lunedì 11 luglio 2016

I danni del Pfas dall'America all'Italia


La lunga storia dell' avvocato Billot che scoperchiò la verità sulla DuPont

Da alcuni mesi si parla in Italia dell’inquinamento da Pfas, il composto di perfluoroalchilici, usato per trent'anni ed ancor oggi per Teflon, Goretex, cartone per alimenti ed allegramente sversato nei fiumi del Veneto dalla Mitemi, con il conseguente dilagante inquinamento delle falde. La vicenda viene riassunta dal giornalista Ivany Grozny in un pezzo per Articolo 21 e un reportage per Repubblica.it. 

Quel che ci interessa raccontare è la versione a stelle e strisce della stessa vicenda. 
Un viaggio in quel che è successo in America serve a farci riflettere su due impostazioni in teoria diverse intorno ai temi ambientali che mostrano entrambe i loro lati negativi.
Una riflessione utile nel momento in cui accordi come il TTIP porterebbero all'integrazione dei rispettivi mercati.
Da noi in Europa dovrebbe vigere il principio di precauzione: non si usa qualcosa che può essere pericoloso. Salvo poi non restringere le maglie di quel che viene definito pericoloso e il caso del Pfas è emblematico.
In America vige la logica che si può usare qualcosa fino a quando non si dimostra che fa male. Salvo poi ritrovarsi a rimborsare a suon di dollari chi è stato vittima dell’utilizzo e piangere sul "latte versato".
Si potrebbe dissertare su quale dei due sistemi è il migliore, su come in America funzioni la class action, che dà ai cittadini la possibilità di mettere in ginocchio chi inquina, su come in Europa i controlli preventivi siano più adeguati .. ma alla fine resta una domanda per tutti.
O prima o dopo? Non è forse il caso di dire mai! 
Lavorazioni, produzioni, impianti nascono per incentivare in maniera incessante lo sviluppo non importa a che prezzo e di cosa. Ed allora interrogarsi su cosa, perché, come si produce resta, certo la strada più lunga ed impervia, ma l’unica
Vi proponiamo alcune note ed un articolo del New York Times dedicato a Rob Billot, l’avvocato che ha fatto causa alla DuPont. Una storia che sembra la sceneggiatura di un film ma che è realtà.
L’articolo è stato realizzato in collaborazione con A Sud - Veneto e le studentesse dell’Istituto Scarcerle di Padova
Nel 1951, la legge degli Stati Uniti non richiedeva ai produttori di sostanze chimiche di presentare informazioni riguardanti la sicurezza per l’ambiente e la salute umana prima della loro commercializzazione. Dopo l’emanazione del Toxics Substances Control Act (TSCA) da parte del Congresso nel 1976, oltre 63.000 sostanze chimiche, tra cui il PFOA, ricevettero l’autorizzazione alla commercializzazione “in bianco” per l’uso in prodotti di consumo e industriali, imponendo l’obbligo, però, di dare tempestiva comunicazione alle autorità qualora gli industriali fossero venuti in possesso di informazioni che soltanto facessero sospettare la pericolosità delle sostanze chimiche da loro prodotte.
L’inizio
L’acido perfluoroottanoico ha iniziato ad essere rilasciato nell'ambiente, sia mediante emissione nell'aria atmosferica che mediante scarichi nei fiumi.
I campionamenti effettuati in seguito su centinaia di pozzi privati e fonti pubbliche hanno dimostrato che, persino dopo la drastica riduzione dell’immissione da parte degli impianti chimici, la contaminazione delle acque potabili da parte dell’acido perfluoroottanoico persisteva e continuava ad aumentare negli anni in alcuni distretti situati in prossimità delle fabbriche.
La DuPont sapeva
Nei 10-20 anni seguenti alla sua introduzione nei processi di produzione la DuPont aveva avuto dei dati che indicavano come il PFOA si accumuli nel sangue umano, non si distrugga facilmente nell'ambiente, e possa causare gravi problemi di salute, tra cui danni al fegato , difetti di riproduzione e dello sviluppo del feto, e diversi tipi di tumori.
Il PFOA è stato individuato in una elevata percentuale di campioni di sangue umano e di polvere di casa prelevati in numerose case nel Massachusetts, nel Maine, a New York, in Oregon e in California, e ha contaminato l’acqua potabile in alcune comunità nella Virginia dell’est e in Minnesota.
DuPont e 3M, pur conoscendo questi allarmanti dati non hanno avvisato la US Environmental Protection Agency (EPA), come prevede il TSCA.
Ora si sa
Con le class action portate avanti contro la DuPont la verità è venuta a galla.
A partire dal 2005, numerosi studi epidemiologici sulle popolazioni che avevano bevuto per anni le acque avvelenate dalla DuPont hanno dimostrato la presenza di numerose patologie: cancro del rene, del testicolo, della prostata e di linfomi, alterazioni della funzione della tiroide, casi di infertilità femminile, casi di disfunzione del sistema immunitario nei bambini, aumento della pressione arteriosa e dell’omocisteina (una sostanza che favorisce l’aterosclerosi e le trombosi). È stata inoltra evidenziata una riduzione del numero e della qualità degli spermatozoi negli uomini adulti, soprattutto in quelli che erano stati esposti ad elevati livelli di PFOA durante la loro permanenza nell'utero materno nei nove mesi di vita prenatale.
Il dato più preoccupante emerso da questi studi è che il rischio di contrarre una o più patologie nella vita adulta è maggiore negli uomini e nelle donne che durante il loro periodo di vita intrauterina sono stati esposti ad elevati livelli di PFAA presenti nel sangue della loro madre. E’ come se questi adulti fossero nati già programmati, predestinati a contrarre in seguito, anche a distanza di decenni dalla nascita, una o più delle tante malattie causate dai distruttori endocrini.

