mercoledì 17 gennaio 2018

Messico - EZLN, 24 anni di dignità e coerenza etica


EZLN: 24 anni di dignità e coerenza etica 
Gilberto López y Rivas 

Il primo gennaio scorso si è celebrato un altro anniversario della sollevazione dei maya zapatisti a seguito della quale fu pubblica l’esistenza di un gruppo insorto formato in maggioranza da indigeni che in base all’articolo 39 della Costituzione dichiarò guerra al malgoverno dell’usurpatore Carlos Salinas de Gortari. A 24 anni da quell’avvenimento dai molteplici significati storici che scosse il Messico e il mondo, è attuale più che mai la Prima Dichiarazione della Selva Lacandona, nella quale l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) si rivolge così al POPOLO DEL MESSICO (con le maiuscole): Noi, uomini e donne integri e liberi, siamo coscienti che la guerra che dichiariamo è una misura estrema ma giusta. Da molti anni i dittatori praticano una guerra genocida non dichiarata contro i nostri popoli, e per questo chiediamo la tua decisa partecipazione per appoggiare questo progetto del popolo messicano che lotta per lavoro, terra, casa, alimentazione, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace.

Questa guerra genocida che gli zapatisti denunciavano nel 1994 non solo non è cessata, ma si è intensificata fino a fare del Messico il secondo paese più letale, dopo la Siria, secondo l’Istituto Internazionale di Studi Strategici di Londra, che segnala un conflitto armato non riconosciuto, una catastrofe umanitaria dove il protrarsi della violenza omicida dura ormai da più di un decennio con intensità costante. Nello stesso tempo, le riforme strutturali promosse dai governi di tradimento nazionale che si sono succeduti in questi anni di regime di partiti di Stato che legalizzano la depredazione ri-colonizzatrice e la denazionalizzazione di territori e risorse strategiche, così come la Legge di Sicurezza Interna che legalizza la militarizzazione del paese e la mano dura delle forze armate contro il popolo, fanno sì che le domande per le quali gli zapatisti sono andati in guerra siano sempre più attuali e legittime. Il Messico inizia questo 2018 nel peggiore delle situazioni che si ricordano dal conflitto armato del 1910-1917, che costò la vita ad un milione di persone, quando la popolazione totale era di 16 milioni di abitanti.

In questi 24 anni, l’EZLN ha persistito nel suo progetto di emancipazione e sempre e in diversi modi e con molte iniziative invitano tutti e tutte messicani e messicane, ad unirci al loro progetto di trasformare radicalmente la tragica realtà nazionale. Ricordiamo l’apertura alla società civile dei Dialoghi di San Andrés, la Convenzione Nazionale Democratica, la Marcia del Colore della Terra, gli Incontri Intergalattici, la Escuelita, i seminari per stimolare il pensiero critico tra gli intellettuali, gli artisti e gli scienziati, ed i molti modi di solidarizzare con le lotte di quelli che stanno in basso e a sinistra. La Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona è la sintesi della ricerca permanente dell’EZLN di articolare le lotte libertarie nell’ambito nazionale: “Continueremo a lottare per i popoli indio del Messico, ma non solo per loro né solo con loro, ma per tutti gli sfruttati e diseredati del Messico, con tutti loro e in tutto il paese (…) Ascolteremo e parleremo direttamente senza intermediari né mediazioni con la gente semplice ed umile del popolo messicano e, secondo quello che sentiremo ed apprenderemo, costruiremo insieme a questa gente che è come noi, umile e semplice, un programma nazionale di lotta, ma un programma che sia chiaramente di sinistra, cioè anticapitalista, cioè antineoliberista, cioè per la giustizia, la democrazia e la libertà del popolo messicano”.

Durante tutti questi anni, l’EZLN è stato la coscienza critica incorruttibile di fronte allo Stato e alla società. È stato lo specchio nel quale la sinistra istituzionale e gli intellettuali di sistema hanno visto la loro perdita di principi morali e convinzioni anticapitaliste, il loro autismo di fronte alla guerra di pulizia sociale contro il popolo, il loro spostamento verso una comoda alternanza che non pone minimamente a rischio il sistema di sfruttamento della forza di lavoro più a buon mercato del pianeta, né la dominazione imperialista esercitata dagli Stati Uniti su un paese in rovina. Da qui l’odio viscerale dei pubblici ministeri d’ufficio antizapatisti di un’intellighenzia che da molto tempo ha rinunciato al pensiero critico; che personifica e proietta le sue frustrazioni e risentimenti nella figura del subcomandante Marcos-Galeano.

