I rapporti politici, diplomatici, economici e gli accordi dell'Italia con la Libia sulla gestione degli arrivi e dei respingimenti degli immigrati appaiono in tutta la loro ambiguità sulle prime pagine dei quotidiani internazionali. L'Italia questa volta è in prima fila da sola e in silenzio di fronte al bagno di sangue di Bengasi e di Tripoli, sue ex-colonie. L'aspetto più inquietante per i principali media è l'intensificarsi degli scambi economici in seguito al trattato di amicizia firmato nel 2008, affari che hanno raggiunto gli 11 miliardi di euro per i quali il Signor Berlusconi e il colonnello Gheddafi si sono incontrati 11 volte nello stesso periodo.
I gruppi industriali italiani sono tutti presenti in Libia (ENI-petroli, Impregilo-costruzioni grandi opere, Ansaldo per le infrastrutture, Finmeccanica per l'assemblaggio aeronautico civile e militare), e gli interessi libici sono presenti in una lunga lista di imprese italiane e banche come Unicredit, crollate alla Borsa di Milano, lunedi 21 febbraio. In concomitanza con i massacri degli oppositori al regime militare perpretati dai pretoriani del clan di Gheddafi.
I gruppi industriali italiani sono tutti presenti in Libia (ENI-petroli, Impregilo-costruzioni grandi opere, Ansaldo per le infrastrutture, Finmeccanica per l'assemblaggio aeronautico civile e militare), e gli interessi libici sono presenti in una lunga lista di imprese italiane e banche come Unicredit, crollate alla Borsa di Milano, lunedi 21 febbraio. In concomitanza con i massacri degli oppositori al regime militare perpretati dai pretoriani del clan di Gheddafi.

