialogare guardandoci negli occhi, intraprendere relazioni commerciali. Da molti anni il popolo turco considera gli armeni dei nemici, e viceversa. Questo non ha senso. La situazione deve cambiare, vogliamo che il confine sia aperto. Non è solo per necessità di tipo economico, desideriamo rompere il circolo vizioso che si è instaurato, non ci conosciamo, ma costruiamo la nostra idea sugli altri in maniera mediata. Per vivere assieme bisogna considerare la multiculturalità una ricchezza, non combatterla o averne paura come fanno i nazionalisti turchi”. Secondo diversi osservatori internazionali, sebbene il primo ministro turco Recep Tayip Erdoğan, durante la sua visita a Baku il 13 maggio scorso, abbia rassicurato il suo omologo azero affermando che “il confine rimarrà chiuso fino a quando l'Armenia non si ritirerà dai territori azeri occupati”, una trattativa segreta tesa alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche sarebbe ancora in corso. Molti politici turchi, anche tra le fila dello stesso AKP di Erdoğan, continuano però ad opporsi con forza al riavvicinamento con Yerevan. Tra gli altri il ministro della Giustizia Cemil Çiçek che, lo scorso aprile, in seguito al risultato favorevole al DTP in molte provincie del sud-est a maggioranza curda, si è fatto portavoce di coloro che in Turchia considerano ancora curdi e armeni come nemici da combattere. “In una particolare regione (il sud-est a maggioranza curda) non è rimasto altro partito che il DTP. Hanno conquistato persino Iğdır, e ricordiamoci che questa provincia confina con l'Armenia. In quella zona l'AKP ha vinto solamente a Mardin. E' naturale che dobbiamo rallegrarci di aver vinto ad Ankara e che il CHP si ritenga soddisfatto di aver conquistato Izmir, ma la gioia per queste due vittorie non ci deve far dimenticare una regione così importante per la sicurezza del paese. Bisogna guardare a quello che succede in quella zona con un attenzione particolare”. Mehmet Nuri Güneş, neo-sindaco di Iğdır per il DTP, intervistato da Osservatorio Balcani e Caucaso è stato molto netto nel commentare le parole di Çiçek: “La Turchia è un paese naturalmente multiculturale, questa situazione non è facile da governare, a tutti deve essere ben chiaro che l'epoca in cui si pensava che la soluzione ai conflitti inter-etnici fosse l'assimilazione culturale, è finita. Questo paese ha bisogno di amministratori intelligenti e capaci, il nostro ministro della Giustizia non è tra questi, anzi è affetto da manie di persecuzione, è psicologicamente malato”. E ha aggiunto: “Il nostro obiettivo è essere per la Turchia un esempio di convivenza e di multiculturalismo, vogliamo essere una città modello, il mio slogan e anche quello della campagna elettorale del mio partito è stato “viva la fratellanza tra i popoli!”. Con questo slogan abbiamo vinto, ora si tratta di mettere in pratica questo principio, stiamo investendo tutte le nostre energie per farlo. Per Iğdir essere una città multiculturale è una ricchezza enorme e se la Turchia vuole buone relazioni diplomatiche con i paesi confinanti deve passare per Iğdır. La nostra provincia è il corridoio che chi vuole la pace deve percorrere”. Il posto di frontiera con l'Armenia, a una manciata di chilometri da Iğdır, rimane però chiuso, nonostante il 62,8% dei turchi sia favorevole alla sua riapertura, secondo un'inchiesta dell'istituto turco di statistica Metropoll. Per raggiungere Yerevan bisogna passare per la Georgia, il viaggio in pullman dura più di 24 ore e non esistono collegamenti diretti. Il corridoio verso la pace di Iğdır, per il momento, rimane ancora un vicolo cieco.


Visita la galleria fotografica del viaggio (foto di A. Tetta)

venerdì 26 giugno 2009

Honduras sull’orlo di un colpo di stato tecnico

Il presidente Zelaya destituisce il Capo delle Forze Armate e chiede alla gente di scendere in strada



A solo tre giorni della realizzazione di un referendum nazionale, in cui i cittadini dell’Honduras dovranno decidere se appoggiare la proposta presidenziale di creare una Quarta Urna durante le elezioni nazionali del prossimo novembre, con l’obiettivo di installare un’Assemblea Costituente che riformi l’attuale Costituzione, la situazione nel paese centroamericano sembra precipitare.
Durante la serata di mercoledí 24 giugno, il presidente Manuel Zelaya ha rimosso il capo delle Forze Armate, Romeo Vásquez Velásquez, colpevole di essersi rifiutato di iniziare le operazioni di distribuzione del materiale per lo svolgimento del referendum. Allo stesso tempo ha accettato le dimissioni del ministro della Difesa, Edmundo Orellana.
Di fronte a questa decisione, l’impresa privata ed i vari Poteri ed istituzioni dello Stato hanno alzato la loro voce contro il presidente Zelaya, e la Corte Suprema di Giustizia ha ordinato la reintegrazione di Romeo Vásquez al suo posto, assicurando che "sono stati violati i suoi diritti", ha dichiarato il magistrato Rosalinda Cruz, in una chiara dimostrazione di invasione dell’autonomia dei Poteri statali.
Sostenuto e scortato da centinaia di persone appartenenti alle organizzazioni sociali, sindacali e popolari, il presidente Zelaya ha quindi raggiunto la sede della Forza Aerea dove si trovava il materiale per il referendum e sfidando la risoluzione del Tribunale Elettorale che ne aveva ordinato il sequestro, il presidente e la moltitudine ne hanno preso possesso per garantire lo svolgimento del referendum la prossima domenica 28 giugno.
Le ultime notizie che arrivano dall’Honduras segnalano una riunione urgente dei deputati del Congresso Nazionale che starebbero preparando un’indagine per accusare Zelaya di una serie di delitti, in modo da chiederne la destituzione.
Intanto il presidente pro tempore del Sistema d’Integrazione Centroamericano (SICA), Daniel Ortega e i governi dell’Alternativa Bolivariana delle Americhe (ALBA), hanno emesso comunicati in cui si dichiarano solidali con il presidente Zelaya.

