mercoledì 25 maggio 2016

Messico - “Se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora”



Dettagli su questa intervista

Una volta fermi presso il luogo pattuito, dallo specchietto retrovisore del nostro furgoncino arrivò un uccellino simile a un passero, che iniziò a beccare metodicamente contro il vetro. A volte riposava qualche minuto di fronte, guardandosi da diverse angolature, e con rinnovata energia si lanciava al combattimento contro il proprio riflesso. E ricordai anche quando, circa 15 anni fa, negli stessi luoghi, iniziammo a vedere all'aria aperta il documentario «Caminantes», quello in cui Marcos faceva il gesto di togliere il passamontagna e dalla foresta irrompeva un’enorme farfalla che si posava sul suo viso nello schermo, coprendolo per intero. A volte gli zapatisti, che non hanno segreti in fatto di vita politica aperta, giungono a una sorta di trattato segreto con la natura locale.

Ci troviamo in Chiapas, in attesa dell’intervista con uno degli zapatisti che ha accettato di riceverci. Non sapevamo ancora che quel qualcuno sarebbe stato il vicecomandante dei ribelli Moisés, autorità militare e portavoce dell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) che, nel maggio 2014, aveva rimpiazzato il vicecomandante Marcos, e noi, un gruppo di artisti russi di San Pietroburgo del collettivo politico culturale Chto Delat ed io, a metà tra un traduttore e una guida priva di certificazione dai mondi sociali d’America. 

L’obiettivo del viaggio era conoscere i territori ribelli, le realtà e gli obiettivi raggiunti da parte degli zapatisti a 22 anni dalla loro apparizione pubblica.

Cercavamo qualcosa che, secondo quanto diceva un giovane zapatista francese del secolo scorso, noto come il Principito, non può essere visto con le pupille. Cercavamo di rivendicare il senso di tanti tentativi e fallimenti della nostra storia, russa, ucraina, sovietica, in questi tempi pieni di confusione generalizzata, o qualcosa talmente assurda come le radici della speranza europea in terra americana. Non saprei dare una definizione esatta. Ricordo soltanto che i testi zapatisti giunti in Russia più di 15 anni or sono, inquietarono e risvegliarono migliaia di persone della nostra generazione.

Se una volta qualcuno mi avesse detto che la sua voce era la voce dei suoi compagni, non avrei dubitato di trovarmi di fronte a un pazzo o a un eccentrico e avrei di certo risposto con una battuta di pessimo gusto. Ma quando, terminata la riunione, il vicecomandante Moisés pronunciò questa frase, sentii subito un formicolio alla schiena e un groppo in gola. Mai prima d’ora avevo immaginato che una cosa simile potesse essere vera, senza metafore, né  esagerazioni. Cioè, lo immaginavo sì, ma in modo molto teorico, in quanto la presenza dal vivo, vicina e tangibile, di verità come queste, è qualcosa di molto diverso.

Esistono molte interviste di Marcos e poche di Moisés. Sebbene nutra per il primo una profonda ammirazione, mi è sembrato più interessante condividere col secondo per osservare come, dalla tappa romantica e letteraria, lo zapatismo discenda verso pratiche magari meno vistose ma, senz'ombra di dubbio, molto più solide e profonde….senza scordare che all'interno dello zapatismo le ascese e discese di solito coincidono.

Questa volta ho sentito che, senza essere distratti dalla buona letteratura, è stato possibile sentire meglio il cuore contadino indigeno comunitario dello zapatismo. In tal senso, il viaggio nel Chiapas, più che un’esperienza politica o intellettuale, è stata una scoperta che si avvicinava al mistico spirituale, qualcosa che ci connette alla parte più profonda del nostro essere.

Quando si entra in una delle case di una delle Giunte del Buon Governo, decorata con murales sulla rivoluzione, in cui improvvisamente nella penombra ci si trova davanti a circa sei persone con indosso un passamontagna, la maggior parte delle quali quasi adolescenti e donne, e si ascolta come tutti parlino molto lentamente, scegliendo con cura e affetto le parole e le idee, si percepirà qualcosa di molto speciale: qualcosa come il sentimento che irrompe dolcemente quando ammiriamo per la prima volta il mare o le montagne. 

