sabato 24 settembre 2016
Colombia - Sangue e carbone. La pace in Colombia
All’inizio di ottobre si tiene in Colombia il referendum che deve ratificare gli accordi di pace tra il governo e le Farc. Tra i punti cruciali dell’intesa, c’è la possibilità che “terze parti” siano chiamate a rispondere penalmente della loro condotta durante il pluridecennale conflitto al cospetto di un “Tribunale di Pace”, creato ad hoc. Su alcuni quotidiani è già circolata una lista di 57 nomi di corporation che potrebbero finire sotto la lente d’ingrandimento del ministero della Giustizia. Tra queste, oltre alla Coca Cola e alla Chiquita, ci sarebbero pure Glencor e Drummond, la compagnia statunitense sospettata di “rapporti inconfessabili” con i paramilitari che estrae il carbone importato dall’Enel. Non si ferma, intanto, la strage di sindacalisti e attivisti della comunità afro-colombiana
di Luca Manes*Messico - Bollettino di guerra e di resistenza #44
Ai mezzi di comunicazione alternativi, liberi, autonomi o come si chiamino
Alla Sexta Nazionale e Internazionale
Bollettino di guerra e di resistenza # 44
E gli altri 43? E i successivi?
Succede che questo paese non è più lo stesso da quando, due anni fa, il malgoverno commise uno dei suoi peggiori crimini facendo scomparire 43 giovani indigeni studenti della scuola normale rurale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa, Guerrero.
Questo accadimento ci fece rendere conto della profonda oscurità nella quale ci troviamo, e agitò il cuore e lo spirito incarnati ora dai familiari e compagni dei 43, e che brilla nel volto di milioni di persone in tutte le geografie del Messico e del mondo di sotto, e della società civile internazionale solidale e cosciente.
Come quartieri, tribù, nazioni e popoli originari, guardiamo e rendiamo parola il nostro sguardo, ora come allora, dal cuore collettivo che siamo.
Dalle geografie e calendari di sotto, dove si disegnano gli specchi di noi che siamo il Congresso Nazionale Indigeno nelle nostre resistenze, ribellioni e autonomie; dai confini e direzioni in cui siamo e comprendiamo il mondo noi popoli originari, ovvero le geografie antiche da dove non cessiamo di vedere, comprendere e resistere a quella stessa violenta guerra che i potenti implementano contro tutte e tutti, noi che soffriamo e resistiamo a partire da quel che siamo con un volto individuale o collettivo, guardiamo e rendiamo nostra parola il volto dei 43 assenti percorrendo ogni angolo di questo paese in cerca di verità e di giustizia, il volto che si disegna con altri milioni di volti e che ci mostra in mezzo alla notte le direzioni sacre, perché sacri sono il dolore e la speranza. Questo volto collettivo che si moltiplica e guarda le geografie di resistenza e ribellione.
Dalle geografie di sotto
La scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa continua a essere impunita, e cercare la verità in mezzo alla putrefazione del potere è frugare nel peggio di questo paese, nel cinismo e nella perversione della classe politica, che non solo continua a simulare di cercare i compagni scomparsi, ma dinanzi alle crescenti evidenze che dimostrano la colpevolezza del narco-stato terrorista, premia chi è responsabile di mentire e di tentare di deformare ancora di più la verità -come il passaggio di posto di Tomás Zerón, responsabile di aver disseminato presunte prove della sua menzogna storica nella discarica di Cocula, alla Segreteria Tecnica del Consiglio Nazionale di Sicurezza- dando dimostrazione una volta di più della natura criminale del malgoverno.
Alla menzogna, la simulazione e l’impunità, il malgoverno somma gli investimenti in auto e le ingiustizie contro chi ha solidarizzato e manifestato in appoggio alla lotta dei familiari e compagni dei 43, come il giovane Luis Fernando Sotelo Zambrano, sempre solidale con le lotte dei popoli originari -come quelle di Cherán, della tribù Yaqui, degli indigeni incarcerati, delle comunità zapatiste-, che un giudice ha condannato a 33 anni e 5 mesi per sestuplo diritto di essere giovane, essere studente, essere povero, essere solidale, essere ribelle ed essere coerente.
