martedì 8 settembre 2009

Striscia di Gaza sotto assedio: la catastrofe della sete.

Diverse istituzioni internazionali e locali nella Striscia di Gaza hanno lanciato l'allarme su una grave minaccia che incombe sulla popolazione palestinese: la sete.

Ciò è dovuto alla contaminazione dell'acqua potabile con scarichi fognari provocata dalla mancanza di pompe per la clorazione e dei pezzi di ricambio necessari agli impianti di purificazione e disinfezione. Le forze di occupazione, infatti, ne impediscono l'ingresso nella Striscia.
Questa situazione, ammoniscono le organizzazioni presenti a Gaza, porterà a una catastrofe sanitaria e svilupperà focolai di malattie ed epidemie.
Farid Ashur, direttore degli impianti per la potabilizzazione delle acque nella Striscia di Gaza, ha così riferito ai nostri corrispondenti: "La popolazione ha bisogno di ingenti quantità di acqua potabile che dipendono principalmente dal serbatoio sotterraneo". L'acqua di mare e gli scarichi fognari portano alla contaminazione della falda acquifera. Ashour ha avvertito che nei prossimi cinque anni non vi sarà sufficiente acqua per uso domestico e agricolo nella Striscia e sarà necessario installare impianti per la desalinizzazione dell'acqua di mare e per l'approvvigionamento di quella potabile, attraverso la depurazione delle acque reflue, che hanno iniziato a infiltrarsi nei serbatoi sotterranei. Egli ha sottolineato che la Striscia di Gaza ha bisogno di una completa ristrutturazione e ampliamento delle apparecchiature sanitarie e per la purificazione delle acque, sottolineando che sono ormai decine i pozzi che hanno smesso di funzionare a causa del rifiuto israeliano di consentire l'introduzione di pezzi di ricambio.
Durante un sopralluogo intorno all'area Mawasi, a est di Khan Younis, i nostri corrispondenti hanno constatato la situazione di contaminazione delle acque potabili: molti dei bacini idrici sono infatti pieni di acque di scarico. Ciò ha portato alla riduzione della superficie agricola nelle zone adiacenti. Molti agricoltori hanno chiesto alle agenzie governative di trovare una rapida soluzione a tale grave problema.
Atef Abu Sanad, uno degli contadini intervistati, si è lamentato del fatto che interi raccolti sono andati distrutti a causa della contaminazione del suolo, saturo di acque nere.
L'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite ha riferito che il 60 per cento della popolazione non ha accesso all'acqua in modo regolare, e che queste sono le ripercussioni dell'assedio.

tratto da Infopal

lunedì 7 settembre 2009

Riflessioni sul No Border Camp "Lesvos 2009"

..."these shoes are made for walking"...



"Queste scarpe sono fatte per camminare..il vostro ticket di ingresso al Camp sono un paio di scarpe da regalare". Questa è l'esortazione con la quale viene lanciata l'edizione 2009 del No border Camp che si è svolto dal 25 al 30 agosto nell' isola greca di Lesvos, la terza isola per grandezza di tutta la Grecia e la più vicina alle coste Turche. Su quest' isola approdano ogni giorno centinaia di persone. Arrivano dal mare, durante la notte... ma il loro viaggio ha inizio in uno dei tanti paesi dilaniati e impoveriti dalle operazioni di peace keeping, come l'Afghanistan, l'Iraq, il Pakistan."..and that's just what they do!"... le scarpe sono fatte per camminare, ma molti di questi uomini, donne e bambini quando approdano in una delle spiagge al nord di Lesvos per sfuggire all'immediata cattura operata da Frontex, l'agenzia europea per il controllo operativo delle frontiere esterne, non hanno neanche un paio di scarpe ed averne uno sarebbe già un buon inizio! Se ne incontrano molti che camminano per chilometri e chilometri bagnati e affamati senza sapere dove sono e dove andare.
Nella maggior parte dei casi, credono di essere gia arrivati ad Atene, come racconta una ragazza, che fa parte di un gruppo di solidarietà "Proto Stassi" (che significa "prima stazione") che si è creato in un villaggio della costa nord, a Molivos. Loro riescono a garantire una prima accoglienza con vestiti, scarpe e cibo caldo a chi approda in questa parte dell'isola. Ma ciò che in realtà li aspetta è il "welcome centre" di Pagani. Uno dei numerosi lager greci, un centro di detenzione che li terrà rinchiusi per 30 giorni in condizioni inumane, per poi rilasciarli nel porto di Mitylene, con un foglio di via dalla Grecia della durata di 30 giorni. In realtà la seconda parte della storia, li vedrà incastrati, senza possibilità di arrivare in terraferma, come accade a Ceuta chiusi in un enclave spagnola in terra marocchina senza poter raggiungere la Spagna, come accade in tutta Europa.
Non possono acquistare un biglietto per Atene senza un documento valido, non possono tornare indietro, seppur lo volessero. E a questo punto entrano in gioco i cosi detti "uomini di mezzo" coloro che si offrono di “rimediare un passaggio” per Atene a soli 150 euro a biglietto, peccato che poi questo passaggio loro non lo potranno mai usare in quanto l'accesso sulla nave è permesso unicamente con un ID valido. Così come altrove si ritrovano ad essere schiavi dei caporali di turno, nella terra delle olive, come lo sono nella terra dei pomodori e delle industrie, tanto disprezzati ma tanto utili a mandare avanti, a sostenere il Pil interno. Anche qui a Lesvos per garantire l'in-sicurezza opera una delle 115 navi che dal 2004 fa parte dell'Agenzia Europea per la Cooperazione Operativa per le frontiere esterne, FRONTEX, che sulla base dell' analisi dei rischi fatta dagli stati membri dell'UE ha il compito di agire contro i movimenti migratori degli indocumentati.