Successivamente conviene rilassarsi, arrendersi e dimenticare che si indossa un orologio, dato che tutte le decisioni e i procedimenti zapatisti sono estremamente lenti, richiedono decisioni collettive, che presuppongono a loro volta riflessioni individuali che prendono corpo senza alcuna fretta. Le autorità della Giunta chiederanno scusa per l’attesa e nelle rughe degli occhi indigeni che inevitabilmente si formeranno, di certo si scorgerà un sorriso dietro il passamontagna.

Tale materiale è una sintesi del colloquio avuto col vicecomandante Moisés e durato un’ora e mezza. Termino aggiungendo che tale riunione, a parte costituire un grande onore, è stata anche allegra e ringraziamo i nostri amici messicani per averla resa possibile.

E, come si dice, cercheremo di non deludere la loro fiducia e generosità.

Passaggi della conversazione ¹

Vicecomandante Moisés: Ciò che posso condividere con lei non è ciò che facciamo come truppe ribelli, bensì la pratica da parte dei nostri compagni, compagne e delle nostre basi d’appoggio dopo 22 anni, quando cioè abbiamo deciso di uscire allo scoperto. E’ di questo che voglio parlare. Non sono i nostri traguardi come truppe, come ribelli, ma gli obiettivi raggiunti dai nostri popoli.

Quanto ci definiamo comuni autonomi ribelli zapatisti, è proprio lì il luogo in cui i compagni dicono: governeremo noi stessi. I compagni, le compagne, hanno vinto molte cose, perchè non sanno ne leggere ne scrivere e non possono parlare spagnolo. Ma loro hanno detto: sappiamo come volere giustizia, come debba essere un buon governo; non dipende dalla capacità di leggere ne scrivere o saper bene lo spagnolo. E allora, entrano nella resistenza. 

Dato che desiderano un governo a cui stia a cuore il popolo, allora come governo parliamo nella nostra lingua. Perché qui esistono tante lingue: il tzeltal, lo tzotzil, il tojolabal, il chol, lo zoque, il mame e altri che parlano spagnolo. Così hanno dovuto respingere quei pregiudizi che non fanno parte degli zapatisti: ad esempio, se lui è tzeltalero e un’altra è tzeltalerama non zapatista, allora lei dice che lui non sa governare, che lo conosce, che è figlio di tal dei tali, che è un ignorante; scherzi di questo tipo. Anni dopo, chi ha fatto lo scherzo, va lì a chiedere giustizia.

Il mal governo, vale a dire il sistema, il cattivo sistema, controlla proprio questo, manipola la gente, affinché si metta contro di noi. Ad esempio genera problemi, vogliono abbandonare la terra recuperata, quella che avevamo recuperato nel 94, perché abbiamo recuperato migliaia di ettari.

Poi un’altro tipo di resistenza è quella dei bombardamenti politici nei mass media, fino al punto che, ad esempio, secondo i mass media, i comandanti sono dei venduti o che il comando generale ha abbandonato l’EZLN o che si azzuffa col popolo, fino a creare guerre psicologiche nei mass media. Ad esempio dicono che il defunto Marcos abbia abbandonato i popoli zapatisti e che ora faccia il turista in Europa. La quantità di cose che dicono è tale e i compagni così creduloni, che arrivano al punto di demoralizzarsi. I compagni hanno dovuto resistere alle provocazioni dell’esercito e della polizia, che vuole che li uccidiamo affinché siano loro a ucciderci a loro volta. Ma ciò di cui si sono resi conto i compagni dei villaggi è il nostro desiderio di cambiamento e quindi il cambiamento si fa mediante la lotta politica pacifica, ribelle e di resistenza.

