La nuova "rivoluzione verde" di Bill Gates
L'agricoltura contadina non è "datata" né inefficiente, ma la Fondazione Gates propone ai contadini di "modernizzarsi", indebitandosi e perdendo sovranità.
Bill Gates non si è accorto che sono passati 60 anni dalla prima rivoluzione verde. E non ha letto, neanche su internet, le migliaia di pagine di critiche a quel modello d’agricoltura. Peccato perché rischia di gettare al vento quei 200 milioni di dollari che ha promesso alle Nazioni Unite. Insiste ancora che la fame sia il risultato di un tecnological-divide e non di errate politiche pubbliche che, favorendo il dominio di un sistema agricolo globale a carattere minerario – che toglie alle risorse naturali che sono alla base dell’agricoltura più di quanto ne restituisce - hanno permesso un’elevata produzione di valore nelle catene dei sistemi alimentare, valore che finisce in un numero di mani sempre più ristretto. Siano mani che controllano le multinazionali, i fondi di investimento speculativi, la rendita fondiaria, le elite locali nei paesi poveri, i laboratori dell’ingegneria genetica.
Malgrado lo sforzo poderoso fatto dai governi dominanti, dalle Nazioni Unite (spesso), dalla cooperazione internazionale, 1,3 miliardi di piccoli produttori di cibo, o se volete oltre 500 milioni di piccole aziende in questi 60 anni ancora “non sono stati raggiunti, per fortuna, dal quel trasferimento tecnologico figlio del modello industriale di agricoltura che si è imposto proprio grazie alla fame, come dice anche il presidente Monti, intervenuto alla riunione del Consiglio governativo del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), sostenendo che «stiamo mettendo una pressione insostenibile sulle risorse naturali mentre continua ad esistere il problema della fame: un mondo così è ingiusto e di conseguenza anche instabile».