martedì 10 maggio 2011

Primavera tunisina - Potenza del tumulto - Parte 2

di Fabio Merone

Ma come è stato possibile che un apparato di sicurezza cosi potente sia crollato sotto i colpi dei giovani della rivoluzione?
La destrutturazione dell’apparato ideologico era evidente nella realtà dei fatti. Ma questo nessuno lo poteva sapere. E’ la riflessione del senno di poi che ci aiuta a capire. Il presente della vita delle persone normali è quello di sempre, ed è determinato dalla materialità delle condizioni di vita. Ognuno ha la sua lettura: il borghese che ha come orizzonte la sua città, è convinto che il paese stia sulla strada del progresso, nonostante le contraddizioni. Quello dei quartieri popolari, affogato fino in fondo nella materialità delle tradizioni sociali, oltre che della miseria materiale, ripete i suoi rituali pedissequamente. Ma anche la tradizione ha il suo peso, e può manifestarsi con la stessa forza oppressiva del regime di polizia. Anzi, a volte diventano alleate, e si confondono. Il poliziotto che ferma il ragazzino per la strada troppo agitato lo afferra e lo picchia come avrebbe fatto un padre di famiglia. L’intenzione era spesso paternalista. I rapporti di forza all’interno della società patriarcale si manifestavano e si giustificavano nella logica del sistema di potere. Il potente di turno del villaggio diventava l’“homda” (sindaco) e distribuiva i benefici degli aiuti pubblici secondo una logica clientelare assolutamente in coerenza con i rapporti di forza e le alleanze delle grandi famiglie.
Ma questi adolescenti, questi giovani voluttuosi in cerca di uno sfogo sociale, avevano uno strano moto di libertaà. Nessuno vi ha prestato attenzione. Io me li ricordo, e mi incuriosiva il fatto che, spesso, a giustificazione del loro progetto emigratorio, usavano la parola “libertà”.
Non si trattava dunque di fame? Non era soltanto la ricerca disperata di un’occupazione stabile. Ma voglia di libertà. E chi lo avrebbe detto? Chi era disposto a credere ad un’analisi che riconoscesse a questi ‘senza futuro’, a questi ‘sbandati’, un progetto di libertà?

Osama - E' stata una vendetta, non si è fatta giustizia


di Leonardo  Boff [*] ,  
trad. di Antonio Lupo

Chiunque abbia approvato il nefasto crimine terrorista, compiuto da Al Qaeda l'11 settembre 2001 a New York è nemico di se stesso ed è  contro i minimi valori umanitari.
Ma é inaccettabile che uno Stato, il più forte del mondo militarmente, per rispondere al terrorismo si sia trasformato anch'esso in uno Stato terrorista. E' quello che ha fatto Bush, limitando la democrazia e  sospendendo a tempo illimitato alcuni diritti del paese. E ha fatto di più, iniziando due guerre, contro Afganistan e Irak, dove ha devastato una delle culture più antiche dell'umanità e in cui sono state ammazzate più di 100 mila persone, con oltre un milione di rifugiati.

Bisogna ripetere la domanda che  quasi a nessuno  interessa fare: perchè si sono compiuti questi atti di terrorismo?
Il vescovo Robert Bowman, di Melbourne Beach in Florida, che era stato precedentemente pilota di caccia militari durante la guerra in Vietnam, ha risposto con chiarezza, sul National Catholic Reporter, con una lettera aperta al Presidente: ”Siamo bersagli dei terroristi, perchè, in buona  parte del mondo, il nostro Governo difende la dittatura, la schiavitù e lo sfruttamento dell'uomo. Siamo bersaglio dei terroristi perchè ci odiano. E ci odiano perchè il nostro  Governo fa cose odiose”.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!