L’avvocato che è diventato il peggior incubo di DuPont
Rob Bilott era stato un avvocato che aveva difeso le aziende per otto anni.
Poi ha indossato i panni dell’ambientalista, sconvolgendo la sua carriera e svelando una storia pluridecennale di inquinamento chimico.

di Nathaniel Rich
Era solo da pochi mesi che Rob Billot era arrivato allo studio Taft Stettinius e Hollister, quando ricevette una chiamata da una fattoria.
L’allevatore, Wilbur Tennant di Parkersburg, W.Va., raccontava che le sue mucche stavano morendo ad una ad una. Credeva che la compagnia chimica DuPont, che da poco lavorava in un terreno a Parkersburg, 35 volte più grande del Pentagono, fosse responsabile. Tennant aveva cercato aiuto in quella zona, disse, ma la DuPont possedeva l’intera città. Era stato respinto non solo dagli avvocati di Parkersburg, ma anche dai politici, giornalisti, dottori e veterinari del posto. L’allevatore era arrabbiato e parlava con un forte accento degli Appalachi. Billot si sforzava di dare un senso a tutto ciò che gli stava dicendo.
Molto probabilmente gli avrebbe chiuso il telefono in faccia se Tennant non avesse fatto il nome della nonna di Billot, Alma Holland White.
La signora White aveva vissuto a Vienna, nella periferia a nord di Parkersburg, e in estate da bambino, Billot spesso la andava a visitare. Nel 1973 lei gli fece visitare la fattoria di bestiame appartenente ai vicini dei Tennant, i Grahams, con i quali la signora White era amica. Billot passava i weekend a cavalcare, a mungere e a guardare “Secretariat win the Triple Crown”. Aveva 7 anni. La visita alla fattoria dei Grahams era uno dei ricordi più felici della sua infanzia.
Nel 1998, quando i Grahams sentirono che Wilbur Tennant stava cercando un aiuto legale, ricordarono Billot, il nipote della signora White, che era cresciuto e diventato un avvocato ambientale.
Non avevano capito, comunque, che Billot non era il tipo giusto. Non rappresentava i querelanti o i cittadini privati. Come gli altri 200 avvocati della Taft, società fondata nel 1885 e legata storicamente alla famiglia del presidente William Howard Taft, Bilott lavorava quasi esclusivamente per grandi clienti aziendali.
La sua specialità era difendere le aziende chimiche. Bilott aveva lavorato diverse volte con gli avvocati della DuPont. Tuttavia, per fare un favore alla nonna, accettò di incontrare l’allevatore. “Mi sembrava la cosa giusta da fare”, dice oggi. “Sentivo come se ci fosse un legame con la gente di quel luogo”.
Fin dal primo incontro non c’era niente di scontato. Circa una settimana dopo la telefonata, Tennant insieme alla moglie andò fino alla sede centrale della Taft nel centro di Cincinnati. Trasportarono dalla reception fino al 18esimo piano scatole di cartone contenenti videocassette, fotografie.
Si sedettero su moderni divani sotto un ritratto ad olio di uno dei fondatori di Taft. Tennant, robusto, alto circa un metro e ottanta, con un paio di jeans, una maglietta di flanella scozzese e un cappello da baseball, non sembrava il tipico cliente della Taft. “Non si è certo presentato ai nostri uffici come un vice direttore di banca” afferma Thomas Terp, socio supervisore di Billot.
Terp si unì a Bilott per l’incontro. Wilbur Tennant spiegò che insieme ai suoi quattro fratelli si era occupato della fattoria di bovini da quando il padre li aveva abbandonati da bambini. A quel tempo avevano sette mucche. Negli anni continuarono ad acquistare terreni e bestiame, fino a raggiungere il numero di duecento mucche su più di 600 acri di terreno. La proprietà avrebbe potuto essere più grande se solo il fratello Jim e la rispettiva moglie Della, non avessero venduto 66 acri alla DuPont all'inizio degli anni ’80. La compagnia voleva utilizzare la zona come discarica per i rifiuti della fabbrica vicino a Parkersburg, chiamata Washington Works, dove Jim era stato assunto come lavoratore. Jim e Della non volevano vendere, ma a causa di problemi di salute di Jim, a cui i dottori non riuscivano a trovare una diagnosi, furono costretti a cambiare idea.
Jim Tennant
Dupont ribattezzò la zona Dry Run Landfill, come il ruscello che scorreva dove i Tennants facevano pascolare le loro vacche. Non molto tempo dopo la vendita, Wilbur disse a Bilott che il bestiame cominciava a comportarsi in modo strano. I Tennants consideravano le loro mucche come animali domestici.