In questi anni, i popoli maya raggruppati nell’EZLN hanno dato un esempio di resistenza propositiva costruendo le loro autonomie, rafforzando i loro governi nei quali si comanda obbedendo e nei quali migliaia di donne e uomini si sono preparati per essere le autorità di una democrazia diretta e partecipata. Le bambine e i bambini, giovani di entrambi i sessi sono stati educati e formati in base ai sette principi etici zapatisti: servire e non servirsi, rappresentare e non soppiantare, costruire e non distruggere, obbedire e non comandare, proporre e non imporre, convincere e non vincere, scendere e non salire; una concezione del mondo e della politica, di quel per tutti tutto, per noi, niente, che si situa al polo equidistante del narcisismo individualista della generazione del selfie.

L’ultima delle iniziative sorte in seno ai maya zapatisti è la proposta assunta dal Congresso Nazionale Indigeno di formare un Consiglio Indigeno di Governo la cui portavoce, María de Jesús Patricio Martínez, Marichuy, sia inserita nella scelta elettorale delle elezioni presidenziali di questo anno. Di nuovo, ci invitano ad organizzarci per affrontare l’idra capitalista, il malgoverno e la partitocrazia che lo sostiene. La società civile messicana, i lavoratori, gli intellettuali, la gioventù, principalmente, saranno preparati a questa sfida che gli zapatisti ed il CNI ci lanciano? Lasceremo passare l’opportunità di unirci per lottare contro il malgoverno, per la giustizia, la democrazia e la libertà dei popoli della patria-matria messicana?

Auguri fraterni agli insurgentes e insurgentas, miliziani e miliziane ed alle basi di appoggio dell’EZLN, a 24 anni della guerra contro l’oblio. 

http://www.jornada.unam.mx/2018/01/12/opinion/017a2pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo

venerdì 12 gennaio 2018

Cosa potremmo imparare dalle donne?

Un grande e straordinario movimento di donne si è imposto negli ultimi anni a scala planetaria e sta cambiando il mondo. Pone degli interrogativi anche al mondo dei maschi che guardano alla critica del potere espressa dal femminismo e rifiutano il patriarcato? Non si tratta, naturalmente, di adottare comportamenti politicamente corretti ma di mettersi in relazione, in modo semplice, concreto e con umiltà, affinché si possa contribuire al processo di emancipazione collettiva dei popoli. Raúl Zibechi propone tre punti di vista complementari: arginare la proliferazione dei grandi e piccoli cosiddetti “maschi alfa” e delle loro relazioni di dominio. Assumere finalmente in pieno la prospettiva della riproduzione, cioè della cura della vita, un punto cieco delle rivoluzioni del passato, impegnandosi in un forte esercizio di limitazione dell’ego, specialmente se si tratta di un ego rivoluzionario. Imparare dai movimenti femministi e delle donne come sia possibile sollevarsi senza necessariamente occupare il governo dello Stato – organizzandosi tra uguali – senza apparati gerarchici, avanguardie, comitati centrali. E, soprattutto, senza riprodurre gli stessi ruoli che si combattono
Manifestazione contro la violenza sulle donne a Quito, Ecuador. Foto tratta da https://video-images.vice.com

di Raúl Zibechi

Prendersi cura dell’ambiente o della Madre Terra, è cosa di donne, secondo un recente studio della rivista Scientific American pubblicato a fine dicembre, dove si sottolinea che “le donne hanno superato gli uomini nel campo dell’azione ambientale; in tutte le fasce di età e in tutti i paesi”.

L’articolo intitolato “Gli uomini resistono al comportamento verde in quanto poco maschile”, giunge a questa conclusione dopo aver realizzato un’ampia indagine tra duemila uomini e donne statunitensi e cinesi. Lo studio afferma che, per i maschi, comportamenti tanto elementari come quello di utilizzare borse di tela per fare la spesa invece che quelle di plastica, è considerato “poco maschile”.

Il lavoro è incentrato sul marketing, con l’obiettivo di conseguire un risultato per il quale i maschi si sentano virili anche comprando articoli “verdi”, e arriva a conclusioni penose come quella secondo cui “gli uomini che si sentono sicuri nella loro virilità si sentono più a loro agio comprando verde”.

Tuttavia, riesce a tracciare alcuni comportamenti che consentono di andare un po’ oltre, nel senso di comprendere come il patriarcato sia una delle principali cause del degrado ambientale del pianeta. Donald Trump non è un’eccezione, nel negare il cambiamento climatico e incoraggiare comportamenti distruttivi, dalle guerre al consumismo.

foto: http://www.sophiaonline.com.ar

Propongo tre punti di vista che possono essere complementari e che riguardano il mondo dei maschi, non affinché adottiamo comportamenti politicamente corretti (con la loro dose di cinismo e di ambiguità), bensì per contribuire al processo di emancipazione collettiva dei popoli.

