di Fabrizio Lorusso
Il capo dei capi dei narcos messicani, Joaquín Guzmán Loera, alias El Chapo,
è stato arrestato da un gruppo scelto di militari della marina all'alba di sabato 22 febbraio mentre dormiva in un hotel di Mazatlán, località
marittima della costa pacifica. L’operazione, realizzata in
collaborazione con l’agenzia americana DEA (Drug Enforcement
Administration), è stata pulita, nessun colpo è stato sparato per
catturare il re della droga messicano che è a capo dell’organizzazione
più potente delle Americhe e probabilmente del mondo, il cartello di
Sinaloa o del Pacifico. Ora il boss è rinchiuso nel penitenziario di
massima sicurezza di Almoloya de Juárez, a un’ottantina di chilometri da
Mexico City. Il potere e la fama del Chapo hanno superato persino
quelle del mitico capo colombiano degli anni ottanta, Pablo Escobar,
capo del cartello di Medellin ucciso nel 1993, per cui senza dubbio la
sua cattura rappresenta un grosso colpo mediatico dall’alto valore
simbolico. Ma le questioni aperte sono tante.
Il
lavoro d’intelligence per scovare il boss, ricercato numero uno della
DEA, è cominciato nell'ottobre 2013, quando le autorità americane e la
marina messicana sono venute a sapere che il Chapo s’era stabilito a
Culiacán, capitale dello stato nordoccidentale del Sinaloa, ma solo nel
febbraio 2014 i rastrellamenti, i sorvolamenti e i controlli si sono
intensificati in diverse zone dello stato. Di fatto la stampa speculava
sulla possibilità che venisse preso il numero due dell’organizzazione,
“El Mayo” Zambada, e non Guzmán.
I capi d’accusa contro di lui sono vari: delitti contro la salute e narcotraffico, delinquenza organizzata, evasione (di prigione).
El
Chapo era latitante dal 2001, quando scappò, o meglio fu lasciato
uscire impunemente, dal penitenziario di massima sicurezza di Puente
Grande, nello stato del Jalisco, in cui faceva la bella vita e
controllava tutto e tutti con laute mazzette in dollari americani.
Classe 1957 (ma alcune fonti indicano il 1954 come anno di nascita) e
originario di Badiraguato, la “Corleone messicana”
dello stato di Sinaloa, Joaquín Guzmán comincia a coltivare e
trafficare marijuana sin da giovane, quindi negli anni settanta e
ottanta si unisce al gruppo fondato dai boss Ernesto Fonseca Carillo
“don Neto”, Rafael Caro Quintero e Miguel Ángel Félix Gallardo, el jefe de jefes,
cioè il capo del cartello di Guadalajara o Federación. Nel 1989
Gallardo viene arrestato e il suo impero spartito tra alcuni fedelissimi
come i fratelli Arellano Félix, che prendono Tijuana, il “Señor de los
cielos” Amado Carrillo, che si tiene Ciudad Juárez, e il Chapo che resta
nel Sinaloa.