Wilbur fornì alcune videocassette: il filmato era sgranato e rovinato con alcune interferenze. Le immagini scomparivano e si ripetevano, il suono accelerava e diminuiva, mentre la qualità era come quella di un film horror. Nella scena iniziale la telecamera offriva una panoramica lungo il ruscello. Venivano riprese anche le foreste circostanti, i frassini che perdono le foglie e lo scrosciare delle acque del ruscello, prima di soffermarsi su quello che sembra essere un cumulo di neve. La telecamera ingrandisce e si capisce che è un accumulo di schiuma.
“Ho trovato due cervi e due bovini morti” affermò Tennant.
“Usciva sangue dal naso e dalla bocca…stanno provando a coprire questa cosa. Ma non ci riusciranno, perché farò emergere la verità, così che le persone possano vedere con i propri occhi.”
Il video mostrava un largo condotto nel ruscello, dal quale fuoriusciva acqua color verde che forma delle bolle in superficie. “Questo è ciò che si aspettano che il bestiame beva”, disse Wilbur “ è proprio ora che qualcuno del dipartimento di Stato tiri fuori gli attributi”
Ad un certo punto il video mostrava una vacca rossa che stava perdendo pelo con la schiena. Un risultato supponeva Wilbur di un malfunzionamento dei reni. Poi il primo piano di un vitello morto, disteso sulla neve, con occhi brillanti.
“Ho perso centocinquantatré di questi animali in questa fattoria”, disse Wilbur dopo il video.“Tutti i veterinari che ho chiamato a Parkersburg, non mi hanno richiamato o non volevano essere coinvolti. Siccome non vogliono essere coinvolti, dovrò analizzare la cosa per conto mio...”
Il video mostra la testa di un vitello divisa in due. Un primo piano mostra i denti anneriti, (dovuti all'alta concentrazione di fluoruro nell'acqua che bevono), il fegato, il cuore, lo stomaco, i reni e la bile dell’animale. Ogni organo è stato sezionato e Wilbur descriveva il loro colore e consistenza insolita. “Non ho mai visto niente di simile prima” disse.
Bilott guardò il video e le fotografie per diverse ore. Vide mucche con la coda spelacchiata, zoccoli deformati, pelle lesionata, occhi incavati e rossi, vacche che soffrivano diarrea, che rigettavano una bava dalla consistenza simile a quella del dentifricio, e che barcollavano, come ubriache, a causa delle gambe storte. Tennant si soffermò sugli occhi della mucca. “Questa mucca ha sofferto molto” disse.
“Tutto questo non è certo un buon segno” disse Bilott tra sé e sé. “Sta succedendo qualcosa di grave”.
Bilott decise subito di occuparsi del caso di Tennant.
“Era la cosa giusta da fare”. Bilott avrebbe potuto avere l’aspetto di un abile avvocato aziendale – pacato, carnagione chiara, e abbigliamento adeguato – ma questo impiego non gli veniva naturale. Non aveva il tipico curriculum della Taft. Lui non aveva frequentato il college e la scuola di legge a Ivy League. Suo padre era un lungo tenente colonnello dell’aereonautica militare. Bilott aveva passato gran parte della sua infanzia a trasferirsi nelle vari basi aeree, frequentato otto scuole prima di laurearsi nella scuola di Fairborn, vicino alla base militare Wright-Patterson di Ohio. Da ragazzo aveva ricevuto una lettera di assunzione da parte di una piccola scuola di arti liberali in Sarasota chiamata New College della Florida, che permetteva agli studenti di progettare il loro curriculum. Molti dei suoi amici erano idealisti, progressisti con ideologie contrastanti a quelle di Reagan. Discuteva con i professori e aveva imparato a valorizzare il pensiero critico. “Ho imparato a mettere in discussione tutto quello che si legge e ha non prendere niente per quello che sembra. Non importa che cosa dice la gente. Mi piaceva quella filosofia.”
Bilott si laurea in Scienze politiche, sperava di diventare manager della città.
Ma suo padre, che in tarda età si era iscritto a Legge, incoraggiò Bilott a seguire la sua strada. Sorprendendo i professori, scelse di frequentare Giurisprudenza nello stato dell’Ohio, dove vi era il suo corso preferito, ossia diritto dell’ambiente.
“Sembrava potesse avere un impatto reale nel mondo, era qualcosa che avrebbe potuto fare la differenza”.
Quando, dopo la laurea, la Taft gli fece un’offerta, i suoi mentori e i suoi amici del New College inorridirono. Non capivano come avrebbe potuto far parte di una società di quel tipo. Bilott non la vedeva in quel modo. Non aveva realmente pensato all'etica.
“La mia famiglia disse che una grande società era il luogo dove avrei avuto maggiori opportunità, ho semplicemente provato a ottenere il miglior lavoro che potessi permettermi. Non avevo la benché minima idea di ciò che avrebbe comportato”.
