martedì 11 settembre 2012

Medio Oriente - Lavoro e sfruttamento nel Golfo


I lavoratori stranieri costituiscono nel Golfo la maggioranza della popolazione. Nelle terre dei petrodollari i loro diritti negati li portano, a volte, alla morte. 

di Giorgia Grifoni

A morire di lavoro in Medio Oriente, soprattutto nei paesi del Golfo, si fa presto. Sono storie già sentite e raccontate: narrano di colf filippine picchiate per aver chiesto la debita paga, di cameriere etiopi suicide per le troppe umiliazioni subite, di collaboratrici domestiche immediatamente espatriate perché sospettate di essere uomini. Ma la vicenda accaduta la scorsa primavera a Doha, capitale del Qatar, è una novità: un'agenzia di collocamento ha pubblicato un annuncio in cui si richiedeva una colf di origine qatariota, come riporta Globalist, e si è scatenato il finimondo. Accuse di oltraggio, di attentato alla dignità della persona, appelli di professori, editorialisti e persino di una candidata alle elezioni politiche perché venga avviata un'inchiesta sull'accaduto. L'annuncio, spiegano, va contro i valori e le tradizioni del Qatar. "Se mai una donna dovesse rispondere all'inserzione - ha dichiarato Abdul Aziz al-Mulla, professore nel piccolo emirato - dovremmo indagare sulle ragioni che l'hanno spinta a farlo e darle tutto il supporto finanziario di cui ha bisogno".

Cittadini di serie A.
Che nella penisola arabica, come in altre parti del Medio Oriente, ci fossero cittadini di serie a e di serie b non era un mistero. A quella spicciolata di nativi degli Emirati Arabi, del Qatar, del Bahrain e dell'Arabia Saudita spettano condizioni di vita a dir poco principesche. Dalla scoperta del petrolio e del gas nella prima metà del secolo scorso, queste distese di sabbia si sono trasformate in moderni paradisi capitalisti: non a caso, secondo la rivista Forbes, in testa c'è il piccolo Qatar, che con il suo Pil pro capite di 88.000 dollari è il paese più ricco del mondo. Al sesto posto, con 47.500 dollari, troviamo gli Emirati Arabi Uniti, mentre il Kuwait si ferma al dodicesimo gradino.

Il Golfo e la crisi.
Una situazione che non risente della crisi economica che ha colpito il mondo occidentale, anzi: secondo le stime di Les Cahiers, trimestrale d'informazione di Fashion Marketing, nel 2011 il Pil del Qatar è cresciuto del 20%, quello dell'Arabia Saudita del 7,5%, in Kuwait del 5,3% e negli Emirati del 3,3%. Un successo dovuto essenzialmente all'iniziativa privata, veicolo della famiglia reale e figlia di una classe media che cinquant'anni fa, tra tribù e sceicchi, ancora non esisteva. Parte del merito va anche ai mercati internazionali, che hanno visto enormi quantità di finanziamenti provenire dagli emirati del Golfo. Con le rivoluzioni arabe alle porte e - in alcuni Paesi - anche in casa, l'iniziativa privata sembra destinata a ridimensionarsi, almeno in primo momento, per favorire l'impiego pubblico e placare qualsiasi forma covata di malcontento. Così, nei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo verranno creati due milioni di posti di lavoro nel settore pubblico, che vanno ad aggiungersi ai circa 7 milioni creati tra il 2000 e il 2010.

Honduras - Le città private


Nel tempo in cui la crisi sembra giustificare ogni forzatura, si arriva adirittura ad andare oltre le privatizzazioni ed ha immaginare la nascita di città private.
E' il progetto di cui si sta parlando in uno dei paesi più poveri dell'America centrale: l'Honduras. Quella che viene definita la "prima metropoli modello" dovrebbe sorgere grazie all'accordo tra il governo honduregno e la Mkg, una società immobiliare nordamericana.
Di fronte all'accordo un gruppo di giuristi hanno chiesto che la Corte suprema bocci il progetto. Il pronunciamento è atteso a giorni.
La città avrà proprie leggi, una propria polizia ed una propria giustizia. Come al solito la promessa è quella di nuovi posti di lavoro e cioè 5000 posti diretti e 15.000 indiretti per la costruzione.
Chi ha proposto il ricorso alla Corte suprema punta a mettere sotto accusa la legge quadro costituzionale che è servita da riferimento per questa operazione che va oltre la privatizzazione di una parte di territorio e mette in discussione il controllo statale su materie che dovrebbero essere di sua competenza.
A favore del progetto, che dopo la costruzione della prima città-private, ne prevede altre due, sono anche i coreani che hanno già reso noto di voler investire nel progetto.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!