Questo vediamo quando guardiamo verso chi sopra è Potere: per chi ammazza, copre e mente, premi e protezione; per chi s’indigna e protesta contro l’ingiustizia, botte e carcere.
E quando ci guardiamo:
Nel sud, la lotta dei popoli in difesa dei loro territori contro i cacicchi e le imprese, si dissolve nella lotta per la sicurezza e la giustizia contro le bande della delinquenza organizzata, la cui intima relazione con tutta la classe politica è l’unica certezza che, come popolo, abbiamo rispetto a qualsiasi organo dello stato.
La formazione di gruppi di scontro che agiscono contro le mobilitazioni permea i villaggi e il governo gioca a generare conflitti che incendino i tessuti interni. Vale a dire, cerca di creare rispecchiamenti della sua guerra seminando discordia nelle comunità e puntando sulla distruzione delle fibre più sensibili. Niente di più esplosivo e pericoloso per questa nazione.
Nell’occidente, le lotte per la terra, la sicurezza e la giustizia avvengono in mezzo all’amministrazione dei cartelli della droga, che lo stato camuffa da lotta alla delinquenza o da politiche di sviluppo. In cambio, i villaggi che hanno resistito e perfino abbattuto la delinquenza attraverso l’organizzazione dal basso, devono lottare contro i tentativi permanenti fatti dai malgoverni per ottenere che il crimine organizzato, e i partiti politici di sua preferenza, si impadroniscano nuovamente dei territori attraverso forme diverse.
L’organizzazione autonoma delle comunità, le loro lotte irrinunciabili per i luoghi sacri e le terre ancestrali non cessano. La difesa di nostra madre non si negozia. Siamo attenti alla lotta della comunità Wixárika de Wauta- San Sebastián Teponahuaxtlán per il recupero di circa diecimila ettari limitrofi all’abitato di Huajimic, Nayarit, dove, nonostante aver dimostrato il loro diritto nei tribunali agrari, le autorità giudiziarie sono state negligenti; e i malgoverni usano le false geografie officiali che dividono gli stati come pretesto per incentivare la spoliazione dei popoli originari. Al popolo Wixárika, nella sua ribellione e autonomia diciamo: siamo con voi.
Nel nord, dove persistono lotte per il riconoscimento dei territori, le minacce minerarie, le spoliazioni agrarie, il furto di risorse naturali e la sottomissione delle resistenze da parte di narco paramilitari, i popoli originari continuano a costruire giorno per giorno.
I popoli originari delle tribù del nord, dove la nazione Sioux tesse le sue proprie geografie che vanno oltre le false geografie officiali che li situano in un altro paese -ma per noi siamo tutti figli della stessa madre-, stanno resistendo all’invasione delle loro terre sacre, cimiteri e centri di preghiera per la costruzione di oleodotti da parte dell’impresa Energy Transfer Partners, che pretende di trasportare attraverso i loro territori il petrolio ottenuto mediante il fracking della regione Bakken, nel Nord Dakota, cosa che ha motivato la solidarietà e l’unione dei popoli originari del nord. A essi diciamo che la loro rabbia è la nostra e come Congresso Nazionale Indigeno alziamo e alzeremo la voce insieme a voi. La vostra degna lotta è anche nostra.
Nella penisola, i popoli maya resistono alla scomparsa per decreto, difendendo le loro terre dall’attacco di imprenditori turistici e immobiliari, dove la proliferazione di guardie bianche opera nell’impunità per depredare i villaggi, l’invasione dell’agroindustria transgenica minaccia l’esistenza dei popoli maya e l’immondizia dei magnati che si impadroniscono dei territori agrari, delle vestigia culturali, archeologiche e perfino dell’identità indigena, pretende di convertire un popolo tanto vivo quanto l’estensione della sua lingua, in feticci commerciali. I villaggi che lottano contro le alte tariffe della luce sono perseguitati e criminalizzati.