Presso la Taft, chiese di essere inserito nella squadra ambientale di Thomas Terp. Dieci anni prima, il Congresso aveva fatto passare la legge conosciuta come Superfund, che finanziava lo smaltimento di scorie e rifiuti pericolosi. Superfund era uno sviluppo redditizio per società come la Taft. Creava un intero micro settore interno al diritto dell’ambiente, che richiedeva una conoscenza approfondita delle nuove normative, in modo da guidare le negoziazioni tra le agenzie comunali ed numerosi enti privati. Il gruppo di Terp alla Taft era un leader del settore.
Come socio, a Bilott fu chiesto di determinare quali compagnie contribuivano alla dispersione di tossine e scarti pericolosi, in che quantità e in quali aree. Raccolse le deposizioni dei dipendenti degli impianti, lesse accuratamente i documenti pubblici e riorganizzò i dati storici.Divenne un esperto del quadro regolatore dell’organizzazione sulla protezione dell’ambiente e delle varie leggi ambientali riguardanti l’acqua potabile, l’aria incontaminata e il controllo delle sostanze tossiche. Si specializzò sulla chimica delle sostanze inquinanti, nonostante la chimica non fosse mai stata il suo punto forte.
“Ho imparato come lavorano queste aziende, come funzionano le leggi, come difendere questi diritti”, disse. Divenne il perfetto insider.
Bilott era fiero del lavoro che conduceva. L’incarico principale che gli era stato affidato, era quello di aiutare i clienti ad attenersi alle nuove norme. Molti dei suoi clienti, inclusi Thiokol e Bee Chemical, disperdevano rifiuti pericolosi da prima che la pratica diventasse così strettamente controllata.
Un collega della squadra ambientale della Taft, lo presentò ad un’amica d’infanzia, Sarah Barrage, anche lei avvocato. Lavorava presso un’altra società del centro di Cincinnati, nella quale difendeva le imprese contro le richieste di risarcimento dei lavoratori. Bilott invitò i due amici per pranzo. Fin da subito Sarah pensò che Bilott non fosse come gli altri ragazzi. “Io sono abbastanza chiacchierona. Lui è più tranquillo. Ci completiamo a vicenda.”
Si sposarono nel 1996. Il primo dei loro tre figli nacque due anni dopo. Il lavoro alla Taft era così tranquillo che la moglie abbandonò il lavoro per crescere i figli a tempo pieno. Terp, il suo supervisore lo ricorda come “uno straordinario avvocato: incredibilmente brillante, energico, tenace e molto, molto scrupoloso.” Era un modello per gli avvocati della Taft”. Poi arrivò Wilbur Tennant.
Il caso Tennant mise la Taft in una posizione scomoda. Lo studio legale lavorava per rappresentare le industrie chimiche non per farle causa.
“L’idea di far causa alla Dupont ci costrinse a prendere una pausa” dice Terp, ”ma in realtà non fu così difficile prendere tale decisione. Sono fermamente convinto che il nostro lavoro dalla parte del querelante ci renda degli avvocati difensori migliori.”
Bilott chiese aiuto per il caso Tennant ad un avvocato del West-Virginia chiamato Larry Winter. Per molti anni Winter fu partner presso la Spilman,Thomas &C; Battle, una delle ditte che rappresentava la DuPont nel West- Virginia. Era sorpreso che Bilott citasse in giudizio la DuPont mentre rimaneva alla Taft.
Bilott, dal canto suo è riluttante a discutere le motivazioni che l’hanno portato ad assumere il caso. Dice d’aver elaborato la sua scelta come un’occasione “di fare la differenza” nel mondo, dopo i dubbi che gli erano venuti sul percorso che stava prendendo la sua carriera.
“C’era una ragione se ero interessato ad aiutare i Tennant” dice dopo una pausa “era una grande opportunità quella di usare la mia formazione per persone che ne avevano bisogno.”
Bilott presentò la causa federale contro la DuPont nell'estate del 1999 nel distretto del Sud-West della Virginia. 
In risposta, l’avvocato della DuPont, Bernard Reilly, lo informò che la DuPont e l’E.P.A avrebbero condotto uno studio sulla proprietà, seguito da tre veterinari scelti dalla DuPont e tre scelti dall’E.P.A.
Il report si concluse affermando che la DuPont non era colpevole dei problemi di salute del bestiame. Il responsabile, invece, era l’allevamento: “scarsa nutrizione, inadeguate cure veterinarie, mancanza di funzionalità”. In altre parole i Tennant non sapevano come far crescere il proprio bestiame. Se le mucche stavano morendo, era solo colpa loro.
Fattoria Tennant
