sabato 22 giugno 2013

Messico - SupComandante Marcos: Mancano le/i prigionier@ politic@ .

I CONDISCEPOLI II.
Mancano:
LE/I PRIGIONIER@ POLITIC@ 
Giugno 2013 
A le/gli aderenti alla Sexta in Messico e nel Mondo:
A le/gli studenti della Escuelita Zapatista: 
Compagne, compagni, compagnei: 
Oltre a@ caduti nella lotta ed a@ desaparecid@s, non ci saranno, ma ci accompagneranno nella Escuelita Zapatista, le/i prigionier@ politic@ che, con diversi inganni giuridici, si trovano nelle prigioni del mondo o in situazione di asilo politico.
Sono migliaia in tutto il mondo e la nostra piccola parola non riesce a raggiungere tutte, tutti. Anche se ci appoggiamo a@ nostr@ compagn@ della Rete Nazionale Contro la Repressione e per la Solidarietà per cercare di arrivare a quanti più possibile, ne mancheranno sempre.
Per questo abbiamo mandato l’invito, tra gli altr@, ad alcune, alcuni, che simboleggiano non solo l’assurdità di voler rinchiudere la libertà, ma anche, e soprattutto, la degna resistenza e la perseveranza di chi non è sconfitto da guardie, pareti e sbarre.
Tra loro ci sono:
Alberto Patishtán Gómez - Condannato a 60 anni di prigione, questo 19 giugno sono 13 anni dietro le sbarre. Il suo crimine: essere messicano, chiapaneco, indigeno, professore e simpatizzante zapatista. Malgrado sia stata dimostrata la sua ingiusta carcerazione, le autorità giudiziarie ritardano la sua liberazione. Queste le parole di un funzionario governativo: “Se liberassimo Patishtán sarebbe doppiamente un brutto segnale: dimostreremmo che il sistema giudiziario è una merda, ed alimenteremmo la lotta per la liberazione di altri detenuti. È qualcosa che non ci conviene da nessun punto di vista. Meglio aspettare che quelli che fanno tanto chiasso per questo caso si stanchino“. Qui sappiamo bene che il sistema giudiziario in Messico è una merda, e che chi lotta per la libertà de@ prigionier@ politic@ non si stancherà… mai.
Leonard Peltier - Da 37 anni in prigione. Il suo crimine: appartenere al popolo originario Sioux Chippewa (Anishinabe-Lakota) e lottare per i diritti dei popoli originari negli Stati Uniti. È stato arrestato nel 1976 e condannato a due ergastoli consecutivi (forse perché i suoi boia volevano assicurarsi che non uscisse né vivo né morto). È stato accusato di aver ucciso due agenti del FBI. Il fatto avvenne a Pine Ridge, territorio sacro del popolo Sioux, in Dakota del Sud, USA, dove erano stati scoperti giacimenti di uranio e carbone.
È stato condannato senza prove e malgrado ci sia un fascicolo di oltre 10 mila pagine che provano la sua innocenza. L’accusa del FBI può riassumersi così: “Qualcuno deve pagare”. Robert Redford realizzò un documentario sul caso [Incidente a Oglala - 1991 - n.d.t.], che però non fu mai proiettato nei cinema nordamericani. Nel frattempo, i “ragazzi” e le “ragazze” del FBI, così ben dipinti nelle serie TV, hanno assassinato 250 indigeni Lakota. Nessun’indagine è stata aperta su questi crimini.
Questo, in un paese costruito sul saccheggio dei territori appartenenti ai popoli originari di quella zona del continente americano.
Mumia Abu Jamal - Statunitense. Prigioniero da più di 30 anni. Il suo crimine, essere un giornalista ed attivista per i diritti dei discriminati per il colore della pelle negli Stati Uniti. Inizialmente condannato alla pena di morte, ora sconta l’ergastolo. Accusato da bianchi di aver ucciso un bianco, l’ha giudicato una giuria di bianchi, l’hanno condannato i bianchi, l’avrebbero mandato a morte i bianchi, l’hanno in custodia i bianchi.
Questo, in un paese costruito sullo sfruttamento del sudore e del sangue degli schiavi portati dall’Africa… che, certo, non avevano la pelle bianca.
Edward Poindexter e Mondo We Langa - Statunitensi. Il loro crimine: lottare per i diritti della popolazione afroamericana degli Stati Uniti. Vittime del Programma di Controspionaggio (CONTELPRO) del FBI, nel 1970 furono accusati della morte di un poliziotto, per l’esplosione di una valigetta riempita di dinamite. Nonostante aver ottenuto la confessione del vero assassino, l’FBI manovrò e seminò prove contro questi due militanti dell’organizzazione delle Pantere Nere. Numerose prove dimostrano l’innocenza di entrambi.
Sono ancora in prigione nel paese che si vanta della probità e imparzialità del suo sistema giuridico.
Julian Paul Assange - Originario dell’Australia e cittadino del mondo. Attualmente rifugiato politico. Il suo crimine: divulgare a livello mondiale, tra altre cose, il marciume della politica estera nordamericana.
Assange è perseguito attualmente dai governi britannico e statunitense, i due paesi presunti “paladini” della giustizia e della libertà.
Bradley Manning - Soldato scelto dell’esercito nordamericano. Il suo crimine: aver diffuso un video dove, da un elicottero dei soldati gringo ammazzano alcuni civili in Iraq. Tra gli assassinati ci sono due giornalisti. È anche accusato di avere trafugato documenti sulla barbarie nordamericana in Afghanistan e Iraq. L’accusa principale contro Bradley Manning, che potrebbe significare la pena di morte, è quella di “aiutare il nemico”, cioè, aiutare a conoscere la verità.
Questo, in un paese che si regge sulla menzogna di una costante minaccia esterna (musulmani, asiatici, latini, ecc., cioè, il mondo intero) e, secondo “l’operazione dei servizi” recentemente scoperta – in realtà si tratta di spionaggio – anche gli statunitensi sono una minaccia.