Esiste un nuovo sistema governativo dei compagni, in cui essi, migliaia di zapatisti, uomini e donne, comandano e il governo ubbidisce; tutto ciò è stato ottenuto con la lotta di resistenza e di ribellione, 22 anni fa; se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora. I popoli sono coloro che vigilano sul governo, dimostrando che noi popoli, anche senza saper leggere o scrivere, siamo in grado di governare. Un governo attento al popolo, possiamo ora dire chiaramente a tutti i governi capitalisti del mondo, non necessita dell’istruzione di Harvard o cose così. Perché quelli che sanno sono i popoli sfruttati.

Ma i compagni e le compagne dicono: bisogna saper usare la rabbia, vale a dire il coraggio. Le compagne dicono che tale rabbia dev'essere degna, cioè bisogna studiare quando è necessario uccidere o morire e quando no. Ad esempio questi 22 anni.

Come dicono i compagni e le compagne, sappiamo che il governo non ci lascerà stare, ma quello che stiamo dimostrando è ciò che vogliamo, non stiamo peggiorando il mondo che vogliamo, stiamo dicendo che il popolo deve governare. Le compagne e i compagni dicono: “la politica è del popolo, l’ideologia è del popolo, l’economia è del popolo, è il popolo che deve pianificare la cultura di cui ha bisogno, è il popolo stesso, non solo un gruppo di ministri. Quindi ora i compagni, nel loro nuovo sistema di governo, hanno un mutuo rispetto perché i governi o le autorità, come diciamo noi, hanno anche l’obbligo di proporre d’accordo a ciò che vedono, proprio perché governano. Ma non lo possono dire, c’è un’assemblea, ad esempio quella che ci sarà proprio ora, ci sono qui migliaia di compagni. 

Quindi è lì che l’autorità propone. Ci sono cose che l’assemblea delle autorità può decidere e cose che non può, in quel caso deve andare a consultare le migliaia, i popoli, vale a dire che i passi sono lenti, ma è una decisione del popolo. Dunque affinché non ci sia disaccordo e le compagne e i compagni si scambino mutuamente consigli, si dice per esempio che se l’autorità dorme, il popolo sveglia. Se il popolo è quello che dorme, il governo autonomo è quello che sveglia.

Si è seminato in profondità il significato della democrazia perché tutto viene discusso, opinato, proposto, studiato, analizzato e deciso dal popolo, donne e uomini. Non c’è cosa che si faccia che non sia compresa dalla gente.

I compagni e le compagne non ricevono nulla dal cattivo governo, niente, ma nemmeno danno nulla al governo, cioè non pagano le tasse, ne la luce, ne l’acqua, ne la terra; quindi ciò che fanno, qualunque necessità abbiano, devono lavorare insieme la terra per ottenere da lì le risorse, o per costruire scuole, ospedali, tutto il necessario. Un’altra cosa che i compagni e le compagne hanno imparato è che ci sono compagni, compagne, fratelli, sorelle solidali, dunque quello che fanno è non sprecare più le risorse, con esse creano qualcosa, perché sappiamo che si può solo una volta, due volte, tre volte. Poi non si può più. 
Per questo i compagni, posso dire, lo riproducono, e un’altra delle cose che hanno e abbiamo, lo vedono e lo dicono, è una piccola libertà e una piccola indipendenza, ma la migliore, perché è il popolo che decide, non un gruppo. Insieme al loro governo e al popolo. 

E’ lì che i compagni dicono: qui in questa terra di lotta, mandiamo al diavolo il governo. Non so come si traduce questo.


Vicecomandante Moisés: Così dicono i compagni, perché lo hanno fatto proprio. Ed è questo, ciò che manda su tutte le furie il sistema. Perché, con i compagni, il governo non entra proprio.

Le compagne sono le migliori ad amministrare le risorse, meglio degli uomini, noi siamo più spendaccioni, in verità. Quindi questo collettivo di donne aiuta altre donne di altri villaggi, ovvero, se ci sono 40 vacche ne danno 20 a un altro villaggio e quando le 20 vacche crescono, dieci rimangono a quel villaggio e dieci a quello che le ha date, così si vanno appoggiando l’un l’altro. Così si sono appoggiati da un comune autonomo all'altro. Ora la situazione è che chi dà lavoro, chi sa organizzare il lavoro, sono le nostre compagne, danno il lavoro agli uomini.

