venerdì 20 gennaio 2012

La crisi europea vista dal sud

Alberto Acosta

Intervista di Francesco Martone a Aberto Acosta


Incontriamo a Quito Alberto Acosta, economista della FLACSO, ispiratore delle campagne sulla cancellazione del debito estero, e delle iniziative di audit del debito, nonché già Presidente dell’Assemblea Costituente dell’Ecuador. Per anni ha collaborato con la Fondazione Friedrich Ebert, in Germania ed in Ecuador. A lui chiediamo  un commento sulla crisi europea, sulle prospettive dal punto di vista del Sud del mondo, sulle sfide comuni, e le possibili soluzioni


FM:  Alberto, come vedi dalla tua prospettiva di persona attiva nei movimenti sociali latinoamericani e globali, e sulla scorta della tua esperienza sui temi del debito estero e della globalizzazione, la crisi che sta passando l’Europa? Una crisi multipla, economica, finanziaria, politica, sociale, culturale, che sta trasformando noi, cittadini di paesi finora visti come creditori nei confronti del mondo di maggioranza, in vittime di processi di aggiustamento strutturale, in quanto supposti debitori nei confronti dei mercati finanziari?
AA: Una prima considerazione è che l’Europa per oltre 500 anni è stata il centro del pensiero nel mondo , l’”American Way of Life” nei fatti è impregnata di cultura europea. L’Europa ha insegnato al mondo,  e noi abitanti del pianeta abbiamo accettato di essere europeizzati accettando che l’Europa fosse il luogo dove apprendere. Ora vedo che l’Europa non ha nulla da insegnare, e non ha la capacità di apprendere da questa crisi.
FM: Se non abbiamo più nulla da insegnare cosa potremmo  apprendere?
AA: Dalla prospettiva latinoamericana , entriamo direttamente nel tema del debito e della crisi finanziaria. Gli Europei stanno applicando politiche economiche che hanno fallito in America Latina. Noi in America Latina usciamo dalla lunga crisi del debito estero quando cambiano  le condizioni del mercato finanziario globale, e le condizioni di scambio nel commercio internazionale, Si pongono   così le basi per una rivalutazione delle “commodities” e cadono i tassi di interesse, permettendo così nell’ultimo decennio - la crescita dell’economia.  Non siamo usciti dalla crisi applicando le politiche del FMI, che sono la causa di maggior recessione, ed in ultima istanza, di  maggior  debito ecologico. In Europa si stanno applicando   politiche   simili a ciò che hanno fatto Ecuador, Messico, Venezuela , Colombia in passato, ovvero salvare le banche ma non gli interessi della collettività. Si stanziano cifre enormi di denaro per finanziare le banche in crisi , ma non per rispondere alle esigenze della società. Conosciamo quelle ricette di austerità, restringere la spesa sociale, paralizzare l’apparato produttivo,  consolidare l’austerità fiscale, misure che inevitabilmente portano alla recessione,  Non si fa tesoro di ciò che   disse a suo tempo Carlo Marx: “il capitale richiede la speculazione per accumulare”, e Marx ricorda quello che disse un banchiere “E’ difficile capire dove termina all’interno di un impresa la rendita economica ed inizia quella speculativa”  Ecco questa è  l’essenza del capitalismo. Di fatto si sta consolidando una bolla speculativa, proteggendo gli speculatori e non i cittadini.
FM: Come ne siete usciti voi da questa trappola?

martedì 17 gennaio 2012

Stati Uniti - OWS: Occupy Everything

Paolo Carpignano, sociologo che da molti anni vive a New York ed è impegnato nella sinistra americana, ha scritto questo articolo per Ciroma.info che riportiamo.


Forse era nell’aria: l’aria di primavera dei paesi arabi, o l’aria della Puerta del Sol di Madrid, o del Rothchild Boulevard di Tel Aviv, tutti avvenimenti che presagivano un anno caldo a livello globale. Ma quando a New York è scoppiata Occupy Wall Street (la metafora della esplosione sembra moto più appropiata), si è avuta subito la sensazione che non si trattasse di una ventata di attivismo, di un altro episodio dell’ «anno della protesta» come lo ha definito Time magazine, ma di un avvenimento trasformatore, un «game changing», un cambiamento delle regole del gioco.
Non che nel contesto americano non ci fossero stati in quest’anno dei precedenti. Primo fra tutti, le grandi manifestazioni e l’assedio del Congresso dello stato del Winsconsin, nello scorso inverno. In quell’occasione si erano viste le prime crepe alla «risoluzione» neoliberale della grande crisi. Il governatore  Scott Walker, forte di una vittoria elettorale finanziata da interessi a livello nazionale che volevano fare del suo stato un test della politica repubblicana conservatrice, e sulla scia dei successi del movimento del Tea Party e delle vittorie repubblicane al Congresso, aveva proposto un progetto di riforme strutturali tutte incentrate sulla politica dei sacrifici e sulla responsabilità fiscale; in realtà un attacco diretto a quello che rimaneva delle organizzazioni sindacali fra i lavoratori del pubblico impiego i cui contratti venivano di fatto abrogati. La reazione fu tanto inaspettata quanto massiccia tanto da essere chiamata la Piazza Tharir americana. Ma per quanto importanti e significative, le lotte riguardavano dei temi sostanzialmente difensivi, sindacali. Alla fine tutte le energie si sono concentrate sulle elezioni locali nel tentativo in parte riuscito di revocare le elezioni di alcuni deputati e dello stesso governatore, tutte attività ancora all’interno del sistema elettorale.


BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!