martedì 6 ottobre 2009

Diyarbakir - Dal Forum della Mesopotamia

Donne, guerra, carceri, questione kurda.


Donne, guerra, carceri, questione kurda. Sono gli argomenti piu’ dibattuti in questo primo forum della Mesopotamia. Al dibattito dedicato a media e donne la direttrice del quotidiano Gunluk ha sintetizzato cosi il suo punto di vista: i mass media usano le parlamentari donne del partito filo kurdo Dtp (partito della societa’ democratica) per incanalare la discussione sulla questione kurda nella direzione che piu’ fa comodo a loro. İn altre parole le donne vengono usate come oggetti o strumenti per deviare l’attenzione su altro. İn particolare i media usano un nuovo discorso rispetto alle donne kurde, introducendo nuove forme di discriminazione di genere e politica.

İl dibattito emotivamente piu’ forte ieri e’ stato quello dedicato alla situazione nelle carceri della Turchia. Ci sono quasi centoventimila prigionieri, di cui oltre 5200 (dati del ministero della giustizia) politici, ha ricordato una rappresentante dell’associazione diritti umani (İhd). E c’e’ una disparita’ di trattamento tra prigionieri politici e comuni (anche se questi ultimi soffrono comunque torture e violenze). Per le donne detenute la situazione e’ spesso piu’ drammatica che per gli uomini. Lo ha raccontato in maniera toccante Avca. ‘Donna, kurda e militante del Pkk’. Che equivale a ‘essere verbalmente e fisicamente abusata sessualmente. La violenza – ha detto – e’ costante’. Al punto che le detenute che hanno bisogno di cure mediche chiedono di non eserse portate in ospedale o in infermeria ‘perche’ quelli diventano incubi. Durante il trasporto in ospedale – ha raccontato Avca – la violenza aumenta’. A lei e’ accaduto mentre stava andando all’ospedale d’urgenza per un’ulcera allo stomaco. ‘Mi hanno abusata sessualmente e verbalmente. İ soldati si sono rifiutati di uscire dall’ambulanza nonostante la richiesta dei medici. Avevo ancora la flebo al braccio, mi hanno gettata per terra e picchiata’.

Violenza che colpisce le donne non solo in quanto militanti ma anche in quanto donne. ‘Non sopportano – dice Avca – di vedere delle donne reagire, chiedere i loro diritti’.
La violenza nelle carceri e’ diventata improvvisamente reale con il racconto di Sali. ‘Sono stato in carcere vent’anni - ha detto – la maggior parte di questi nella prigione militare di Diyarbakir’. E’ la prigione 5 di cui sappiamo le orribili storie di violenza anche grazie al libro dell’ex sindaco della citta’ kurda, Mehdi Zana.
‘Dopo il golpe del 12 settembre 1980 – dice Sali – la situazione se possibile e’ peggiorata. İl golpe io l’ho vissuto in carcere. E carcere voleva dire soltanto due cose: tortura e isolamento’. Con rabbia ma anche con una forza interiore difficile da descrivere a parole Sali ha raccontato ‘l’inenarrabile, perche’ se uno non vive personalmente queste cose non puo’ credere che un uomo possa arrivare a usare tanta violenza contro un altro uomo’. L’inenarrabile e’ ‘costringere i detenuti a mangiare i loro escrementi, tutti i giorni.
Costringere i detenuti a urinare in bocca ai compagni. Costringere i detenuti a mangiare topi’. L’inenarrabile. L’orrore che si materializza. ‘Ti chiedi spesso come sia possibile che un uomo arrivi a tanto, a usare tanta violenza contro un altro uomo. L’unico scopo della tortura era arrivare ad annientarci, umiliarci a tal punto da cancellarci se non fisicamente almeno psicologicamente’.
Diyarbakir, prigione 5. Oggi si sta discutendo se farne un museo. Per molti ex detenuti sarebbe importante. Non un museo degli orrori, ma un perenne ricordo di quello che e’ accaduto ‘in questo carcere della brutalita’ dell’uomo sull’uomo ‘ dice Sali. Ma un museo ricorderebbe anche la resistenza eroica dei detenuti kurdi. ‘Ci hanno stuprato – dice ancora Sali – costretto a mangiare i nostri stessi escrementi ma non ci hanno spezzato. İn quel momento era proibito tutto, anche piangere, scambiarsi due parole. Era proibito anche morire’. Sali viene condannato a morte e ‘mi auguravo ogni volta che si apriva la porta della cella che fosse arrivato il momento. Perche’ l’isolamento e’ come la tortura: ti umilia. Non riesci nemmeno piu’ ad articolare una frase dopo mesi di isolamento. E’ l’alienazione dalla tua stessa identita’, dal tuo stesso essere’. La resistenza pero’ ‘non e’ mai venuta meno e ancora continua – dice Sali che sulle aperture del governo turco nei confronti dei kurdi e’ scettico – siccome ho visto l’impossibile, ho vissuto l’invivibile non credo piu’ alle parole. Voglio vedere la pratica. Atti concreti. İl popolo kurdo – conclude Sali – vuole la pace, chiede la pace. Ma la risposta sono gli aerei che si alzano da questa citta’ per andare a bombardare. La risposta sono le decine di persone che vengono arrestate ogni giorno, bambini compresi. No – conclude – senza atti concreti non posso credere al governo turco, alla sincera volonta’ del primo ministro Erdogan di lavorare per la pace’.