Prima le nostre compagne mogli non ne avevano la possibilità, ora sono promotrici dell’educazione, della salute, sono consigli dei MAREZ, dei comuni autonomi, sono autorità del popolo, che chiamiamo comisariadas o agentas, sono membri della Giunta del Buon Governo, sono annunciatrici radiofoniche, lavorano nei laboratori sanitari, stanno imparando a fare le chirurghe. Dunque ora le compagne stanno in un sacco di cose.

Il grande cambiamento che hanno visto è che ribelli e comandanti hanno capito, amano il popolo, perché noi non vogliamo essere governo e ci hanno convinto, perché ciò che dicono i popoli è la verità. Poi, va bene, siamo rivoluzionari, ribelli, ma quelli che affrontano tutto giorno e notte, giorno dopo giorno, sono i popoli e, pertanto, sanno di più.

La sorpresa che c’è è che quando i giovani e le giovani ottengono la libertà, ad esempio, vogliono imparare molte cose, solo che in questo momento non abbiamo possibilità, tuttavia hanno in animo di migliorare quello che stanno facendo. Per esempio: parlano di come hanno vissuto i loro bisnonni e i loro nonni, che non hanno mai preso medicine, vivevano con le piante medicinali. Quindi loro, i giovani e le giovani, adesso dicono che hanno bisogno di studiare la proprietà della tale pianta, stanno già parlando di, com'è che si dice, chimica, biologia e cose così, laboratori, dove li troviamo? Certo è una difficoltà che abbiamo proprio adesso, ma dovremo risolverla, vai a sapere come.

Un’altra sorpresa che ci hanno fatto i compagni è questa, come loro vedono le cose, come le comprendono, il capitalismo vuole che regni il denaro? – dicono – cioè se non hai denaro non puoi avere nulla? Quindi parlano di come vivevano i nostri bisnonni, perché prima il denaro non esisteva, e cominciano a investigare, viene fuori che facevano scambi, si prestavano cose, allora dicono che questo va riscattato. Stiamo dicendo ora che il denaro non serve, ma oggi sì serve, fanno esempi nel sistema in cui stiamo, i dannati medici così dicono. Quando ti fanno un’operazione non accettano una tonnellata di mais o di fagioli, chi paga, soldi. Allora sì, dobbiamo lavorare per avere denaro per queste necessità, ma per molte cose no. Sono cose così che i compagni vanno riscattando dalle loro culture. Una grande sorpresa che abbiamo avuto è che questa autonomia di cui parliamo, cioè che il popolo comanda e il governo ubbidisce, non viene da manuali, da libri, ne da documentari, perché è davvero il popolo che comanda, sono loro che hanno inventato, creato, immaginato, uomini e donne, e migliaia. Questo ci ha davvero sorpreso.

Voi come intendete il progresso?
Un esempio molto semplice, ci sono migliaia di ettari che erano per le mandrie dei latifondisti, ora quelle migliaia di ettari di terra sono alimento del popolo. Questo è un progresso. Così deve essere, per la vita, di generazione in generazione. Quindi così è tutto il resto. E’ sempre il popolo che deve decidere: questo per noi è un progresso.

Le vostre nuove iniziative rappresentano una nuova tappa, parlando delle iniziative di CompArte e del resto. Si tratta di una nuova tappa della lotta zapatista?
Sì. Sì perché vediamo che il sistema ora non ha salvezza, e gli unici che possono dare salvezza sono i popoli indigeni, la scienza e l’arte. Questi tre elementi devono mettersi insieme. Perché possiamo cantare del nuovo mondo che vogliamo, ma che fai se lo canti soltanto? Devi arrischiarti a costruirlo. A questo stiamo chiamando: per pensarlo, discuterlo, analizzarlo, studiarlo e poi deciderlo.

