Si è
chiuso il primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il
Capitalismo senza che producesse quel piano per la rivoluzione di lunedì
prossimo che alcuni si attendevano. Per loro grande delusione, non è stata data
la linea. Tanto meno si sono presi accordi per la prossima marcia, la prossima
manifestazione, il festival seguente. Si sono solo intessuti consensi sui
piccoli e decisi passi che ancora restano da fare.
Mille e
trecento delegati del Congresso Nazionale Indigeno hanno partecipato al
Festival, da 34 villaggi indigeni; duemilanovecentoquattro aderenti alla Sexta;
duemilacentosessantotto persone da quasi tutti gli Stati della Repubblica
(Messicana); settecentosessantasei da 49 paesi. Molti altri hanno seguito a
distanza attentamente ciò che succedeva.
Presenti e
assenti hanno riconosciuto, insieme al subcomandante Moises, che la cosa più
urgente è la verità e la giustizia per Ayotzinapa. Non c'è priorità più grande.
“Succede a volte che la storia ci ponga di fronte qualcosa che ci
unisce...Ayotzinapa è stato il punto che ci ha unito. Direttamente dai parenti
dei 43 abbiamo sentito che Ayotzinapa non è nello stato messicano di Guerrero,
ma in tutto il mondo che sta in basso”.