di Orsola Casagrande

venerdì 2 ottobre 2009

La battaglia della Kraft-Terrabusi. Lotta operaia repressa dalla polizia

Argentina. Sgombero violento di operai in sciopero per chiedere misure minime di igiene e sicurezza - Video




L'immagine della polizia a cavallo, all'ordine del governo dei Kirchner e Scioli, contro lo sciopero operaio resterà impressa nella memoria di milioni di lavoratori. L'eroica lotta dei 2600 operai e operaie contro la multinazionale nordamericana Kraft, anche.

Lo sgombero da parte di centinaia di poliziotti nel 37° giorno di sciopero della Terrabusi, ha generato una onda di indignazione nazionale. Gas lacrimogeni, pallottole di gomma, manganelli, più di 60 arrestati dentro la propria fabbrica, utilizzata come centro di detenzione, compresi delegati sindacali e membri del consiglio di fabbrica.

Un intervento repressivo concordato dalla multinazionale con il Ministero del Lavoro.

Il conflitto è cominciato più di 40 giorni fa, con una richiesta fatta dai lavoratori e lavoratrici del turno serale, che chiedevano misure di igiene e sicurezza per far fronte agli effetti dell'influenza A.

Nella fabbrica funziona un asilo nido dove le lavoratrici lasciano i figli mente svolgono la loro giornata di lavoro.

La richiesta consisteva nella concessione di permessi per le lavoratrici incinte, per quelle che tengono i bambini nel nido della fabbrica e disinfettante in gel per tutte le linee di produzione della fabbrica.

La risposta dell'impresa non si è fatta aspettare e ha licenziato 162 persone, fra i quali 44 delegati/e sindacali.

Sebbene la protesta sia stata realizzata dal turno serale ed è consistita nell'andare nell'edificio dell'amministrazione per chiedere misure urgenti, azione che la proprietà ha definito “privazione illegale della libertà” facendo denunce penali, la maggior parte dei licenziati fanno parte dei turni notturno e della mattina, dove si concentra il consiglio di fabbrica.

Il conflitto dei lavoratori e lavoratrici della Kraft è in costante movimento, ha attraversato i confini della provincia di Buenos Aires per diventare un conflitto a livello nazionale.

Alla mobilitazione di massa che ha seguito i violenti scontri di venerdì, hanno partecipato consigli di fabbrica combattivi, movimenti sociali, studenti universitari, partiti politici, organismi dei diritti umani, referenti politici e sociali come Nora Cortiñas madre di Plaza de Mayo linea fundadora.

In diversi punti del paese sono stati messi in atto blocchi stradali, Salta, Jujuy, Rosario, Neuquén ed altri nelle strade che portano dalla provincia alla città e sulla Panamericana, mentre in solidarietà al conflitto sono cominciati fermi di mezzora in altre fabbriche del paese.

Il piano della proprietà è quello di eliminare un turno e fare turni americani di 12 ore, togliere il nido e la mensa, per questo cercano di smembrare il consiglio di fabbrica che tra l'altro è in contrasto con il segretario del sindacato nazionale del settore alimentazione.

Il conflitto Kraft-Terrabusi assume importanza nazionale come esempio che, se portato a buon fine, potrebbe aprire la strada per altre imprese del paese.

Adesso all'interno della fabbrica ci sono più di 300 elementi della polizia ... i capi seguono la linea di produzione scortati dalla polizia ed è proibito soffermarsi a parlare a più di due persone assieme.

La forza della protesta e l'appoggio di massa ottenuto ha costretto diversi settori che non avevano partecipato alla protesta a prendere posizione e a spingere il governo a chiedere che la proprietà faccia ritirare la polizia dalla fabbrica e paghi i salari arretrati.

La solidarietà sta aumentando di giorno in giorno e sta trasformando il conflitto nato all'interno della fabbrica in una bandiera di lotta di molte organizzazioni sindacali, sociali e politiche.

Video La battaglia della Terrabusi

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!