Antonio Guerrero Rodríguez, Fernando González Llort, Gerardo Hernández Nordelo, Ramón Labañino Salazar e René González Sehwerert - La patria di queste cinque persone è Cuba, primo territorio libero in America. Anche conosciuti come “i 5 cubani”. Il loro crimine: aver fornito informazioni sui piani di gruppi terroristici con base sul territorio degli Stati Uniti. Nel giugno del 1998 Cuba consegnò all’FBI nordamericana un rapporto redatto dai 5 cubani. Il rapporto comprendeva centinaia di pagine di notizie, video e audio sulle attività di gruppi terroristici negli Stati Uniti.
Invece di smantellare le cellule terroristiche, l’FBI arresta i 5 cubani che, di fatto, avevano salvato la vita a decine di persone, principalmente turisti, che sarebbero stati il bersaglio degli attacchi. Antonio è ingegnere, Fernando è diplomatico, Gerardo è caricaturista, Ramón è economista e René pilota aereo. Sono in carcere per il reato di spionaggio, in quanto, nel processo contro di loro, gli stessi accusatori attestarono che il materiale che avevano raccolto non colpiva la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e che Cuba non rappresentava una minaccia.
Tutto questo nel territorio di chi dice di combattere il terrorismo internazionale.
Maria Alyójina, Yekaterina Stanislávovna Samutsévich e NadezhdaTolokónnikova - Russe, componenti del gruppo rock punk “Pussy Riot”. Il loro reato: aver denunciato l’imposizione di Vladimir Putin con la complicità dell’alto clero della Chiesa Ortodossa russa. Sono state arrestate per aver suonato musica punk in una chiesa. Nella canzone si chiedeva alla madre di dio di cacciare Putin dal governo. Sono state condannate a due anni di prigione per avere “minato l’ordine sociale”.
Questo nel paese che si vanta di essersi liberato dalla “tirannia comunista”.
Gabriel Pombo da Silva - Anarchico nato ovunque e in nessun luogo. Da quasi 30 anni è stato in più di 20 diverse prigioni di Spagna e Germania. Il suo crimine: essere coerente. Ai suoi persecutori ha detto: “Non c’è niente di più deplorevole di uno schiavo contento… un individuo spogliato di memoria e dignità… è preferibile essere condotto al patibolo per essersi ribellato che vivere cento anni in ‘libertà condizionale’ e condizionata dalle paure e dalle menzogne che ci hanno venduto, indottrinato….”. Riguardo alla sua condizione di prigioniero politico è stato chiaro: “Mi consta che per me (come per molti altri), non esiste la possibilità di uscire di prigione sulla base delle vostre leggi… perché la vostra legalità richiede la rinuncia alla mia identità politica… Ed ovviamente chi rinuncia alla propria identità politica non tradisce solo sé stesso, ma tutti quelli che ci hanno preceduto in questa lunga marcia per la dignità e la libertà. Non c’è niente di eroico né di ‘martire’ (di questi i cimiteri ne sono pieni) in questa considerazione. Lo credo sinceramente e con tutto il mio cuore e per questo sono pronto ad accettare di “pagare il tributo”  per essere coerente con me stesso per quanto penso/sento…”
(…)
Perché vi parlo di quest@ prigionier@ politic@ così simbolici e così diversi tra loro? Perché per le zapatiste, gli zapatisti, la libertà non è patrimonio di un credo, un’ideologia, una posizione politica, una razza. Nei video vedrete a che cosa ci riferiamo e vi aiuteranno ad ascoltare, che è il modo per cominciare a capire. Sono 15 minuti che aiutano ad affacciarsi ai molti mondi che sono nel mondo.
Così come loro, centinaia di prigionieri politici sono stati invitati alla Escuelita Zapatista. A tutt@ loro abbiamo mandato una lettera come quella che ora allego. Speriamo che la ricevano, così come i libri e audio e video dove raccontiamo la nostra storia. Speriamo che accettino l’invito, non perché pensiamo di potergli insegnare qualcosa, ma affinché conoscano com’è che qui si chiama la libertà.
Eccolo:
ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO 
Maggio 2013 
Per: ___________________________
Da: Le donne, uomini, bambini e anziani zapatisti.
Oggetto: Invito Speciale per partecipare alla Escuelita Zapatista.
Compagn@:
    Saluti dai bambini, bambine, anziani, donne e uomini dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
   Le scriviamo perché vogliamo invitarla in particolare a partecipare alla scuola zapatista “La Libertà Secondo Gli Zapatisti”.
   Sappiamo che forse le sarà impossibile partecipare personalmente in quest’occasione. Ma sappiamo che arriverà il giorno in cui le porte delle prigioni si apriranno per chi, come lei, è tenuto prigioniero dall’ingiustizia fatta governo. E queste stesse porte resteranno aperte quanto basta affinché ci entrino i banchieri e i loro servi.
   Nel frattempo, troveremo il modo di farle arrivare il materiale. Sono testi con le parole delle nostre compagne e compagni zapatisti, prevalentemente indigeni maya, che raccontano la propria storia di lotta. Una storia, sicuramente simile alla sua, piena degli alti e bassi della lotta per la libertà, dei dolori che la colmano, della speranza di cui trabocca e della continua ostinazione, come lei, di non tentennare, non vendersi, non arrendersi.
   Forse non le arriveranno per il momento. È molto probabile che i suoi carcerieri e boia confischino il materiale, sostenendo che il pacchetto contiene materiale pericoloso. Il fatto è che la sola parola “libertà”, quando è vissuta dal basso e a sinistra, è uno dei molti orrori che popolano gli incubi di chi sta sopra a costo del dolore degli altri.
   Sia come sia, l’aspettiamo qua, presto o tardi. Perché se il nostro impegno è la libertà, uno dei nostri tratti distintivi è la pazienza.
   Bene. Salute e che la libertà sia quello che deve essere, cioè, patrimonio dell’umanità.
   A nome di tutt@ gli zapatisti dell’ EZLN. 
Subcomandante Insurgente Moisés                   Subcomandante Insurgente Marcos
                                                  Messico, maggio 2013