La decisione non andava certo bene per i Tennant, i quali iniziarono a subirne le conseguenze. Si inimicarono gli impiegati di Parkersburg. Chi lavorava alla DuPont, anche se prima erano loro amici, adesso li ignoravano, uscivano dai ristoranti quando loro entravano. “Non sono autorizzato a parlare con te” dicevano, quando si incrociavano. Per quattro volte i Tennant cambiarono chiesa.
Wilbur chiamò l’ufficio vicino ogni giorno, ma Bilott aveva poco da dirgli. Stava facendo per i Tennant ciò che avrebbe fatto per qualsiasi altro cliente aziendale – ritirare permessi, studiare gli atti del territorio e richiedere alla DuPont tutta la documentazione relativa alla discarica “Dry Run” ma non poteva trovare alcuna prova che spiegasse che cosa stesse succedendo al bestiame. “Eravamo frustati” dicee Bilott ”non potevo biasimare i Tennant per essersi arrabbiati”.
Con il processo imminente, Bilott si imbatté in una lettera che la DuPont aveva mandato all’E.P.A, nella quale menzionava la presenza di una sostanza nella discarica con un nome criptato: PFOA. 
In tutti i suoi anni di lavoro con le industrie chimiche, Bilott non aveva mai sentito parlare del PFOA. Non appariva in nessuna lista di materiali regolamentati, né si poteva trovare nella libreria della Taft. L’esperto chimico assunto per il caso, riprese un articolo di una rivista riguardante un simile composto: PFOS, un agente-detergente usato dalla tecnologia conglomerata 3M nella fabbricazione di protezione spray. Bilott cercò attraverso i suoi file altri riferimenti al PFOA, che scoprì essere una sintesi di acido perfluoroottanoico. Ma non trovò nulla. Allora chiese alla DuPont di mostrare tutta la documentazione riguardante la sostanza. La DuPont si rifiutò.
Nell'autunno del 2000, Bilott richiese un’ingiunzione per forzarli.
L’ordine fu concesso nonostante le proteste della DuPont.
Iniziarono ad arrivare dozzine di scatole contenenti migliaia di documenti al quartier generale della Taft: corrispondenze private interne, resoconti medici e sanitari oltre che studi segreti condotti dagli specialisti della DuPont. 
C’erano più di 110.000 pagine in tutto, di cui alcune risalenti a cinquant'anni prima. Bilott trascorse i mesi successivi sul pavimento del suo ufficio, revisionando i documenti e ordinandoli cronologicamente.
Si fermava unicamente per rispondere al telefono.
“Ho cominciato a ricostruire la cronologia degli eventi” dice Bilott.
“Avrei davvero potuto essere il primo a imbattermi in tutto questo. Diventò evidente ciò che stava venendo a galla: sapevano già da molto tempo che quella sostanza era dannosa".
Bilott non poteva credere alla portata di materiale incriminante che la DuPont gli aveva spedito. La compagnia sembrava non aver realizzato ciò che gli era stato consegnato. “Non riuscivo a credere a ciò che stavo leggendo” dice “È davvero stato messo per iscritto. E’ il genere di situazione di cui si sente sempre parlare, ma non si immagina mai che possa accadere veramente.”
La storia comincia nel 1951, quando la DuPont iniziò ad acquistare PFOA (che la compagnia descrisse come C8) da 3M per utilizzarlo nella fabbricazione di Teflon. 
3M aveva inventato il PFOA soltanto 4 anni prima; veniva utilizzato per fabbricare rivestimenti come il Teflon. Nonostante il PFOA non fosse classificato dal governo come una sostanza pericolosa, 3M inviò alcune raccomandazioni alla DuPont su come disporre di esso.
Le istruzioni della stessa DuPont specificavano che il PFOA non poteva essere scaricato sulla superficie delle acque o nelle fogne. 
Ma nei decenni che seguirono, la DuPont scaricò tonnellate di polveri di PFOA attraverso le bocche di scarico delle tubazioni di Parkersburg, nel fiume Ohio. 
La compagnia sversò 7.100 tonnellate di PFOA liquido negli “stagni digestivi”: pozzi aperti di proprietà della Washington Works, da cui le sostanze chimiche filtravano direttamente nel terreno. La PFOA entrò direttamente nella falda acquifera locale, che forniva acqua potabile alle comunità di Parkersburg, Vienna, Little Hocking e Lubeck – più di 100.000 persone in tutto.
Bilott apprese dai documenti che la 3M e la DuPont avevano condotto studi medici segreti sul PFOA per più di quarant'anni. 
Nel 1961, i ricercatori della DuPont avevano scoperto che le sostanze chimiche potevano aumentare le dimensioni dei fegati nei ratti e nei conigli. Un anno dopo riconfermarono i medesimi risultati negli studi con i cani. La struttura chimica peculiare del PFOA lo rende misteriosamente resistente alla decomposizione. Esso si lega anche alle proteine plasmatiche nel sangue, circolando così attraverso ogni organo del corpo.

