venerdì 6 luglio 2012

Messico - Elezioni: cronaca di una vittoria annunciata


DSC_0003(Small).JPGSiamo alla vigilia di un nuovo conflitto elettorale in Messico? 

Elezioni sporche e media menzogneri...


di Fabrizio Lorusso

Nella piovosa estate messicana il fango e la polvere cominciano ad appannare la legittimità del processo elettorale di domenica scorsa in cui s’è votato per scegliere il nuovo presidente e rinnovare camera, senato, i governi e i parlamenti di 6 stati e quello di Città del Messico. La compravendita del voto con carte prepagate del supermercato Soriana è lo scandalo del momento, ma c’è anche del sangue a macchiare l’immagine di un’elezione pulita, perfetta, quasi svizzera o svedese, come propinato da numerosi mass media nazionali e internazionali oltre che da una buona parte della classe politica e burocratica messicana: la cruda realtà parla invece di 9 morti, 4 feriti, 66 arresti, 3500 incidenti, decine di atti di squadrismo e 2 autobombe esplose che a loro volta hanno fatto 2 morti tra le forze di polizia e 7 feriti in vari stati del Messico. Non è esattamente il panorama di un paese che rivendica con orgoglio l’appartenenza al G20 o alla OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), tanto per fare un paio di esempi di gruppi d’élite nel concerto geopolitico globale, ma che poi tollera, e in alcuni casi determina, incredibili violazioni alle regole democratiche e ai diritti umani.
I conteggi preliminari di domenica notte e lunedì, riconfermati per ora dal computo definitivo quasi concluso, danno la vittoria col 38% dei voti a Enrique Peña Nieto del Partido Revolucionario Institucional (PRI), il partito “dinosauro”, quello della “dittatura perfetta” (espressione coniata dallo scrittore Mario Vargas Llosa per descrivere un regime autoritario dalla parvenza democratica) che governò il Messico per 71 anni e nel 2000 fu sconfitto dalla destra di Acción Nacional (PAN). Il presidente Vicente Fox governò fino al 2006 e fu rilevato dal compagno di partito Felipe Calderón.

mercoledì 4 luglio 2012

Messico e Nuvole


Dopo appena due legislature torna a vincere le elezioni il PRI, già al potere per quasi settanta degli ultimi ottant’anni di storia messicana. In un paese in cui violenza, degrado e povertà sono in costante aumento il risultato delle urne ha il sapore amaro di un ritorno alla dittatura. Mentre i movimenti, accusato il colpo, sono più che mai in fermento.

di Marco Fama

Cent’anni di formale democrazia non sono serviti a riappacificare del tutto un paese la cui più grande disgrazia, come ebbe a dire Porfirio Díaz, è quella di trovarsi ad un tempo così lontano da Dio e cosi vicino agli Stati Uniti d’America.
Sono oltre 60.000 - tra uomini, donne e bambini - le vittime della feroce guerra mossa nei confronti del narcotraffico dal presidente uscente, il conservatore Felipe Calderón. In una nazione che si vanta di aver dato i natali all’uomo più ricco del pianeta, il magnate delle telecomunicazioni Carlos Slim, decine di milioni di persone versano in condizioni di estrema povertà; le popolazioni indigene faticano a veder pienamente rispettati i propri diritti; la corruzione dilaga ovunque; sequestri e ad altre storie di ordinaria violenza sono all’ordine del giorno.
È sullo sfondo di tale inquietante scenario che, domenica scorsa, 77 milioni di cittadini sono stati chiamati alle urne per eleggere il futuro presidente del Messico.
Le speranze della sinistra erano ancora una volta riposte su Andrés Manuel López Obrador, ex governatore capitolino vittima, nelle passate consultazioni, di presunti brogli elettorali oltreché di una durissima campagna diffamatoria messa in scena dalle principali emittenti del paese. 
Va detto che, anche aldilà delle strumentali mistificazioni mediatiche, è probabile che uno come Obrador possa non apparire del tutto convincente agli occhi di un osservatore esterno. Quella sua flemma nel parlare, così come il suo continuo ed a tratti demagogico appellarsi al popolo, alla lunga possono risultare indigesti. Per ogni conservatore convinto che questi non sia altro che un novello Chavez, inoltre, sarà certamente possibile incontrare qualche irriducibile sempre pronto a schierarsi più a sinistra di tutto e di tutti, accusando lo stesso Obrador di essere un inconcludente moderato.
Per quel che mi riguarda credo che, a prescindere da una certa retorica sviluppista, il programma di Obrador contenesse alcune proposte coraggiose che avrebbero probabilmente consentito al Messico di inaugurare una nuova epoca dal punto di vista economico e non solo.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!