Nel centro, i progetti di infrastrutture, autostrade, gasdotti, acquedotti, lottizzazioni immobiliarie, si stanno imponendo in forma violenta e i diritti umani si notano di volta in volta sempre più soffusi e lontani nelle leggi imposte. La criminalizzazione, cooptazione e divisione disegna la strategia dei gruppi potenti, tutti vicini in maniera corrotta e oscena al criminale che crede di governare questo paese, Enrique Peña Nieto.
Nell’oriente del paese, la violenza, il fracking, le miniere, il traffico di migranti, la corruzione e la demenza governativa sono la corrente contro la lotta dei popoli, in mezzo a regioni intere prese da violenti gruppi delinquenziali orchestrati dagli alti livelli di governo.
Dal dialogo al tradimento
Come hanno fatto gli insegnanti in lotta, come popoli originari abbiamo cercato di dialogare con il malgoverno nelle nostre richieste urgenti di rispetto dei territori, di presentazione degli scomparsi, di liberazione dei prigionieri, di giustizia per gli assassinii, del fatto che la polizia o i militari escano dalle nostre terre o delle nostre esigenze di sicurezza e giustizia, ma il governo si sottrae sempre, fino a che arrestano i nostri portavoce in tutto il paese, l’esercito spara contro i bambini a Ostula, le macchine distruggono le case di chi resiste a Xochicuautla, i federali sparano contro il popolo degno che accompagna i maestri a Nochixtlán. I malgoverni fanno finta di dialogare e dissimulano nel corso di anni accordi con il popolo Wixárika per ottenere la restituzione pacifica del suo territorio, mentre configurano un riordino violento della regione.
E il governo chiacchiera come se non fosse accaduto nulla e offre la volontà di cedere, sempre che ambo le parti siano d’accordo. Il governo cede una parte di ciò che ha appena distrutto, libera un prigioniero, indennizza la famiglia dell’ucciso, finge di stare cercando gli scomparsi. E in cambio chiede ai popoli di cedere il loro patrimonio collettivo, che è la loro dignità, la loro organizzazione autonoma e il loro territorio.
In varie geografie del nostro paese stiamo ricorrendo alle consultazioni quando diciamo che non vogliamo le loro miniere, i loro campi eolici, i loro transgenici, le loro dighe, ed esigiamo che si chieda ai popoli, ma il malgoverno risponde sempre fingendo che “consulta come consultare se consulta o no la forma della consultazione” (o qualcosa del genere), cose piene di simulazione, soppiantamento della nostra parola, manipolazione e cooptazione della nostra gente, minacce e repressione. E così via fino a dire che ormai è fatta e ormai abbiamo detto di sì ai suo progetti di morte, oppure che siamo divisi e deve accontentare tutte le posizioni.
E mentre pretendono di tenerci quieti nella loro agenda piena di menzogne e le ONG “esperte” in “consultazioni” ingrossano le loro tasche, procedono più in fretta per concretizzare -ancor prima di iniziare la presunta consultazione- il furto dell’acqua del fiume yaqui, che le miniere e le loro devastazioni distruggano Wirikuta, che i campi eolici invadano tutto l’Istmo e che i transgenici si impongano nella Riviera Maya.
Le direzioni del mondo sono le nostre geografie e in esse ci incontriamo e riconosciamo, perché sappiamo che la lotta non è di oggi né per l’oggi, non lottiamo per il potere né per il folklore che offrono campagne menzognere, ma per tessere e ritessere ciò che siamo, fummo e saremo come popoli originari.
I volti dei 43 assenti e la tenacia dei loro familiari e compagni, sono gli altri 43 bollettini di guerra e resistenza. A esse e a essi si uniscono i dolori, le rabbie, le resistenze dei popoli originari e le ribellioni di milioni in tutto il Messico e il mondo.