Se l’umanità sopravvive, come sarà l’uomo di domani?
Il popolo povero non si sbaglia, sarà il meglio. Il popolo, non i leader.

Che significa essere zapatista, senza essere indigeno e vivendo lontano dal Chiapas?
Lottare senza arrendersi, senza vendersi, ne tirarsi indietro, in ogni modo bisogna liberare questo mondo. Questo è essere zapatista, chiedendo sempre qual è il pensiero della gente. Se smettiamo di chiedere al popolo, è lì che ricomincia l’errore. Sempre al popolo, anche se il popolo si sbaglia, è il popolo che deve di nuovo correggere. Per questo siamo leader zapatisti, se noi ci sbagliamo la gente paga. E’ corretto? E’ corretto che noi sbagliamo e la gente paghi? Quindi bisogna chiedere al popolo e fare quello che dice il popolo. Attraverso la mia voce parla la voce dei compagni. Ho parlato di ciò che stanno facendo i compagni e le compagne.

Messico, Chiapas, 23 aprile 2016

¹Tra il portavoce dell’EZLN vicecomandante dei ribelli Moisés, il collettivo artistico sociale Chto Delat (San Pietroburgo, Russia) e il giornalista Oleg Yasinsky (Ucraina).

tratto da Pressenza

martedì 24 maggio 2016

Argentina - Che ci fa una base spaziale cinese in Argentina? Scenari di guerre spaziali



Sta facendo discutere la costruzione che dovrebbe essere ultimata nel 2016 di una stazione spaziale cinese a Neuquén in Patagonia, che occupa 200 ettari. 

Ma, come su tutto quello che riguarda lo spazio, le notizie sono poche e contraddittorie.
Per capire cosa ci sia dietro la costruzione di una struttura simile bisogna zoommare a quel che succede nello spazio, o meglio nello spazio extratmosferico.
Il Trattato multilaterale Outer Space Treaty, è quello su cui si basa il diritto internazionale aerospaziale: consente l’utilizzo della Luna e degli altri corpi celesti solo per scopi pacifici, proibendone usi militari, e vieta agli stati firmatari di rivendicare risorse poste nello spazio, quali la Luna, un pianeta o altro corpo celeste, poiché considerate "patrimonio comune dell’umanità". L’articolo 2 del trattato afferma, infatti, che "lo spazio extra-atmosferico non è soggetto ad appropriazione nazionale né rivendicandone la sovranità, né occupandolo, né con ogni altro mezzo".
Ma come sempre quel che è scritto nei trattati internazionali non rispecchia quel che avviene nella realtà.
Nello spazio è in corso una guerra di posizionamento, o forse è meglio dire che la guerra nella sua accezione contemporanea agisce e si sviluppa anche fuori dall’atmosfera terrestre. 
Lasciamo parlare chi di queste cose se ne intende: "Non esiste una qualche operazione condotta in qualsiasi luogo, a qualsiasi livello, che non sia in qualche modo dipendente dallo spazio e dal ciberspazio"ha dichiarato il generale William L. Shelton, comandante del Comando Spaziale di Forza Aerea alla Peterson Air Force Base nel Colorado, il 21 settembre scorso. Guardando a fondo i documenti militari si comprende infatti che la proliferazione dello spazio e del ciberspazio in campo militare è la prossima sfida per far sì che tutte le truppe siano collegate e che tali connessioni siano sicure.

Quando parliamo di satelliti e basi spaziali, così come di notizie su esplorazioni lunari o di "terraformare" altri pianeti, stiamo parlando non di scenari di fantascienza ma del risiko delle vecchie e nuove potenze che si posizionano tra le stelle.
Gli interessi che vi si rispecchiano sono gli stessi del posizionamento geopolitico globale a cui assistiamo in questa fase: assenza di un forte attore che possa controllare in maniera unipolare il mondo ma scontri e alleanze in continua mutazione sui piani economici, militari, regionali etc...
Essere ben piazzati nello spazio, avere satelliti fondamentali per le movimentazioni militari e per il commercio civile è una priorità irrinunciabile per chi vuole contare nei nuovi scenari multipolari internazionali. 

