venerdì 19 ottobre 2012

Grecia - Samaras e troika : i loro gas uccidono ancora


di Argiris Panagopoulos
I gas della Troika hanno fatto poco fa la seconda vittima oggi ad Atene, dove un 67enne manifestante disoccupato di lungo tempo è morto appena arrivato all’ospedale Evangelismos dopo  essere svenuto poco dopo aver respirato i gas che aveva utilizzato la polizia di Samaras per disperdere i “soliti ignoti” che si sono messi a tirare pietre, pezzi di marmo e molotov contro la polizia quando arrivava il grosso dei manifestanti nella piazza Syntagma. Anche la seconda vittima dei gas apparteneva al PAME di KKE, visto che i suoi militanti partecipano alle manifestazioni senza le maschere antigas che porta la maggioranza della gente che partecipa ai cortei dei sindacati confederali e degli altri partiti di sinistra. Portare però la maschera antigas può costare anni di prigione, grazie alle pene severe delle leggi repressive dei governi della troika. La polizia sostiene che il manifestante ha avuto l’attacco cardiaco vicino alla chiesa ortodossa russa, in una strada adiacente a piazza Syntagma, dove non si era fatto uso dei gas.
Secondo i medici dell’ospedale Evangelismos, che si trova poche centinaia di metri dal parlamento greco, il manifestante ha avuto un attacco cardiaco ed è stato impossibile mantenerlo in vita. Nello stesso ospedale sono ricoverati anche altri due manifestanti con ferite in testa e sugli arti e due poliziotti con ustioni.
Subito dopo l’annuncio della morte del manifestante nel parlamento i deputati di Syriza e di KKE che si trovavano nelle varie commissioni hanno espresso dure condanne dell’accaduto insistendo per la necessità di una svolta nella politica economica e sociale del paese.
Lo sciopero generale di oggi nel settore privato e pubblico è andato meglio delle previsioni, visto che anche nella periferia di Atene molti negozi sono rimasti chiusi e in diverse occasioni ci sono state proteste dei commercianti.

Africa - Europa, Usa, Cina, Ruanda: il Congo è terra di conquista


Rivoluzionario o signore della guerra? Kakule Sikula Lafontaine è l’ambiguo generale a capo del gruppo ribelle dei Mayi-Mayi nella zona settentrionale del Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo (Rdc).
È sulla breccia, pur con alterne fortune, da oltre dieci anni e già questo ne testimonia le capacità diplomatiche. Nel 2002 partecipò alla Conferenza di Sun City (Sudafrica), dove le diverse fazioni in lotta si confrontarono sul futuro della Rdc, senza tuttavia raggiungere soluzioni definitive. Oggi Lafontaine è un personaggio meno pittoresco di quando indossava (e faceva indossare ai suoi uomini) gli abiti della tradizione locale, mutuandone anche metodi di combattimento e riti d’iniziazione. Veste in grigioverde militare e la sua scorta è armata di kalashnikov.
Lafontaine e il suo gruppo si sono macchiati di nefandezze e soprusi nei confronti della popolazione del Nord Kivu: in molti, tuttavia, continuano a riporre in loro gran parte delle proprie speranze di pace, e gli incaricati dell’Onu considerano il generale un possibile strumento di stabilizzazione dell’area. Il territorio su cui si muove la banda di Lafontaine, il Nord Kivu, è popolato in prevalenza dalla tribù Nande, la stessa da cui provengono i suoi membri. È tra le regioni più ricche di risorse al mondo (qui si trovano in abbondanza oro, diamanti, coltan, cassiterite, legname e acqua), eppure i suoi abitanti vivono di mera sussistenza. La Rdc, con 400 $ annui, ha l’infausto primato del pil pro capite più basso del pianeta.
Da qualche mese il “Movimento 23 marzo” (M23) - gruppo ribelle a maggioranza tutsi, sospettato di forti contiguità con il Governo ruandese e guidato da Bosco Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra - ha occupato militarmente diverse zone del Nord Kivu, proponendosi come interlocutore politico e nominando un proprio gabinetto il 19 agosto. In questa fase si assiste a una temporanea quando paradossale convergenza di interessi tra l’M23 e i Mayi-Mayi di Lafontaine: entrambi i gruppi, pur con obiettivi diversissimi, vorrebbero infatti rovesciare l’attuale presidente Joseph Kabila, la cui posizione sarebbe ormai compromessa agli occhi della comunità internazionale. A fine agosto Lafontaine ha incontrato nel mezzo della foresta pluviale, nel territorio di Lubero, alcuni emissari dell’Onu, impegnati nel progetto Ddrrr (finalizzato all’individuazione, al disarmo e al rimpatrio dei combattenti stranieri sia nel Nord che nel Sud Kivu).
Di seguito l’intervista concessa al termine del colloquio con le Nazioni Unite.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!