venerdì 16 ottobre 2009

Vicini a una soluzione o nuova tattica dilatoria?

Continua il dialogo Guaymuras

La delegazione di Zelaya annuncia consenso su un testo unico. Micheletti chiede più tempo. Durante la nottata del 15 ottobre arriva la notizia: si dialoga fino a mezzogiorno del 16 ottobre

di Giorgio Trucchi

Mentre la Resistenza decideva di abbandonare il tavolo del dialogo e continuava a manifestare per le strade dell'Honduras, la delegazione del presidente costituzionale, Manuel Zelaya Rosales, annunciava di avere raggiunto un consenso sul punto numero 6 dell'accordo di San José, che prevede il ritorno dei Poteri dello Stato alla situazione precedente al 28 giugno 2009, giorno del colpo di Stato che ha stravolto il destino del paese centroamericano.
Un accordo su questo punto vorrebbe dire il ripristino di Manuel Zelaya alla Presidenza della Repubblica.
Alcune ore dopo, tra voci di corridoio e speculazioni, il governo di fatto informava che l'accordo non era ancora stato raggiunto e che le negoziazioni sarebbero continuate oggi, 15 ottobre.
Dopo una lunga giornata durante la quale le ipotesi e le speculazioni hanno preso il sopravvento, alle 21.40 del 15 ottobre la delegazione di Zelaya ha annunciato di avere accettato la proposta di Micheletti di continuare il dialogo fino a mezzogiorno di oggi, 16 ottobre.

Dopo avere annunciato un consenso sul 90 per cento dei punti contenuti nell'accordo di San José e sulla firma dei relativi verbali da parte dei sei delegati che integrano le due commissioni, la giornata del 14 ottobre era trascorsa in attesa di una fumata bianca sul punto più complicato e discusso: il ripristino di Zelaya alla Presidenza.

Controllate da vicino da poliziotti e militari, centinaia di persone appartenenti al Fronte nazionale contro il colpo di Stato si sono concentrate in un campo nei pressi dell'hotel Clarión dove le due delegazioni continuavano la loro negoziazione.
Durante le prime ore del pomeriggio, Victor Meza, uno dei negoziatori del presidente Zelaya, ha improvvisamente annunciato che le parti avevano raggiunto un consenso su un testo unico che si riferisce al punto numero 6 dell'Accordo di San José, e che le due delegazioni si sarebbero immediatamente recate a sottoporre il testo a Manuel Zelaya e Roberto Micheletti.

Durante una comunicazione telefonica con Radio Globo, emittente che continua a trasmettere per internet nonostante sia stata chiusa come conseguenza del vergognoso decreto che continua a ledere i diritti costituzionali del popolo honduregno, il presidente Zelaya ha informato la cittadinanza sul testo unico che gli è stato presentato dai suoi delegati nel dialogo con il governo di fatto.

In questo momento le commissioni hanno raggiunto un consenso su questo testo unico che contempla il ripristino del Presidente della Repubblica. Ora si dovrà discutere sui suoi contenuti per vedere se raggiungiamo un accordo definitivo.
La cosa più complicata sono i meccanismi per raggiungere questo obiettivo dato che coinvolge altri poteri dello Stato come il Parlamento e la Corte Suprema di Giustizia.

Mantengo le mie riserve sui membri del regime che ha dato il colpo di stato e una posizione positiva sul dialogo", ha detto Zelaya.
Il Presidente ha anche approfittato dell'occasione per denunciare nuovamente l'assedio a cui sono sottoposte le persone che sono rinchiuse nell'ambasciata del Brasile ed ha chiesto la fine della repressione nel paese, la riapertura di Radio Globo e Canale 36, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della deroga del decreto che sospende i diritti costituzionali del popolo honduregno e la fine della militarizzazione del paese.

Micheletti prende tempo

Mentre Zelaya parlava a Radio Globo senza però dare dettagli sul contenuto del testo accordato per non creare disagi al processo di negoziazione, il presidente di fatto Roberto Micheletti rendeva pubblico un comunicato nel quale assicurava che non era stato raggiunto nessun accordo e che il dialogo sarebbe proseguito durante la giornata del 15 ottobre.

"Manteniamo il 15 ottobre come data ultima per il ripristino del presidente Zelaya - ha detto Juan Barahona, membro del Fronte nazionale contro il colpo di Stato e delegato uscente della Resistenza nel dialogo -.
Non importa se le due commissioni hanno raggiunto un accordo sul 90 per cento dei punti dell'Accordo di San José, perché senza il ritorno di Zelaya alla Presidenza per noi il resto non ha senso.
Secondo Barahona,la sua uscita dalla negoziazione è dovuta al fatto di non potere accettare di firmare i verbali di quei punti dell'Accordo di San José che vanno contro le posizioni della Resistenza, come ad esempio la rinuncia alla Assemblea Costituente.
"Abbiamo cercato una via d'uscita proponendo che avrei firmato con riserva, ma la delegazione golpista non ha accettato. Alla fine abbiamo parlato con il presidente Zelaya ed abbiamo deciso di chiamare un sostituto che è l'avvocato Rodil Rivera, una persona che gode della fiducia della Resistenza.
In questo caso sta partecipando come assessore del Presidente".

