domenica 2 aprile 2017

Se sei donna, il debito pesa di più

Le misure macroeconomiche associate al debito sono sessualmente definite sia nelle caratteristiche che nei loro effetti. Privatizzazioni, liberalizzazioni, restrizioni di bilancio nell’agenda delle politiche neoliberiste giustificate dal debito tagliano i diritti sociali delle donne in misura diversa e maggiore, ne accrescono la povertà, consolidano e aggravano le disuguaglianze di genere, minano le conquiste femministe. Così come per decenni i Piani di aggiustamento strutturale hanno impoverito e portato allo stremo in modo particolare le donne del sud del mondo, oggi i piani di austerità stanno dissanguando quelle europee, bersagli diretti o indiretti preferiti di una stessa ideologia aberrante nei confronti della dignità delle persone e della riproduzione della vita
di Christine Vanden Daelen*
Il debito non è assolutamente neutrale dal punto di vista dell’equità di genere. Al contrario, rappresenta un enorme ostacolo alla parità tra uomini e donne su scala globale. Le misure macroeconomiche ad esso associate sono sessualmente definite sia nelle caratteristiche che nei loro effetti. Ovunque, esse impongono le peggiori regressioni sociali alle popolazioni più vulnerabili e più povere, e conseguentemente principalmente alle donne. Le più vulnerabili tra queste (madri single, donne giovani o anziane, migranti, disoccupate, donne appartenenti ad una minoranza etnica o provenienti da un contesto rurale, o ancora vittime di violenza) sono quelle che subiscono le maggiori pressioni per accorrere in soccorso degli speculatori del debito. Proprio come i piani di adeguamento strutturale (PAS) impoveriscono e portano allo stremo le donne del sud del mondo da oltre 30 anni, i piani di austerità stanno ora dissanguando quelle europee. Gli stessi meccanismi derivanti da una stessa ideologia neoliberale sono all’opera ovunque. Privatizzazioni, liberalizzazioni, restrizioni di bilancio nell’agenda delle politiche neoliberiste giustificate dal debito tagliano i diritti sociali delle donne, ne accrescono la povertà, consolidano e aggravano le disuguaglianze di genere, minano le conquiste femministe.
Perdite di posti di lavoro e di reddito per le donne
Ovunque, sotto l’effetto della crisi del debito cresce il tasso di disoccupazione femminile. In Europa, l’occupazione sta diventando sempre più inaccessibile, particolarmente per le giovani donne nei paesi più colpiti dalla crisi del debito. |1| Nei paesi del Sud, molte donne perdono il lavoro a seguito dei massicci licenziamenti imposti nel servizio pubblico dalle istituzioni finanziarie internazionali (IFI) ma non solo… Altre misure strutturali dei PAS, come la svalutazione della valuta locale, la produzione mirata tutta sull’esportazione o la liberalizzazione del commercio mondiale, allontanando le donne dal mondo del lavoro retribuito o spingendole ad accettare salari al limite della schiavitù, |2| contribuiscono a fare della loro autonomia economica un obiettivo sempre più sfuggente |3|.
Quando non condanna direttamente le donne alla disoccupazione, la crisi del debito ne appiattisce considerevolmente il reddito. Infatti, una delle principali variabili per la regolazione del “sistema-debito” è la riduzione di salari e orario di lavoro dei dipendenti del settore pubblico, composto prevalentemente da donne. Questi tagli salariali comportano una tale perdita di reddito per le lavoratrici (e più specificamente quelle della pubblica amministrazione) che per poter sbarcare il lunario esse si trovano spesso a dover accettare almeno un secondo se non un terzo lavoro, questa volta il più delle volte in nero, settore dove regna l’arbitrio e lo sfruttamento a oltranza, o si trovano costrette, come avviene in Inghilterra, ad alternare i loro orari dii lavoro con il coniuge: mentre uno/a lavora di giorno, l’altro/a lavora di notte per evitare di dover destinare una parte del loro reddito alla cura dei figli.
Le più anziane non sono risparmiate da queste politiche, anzi. Dopo aver lavorato tutta la vita, sono sempre di più a ritrovarsi a vivere l’inferno di una vecchiaia indigente. Lì dove esistono le pensioni, il loro montante viene costantemente diminuito mentre l’età pensionabile per le donne viene contemporaneamente innalzata |4|. Quello delle pensionate diventa inesorabilmente uno dei gruppi più esposti al rischio povertà. Nel 2015, non meno del 16% di loro viveva sotto la soglia di povertà nell’Unione europea |5|. Questa percentuale sale ad almeno il 23% |6| tra quelle che vivono da sole.
Comprimendo costantemente il reddito delle donne, PAS e austerità alimentano un importante indicatore di disuguaglianze strutturali di genere: ovunque nel mondo, il divario salariale aumenta. Secondo le ultime stime della ILO (2016), su scala mondiale le donne guadagnano in media il 77% del salario degli uomini |7|. Oltre al saccheggio dell’occupazione femminile e alla distruzione dei redditi delle donne, la crisi del debito incoraggia anche la precarietà dell’occupazione femminile. Questa è accentuata dalla forte deregolamentazione del mercato del lavoro e dalla disintegrazione del diritto sindacale. Per le donne, rimettere in forse il diritto del lavoro sfocia in un considerevole rafforzamento del loro sfruttamento. Così, gradualmente, da nord a sud del pianeta il lavoro precario, flessibile e sotto banco delle donne costituisce più la norma che l’eccezione. Ma, in definitiva, non solo sono proprio questi lavori ad essere eliminati per primi in caso di licenziamento, ma per di più non permettono ai lavoratori, del tutto o solo in parte, l’accesso alla protezione offerta dal diritto del lavoro e dalla previdenza sociale. Inoltre, il fatto che l’uguaglianza tra i sessi non compare più come una priorità dei governi incoraggia i datori di lavoro a ricorrere impunemente a pratiche illegali quali il licenziamento delle donne in gravidanza o dopo il congedo di maternità. Così, in tutto il pianeta, in nome del rimborso del debito pubblico le donne lavorano di più per guadagnare di meno in condizioni di lavoro altamente degradate.