Il No Border tra azioni e dibattiti…
Principalmente contro l'agenzia Frontex, contro il centro di detenzione di Pagani si sono concentrate le azioni e i momenti di discussione svoltisi all'interno di questo No Border Camp 2009. Circa 600 attivisti e non, provenienti dalla Grecia, dalla Germania, dal Libano e da varie altre parti d’Europa, hanno dato vita cinque intensi giorni di mobilitazione. Il Lager di Pagani si incontra a pochi chilometri da Mytilene ed è uno di quelli che offre le peggiori condizioni in tutta Europa. La settimana precedente all’inizio del No Border, vari attivisti sono riusciti ad accedere a questo centro di detenzione e hanno potuto avere un contatto diretto con i migranti rinchiusi, hanno girato un video che mostra l’interno del centro e le orribili condizioni di questo lager.
Le giornate di questa edizione erano ufficialmente dal 25 al 30, però sia i giorni precedenti che i seguenti si sono succedute azioni e proteste all’interno e all’esterno del centro. Il primo settembre, 10 attivisti sono saliti sul tetto del Lager con uno striscione, mentre la polizia caricava duramente gli altri attivisti che si trovavano all’entrata. Gli attivisti sono poi stati tratti in arresto per varie ore. Dopo questa azione, molti migranti rinchiusi a Pagani hanno iniziato uno sciopero della fame di due giorni. Queste mobilitazioni ed il presidio permanente all’esterno del centro ha permesso il rilascio di numerose donne e minori rinchiusi all' interno del centro, e il conseguente accordo anche per il rilascio in breve tempo dei mariti delle stesse. Lo stesso Alto Commissariato delle Nazioni Unite per I Rifugiati (UNHCR) data la pressione mediatica che si è ottenuta, si è dovuto pronunciare contro le pessime e inumane condizioni del centro, e dopo aver incontrato una delegazione del NoBorder camp, ne ha chiesto l'immediata chiusura alle autorità greche.
Il porto di Mitylene, un' imbarcazione di Frontex, la prefettura, ed il posto di detenzione primaria all'interno del porto sono stati soggetti ad un accerchiamento e ad un blocco delle operazioni da parte di numerosi attivisti approdati con dei gommoni all'interno dell area portuale. Inoltre la grande manifestazione del 28, che ha percorso l’intero centro di Mitylene, ha avuto come conclusione l’interruzione del concerto di de Xeimerinoi Kolimvites, concerto organizzato dal governo locale per favorire la conoscenza e lo scambio con i Balcani. Durante tutta la durata del Camp, un punto di comunic-azione è stato allestito nel centro dell'area portuale, dove abitualmente stazionano 2 ammiraglie della forza armata greca, sfrattate per permettere invece un punto in continuo contatto e la diffusione delle informazioni ai cittadini di Lesvos e anche ai numerosi turisti che ogni giorno sbarcano su quest' isola, patria di Saffo...

Così come la sede di sociologia e lettere dell'universita di Lesvos è stata occupata ed è diventata un punto di incontro e snodo di iniziative spontanee che hanno percorso la città, affermando e arricchendo di contenuti i muri di questa citta' come: "no one is illegal", "no border,no nation, stop deportation", "burn all borders", "erase all borders,destroy all the walls of shame"..

Dato il luogo scelto per questo NoBorder camp, a Lesvos, la presenza femmminista, lesbica è stata ancora più visibile che nelle precedenti edizioni. Seguendo il modello di Rostock (2007), nel campeggio si è allestita una zona segnalata come “zona queer”, ed è stato l’inizio di una riflessione più ampia a venire. Questa edizione del NoBorder camp ha fatto convergere e confrontare nei vari momenti di dibattito le realtà che da tempo si mobilitano per la libertà di movimento con gruppi greci e non solo che stanno affrontando queste tematiche. Con l'incentivo che i migranti di tutto il mondo ci insegnano "Jump over the sea, make border history" si è conclusa questa edizione del NoBorder camp di Lesvos.

Laura Sponti
Hibai Arbide
Alliance Multiethnic

Links Utili:
http://www.noborder09lesvos.blogspot.com/
http://www.lesvos09.antira.info/

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!