Questa decisione della Resistenza di abbandonare il tavolo del dialogo non risponde solo al fatto di non volere creare diffidenza e dubbi all'interno della base, ma anche per non offrire pretesti al governo di fatto per abbandonare la trattativa imputandone la responsabilità alle divisioni interne della delegazione di Zelaya.

15 ottobre: dall'ultimatum alla svolta

Alle 21.40 del 15 ottobre, il delegato del presidente Zelaya, Victor Meza, ha informato durante una veloce conferenza stampa che dopo una lunga giornata di negoziazioni la commissione aveva deciso insieme al Presidente legittimo dell'Honduras di accettare la richiesta di Micheletti di continuare la negoziazione durante la mattinata di oggi, 16 ottobre.
"Voglio affermare in modo categorico che il dialogo non si è concluso e che il tavolo resta aperto e funzionante. Ieri abbiamo accordato un testo e questo non vuole dire che c'è già un accordo definitivo. Il testo è un preambolo dell'accordo.
Una volta che il testo è stato sottoposto ai due protagonisti del dialogo - ha continuato Meza - sono state apportate alcune modifiche e su questi punti abbiamo dialogato tutto il giorno. Su richiesta della parte che rappresenta il signor Micheletti abbiamo deciso di ampliare lo spazio del dialogo fino a mezzogiorno di domani, 16 ottobre, per poter prendere visione della sua proposta definitiva.
Sulla base di questa proposta definitiva prenderemo delle decisioni e ve le faremo sapere durante il pomeriggio di domani. Questa decisione - ha spiegato Meza - è dovuta al fatto di volere concedere un'ulteriore possibilità al dialogo, alla pace, alla tranquillità ed alla governabilità democratica.
E lo facciamo perché siamo convinti che siamo a un passo da celebrare un accordo definitivo, che ci permetterà di uscire da questa crisi che ci tormenta da vari mesi", ha concluso senza dare altri dettagli.
In questo modo, il presidente Zelaya concede una proroga all'ultimatum che scadeva alla mezzanotte del 15 ottobre e durante le prossime ore sono attese le reazioni della Resistenza.

Intrighi afghani

Gli italiani pagano i talebani in cambio di protezione, lo afferma il Times



Dal Times di Londra arriva la notizia che i servizi segreti italiani e il governo Berlusconi avrebbero pagato mazzette ai capi talebani per non aver problemi alla base di Surobi, 65 chilometri a est di Kabul.

Dalla Repubblica di oggi si legge:
"L'accusa del Times."
Secondo il Times, i pagamenti clandestini degli 007 italiani contribuirono alla morte di 10 soldati francesi coinvolti in un attentato il 18 agosto 2008 alla base di Surobi, dove erano subentrati agli italiani un mese prima. Il giornale londinese afferma che gli italiani tennero nascosta la storia dei pagamenti ai francesi, i quali però, vedendo che i colleghi italiani si muovevano con una certa tranquillità, non presero particolari precauzioni. La mancata conoscenza dei pagamenti li avrebbe indotti in errore, portandoli "ad una valutazione errata dei possibili pericoli e quindi alla catastrofe che ne è seguita".

Il quotidiano britannico sostiene di aver appreso queste informazioni da "fonti militari occidentali". Le somme, si legge nell'articolo, ammontavano a "decine di migliaia di dollari", che gli italiani "versavano regolarmente ai singoli comandanti nella zona di operazione delle loro truppe".

Secondo il Times, gli americani "sapevano" e avevano manifestato il loro dissenso al governo italiano. In particolare, l'ambasciatore statunitense a Roma, Donald Spogli, avrebbe esposto le proprie lamentele al governo Berlusconi proprio poche settimane prima dell'attacco al contingente francese. "

La ovvia risposta di Palazzo Chigi è stata una secca smentita con l'accusa al giornale inglese di falsità.
Mentre gli altri alleati tacciano all'Agenzia di stampa francese AFP un funzionario afghano, anonimo, ha dichiarato: "Molti Paesi della Nato impegnati in Afghanistan pagano gli insorti per fare in modo che i loro soldati non vengano attaccati; tra questi c'è anche l'Italia". "Accordi simili - ha aggiunto l'intervistato - esistono anche nella provincia di Herat, secondo le nostre informazioni, da parte delle forze italiane lì schierate". E conclude: "Si tratta di una pratica comune tra i soldati che operano nelle zone rurali dell'Afghanistan, salvo che tra i britannici e gli americani".

Articolo di The Times

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!