(fine della lettera-invito per le/i prigionier@ politic@s
(…)
Ora conoscete quest@ altr@ invitat@ a partecipare alla Escuelita insieme a voi.
Niente paura. Non sono loro i criminali, ma lo sono quelli che li tengono prigionieri.
Salute e che possiamo trovare la libertà nell’unico modo possibile, cioè, con tutt@ loro.
(Continua…) 
Dalle montagne del Sudest Messicano.
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, Giugno 2013
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Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo:
Il vescovo Raúl Vera, sempre dalla parte di chi sta in basso, parla del prigioniero politico Alberto Patishtán: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=HFyjuBmCUis
Il silenzio e la parola secondo il popolo originario Lakota: http://www.youtube.com/watch?v=wsN9HiGr8nM&feature=player_embedded
Il gruppo “The Last poets”, con “True Blues”, un viaggio nella storia, a ritmo di blues, attraverso l’oppressione della popolazione afroamericana: http://www.youtube.com/watch?v=o5ilSn1r7HM&feature=player_embedded
Gli attori nordamericani Danny Glover e Peter Coyote solidali con i 5 cubani prigionieri politici negli Stati Uniti: http://www.youtube.com/watch?v=avD1E2EizFA&feature=player_embedded
Il gruppo punk Pussy Riot nell’esibizione in cui contestano Vladimir Putin: http://www.youtube.com/watch?v=ALS92big4TY&feature=player_embedded
Il gruppo punk “Espina Negra” con la canzone “El primer Anarquista”: http://www.youtube.com/watch?v=MYdto1HhKLA&feature=player_embedded
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)