Ma c’è un altro campo di battaglia che si combatte nello spazio: le forzature per oltrepassare i limiti formali del Trattato e diventare padroni di quel che esiste nello spazio.
Che sia una battaglia aperta lo si capisce guardando agli States. Lo scorso novembre il Presidente Obama ha firmato una legge (U.S. Commercial Space Launch Competitiveness Act) che è la versione finale della carta commerciale spaziale approvata dalla Camera e dal Senato. Il tutto si riferisce al commercio spaziale e alle restrizioni riguardanti la sicurezza dei partecipanti.
In queste norme, in via di definizione, traspare la volontà di affermare che i cittadini americani dovrebbero avere il diritto su qualsiasi risorsa estratta da asteroidi o altri corpi spaziali “compreso il possesso, il trasporto, l’uso e la vendita” di queste risorse.
Ovviamente il tema è controverso perchè sancire il diritto privato a quel che si estrae o si potrebbe ottenere da asteroidi, pianeti ed altro è in controtendenza con il Trattato multilaterale Outer Space Treaty, che come dicevamo afferma il contrario.
Chiaro ed esplicito nel definire cosa sta dietro a questa discussione è Bob Richard, il direttore esecutivo del Moon Express, che paragona l’uso del materiale spaziale ai pesci nelle acque internazionali: “le persone non possiedono ne le acque ne i pesci, ma hanno il diritto di metterci delle reti e pescarli. Una volta catturati, i pesci sono loro”.
Ricapitolando stiamo parlando di rendere spaziali le logiche della proprietà privata e del commercio e dell’economia globale. 
Così come quando si parla di cambiamento climatico c’è chi propone di scagliare l’anidride carbonica, magari insieme ai rifiuti nucleari o nocivi, nello spazio. Oppure quando si parla di estrattivismo c’è già chi vede le potenzialità minerarie, magari di metalli rari, scavando asteroidi e pianeti.
A quando la lottizzazione della Luna, degli asteriodi e di possibili altri pianeti? Con la quotazione in borsa del loro valore?
Non stiamo parlando di fantascienza, lo ripetiamo, e quello che si sta discutendo dal punto di vista delle normative, così come la guerra dei satelliti, ce lo dimostra.

Torniamo sulla terra tra Argentina e Cina.
La base spaziale di cui parliamo è frutto di un round di accordi siglati con la Cina fin dal 2015 dalla Presidente Kirchner.
L' Agenzia Statale Cinese di lancio, tracking e controllo dei Satelliti (CLTC), nel 2012, ha firmato due accordi di cooperazione con l’Argentina: uno con la Comisión Nacional de Actividades Espaciales (CONAE) e l’altro che riguarda la provincia di Neuquén.
Con questi accordi si è stabilito che la base spaziale fosse costruita nella località di Bajada del Agrio. Obiettivo dichiarato dal progetto è "appoggiare attività come l’esplorazione interplanetaria, l’osservazione astronomica, la manutenzione e il controllo di satelliti in orbita e l’acquisizione di dati”.
Negli accordi si stabilisce la cessione in comodato delle terre della provincia di Neuquén ai cinesi per 50 anni in cambio del fatto che gli argentini abbiano accesso all’uso del 10% all’anno dell’antenna.
Inoltre si è stabilito che l’impresa costruttrice cinese, China Harbour Engineering Company Ltd. -CHEC, come l’Agenzia che operà nella base, saranno esantate da pagare l’IVA, i diritti di dogana e le tasse interne per i 50 anni della concessione. 
A questo si aggiunge che gli impiegati cinesi che lavoreranno a Neuquén saranno registrati ed opereranno sotto la legislazione cinese.
Questo lo stato dell’arte: svendita totale di un pezzo del proprio territorio.