E continuano i bollettini di guerra e resistenza dell’altro perseguitato e stigmatizzato, delle donne violentate, fatte scomparire o assassinate, dell’infanzia convertita in merce, della gioventù criminalizzata, del lavoro sfruttato, della ribellione perseguita, della natura imbrattata, dell’umanità addolorata.
Con tutta questa umanità, con questa terra che siamo, oggi reiteriamo che la verità e la giustizia sono una richiesta irrinunciabile e che il castigo per i colpevoli, per tutti i colpevoli, nascerà dalla lotta dal basso, dove, ora più che mai e come popoli originari del Congresso Nazionale Indigeno, sappiamo che non ci si può arrendere, né vendersi, né zoppicare.
Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano
Come quartieri, tribù, nazioni e popoli originari, guardiamo e rendiamo parola il nostro sguardo, ora come allora, dal cuore collettivo che siamo.
Dalle geografie e calendari di sotto, dove si disegnano gli specchi di noi che siamo il Congresso Nazionale Indigeno nelle nostre resistenze, ribellioni e autonomie; dai confini e direzioni in cui siamo e comprendiamo il mondo noi popoli originari, ovvero le geografie antiche da dove non cessiamo di vedere, comprendere e resistere a quella stessa violenta guerra che i potenti implementano contro tutte e tutti, noi che soffriamo e resistiamo a partire da quel che siamo con un volto individuale o collettivo, guardiamo e rendiamo nostra parola il volto dei 43 assenti percorrendo ogni angolo di questo paese in cerca di verità e di giustizia, il volto che si disegna con altri milioni di volti e che ci mostra in mezzo alla notte le direzioni sacre, perché sacri sono il dolore e la speranza. Questo volto collettivo che si moltiplica e guarda le geografie di resistenza e ribellione.
Dalle geografie di sotto
La scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa continua a essere impunita, e cercare la verità in mezzo alla putrefazione del potere è frugare nel peggio di questo paese, nel cinismo e nella perversione della classe politica, che non solo continua a simulare di cercare i compagni scomparsi, ma dinanzi alle crescenti evidenze che dimostrano la colpevolezza del narco-stato terrorista, premia chi è responsabile di mentire e di tentare di deformare ancora di più la verità -come il passaggio di posto di Tomás Zerón, responsabile di aver disseminato presunte prove della sua menzogna storica nella discarica di Cocula, alla Segreteria Tecnica del Consiglio Nazionale di Sicurezza- dando dimostrazione una volta di più della natura criminale del malgoverno.
Alla menzogna, la simulazione e l’impunità, il malgoverno somma gli investimenti in auto e le ingiustizie contro chi ha solidarizzato e manifestato in appoggio alla lotta dei familiari e compagni dei 43, come il giovane Luis Fernando Sotelo Zambrano, sempre solidale con le lotte dei popoli originari -come quelle di Cherán, della tribù Yaqui, degli indigeni incarcerati, delle comunità zapatiste-, che un giudice ha condannato a 33 anni e 5 mesi per sestuplo diritto di essere giovane, essere studente, essere povero, essere solidale, essere ribelle ed essere coerente.
Questo vediamo quando guardiamo verso chi sopra è Potere: per chi ammazza, copre e mente, premi e protezione; per chi s’indigna e protesta contro l’ingiustizia, botte e carcere.
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E quando ci guardiamo:
Nel sud, la lotta dei popoli in difesa dei loro territori contro i cacicchi e le imprese, si dissolve nella lotta per la sicurezza e la giustizia contro le bande della delinquenza organizzata, la cui intima relazione con tutta la classe politica è l’unica certezza che, come popolo, abbiamo rispetto a qualsiasi organo dello stato.
La formazione di gruppi di scontro che agiscono contro le mobilitazioni permea i villaggi e il governo gioca a generare conflitti che incendino i tessuti interni. Vale a dire, cerca di creare rispecchiamenti della sua guerra seminando discordia nelle comunità e puntando sulla distruzione delle fibre più sensibili. Niente di più esplosivo e pericoloso per questa nazione.
