A livello internazionale si richiede la fine del golpe
All'indomani del "golpe militare" la giornata ha visto proteste, manifestazioni e blocchi.
Chi scende in piazza sta affermando chiaramente la volontà di non accettare quello che sta dietro alla scelta dei militari di imporre non solo un Presidente ma un futuro al paese.
Il bilancio delle manifestazioni è di una cinquantina di feriti ed è confermata la morte di Cesar Ham durante la giornata di domenica e si parla anche di un altro morto nelle proteste di lunedì.
Vogliono allontanare Zelaya a qualsiasi costo, ma l'unica cosa che hanno ottenuto è mostrare all'esterno il nostro come un paese selvaggio, in cui non si rispettano le regole democratiche. Non c'è altro paese in cui ad un referendum si risponde con un golpe " afferma Rafael Alegría, dirigente hondureño di la Vía Campesina, mentre si trova a pochi passi dal Palazzo Presidenziale, teatro delle proteste più dure.
Dietro le proteste e la resistenza ci sta la crescita dei movimenti sociali che hanno anche costruito le condizioni per il cambiamento della posizione del Presidente destituito.
Luis Hernandez Navarro nelle pagine de La Jornada ripercorre le tappe del protagonismo dei movimenti sociali e afferma che " il movimento ha cambiato dal basso la correlazione di forze creando una situazione inedita."
Una situazione che si è riverberata anche nelle scelte presidenziali a cui si è contrapposto il "golpe" militare.
Una situazione che non può che essere letta all'interno anche del contesto regionale e continentale.
Per oggi martedì sono attese nuove proteste i manifestanti fanno sapere che risponderanno con azioni ancora più ampie per far risuonare lo slogan "¡Urge Mel! ¡Urge Mel!” dietro a cui c'è molto di più della richiesta del ritorno del Presidente.
Intanto a livello internazionale e soprattutto continentale la critica formale del "golpe" si fa più evidente.
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La Jornada