A questo va aggiunta un’altra considerazione: quando parliamo di tutto questo la presenza delle strutture militari è scontato.
Se prendiamo ad esempio la tecnologia che i cinesi utilzzeranno in Argentina gli esperti sottolineano che "si sta utilizzando qualcosa di sensibile e di uso duale civile/militare, visto che la Cina ha integrato questi programmi, anche perchè l’Agenzia Spaziale cinese dipende direttamente dall’Esercito Popolare di Liberazione, per la precisione dal Dipartimento Generale degli Armamenti". 
Gustavo Girado, coordinatore dell’osservatorio Asia-Pacifico dell’Università Nazionale di La Matanza, ha confermato che vari operatori dell’Agenzia cinese sono militari, come peraltro succede in tanti altri organismi nel mondo connessi con l’operatività dello spazio. 
"In generale tutti gli organismi di studio spaziale hanno qualche grado di relazione con l’apparato militare, come peraltro con l’industria" ha aggiunto il professore "per questo è probabile che il personale militare, possa partecipare alla gestione dell’installazione, questo però non significa che possa essere considerata una base militare cinese. La struttura sarà come quella gestita dall’Unione Europea e se abbiamo il dubbio che quest’ultima possa essere usata come struttura militare la stessa cosa vale anche per l’altra".
Un altro appunto sulla base militare cinese ci viene da Diego Guelar, ex ambasciatore argentino negli Stati Uniti, che ha affermato, dopo aver recitato che non c’entra l’uso militare:"è una base d’appoggio e osservazione cinese per il viaggio lunare visto che per questo o il prossimo anno è previsto il primo sbarco di tre astronauti cinesi sulla Luna".
Per completezza d’informazione torniamo alla base similare europea visto che la CONAE si è difesa dicendo che l’accordo per la base cinese è simile all’altro firmato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), per l’installazione di una base nella località di Malargüe.
Stiamo parlando di una base di mantenimento e tracciatura dei satelliti dell’ESA, inaugurato nel 2012 dopo accordi firmati nel 2009. Come per i cinesi l’accordo vale per 50 anni e l’investimento dell’ESA è stato di 45 milioni di euro e le istituzioni argentine possono utilizzare le antenne per un tempo del 10%.

Capire le strategie cinesi nello spazio traendo spunto dal Libro Bianco dell’Esercito Popolare di Liberazione serve per capire come le implicazioni per l’Argentina e l’intera regione abbiano una rilevanza che va oltre le loro frontiere.
Illuminanti sono le dichiarazioni dell'ingegnere aeronautico Ricardo Runza dedicate agli scenari per l’America del Sud, aperti dalla base cinese in Argentina.
Si parte dal ruolo dello spazio nei conflitti d’interessi tra le principali potenze del mondo.
Nello spazio ci sono due ambiti importanti.
Quello delle attività militari, avere un certo potere militare nello spazio per assicurare la propria presenza, e quello delle attività economiche che riguardano lo spazio, di cui si parla poco.
Attualmente una delle cose più importanti che si stanno sviluppando dal punto di vista economico è la rete di satelliti di posizionamento globale, che serve per automatizzare tutto il transito terrestre, marittimo e aereo. Per completare l’automatizzazione dei trasporti c’è bisogno del sistema globale ad alta precisione. Questo sistema ha un margine di errore di 2 cm, comparati con i 200 metri circa del GPS normale. 
Oltre agli usi civili, è fondamentale per l’attuale tecnologia militare di eserciti sviluppati come quelli degli Stati Uniti, sia per i sistemi d’armi ed equipaggiamento dei soldati che per la vigilanza e lo spionaggio.
La tecnologia cinese attualmente non permette di arrivare ai 20.000 km di altitudine, necessari per arrivare a questo tipo di satelliti, ma si stima che per il prossimo anno lo potrà fare.
E’ in questo contesto che la base di Neuquén ha una particolare rilevanza per l’eventuale ruolo che gioca nel conflitto d’interessi attorno ai satelliti di posizionamento globale. 
L’ingegnere aeronautico continua spiegando che “l’antenna che si vede nella base di Neuquén può essere utilizzata per il comando e il controllo per viaggi nello spazio profondo ma ha anche la possibilità di servire per scopi militari, di comando e controllo dei satelliti, come quelli che circolano in determinate orbite, che passano per l’emisfero occidentale, quello che riguarda l’America. Probabilmente la base potrà servire per essere interconnessi con una serie di altre stazioni che la Cina possiede creando una rete in grado di servire come nesso d’informazione, per la triangolazione di informazioni, per il comando e il controllo del sistema ASAT (anti-satellite)”.
La spiegazione che offre la Cina è che la base potrà avere un ruolo per un eventuale viaggio cinese sulla luna nel 2017. Ma gli esperti in sistemi di difesa sanno che il sistema Terra-Luna è un obiettivo principale nella scena spaziale per la sua posizione vantaggiosa in caso di guerra spaziale. 
Secondo Runza la vera intenzione cinese è stabilire una base militare sulla Luna, per posizionarsi in maniera migliore in materia di sistemi spaziali nel confronto con Russia e Stati Uniti ed europei.

