di Cristina Mastrandrea
«Furono il dolore e la rabbia che ci spinsero a sfidare
tutto e tutti 20 anni fa. E sono il dolore e la rabbia che ora ci fanno
indossare di nuovo gli stivali, mettere l’uniforme, infilare la pistola e
colprirci il volto. E rimettermi il vecchio e logoro berretto con le 3 stelle
rosse a cinque punte».
Dalle montagne del Sudest del Messico parla il subcomandante
insurgente Marcos, pochi giorni dopo l’aggressione armata dei
paramilitari allo storico Caracol zapatista de la Realidad da parte del Cioac-H
(Central independiente de obreros agrícolas y campesinos independiente
histórica), un gruppo paramilitare della zona della Selva Lacandona. Lo scorso
marzo i paramilitari avevano sequestrato un camion della Giunta del Buon Governo
a la Realidad. La sera del 2 maggio, mentre si svolgeva una riunione alla quale
era presente anche il Centro per Diritti Umani Fray Bartolomè de las Casas per
risolvere pacificamente il problema della camionetta, un centinaio di componenti
del Cioac-H hanno attaccato il Caracol la Realidad. Un attacco con pietre, armi
da fuoco e machete alla clinica pubblica e alla scuola, più il sabotaggio della
rete idrica. «Si è trattato di un’aggressione premeditata, organizzata
militarmente — dice il subcomandante Marcos nel suo comunicato – sono implicati
anche il Partito verde ecologista (nome in pratica con il quale il Pri governa
in Chiapas), il Partito di azione nazionale e il Partito rivoluzionario
istituzionale, ma anche il governo dello Stato del Chiapas e in una qualche
maniera anche quello federale».