Il primo è correlato al capitalismo di guerra o accumulazione per spoliazione/quarta guerra mondiale che attualmente subiamo. Questa virata del sistema, che nell’ultima decade ha avuto un’accelerazione, non solo provoca più guerre e violenze ma un profondo cambiamento culturale: la proliferazione dei “maschi alfa”, dai pezzi grossi dei grandi e potenti Stati, fino ai boriosi machos dei quartieri che pretendono di marcare il loro territorio e, ovviamente, i “loro” dominati e, soprattutto, le dominate.

Mostrare forza muscolare geopolitica consente di avere una posizione in questo periodo di decadenza dell’impero egemonico, che viene integrata dalla comparsa di un’infinità di piccoli maschi alfa nei territori dei settori popolari, dove i narcos e i paramilitari vogliono sostituire il prete, il commissario e il “padre di famiglia” nel controllo della vita quotidiana degli abajo (quelli che stanno sotto, ndt).

Il secondo punto di vista viene insinuato dallo studio citato, quando conclude che “le donne tendono a vivere uno stile di vita più ecologico” poiché “sprecano di meno, riciclano di più e lasciano un’impronta di carbonio più piccola”.

Questo è direttamente correlato con la riproduzione, che è il punto cieco delle rivoluzioni, impegnate in un produttivismo a oltranza per, presumibilmente, superare i paesi capitalisti. La produzione manifatturiera e l’operaio industriale sono stati elementi centrali nella costruzione del mondo nuovo, da Marx in poi. In parallelo, la riproduzione e il ruolo delle donne non sono mai stati considerati.

Non possiamo combattere il capitalismo né il patriarcato, né prenderci cura dell’ambiente o dei nostri figli e figlie, senza assumere la prospettiva della riproduzione che è, precisamente, la cura della vita. Capisco che la riproduzione possa essere anche una questione degli uomini, ma questo richiede una politica esplicita in questa direzione, come sottolineano le comandantas che convocano l’incontro delle donne nel caracol Morelia.

Come dice il comunicato di convocazione del Primo Incontro Internazionale, Politico, Artistico, Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano, gli uomini zapatisti “si occuperanno della cucina e di pulire e di tutto il necessario”.

Foto: radiozapatista.org

Forse queste mansioni sono meno rivoluzionarie che stare in piedi su un palco “dando istruzioni sulla linea” (come diciamo nel sud)? Ci danno meno visibilità, ma sono i compiti oscuri che rendono possibili le grandi azioni. Per coinvolgerci nella riproduzione, noi maschi abbiamo bisogno di un forte esercizio per limitare il nostro ego, specialmente se si tratta di un ego rivoluzionario.

Il terzo è forse il più importante: cosa possiamo imparare noi, maschi eterosessuali e di sinistra, dai movimenti femministi e dalle donne?

La prima cosa sarebbe riconoscere che le donne, nelle ultime decadi, sono andate più avanti di noi. Quindi, essere un po’ più umili, ascoltare, chiedere, imparare a farci da parte, a stare in silenzio affinché altre voci possano essere ascoltate. Una delle questioni che possiamo imparare è come loro si siano sollevate senza avanguardie né apparati gerarchici, senza comitati centrali e senza la necessità di occupare il governo statale.

Come hanno fatto? Forse organizzandosi tra di loro, tra uguali. Lavorando sul patriarca interiore: il padre, il dirigente ben educato, il leader. Questo è molto interessante, perché le donne che lottano non stanno riproducendo gli stessi ruoli che combattono, poiché non si tratta di sostituire un oppressore uomo con un oppressore donna, né un oppressore di destra con un oppressore di sinistra. Per questo dico che sono andate molto avanti.

Una marcia delle donne indigene in Argentina. Foto Kaos en la red

La seconda questione che possiamo apprendere è che la politica, in grande, in scenari ben illuminati e mediatici, con programmi, strategie e discorsi magniloquenti, non è altro che la riproduzione del sistema dominante. Loro [le donne], hanno politicizzato la vita quotidiana, il preparare il cibo, la cucina, il prendersi cura di figli e figlie, le arti della tessitura e della guarigione, tra le tante altre. Credere che tutto questo sia poco importante, che esistano gerarchie tra l’una e l’altra dimensione, è come continuare a cercare maschi alfa che ci emancipino.

Sicuramente ci sono molte altre questioni che possiamo apprendere dai movimenti delle donne, che ignoro o che dobbiamo ancora scoprire. Quello che importa non è avere la risposta già pronta, bensì predisporci con semplicità e umiltà a imparare da questo meraviglioso movimento di donne che sta cambiando il mondo.


Pubblicato su La Jornada con il titolo Patriarcado, Madre Tierra y feminismos

Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!