Fatte queste premesse Runza arriva alla conclusione che la regione sudamericana non è una zona di pace.
"Smette di essere una zona di pace perchè c’è già concretamente una base paramilitare cinese nel Cono Sur, che avrà un ruolo molto importante in una futura guerra spaziale, specialmentre tra Cina e Usa. Ci sono già tensioni. Il futuro per tutto il Sudamerica è che non potrà essere esente da quel che succede. Ma i governi della regione non lo capiscono".
La riflessione si sposta giustamente sull’insieme della situazione dell’area sudamericana. Sulle sue relazioni con il gigante asiatico, che permeano la struttura economica e non solo.
"Non c’è una strategia complessiva nella regioni, né piani a lungo termine, e questo lascia i paesi vulnerabili di fronte agli interessi delle potenze che hanno una strategia. Questo si è visto chiaramente con l’avanzare cinese nella regione. 
Da vent’anni la Cina sta cercando di avere un ruolo chiave in Sudamerica, lo ha fatto anche con la vendita di armi in molti paesi. 
Ha operato una strategia molto aggressiva in tutti i campi. 
Questo perchè il Sudamerica è un grande fornitore di risorse streategiche per la Cina: dal litio boliviano alla soia brasiliana. 
Per la Cina l’Atlantico del Sud è una zona di alta priorità strategica e in un futuro prossimo vedremo che la Cina non solo vuole stabilire queste prime basi paramilitari pionieristiche ma farà anche pressioni per installare basi militari, basi navali per controllare la flotta cinese nell’Atlantico del Sud."


Come non vedere in questa descrizione il riflesso degli scenari che d’altro lato portano l’America a impegnarsi nel fronte asiatico?
C’è una scarsa comprensione della posta in gioco nello spazio sia da un punto di vista militare che economico.
Si pensa alla guerra come combattimento militare ma non è solo questo oggi. E’ un combattimento di intelligence che ha interessi contrapposti e che si muovono in diversi campi di battaglia. Non è una guerra con i soldatini. Ma un’insieme articolato di tecnologia che agisce dall’alto e che si salda con il controllo sulla rete.
In campo economico il capitalismo finanziario del mercato unico globale non esita ad intravvedere nuove frontiere di accumulazione e saccheggio mettendo a valore quel che esiste non solo nel pianeta ma anche oltre l’atmosfera, incurante degli equilibri che si possono distruggere.
La base cinese di Neuquén in Argentina non è che una piccola rotella di questi perversi meccanismi.
Articoli utili 
Che segreti nasconde la base cinese - tratto da RT
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Cinque punti per capire la base spaziale di Neuquén - tratto da Chequeado
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Con la base china en Neuquén, “Sudamérica ya no es una zona de paz” - tratto da La Gran Epoca
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Cosa nasconde la base cinese - tratto da Perfil.com
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BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!