venerdì 31 marzo 2017

Kurdistan - Non combattiamo per il potere, ma portiamo avanti una rivoluzione

Xelil:Non combattiamo per il potere, ma portiamo avanti una rivoluzione
In primo luogo voglio ringraziarla sentitamente per aver trovato tempo per un colloquio. Per prima cosa potrebbe presentarsi?
Il mio nome è Aldar Xelil. Sono rappresentante del coordinamento TEV-DEM. TEV-DEM è il Movimento per una Società Democratica. Siamo per così dire l’istanza di coordinamento delle strutture di autogoverno di democrazia dal basso. E anche rappresentanti della società civile fanno parte del TEV-DEM.


L’ultima volta che abbiamo avuto un colloquio è stato nell’estate 2015 nel Rojava. Quali sviluppi ci sono stati da allora nella regione del Rojava?
Al momento viviamo una rivoluzione che si espande sempre di più. Viviamo in una fase della nuova costruzione sociale, del modello che chiamiamo Xweserîya Demokratîk – Autonomia Democratica. E ovunque respingiamo IS viene costruito questo sistema. Questo attualmente sta avvenendo in luoghi come Til Hemis, al-Hol, al-Shaddadi, Silûk, Mabrouka, Ayn Isa, Minbic e diversi quartieri di Aleppo che sono stati liberati. E inoltre è in corso l’operazione su Raqqa.


Cosa si è sviluppato in ambito civile?
In ambito civile sono da notare in particolare i lavori per la costruzione di una Siria federale. Così si è svolto un congresso fondativo di particolare successo per la Federazione Democratica Siria del Nord. È stato preparato un contratto sociale per la Federazione e una proposta per una Costituzione per l’intera Siria. Al momento vengono preparate le elezioni per la Federazione.
Inoltre ha continuato a svilupparsi il sistema dell’istruzione nel Rojava, in modo che ognuno riceva istruzione nella propria lingua madre. Si è sviluppata la socialità. Molte cose si sono istituzionalizzate.


Quali sono i problemi maggiori?
Ci sono sviluppi a tutti i livelli nel Rojava, ma anche molti attacchi. Vogliono soffocare tutti questi sviluppi, distruggere il sistema nel Rojava. Ci sono attacchi a livello diplomatico, economico, politico. La Turchia ha in parte occupato il Rojava. Ora sono ad al-Bab, hanno occupato parti della regione di Shehba e cercano di portare sotto il loro dominio altri territori. La Turchia in questo modo vuole almeno partecipare alle decisioni sul futuro della Siria.L’opposizione è stata sconfitta. Ad Aleppo la Turchia si è messa d’accordo con il regime e gli ha consegnato Aleppo. Erdogan ha aiutato il regime nel passaggio di consegne. Nelle trattative per la soluzione non è stato trovato alcun tipo di soluzione, né a Ginevra né ad Astana. Da parte loro non c’è un progetto per una Siria democratica, ma tutti cercano di solo capire come possono aumentare il potere sulla Siria.


Qual è la situazione nel quartiere di Şêx Meqsûd di Aleppo?
Non si tratta solo di Şêx Meqsûd, una volta era così – ora sono sei quartieri liberati. L’embargo è stato un po’ allentato. Il regime ha cercato di esercitare repressione, ma noi continuiamo a resistere. Da ultimo sono intervenuti i russi e hanno mediato. C’è una zona cuscinetto tenuta dalla Russia tra noi e il regime. Il regime non entra nei nostri quartieri.


Quali sono le ragioni della Russia?

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!