venerdì 21 giugno 2013

Messico - SupComandante Marcos: Ai caduti nella lotta


I CONDISCEPOLI I.
Prima i primi:
LE/I DESAPARECID@S
Giugno 2013

A le/gli aderenti alla Sexta in Messico e nel Mondo:

A le/gli studenti della Escuelita Zapatista:

Compagnei, compagne, compagni:

Come certamente non sapete, la prima fase del primo corso “La Libertà Secondo Gli Zapatisti” si è conclusa.

I materiali di supporto ci sono; le maestre ed i maestri sono pronti; il numero degli iscritti è al completo; le famiglie indigene zapatiste che vi accoglieranno fanno il conto di quanti gliene toccheranno e preparano i locali, le stoviglie per il vitto, sistemano i posti dove dormirete; i choferólogos [da chofer=autista - n.d.t.], come li chiama il Sub Moisés, affinano i motori ed agghindano i veicoli per trasportare le/gli alunn@ nelle loro scuole; l@s insurgent@s fanno e disfano articoli artigianali; i suonatori preparano i loro pezzi migliori per allietare la festa dei 10 anni, quella di benvenuto degli studenti, quella di fine di corso; un salutare clima di isteria collettiva comincia a diffondersi tra chi aiuta con l’organizzazione; si controllano gli elenchi per vedere chi manca… o se c’è qualcuno di troppo; al CIDECI, sede della Unitierra a San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, si avanza nei preparativi per la scuola e per la cattedra “Tata Juan Chávez Alonso”.

E, come c’era d’aspettarsi, i governi federale e statale riattivano i paramilitari, incoraggiano chi provoca scontri, e fanno di tutto per impedire che voi (ed altr@ attraverso di voi) constatiate il progresso nelle comunità zapatiste ed il marcato contrasto con le comunità e le organizzazioni che si riparano sotto il sottile velo dell’assistenzialismo del governo.

Tutto prevedibile. Tanto di manuale di contrainsurgencia, così inefficace, quanto inutile. La stessa cosa di 10, 20, 500 anni fa. PRI, PAN, PRD, PVEM, PT, tutti i partiti politici, con impercettibili variazioni nel discorso, che fanno la stessa cosa… e reiterano il loro fallimento.

Chi avrebbe detto che i governi di tutto lo spettro politico temessero tanto che il livello di vita degli indigeni migliorasse. Comprendiamo il loro nervosismo, il loro panico mal dissimulato, perché il messaggio che esce da questa parte è chiaro ed estremamente pericoloso nel suo doppio filo: non sono necessari… e danno fastidio.

Totale: molto movimento, dentro e fuori, da loro e da noi.

E tutto, visto dall’alto di questa ceiba, somiglia ad un ordinato disordine (stavo scrivendo “casino”, ma mi dicono che, quelli che generosamente ci aiutano nella traduzione in altre lingue, si lamentano dell’abbondanza di “localismi” impossibili da tradurre). E potrei aggiungere che tutto si muove “a caso”, soprattutto per quei ritmi di ballata-corrido-ranchera-cumbia dei suonatori, che sono la colonna sonora di tutto questo, e che hanno un suono, a dir poco, sconcertante.

Insomma, tutto gira.

Ora a me tocca parlarvi di chi saranno i vostri condiscepoli. Donne, uomini ed altr@ di tutte le età, di differenti angoli dei 5 continenti, di storie diverse.

Sono salito sulla ceiba non solo per la paura di essere aggredito da uno scarabeo impertinente, presunto cavaliere errante, o per i tristi racconti del gatto-cane… va bene, sì, anche per questo, ma soprattutto perché, per parlarvi de@ prim@ invitat@, è necessario guardarsi nel cuore, che è come noi zapatisti, zapatiste, diciamo ricordare, fare memoria.