Nell’occidente, le lotte per la terra, la sicurezza e la giustizia avvengono in mezzo all’amministrazione dei cartelli della droga, che lo stato camuffa da lotta alla delinquenza o da politiche di sviluppo. In cambio, i villaggi che hanno resistito e perfino abbattuto la delinquenza attraverso l’organizzazione dal basso, devono lottare contro i tentativi permanenti fatti dai malgoverni per ottenere che il crimine organizzato, e i partiti politici di sua preferenza, si impadroniscano nuovamente dei territori attraverso forme diverse.
L’organizzazione autonoma delle comunità, le loro lotte irrinunciabili per i luoghi sacri e le terre ancestrali non cessano. La difesa di nostra madre non si negozia. Siamo attenti alla lotta della comunità Wixárika de Wauta- San Sebastián Teponahuaxtlán per il recupero di circa diecimila ettari limitrofi all’abitato di Huajimic, Nayarit, dove, nonostante aver dimostrato il loro diritto nei tribunali agrari, le autorità giudiziarie sono state negligenti; e i malgoverni usano le false geografie officiali che dividono gli stati come pretesto per incentivare la spoliazione dei popoli originari. Al popolo Wixárika, nella sua ribellione e autonomia diciamo: siamo con voi.
Nel nord, dove persistono lotte per il riconoscimento dei territori, le minacce minerarie, le spoliazioni agrarie, il furto di risorse naturali e la sottomissione delle resistenze da parte di narco paramilitari, i popoli originari continuano a costruire giorno per giorno.
I popoli originari delle tribù del nord, dove la nazione Sioux tesse le sue proprie geografie che vanno oltre le false geografie officiali che li situano in un altro paese -ma per noi siamo tutti figli della stessa madre-, stanno resistendo all’invasione delle loro terre sacre, cimiteri e centri di preghiera per la costruzione di oleodotti da parte dell’impresa Energy Transfer Partners, che pretende di trasportare attraverso i loro territori il petrolio ottenuto mediante il fracking della regione Bakken, nel Nord Dakota, cosa che ha motivato la solidarietà e l’unione dei popoli originari del nord. A essi diciamo che la loro rabbia è la nostra e come Congresso Nazionale Indigeno alziamo e alzeremo la voce insieme a voi. La vostra degna lotta è anche nostra.
Nella penisola, i popoli maya resistono alla scomparsa per decreto, difendendo le loro terre dall’attacco di imprenditori turistici e immobiliari, dove la proliferazione di guardie bianche opera nell’impunità per depredare i villaggi, l’invasione dell’agroindustria transgenica minaccia l’esistenza dei popoli maya e l’immondizia dei magnati che si impadroniscono dei territori agrari, delle vestigia culturali, archeologiche e perfino dell’identità indigena, pretende di convertire un popolo tanto vivo quanto l’estensione della sua lingua, in feticci commerciali. I villaggi che lottano contro le alte tariffe della luce sono perseguitati e criminalizzati.
Nel centro, i progetti di infrastrutture, autostrade, gasdotti, acquedotti, lottizzazioni immobiliarie, si stanno imponendo in forma violenta e i diritti umani si notano di volta in volta sempre più soffusi e lontani nelle leggi imposte. La criminalizzazione, cooptazione e divisione disegna la strategia dei gruppi potenti, tutti vicini in maniera corrotta e oscena al criminale che crede di governare questo paese, Enrique Peña Nieto.
Nell’oriente del paese, la violenza, il fracking, le miniere, il traffico di migranti, la corruzione e la demenza governativa sono la corrente contro la lotta dei popoli, in mezzo a regioni intere prese da violenti gruppi delinquenziali orchestrati dagli alti livelli di governo.