Messico - I compagni del CIDECI-Unitierra annunciano che il Festival CompArte si farà

San Cristóbal de las Casas, Chiapas, Messico, 8 luglio 2016

A tutt@ le/gli artisti che partecipano e assistono al CompARTE:
Alla Sexta nazionale e internazionale:
Sorelle e fratelli:

Vi mandiamo un saluto fraterno da parte di tutte le persone che formano il CIDECI-Unitierra.

Nell’ambito della celebrazione del Festival CompArte convocato da@ nostr@ compagn@ dell’EZLN, ed anche noi convint@ che “le arti sono una speranza per l’umanità…, (e) che è nei momenti più difficili, quando è più forte la delusione e l’impotenza, che le Arti sono le uniche in grado di celebrare l’umanità” (Comunicato EZLN, 6/07/2016), vogliamo comunicarvi che abbiamo proseguito nei preparativi per potere celebrare questa condivisione nei giorni dal 23 al 30 luglio. La nostra comunità del CIDECI-Unitierra tiene le sue porte aperte per ricevere tutte le persone, popoli e collettivi che hanno accolto nel loro cuore l’invito a venire in queste terre a condividere esperienze di arte, lotta e speranza.

Fin dal momento della convocazione al CompArte abbiamo sentito la gioia di apportare il nostro granello di sabbia affinché questo si celebrasse. Contate su tutta la nostra volontà e capacità di accogliervi nel miglior modo possibile. Vi aspettiamo.

Coraggio!

CIDECI-Unitierra

P.S. (1) Le/I partecipanti ed assistenti già registrati, potranno ritirare gli accrediti presso il CIDECI-Unitierra a partire dal 18 luglio dalle ore 10:00 AM alle ore 8:00 PM.

(2) Le/Gli assistenti ancora non iscritti, potranno registrarsi direttamente sempre presso il CIDECI-Unitierra, sempre dalle ore 10:00 AM alle ore 8:00 PM.




Traduzione “Maribel” – Bergamo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!