Le prime ed i primi nella lista degli invitati erano, sono, saranno chi ci ha preceduto ed accompagnato in questo infinito cammino verso la libertà, le cadute ed i caduti e desaparecid@s nella lotta.

A tutte loro, a tutti loro, mandiamo una lettera-invito come quella che ora qui allego. 

Gliel’abbiamo inviata non da non molto: ieri, un mese fa, un anno fa, 10, 20, 500 anni fa.

Per comprendere la missiva non solo sarà necessario guardare ed ascoltare i video che l’accompagnano, è anche necessaria una certa dose di memoria… e di degna rabbia.

Dunque, procediamo:

 ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

A tutt@ le/i cadut@ e desaparecid@s nella lotta per la libertà:

Compagna, compagno, compagnao:

Saluti da…
Mmm…

Sì, forse hai ragione. Forse qualcosa c’entrano le lettere di Gieco, Benedetti, Heredia, Viglietti, Galeano, la tenacia delle nonne e delle madri di Plaza de Mayo, il coraggio dignitoso senza prezzo delle signore di Sinaloa e Chihuahua, il dolore trasformato in ostinata ricerca dei familiari di migliaia di desaparecidos in lungo e in largo di questo continente. Infine, tutta questa gente così ostinata… ed ammirevole.

Può essere. Il fatto è che pensando a chi poteva essere interessato a guardarci ed ascoltarci in questo mostrarci che chiamiamo “la scuola zapatista”, i primi a venirci in mente siete stati voi. Tutte, tutti. Perché, malgrado non conosciamo molti nomi, sapere di te, di lei, di lui, è sapere di tutti, di tutte.

Quindi, se bisogna cercare un responsabile di queste righe, questo è la memoria, quella continua e tenace impertinente che non ci lascia in pace, sempre a dar battaglia, sempre a dar fastidio.

Che bello, diciamo noi, indigeni, maya, zapatisti. Che bello che questa guerra contro l’oblio non cessi, che prosegua, che cresca, che diventi mondiale.

Sì, può essere anche perché qui tutt@ siamo un po’, o molto, come mort@, come desaparecid@s, a bussare ancora una volta alla porta della storia, a reclamare un posto, uno piccolo, come siamo noi. Chiedendo la memoria.

Ma ci sembra, dopo aver pensato e ripensato sull’argomento, che la colpevole è la memoria.
Eh?
Certo, anche l’oblio.
Perché è l’oblio che minaccia, attacca, conquista. Ed è la memoria che vigila, che difende, che resiste.

Per questo motivo, questa lettera-invito.

Dove la mandiamo? Sì, era un problema. Ci abbiamo pensato molto, non crediate.

Sì, forse per questo pensi che qualcosa c’entri León Gieco e la sua canzone “Nel paese della libertà”.

Per questo, cioè, per te, per voi, abbiamo chiamato il corso “La Libertà Secondo Gli Zapatisti”? Per avere un indirizzo al quale mandare l’invito? Beh, non ce n’eravamo accorti, ma ora che lo dici… sì, può essere. Ci eviteremmo così tutto il trambusto di cercare indirizzi, uffici postali, indirizzi di posta elettronica, blog, pagine web, nicknames, reti sociali, e tutto quello di cui la nostra ignoranza è enciclopedica.

Sai? Qui ci sono stati, e ci sono, non pochi momenti difficili. Momenti in cui tutto e tutti sembrano mettersi contro. Momenti in cui migliaia di ragioni, a volte con la mortale veste del piombo e del fuoco, e a volte vestite gentilmente dei comodi argomenti del conformismo, ci hanno attaccati su tutti i fronti per convincerci della bontà di tentennare, di venderci, di arrenderci.

E se siamo riusciti a non soccombere, non è perché fossimo potenti ed avessimo un grande arsenale (di armi e di dogmi, a seconda del caso).

È stato perché siamo abitati da voi, dalla vostra memoria.

Già sai della nostra ossessione per i calendari e le geografie, quel nostro modo tanto molto altro di capirci e capire il mondo.

Perché qui la memoria non è questione di effemeridi di un giorno che servono solo da alibi per l’oblio durante il resto dall’anno. Non è cosa di statue, monumenti, musei. È, come dirti?… qualcosa di meno chiassoso, senza pompa e circostanza. Qualcosa di più silenzioso, appena come un sussurro… ma costante, tenace, collettivo.

Perché qui, un altro modo di dire che non perdoniamo né dimentichiamo è non tentennare, non vendersi, non arrendersi. È resistere.