Dal dialogo al tradimento
Come hanno fatto gli insegnanti in lotta, come popoli originari abbiamo cercato di dialogare con il malgoverno nelle nostre richieste urgenti di rispetto dei territori, di presentazione degli scomparsi, di liberazione dei prigionieri, di giustizia per gli assassinii, del fatto che la polizia o i militari escano dalle nostre terre o delle nostre esigenze di sicurezza e giustizia, ma il governo si sottrae sempre, fino a che arrestano i nostri portavoce in tutto il paese, l’esercito spara contro i bambini a Ostula, le macchine distruggono le case di chi resiste a Xochicuautla, i federali sparano contro il popolo degno che accompagna i maestri a Nochixtlán. I malgoverni fanno finta di dialogare e dissimulano nel corso di anni accordi con il popolo Wixárika per ottenere la restituzione pacifica del suo territorio, mentre configurano un riordino violento della regione.
E il governo chiacchiera come se non fosse accaduto nulla e offre la volontà di cedere, sempre che ambo le parti siano d’accordo. Il governo cede una parte di ciò che ha appena distrutto, libera un prigioniero, indennizza la famiglia dell’ucciso, finge di stare cercando gli scomparsi. E in cambio chiede ai popoli di cedere il loro patrimonio collettivo, che è la loro dignità, la loro organizzazione autonoma e il loro territorio.
In varie geografie del nostro paese stiamo ricorrendo alle consultazioni quando diciamo che non vogliamo le loro miniere, i loro campi eolici, i loro transgenici, le loro dighe, ed esigiamo che si chieda ai popoli, ma il malgoverno risponde sempre fingendo che “consulta come consultare se consulta o no la forma della consultazione” (o qualcosa del genere), cose piene di simulazione, soppiantamento della nostra parola, manipolazione e cooptazione della nostra gente, minacce e repressione. E così via fino a dire che ormai è fatta e ormai abbiamo detto di sì ai suo progetti di morte, oppure che siamo divisi e deve accontentare tutte le posizioni.
E mentre pretendono di tenerci quieti nella loro agenda piena di menzogne e le ONG “esperte” in “consultazioni” ingrossano le loro tasche, procedono più in fretta per concretizzare -ancor prima di iniziare la presunta consultazione- il furto dell’acqua del fiume yaqui, che le miniere e le loro devastazioni distruggano Wirikuta, che i campi eolici invadano tutto l’Istmo e che i transgenici si impongano nella Riviera Maya.
Le direzioni del mondo sono le nostre geografie e in esse ci incontriamo e riconosciamo, perché sappiamo che la lotta non è di oggi né per l’oggi, non lottiamo per il potere né per il folklore che offrono campagne menzognere, ma per tessere e ritessere ciò che siamo, fummo e saremo come popoli originari.
I volti dei 43 assenti e la tenacia dei loro familiari e compagni, sono gli altri 43 bollettini di guerra e resistenza. A esse e a essi si uniscono i dolori, le rabbie, le resistenze dei popoli originari e le ribellioni di milioni in tutto il Messico e il mondo.
E continuano i bollettini di guerra e resistenza dell’altro perseguitato e stigmatizzato, delle donne violentate, fatte scomparire o assassinate, dell’infanzia convertita in merce, della gioventù criminalizzata, del lavoro sfruttato, della ribellione perseguita, della natura imbrattata, dell’umanità addolorata.
Con tutta questa umanità, con questa terra che siamo, oggi reiteriamo che la verità e la giustizia sono una richiesta irrinunciabile e che il castigo per i colpevoli, per tutti i colpevoli, nascerà dalla lotta dal basso, dove, ora più che mai e come popoli originari del Congresso Nazionale Indigeno, sappiamo che non ci si può arrendere, né vendersi, né zoppicare.
Verità e giustizia per Ayotzinapa!
Libertà per Luis Fernando Sotelo Zambrano!
Libertà per tutte e tutti i prigionieri politici!
Per la ricostruzione integrale dei nostri popoli
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Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Messico, Settembre 2016
Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano
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ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
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Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!