lunedì 19 marzo 2018

Kurdistan - Efrîn: una nuova tattica per una nuova fase della guerra

In una conferenza stampa a Şehba l'amministrazione autonoma di Efrîn ha reso nota la sua decisione di evacuare la popolazione civile per impedire una catastrofe umanitaria. La guerra a Efrîn è entrata in una nuova fase nella quale vanno usate nuove tattiche.
Alla presenza dei portavoce delle YPG/YPJ e di componenti dell'amministrazione autonoma di Efrîn. Il co-Presidente del consiglio esecutivo Osman Şêx İsa ha letto la seguente dichiarazione:
"L'eroica resistenza di Efrîn contro l'esercito turco e i suoi alleati, gli avanzi dello Stato Islamico e del Fronte el-Nusra, è al 58° giorno.
Il 20 gennaio sono iniziati gli attacchi su Efrîn in accordo con la Russia e nel silenzio delle forze presenti nella regione. La Russia ha sacrificato la popolazione di Efrîn per i suoi interessi e aperto lo spazio aereo perché lo Stato turco potesse commettere un genocidio.
Le forze internazionali, la coalizione contro IS, l'UE e il Consiglio di Sicurezza dell'ONU hanno taciuto sugli attacchi. A Efrîn sono in corso un genocidio e un'espulsione forzata. La popolazione civile è esposta a ogni tipo di attacchi. Questo mostra che le forze internazionali non si sono assunte le loro responsabilità nei confronti del nostro popolo e dei nostri e delle nostre combattenti nei confronti di ISIS e di Erdoğan, che spargono terrore in tutto il mondo.
Lo Stato turco sostenitore di ISIS usa jihadisti per modificare la struttura demografica di Efrîn. Al posto della popolazione vengono insediate queste forze reazionarie e le loro famiglie. Centinaia di civili che volevano fuggire dagli attacchi del regime dell'AKP sono stati uccisi. Il popolo è sottoposto a un genocidio.
Per 58 giorni la popolazione e le nostre forze armate hanno opposto resistenza al secondo più grande esercito della NATO. Il mondo deve sapere che questa resistenza è stata condotta con una ferma volontà. Lo Stato turco tuttavia ha attaccato la popolazione civile e distrutto infrastrutture in modo mirato. Per impedire una crisi umanitaria abbiamo preso la decisione di evacuare dalla città la popolazione civile.

venerdì 16 marzo 2018

Argentina - Una sentenza gravissima

Una sentenza gravissima, quella che concede l’estradizione in Cile per Facundo Jones Huala, dirigente politico della comunità mapuche di Cushamen, nella Patagonia argentina. Se anche il ricorso alla Corte Suprema venisse respinto, Facundo finirebbe nelle carceri cilene, dove la resistenza del suo popolo viene solitamente considerata e giudicata come terrorismo in base al lascito legislativo del tempo di Pinochet. La prima richiesta di estradizione era stata respinta dopo l’accertamento delle torture subite da un testimone chiave nel castello di accuse costruite contro il lonko mapuche. Nora Cortiñas, una delle più note Madri di Plaza de Mayo, ha voluto assistere di persona all’udienza e ne ha giudicato vergognoso l’esito. Poi ha detto che le affermazioni fatte in aula da Facundo Huala sono invece “una lezione di storia”, che merita di essere ascoltata integralmente nell’incontro di piazza settimanale che le Madri tengono tutt’ora nella capitale argentina

Facundo Jones Huala

di Patrizia Larese

Il tribunale di Bariloche, città della regione del Rio Negro nella Patagonia argentina, ha deciso di accogliere la richiesta di estradizione in Cile di Facundo Jones Huala, lonko (leader politico) della comunità mapuche Pu Lof in Resistenza di Cushamen, nei pressi di Esquel, regione del Chubut (Argentina).

L’applicazione della sentenza di estradizione è stata sospesa per consentire il ricorso alla Corte Suprema di Giustizia da parte della difesa del leader indigeno che chiederà anche la sua scarcerazione.

Sulla testa del lonko pende dal 2013 un ordine di cattura firmato dal giudice federale di Bariloche, Gustavo Villanueva, per alcuni fatti accaduti quello stesso anno nella regione dell’Araucania (Cile): dalla detenzione illegale di armi e munizioni di fabbricazione artigianale all’incendio di una casa nel fondo Pisu Pisuè, a San Bueno del Cile. Insieme a lui erano finiti in manette altri cinque mapuche cileni, scarcerati però dopo pochi mesi per mancanza di prove.

Nell’agosto 2016 Facundo Jones Huala era stato imputato nel primo processo per la definizione della richiesta cilena di estradizione ma, a causa delle accertate torture da parte della polizia subìte tempo prima da un testimone chiave, Gonzalo Cabrera di Gualjainam, nel dipartimento di Cushamen, affinché rendesse false dichiarazioni, il giudice federale di Esquel, Guido Otranto, ritenne di non accogliere la richiesta e così il lonko era stato in un primo tempo rimesso in libertà. Alle udienze era presente anche il Premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, sempre vicino alle lotte dei popoli nativi.
La decisione del tribunale di Bariloche dello scorso 7 marzo ha generato vibrate proteste nella comunità mapuche che anche nella Patagonia argentina lotta per il recupero delle terre ancestrali ora di proprietà di imprese straniere, tra cui l’italiana Benetton.



Isabel Huala all’esterno del Tribunale, subito dopo aver appreso la sentenza sull’estradizione del figlio. 
Foto Gustavo Zaninelli

Facundo Jones Huala si è sempre dichiarato innocente ed il suo avvocato, Sonia Ivanoff, specializzata nella difesa dei popoli indigeni e vicepresidente della AADI (Asociación de Abogados/as de Derecho Indígena de la República Argentina) ha dichiarato: “Il giudice Villanueva ha dato la sensazione di avere preso la decisione a prescindere, senza nemmeno ascoltare la nostra posizione.

Durante l’udienza Facundo, in sua difesa, ha detto: “Qui non c’è terrorismo, qui c’è un popolo stanco, che si difende con quello che ha: un arsenale di pale, machete, motoseghe, arnesi da lavoro. Siamo gente che lavora. Questi stessi attrezzi hanno costruito questa palestra. Cosa possiamo aspettarci dalla giustizia corrotta di un altro paese, quando uno percepisce che è la stessa legge della dittatura, del dittatore Pinochet del 1975? È totalmente incostituzionale. Cosa possiamo aspettarci da un paese che non può garantire la giustizia e il giusto processo con i diritti costituzionali. Continuerò ad incitare tutti i miei fratelli mapuche a sentirsi orgogliosamente mapuche, che non dimentichino il coraggio di Rafael Nahuele che seguano il suo cammino. Se io non fossi stato malato sarei stato lì dove si trovava Rafael. Non mi importa di essere in prigione per la mia gente. Questo sono, sono quello che ci ha lasciato Calfupan. Siamo i loro figli, nipoti, i loro discendenti e in questa terra continuerà a nascere sangue mapuche. Questa terra è, è stata e continuerà ad essere territorio mapuche. I Mapuche continueranno a organizzarsi politicamente in entrambi i versanti della cordigliera, non importa se sono in prigione o no. Dicono che siamo terroristi, ma noi non lo siamo. Io chiedo, se siamo terroristi, dove sono i morti? I morti sono sempre nella nostra comunità. Se questo non è un processo politico, cos’è?”.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!