http://nicaraguaymasespanol.blogspot.com/2009/06/comunicados-sica-y-alba-respaldando-al.html

Per conoscere i dettagli di quanto sta accadendo in queste ore in Honduras, la Lista Informativa "Nicaragua y más" ha conversato con Erasto Reyes, coordinatore del Bloque Popular de Honduras.

Che cosa è accaduto durante la giornata di ieri, 24 giugno?
Sappiamo che nel pomeriggio di mercoledì un gruppo di imprenditori si è riunito con il Comando delle Forze Armate e sono iniziate a circolare voci su un possibile colpo di Stato contro il presidente Zelaya. Di fronte a questa minaccia, membri delle organizzazioni sociali, sindacali e popolari del paese hanno iniziato a concentrarsi davanti alla Casa di Governo per appoggiare il Presidente. Hanno passato lì tutta la notte invitando la popolazione e le altre organizzazioni a partecipare a questa mobilitazione in difesa dello Stato di Diritto e la Costituzione. Zelaya si è prima riunito con le organizzazioni popolari e in un secondo momento con la Giunta di Comandanti ed è stato allora che ha ordinato al capo delle Forze Armate, il generale di Divisione Romeo Vásquez Velásquez, di eseguire la distribuzione del materiale per il referendum nazionale. Al negarsi, il presidente Zelaya ha deciso di destituirlo, mentre il ministro della Difesa ha presentato le sue dimissioni che sono state immediatamente accettate.
Di fronte a questa decisione del generale Vásquez e temendo un colpo di Stato, il presidente Zelaya ha deciso di chiedere alle organizzazioni sociali di riconcentrarsi davanti alla Casa di Governo durante tutta la giornata di giovedì 25. Dopo un lungo discorso è quindi uscito e si è messo alla testa di una manifestazione che si è diretta verso le istallazioni della Forza Aerea, dove si trova il materiale per il referendum che il Tribunale Supremo Elettorale aveva ordinato di porre sotto sequestro.

Come valutate il fatto che quasi tutti i Poteri dello Stato si sono dichiarati contro la realizzazione del referendum e della Quarta Urna?
È ormai evidente che chi controlla lo Stato in Honduras sono i gruppi di potere, le multinazionali, che sono poi i settori che in queste ore stanno difendendo i loro interessi politici ed economici.

Come si stanno muovendo i movimenti sociali e le organizzazioni sindacali e popolari?
Stiamo sostenendo il presidente. È vero che ci sono molti punti su cui siamo in disaccordo con questo governo, ma è anche vero che dobbiamo riconoscere al presidente Zelaya molte cose positive che ha fatto, come ad esempio l’aumento del 60 per cento al salario minimo nelle zone rurali e urbane. Abbiamo considerato come molto positiva la decisione di sostenere la partecipazione dell’Honduras all’ALBA ed anche la convocazione a questo referendum popolare, in quanto nel passato non era mai stato chiesto al popolo honduregno di esprimersi su temi così importanti come una riforma costituzionale. Noi stiamo con il popolo dell’Honduras e se questo implica difendere il Presidente della Repubblica, lo faremo sicuramente.

Sul tema della Quarta Urna si è detto che l’unico obiettivo di Zelaya sarebbe quello di rieleggersi come presidente. Che opinione hanno di ciò le organizzazioni e i movimenti sociali?
Noi non stiamo sostenendo la rielezione di nessun presidente. Stiamo sostenendo un processo di consultazione che potrebbe portare all’installazione di una Assemblea Costituente, nella quale verrebbe garantito uno spazio di partecipazione per le organizzazioni sociali che rappresentano quei settori che non hanno mai avuto la possibilità di entrare in Parlamento. Parlo dei contadini, degli operai, delle donne lavoratrici e delle casalinghe, delle popolazioni indigene, ma anche della piccola e media impresa. Un’Assemblea Costituente ed una riforma alla Costituzione in cui si riscatti lo Stato dell’Honduras a favore degli honduregni, per difendere le nostre risorse naturali, per recuperare l’energia, la salute, l’educazione e la terra. La nostra proposta è diretta a seppellire il modello neoliberista.

Credete che in realtà ci sia il rischio di un colpo di Stato?
Il fatto che il capo dell’Esercito abbia disobbedito ad un ordine del Presidente della Repubblica è già un colpo di stato tecnico. Ora bisogna vedere che cosa accadrà nelle prossime ore e chi verrà nominato al posto del generale Vásquez per ristabilire l’istituzionalità nel paese.

Come si muoveranno i movimenti e le organizzazioni sociali?
A San Pedro Sula la gente si sta concentrando nel parco centrale e ci sono migliaia di persone che si sono messe in cammino verso la capitale Tegucigalpa. Altre migliaia di persone stanno accompagnando il presidente nella manifestazione. Non c’è dubbio che la mobilitazione continuerà fino a che non saremo sicuri che lo Stato democratico sia al sicuro.



© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!