Sì, diciamolo che è “poco ortodosso”, ma che farci. Fa parte dei nostri modi… o “ni modos“, a seconda.

Bene, ti aspettiamo qua, vi aspettiamo.

Rimettiamo la presente al “paese della libertà”, l’unica nazione senza frontiere ma con tutte le bandiere… o nessuna (che non è la stessa cosa ma è uguale), ed alla quale è più difficile arrivare… forse perché l’unica strada per arrivarci è la memoria.

Sappiamo dell’impossibilità attuale di venire nelle nostre comunità, e che mandarti i materiali è problematico. Ma sia come sia, ora, come ieri e come domani, da noi hai un posto speciale.

Sì, forse ci incontreremo prima senza volerlo… o volendo… bussando a qualche porta o affacciandoci ad una finestra, ma sempre aprendo un cuore.

Nel frattempo, neanche tu dimentica che, quando le zapatiste e gli zapatisti dicono “siamo qui”, includiamo anche voi.

Bene. Salve e che la memoria resista, ovvero, che viva.  Perché vivi vi hanno presi e vivi vi vogliamo.

A nome di tutt@ le/gli zapatisti dell’EZLN.

Subcomandante Insurgente Moisés                         Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, maggio 2013

(Fine della lettera-invito per le/i caduti e desaparecid@s nella lotta per la libertà).
(…)

Dunque sai chi ci sarà tra i tuoi condiscepoli.
Saranno qui. No, non spaventeranno nessuno. Beh, a meno che qualcuno tema la memoria e venga a cercare l’oblio. Ma come credo non sia il tuo caso, o cosa, a seconda, non hai di che preoccuparti.

Forse, senza volerlo, ti imbatterai nella grande ceiba madre, l’albero che sostiene il mondo. 

Se hai la pazienza e l’immaginazione necessarie, guarda il suo tronco e fai una domanda. 
Forse la ceiba madre, con quest@ condiscepol@ tanto altr@ come compagnia, ti risponderà dalle aride rugosità del suo tronco. Domanda quello che vuoi, ma soprattutto, chiedi la cosa più importante:

Chiedi: Con chi tutto questo?  E ti risponderanno: Con te.

Chiedi: Per chi questo lavoro?  E ti diranno: Per te.

Chiedi: Chi l’ha reso possibile?  E, forse con un leggero tremore, sentirai: Tu.

Chiedi: Perché questo cammino?

Ed allora la ceiba madre, la terra, il vento, la pioggia, il cielo che sparge luce, tutt@ i nostri caduti, i nostri desaparecid@s, ti risponderanno:

  Libertà… Libertà!… LIBERTÀ!

Ora lo sai: se, quando sarai in queste montagne del sudest messicano pioverà, soffierà vento, il cielo coprirà o scoprirà la sua luce, e la terra si inumidirà, sarà perché ai piedi della ceiba madre, la sostenitrice del mondo, qualcuno sta facendo delle domande… e, soprattutto, sta ricevendo risposte.

Cosa viene dopo?  Beh, mi sembra che questa storia dovrete raccontarla voi.

Bene. Salve e che la memoria, né cada né scompaia.

(Continua…)

Da un angolo della memoria.
SupMarcos

Messico, Giugno 2013
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Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo.
Mario Benedetti, sempre il benvenuto, insieme a Daniel Viglietti, cantano, o meglio, gridano de@ desaparecid@s, sui desaparecid@s, con i desaparecid@s. Dedicato alle madri e nonne che non tentennano, non si arrendono, non si vendono: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=dO_JZxRRbc4

Di nuovo Mario Benedetti che sottolinea con la sua voce, l’impossibilità dell’oblio. Dedicato a chi non dimentica: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=tHEVtFim6Ws

León Gieco canta, di sua composizione, “La Memoria”, l’ostinata, implacabile, feroce memoria di chi non c’è, ma non se n’è andato, né se ne andrà… finché ci sarà qualcuno che non dimentica: http://www.youtube.com/watch?v=_bC9mqsGeJQ&feature=player_embedded

León Gieco con la sua canzone “El País de la Libertad”, indirizzo al quale si rivolge la memoria: http://www.youtube.com/watch?v=uB_b_kfnc3M&feature=player_embedded

Víctor Heredia spiega perché “Ancora cantiamo”, ovvero, perché non dimentichiamo: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=mCp47R83Lqs

Link al comunicato originale


(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!